In arrivo 3,4 mln di dosi: logistica affidata ai soldati con la catena del freddo a meno 70. I primi ad essere vaccinati il personale sanitario (medici, infermieri, Oss) e ospiti delle “case di riposo” (le Residenze sanitarie assistenziali, Rsa), a seguire toccherà agli altri. Gli over 70 in Italia sono circa 10 milioni

L’incarico formale da parte del ministero della Salute al commissario all’emergenza coronavirus dovrebbe arrivare a breve, a quel punto partirà davvero la complessa macchina organizzativa che dovrà distribuire nella penisola le dosi del vaccino per il Covid-19: probabilmente la logistica, come in Germania, sarà curata dall’esercito. Ad oggi, il gruppo di lavoro insediato una settimana fa da Roberto Speranza – presieduto dal professor Giovanni Rezza, responsabile Prevenzione del ministero – si sta occupando soprattutto di definire i criteri di priorità con cui mettere a disposizione il farmaco ai cittadini e del coordinamento con le Regioni: si dovrebbe partire – probabilmente all’inizio del 2021 – da personale sanitario (medici, infermieri, Oss) e ospiti delle “case di riposo” (le Residenze sanitarie assistenziali, Rsa), a seguire toccherà agli altri. Ecco un breve quadro di come dovrebbe funzionare.

Quali vaccini. Il contratto tra Pfizer, che ha annunciato che il suo farmaco è efficace al 90% e pronto a essere distribuito quando avrà le necessarie autorizzazioni, e la Commissione europea dovrebbe essere ufficializzato oggi: Bruxelles comprerà, man mano che saranno prodotte, 300 milioni di dosi, la quota italiana di questa fornitura si aggira sui 40 milioni di dosi, circa il 13,5% del totale. La prima tranche che Pfizer dovrebbe consegnare entro poche settimane ai Paesi Ue dovrebbe superare i 25 milioni di dosi, all’ingrosso 3,4 milioni per l’Italia. Va tenuto a mente che questo vaccino consiste in due dosi per persona: dunque la prima fornitura dovrebbe coprire 1,7 milioni di persone, 20 milioni quella completa. Per capirci sui numeri: i dipendenti del Ssn sono circa 600mila, altri 260mila sono i medici di base, pediatri e specialisti vari, a cui vanno aggiunti gli infermieri non del Ssn e circa 300mila anziani nelle Rsa. Anche la multinazionale inglese AstraZeneca – che collabora con la Irbm di Pomezia e ha un pre-accordo con la Ue per 400 milioni di dosi – sostiene di essere vicina alla consegna dei vaccini (entro l’anno), ma per ora non ha comunicato tempi e quantità della fornitura.

Logistica. Come detto, secondo plurime fonti del ministero della Salute, l’incarico per questo pezzo dell’operazione sarà affidato al commissario Domenico Arcuri: l’idea – come accadrà in Germania – è che il trasporto del vaccino nei singoli luoghi da cui verrà poi distribuito ai cittadini debba essere appannaggio dell’esercito, peraltro già impiegato nella fornitura alle Regioni dei dispositivi medici durante le fasi più difficili dell’emergenza. Al di là di ogni altra considerazione, c’è un aspetto tecnico che spinge in questa direzione: il vaccino Pfizer va conservato a -70 gradi in sostanza fino alla somministrazione e le normali catene logistiche non hanno frigoriferi che garantiscano queste temperature. Dovrà pensarci l’esercito centralizzando le consegne.

La distribuzione. Come il vaccino arriverà ai destinatari finali è ancora da definire. Probabilmente la prima fase – le prime 3,4 milioni di dosi – sarà gestita a livello centrale, poi bisognerà capire come vorranno organizzarsi le Regioni. L’assessore del Lazio Alessio D’Amato ieri ha sostenuto che la sua Regione potrebbe usare i famigerati drive-in. Nessuna ipotesi può essere esclusa quando la macchina sarà a regime, neanche che, una volta esaurita la platea delle categorie prioritarie, i vaccini siano disponibili in farmacia a pagamento.

La platea. Detto del personale sanitario, la parte di popolazione da tutelare con più attenzione sono sicuramente gli anziani. Molto dipenderà da quanti vaccini arriveranno e quando: basti dire che gli over 65 anni in Italia sono poco meno di 14 milioni di persone (il 23% della popolazione), gli over 70 dieci milioni e mezzo (17,4%). A questi vanno aggiunti i pazienti “fragili” più giovani: in sostanza chi ha altre patologie. Se, infine, nell’elenco dei prioritari finisse anche il personale scolastico, si dovrebbe aggiungere circa un altro milione di persone.

Fonte di  Marco Palombi/ Il Fatto Quotidiano/ 11 nove. 20