Colpo di Stato.

(di Stelio W. Venceslai)

  Questa è una classica situazione da colpo di Stato.

            Ci sono tutti gli elementi: una grande crisi economica di cui non si vedono a breve gli sbocchi, una preoccupazione diffusa per la crisi derivante dalla pandemia, un governo imbelle e diviso, un Parlamento delegittimato, di fatto, da un’opposizione generalizzata nel Paese, quindici governatori di Regione su venti all’opposizione, un Presidente del Consiglio non eletto e molto discusso, ma non certo amato, un Presidente della Repubblica alla fine del mandato.

            Inoltre, qualunque legge elettorale si faccia, il centro-destra ne uscirebbe vincente. Il Parlamento attuale, con o senza la riforma referendaria, è condannato.

            Se i quindici governatori si riunissero e invece di parlare di stadi e mascherine si occupassero di cose serie, potrebbero mettere assieme una Giunta di transizione e sconfessare il governo, imponendo al Presidente della Repubblica di sciogliere il Parlamento e d’indire nuove elezioni.

            Non sarà così, perché per far questo, occorrono uomini decisi e con i nervi saldi, non delle mammole. Per fortuna, ma se si continua così, il rischio è molto grosso.

            Il dilettantismo della classe politica al governo è evidente. Non si possono prendere dei Masaniello dal popolo minuto e farne dei Ministri. Governare è una cosa seria. Occorre decidere e dare un orientamento, non rinviare e spaccare il capello in quattro, aspettando la Provvidenza.

            La ristrutturazione di cui occorre il Paese è ferma da decenni su un binario morto. La democrazia ha dato un pessimo esempio di sé in Italia, da quando si è trasformata in un’oligarchia incolta e arrogante, interessata solo a mantenere in piedi un sistema che la garantisce. È un cane che abbaia molto, ma non morde mai.

            Il meglio della nostra politica, quando va bene e non si litiga, consiste nel rinviare le decisioni e prorogare l’emergenza. Siamo l’unico Paese in Europa  che vive in emergenza per un’epidemia.

            Sono anni che si discute dell’Alitalia, un’impresa fallita da almeno vent’anni che lo Stato si ostina a tenere in vita a suon di miliardi (nostri), senza idee, senza programmi, senza costrutto, solo per questioni di prestigio. Quale: mantenere un nome e qualche migliaio di dipendenti?

            Sono anni che l’ex ILVA di Taranto, oltre a diffondere il tumore ai lavoratori e alle loro famiglie e inquinamento a tutta la cittadinanza della provincia di Taranto, è il vero cancro del fallimento delle politiche apparentemente svolte per il Meridione. Sono anni che ogni governo sottostà al ricatto di questo o quel profittatore che ha fatto finta di risolvere la nostra crisi siderurgica, salvo poi gettare, ma sempre con i soldi dello Stato (i nostri).

            Ritorna, dopo mesi di silenzi intervallati da insulti, il problema della concessione alla Società Autostrade. Revoca o non revoca? This is the question. Un dubbio amletico, tra l’impotenza e l’arroganza.  È’ responsabile la società concessionaria dei morti sul ponte Morandi?  O SI’ o No, come nel referendum. Se è responsabile, fuori, se non lo è, resta. Troppo semplice? Ma un governo deve decidere cose semplici, che capiscano tutti.

            Il ricatto permanente è quello dell’occupazione. Possiamo mettere sul lastrico 10/15 mila lavoratori, incolpevoli? Certamente no.  Con tre milioni e mezzo di disoccupati in giro, più quelli che il lavoro non lo cercano più, che differenza fa se sono 3.5 milioni o 3.8? Nessuna.

            Dato che si discute su come riformare l’inutile reddito di cittadinanza, perché non destinarlo a loro, sempre che l’INPS sia in grado di farlo?

            Il mantra del ponte sullo Stretto non è un progetto, ma un incubo mediatico. Sono anni, decenni, che se ne parla. Il ponte è di destra, il ponte è di sinistra, il ponte non lo vogliono i traghettatori, il ponte sarebbe ostaggio della mafia. Il ponte si fa o non si fa? La soluzione non è il ponte, ma è il sistema del traffico veloce che dovrebbe permettere un sistema di treni ad alta velocità per collegare il Meridione al resto del Paese, e soprattutto la Sicilia. Baloccarsi sui particolari è il paradiso dei fannulloni e degli azzecca garbugli.

            La riforma della burocrazia è un altro chiodo fisso del nulla. La burocrazia è il braccio esecutivo del Governo. Se il Governo non pensa o pensa male e confusamente, la burocrazia esegue male e confusamente. Troppi politici e politicanti sono stati immessi nel corpo dei funzionari dello Stato, in genere ignari, se non ignoranti. È un costo che paghiamo tutti al vassallaggio della politica. Se si deve fare una riforma burocratica, si deve partire dalla testa dei Ministri.

            Vogliamo parlare del MES? Il partito di maggioranza relativa, il Movimento 5 Stelle, è contrario al MES. Non si capisce perché. È un’impuntatura dogmatica, come l’infallibilità del Papa. Le motivazioni sono risibili. C’è troppo controllo dell’Unione europea, dicono, anche se il MES di cui si parla, finalizzato alla sanità, espressamente esclude questi controlli. Però, vogliono il Recovery Fund, che invece  di controlli ne ha parecchi, e ce ne accorgeremo. Il sistema politico è impegnato da mesi su questo dibattito senza senso, ma nessuno ha il coraggio di dire basta a queste stupidaggini da cortile. Ne va, pensate, della vita del Governo!       Sono infinite le cose che non vanno in questo Paese: la riforma fiscale, la revisione del sistema giudiziario, il miglioramento del Servizio sanitario nazionale, l’ammodernamento della scuola e dell’Università (mancano medici e infermieri, e ancora si fa il numero chiuso a chi vuole laurearsi!), la riforma carceraria, una legge seria sull’immigrazione e così via.

            Un Paese vecchio e preoccupato e un Governo imbelle. Sì, ci sono tutti gli elementi per un colpo di Stato.

Roma, 01/10/2020