Omologo
o-mò-lo-go
SIGNIFICATO Che ha le stesse caratteristiche di un altro; corrispondente
ETIMOLOGIA voce dotta recuperata dal greco homólogos ‘conforme’, composto di homós ‘identico’ e lógos ‘discorso’.
- «Si trovano racconti omologhi a questo in molte tradizioni diverse, anche distanti.»
Che grecismo! E quanto è utile. Però non è facile e ha delle sfumature che è importante chiarire — e si sa, le sfumature peculiari si notano di più a confronto con parole che hanno l’apparenza di sinonimi prossimi.
Quella dell’omologo è la qualità di chi o ciò che ha le stesse caratteristiche di qualcun altro o qualcos’altro — aspetto, struttura, origine, funzioni. Un concetto astratto, ma non generico: l’homólogos greco è composto da un secondo elemento, lógos, che tagliando il concetto di ‘discorso’ come insieme di caratteristiche ci rende tutta l’ampiezza di una grande varietà di applicazioni. Il primo elemento homós, invece, in quanto ‘identico’ pone il criterio di uguaglianza: questo insieme di caratteristiche è identico. Facciamo qualche esempio.
Il ministro degli Esteri di uno Stato s’incontra con la sua omologa di uno Stato vicino. La realizzazione di una seconda grande opera richiede d’individuare un sito omologo a quello su cui è stata costruita la prima. Per riprodurre il piatto stellato è fondamentale riuscire a procurarsi ingredienti omologhi agli originali.
Si potrebbe dire corrispondente, conforme, uguale? Sì. La ministra corrisponde all’altro ministro, avendo loro il medesimo ruolo, il secondo sito deve essere conforme al primo, se ci devono fare la stessa cosa, il piatto, per essere proprio uguale, richiede che gli ingredienti siano quelli. Ma che cosa ci dice l’omologo di diverso?
Gli ingredienti non devono essere proprio gli stessi, del medesimo fornitore. Il secondo sito non deve essere spiccicato al primo, con la stessa ansa del fiume e la precisa conformazione del declivio. I due ministeri non devono essere inquadrati in una forma di governo identica. L’omologo ci permette e ci richiede di considerare una batteria di caratteri rilevanti. Chi siede sulla stessa poltrona con lo stesso potere, quali luoghi hanno in comune tratti funzionali necessari, quali ingredienti, nella preparazione, danno il medesimo contributo, si comportano al medesimo modo. Pensiamo anche alla conformità determinata, nel bene e nel male, dall’omologare e dall’omologazione.
Qui, parlando di parole, ci capita spesso di parlare di parole omologhe. Lo facciamo in particolare quando consideriamo esiti di una stessa radice in lingue diverse, o traducenti in lingue diverse: è una dicitura che marca come qui e lì queste parole svolgano proprio la medesima funzione semantica, che ci sia più di un’approssimata somiglianza.
Ma allora, che differenza c’è con il più comune analogo?
L’analogo non è uguale, è appunto simile. L’analogia in greco è la proporzione — la piramide che faccio con la formina in spiaggia è analoga all’orizzonte di Cheope, non omologa. Il primo elemento greco aná è un ‘sopra, secondo’, e parla di similitudine, somiglianza, non di uguaglianza e identità. L’analogo risale a un criterio affine: in persone che ricoprono ruoli analoghi, nell’individuazione di luoghi analoghi e nel reperimento di ingredienti analoghi marca (con eleganza, certo) un sostanziale più o meno.
Insomma, per dirla bene, l’analogo è solo analogo all’omologo, e non omologo.