VIRUS INFORMATICO

Dal caso Palamara agli appalti di Pozzuoli: quel che i pm non avrebbero mai scoperto

LE INDAGINI – Non solo mazzette e malaffare: inchieste che saranno impossibili

26 APRILE 2024
LEGGI – Trojan: FdI rischia di andare sotto con il voto segreto“Ma che vuoi dalla mia vita, io mi devo cautelare pure capisci perché oggi fottono te, fottono tizio e fottono l’altro… forse non hai capito a me mai mi hanno fottuto è dal 1990… io ho fatto 40 anni che faccio… che ammuogghio (falsifico ndr) centomila verbali non mi hanno fottuto mai”. Così parlava il medico Agostino Genova, coordinatore dell’ufficio “Invalidi civili” dell’Asp di Palermo, candidato al consiglio comunale di Palermo con la Dc di Totò Cuffaro e assessore in carica a Partinico, arrestato a giugno con l’accusa di aver truccato le pratiche di invalidità in cambio di mazzette, corruzione e falso scoperti grazie al trojan che secondo gli inquirenti registrò una sorta di confessione.

Quel trojan che ora l’emendamento Costa vorrebbe eliminare dalle inchieste contro la pubblica amministrazione. Senza l’uso del quale le vicende del Palamara Gate, e in particolare la riunione all’Hotel Champagne tra il pm radiato dalla magistratura, Cosimo Ferri, Luca Lotti e cinque componenti del Csm per discutere della nomina del procuratore di Roma, nulla avremmo saputo. Il virus fu inoculato sul cellulare di Palamara in base a vecchie accuse di corruzione che poi caddero. Ma fu utile a scoperchiare il pentolone.

Detto questo, in un mondo dove tutti hanno sugli smartphone delle app che consentono di chiamare e videochiamare senza passare per la rete telefonica, non c’è pm che non abbia usato il trojan per reati di tangenti e pubblica amministrazione. I pm di Napoli che indagavano su appalti per la riqualificazione turistica di Pozzuoli lo introdussero nel cellulare dell’allora presidente dell’Enit (Agenzia Nazionale per il Turismo) Giorgio Palmucci, e attraverso il suo ascolto arrivarono alle mazzette che un imprenditore di Pozzuoli versò a Nicola Oddati, ex coordinatore della segreteria dem di Nicola Zingaretti e dirigente della Regione Campania, su nomina del governatore Vincenzo De Luca, con l’incarico di curare la sede di Roma. La retata di arresti è scattata a gennaio, quasi certamente ci sarà un processo.

In primo grado si è invece concluso, con la condanna a nove anni e mezzo, il processo all’ex presidente della Provincia di Taranto Martino Tamburrano (Forza Italia), imputato di aver autorizzato l’ampliamento della discarica di Grottaglie in cambio denaro e favori. Decisivo fu il trojan installato sul suo cellulare e su quello di un imprenditore che gli avrebbe regalato un’auto di lusso. E c’è traccia dell’uso di un captatore informatico anche nella recente inchiesta ‘Aspide’, 13 misure cautelari per accuse di corruzione e turbativa nell’Asp di Trapani, infestata secondo le indagini da vicende di appalti truccati e ricatti sessuali. Il software fu inserito nel cellulare del funzionario Asp Antonino Sparaco, che avrebbe ricevuto l’incarico di direttore dell’Unità operativa complessa attraverso favoritismi.

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