CHIESTO PROCESSO PER IL PATRON DI PINETAGRANDE,  IN CODA ALL’ARTICOLO LE PRECISAZIONI DELLA  DIREZIONE DI PINETAGRANDE

 La Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) ha chiesto il rinvio a giudizio per 36 persone, tra imprenditori privati della sanità, funzionari della Regione Campania, dell’Asl di Caserta e della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio di Caserta e Benevento, dipendenti ed ex amministratori del Comune di Castel Volturno, tutti indagati a vario titolo per reati di corruzione, falso, indebita induzione, abuso d’ufficio e rivelazione di segreti d’ufficio. A rischiare il processo, oltre all’imprenditore della sanità Vincenzo Schiavone, i funzionari della Regione Antonio Postiglione (dirigente del settore sanità), Antonio Podda e Arturo Romano, il presidente di Aiop Campania (Associazione Italiana Ospedalità Privata) Sergio Crispino, l’ex sindaco di Castel Volturno Dimitri Russo con parte della sua giunta e alcuni ex consiglieri comunali. L’indagine riguarda gli illeciti che si sarebbero consumati attorno ai lavori di ampliamento del “Pineta Grande Hospital” di Castel Volturno (Caserta), per i quali Schiavone avrebbe corrotto i funzionari pubblici assumendo nelle sue cliniche loro familiari o amici. Figura chiave dell’indagine è il noto imprenditore della sanità Vincenzo Schiavone, proprietario della clinica Pineta Grande di Castelvolturno, delle case di cura “Padre Pio” di Mondragone, Villa Bianca di Napoli, e Villa Ester di Avellino. A Schiavone, lo scorso 23 gennaio i carabinieri del reparto operativo di Caserta notificarono una misura cautelare agli arresti domiciliari, revocato poi, il successivo 12 febbraio dal Tribunale del Riesame. Secondo la Procura di Santa Maria Capua Vetere, coordinata da Maria Antonietta Troncone, Schiavone, personaggio importante anche all’interno di Confindustria, avrebbe corrotto funzionari comunali e regionali, assumendo loro parenti o amici nelle proprie cliniche, pur di ottenere l’ok ai lavori di ampliamento della Pineta Grande (il cantiere è stato sequestrato) e il “sì” all’attuazione del progetto di fusione e accorpamento di cliniche di sua proprietà, passaggio necessario per poter aumentare la dotazione dei posti letto alla Pineta Grande. Per gli inquirenti sarebbero in particolare illegittimi, perché appunto frutto di corruzione, tutti gli atti amministrativi emessi dal Comune di Castel Volturno e relativi all’ampliamento della clinica, in particolare le tre delibere autorizzative del Consiglio comunale varate tra il 2014 e il 2016, periodo in cui era in carica il sindaco Dimitri Russo, e i due permessi edilizi rilasciati dall’ufficio tecnico dello stesso Comune nel 2017 e nel 2018. Amministratori e funzionari comunali sarebbero stati ricambiati con l’assunzione nelle cliniche di Schiavone di almeno otto persone, tra parenti e amici. Sarebbero illegittimi inoltre, per la Procura, anche gli atti emessi dalla struttura commissariale della Regione Campania e relativi alla programmazione del fabbisogno sanitario regionale; nel mirino della Procura è finito in particolare il Decreto del Commissario numero 8 del 2018, ritenuto illegittimo perché potenzierebbe il settore privato a scapito di quello pubblico, violando in tal modo la legge regionale 4 del 2017. La Procura fa notare come nel decreto siano stati previsti “interventi sul pubblico per ridurre l’eccedenza in ordine al rapporto unità operative/bacini d’utenza, mentre nel privato tale eccedenza non solo non è stata ridotta, ma si è amplificata con una generica previsione di riduzione nel triennio 2019-2021’. I funzionari regionali inoltre, contesta l’ufficio inquirente, avrebbero scritto sotto dettatura di Schiavone, e con la mediazione del presidente di Aiop, Crispino, una circolare attuativa (la 2045 del 6 settembre 2018), con la quale ‘l’imprenditore otteneva di poter attuare il suo progetto di fusione/accorpamento con procedura straordinaria di accreditamento”, circostanza che “consentiva a Schiavone di trasferire presso la Pineta Grande anche i posti autorizzati esistenti presso Villa Ester, Padre Pio e Villa Bianca, che sono ulteriori rispetto a quelli accreditati e presi in considerazione dal Decreto del Commissario”. Rischiano il giudizio anche l’ex direttore generale dell’Asl di Caserta Mario De Biasio, e l’ex dirigente della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Caserta e Benevento, Salvatore Buonomo, trasferito a Potenza nel novembre 2019. La Procura ha chiesto poi l’archiviazione per 12 indagati, tra cui un medico e undici ex consiglieri comunali di Castel Volturno, che avrebbero partecipato all’emissione degli atti ritenuti illegittimi, senza però avere alcun vantaggio o favore da Schiavone.

 

Comunicato Stampa

Pineta Grande Hospital 10/11/2020

In relazione al comunicato odierno con il quale la Procura di Santa Maria Capua Vetere diffonde la notizia della richiesta di rinvio a giudizio per 36 persone nell’ambito della cosiddetta inchiesta su “Pineta Grande Hospital”, la Direzione della struttura sanitaria rileva che:

  • L’esercizio dell’azione penale, per tutti i reati, rientra nella ricostruzione della Procura con la quale ci si è già confrontati in sede cautelare.

  • Proprio in quella sede il Tribunale del Riesame di Napoli ha escluso l’ipotesi della corruzione ex articolo 319 cp.

  • Il medesimo tribunale ha altresì escluso le ipotesi di falso afferenti il rilascio della concessione edilizia, in particolar modo in relazione alle norme che regolano la materia paesaggistico-ambientale.

  • L’orientamento del Riesame, che ha ridimensionato notevolmente se non totalmente l’indagine della Procura, ha trovato pieno accoglimento nella stessa Suprema Corte che ha dichiarato l’inammissibilità di tutte le eccezioni avanzate sia dalla Procura che dalla difesa in relazione al provvedimento del Tribunale del Riesame di Napoli, con ciò confermando la totale carenza di elementi sussistenti in ordine all’accusa di corruzione.

Restiamo in doverosa attesa, dunque, della fissazione dell’udienza preliminare nella quale siamo certi di poter dimostrare la totale insussistenza degli addebiti mossi.