Mafia, la Cassazione conferma i sei anni all’ex senatore D’Alì (FI): andrà in carcere

14 DICEMBRE 2022

L’ ex sottosegretario forzista, Antonio D’Alì, ha favorito gli interessi di Cosa Nostra e della famiglia Messina Denaro. A sancirlo è la Cassazione, a undici anni di distanza dall’inizio della vicenda giudiziaria, che ha condannato l’ex senatore a 6 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.

“È stato il politico a disposizione dei Messina Denaro, prima del vecchio don Ciccio e poi del figlio Matteo, tuttora ricercato”, ha detto il procuratore generale di Palermo, Rita Fulantelli, nella requisitoria dell’appello bis.

Antonio D’Alì, detto anche “Tonino”, è il rampollo di un’antica famiglia di imprenditori trapanesi, già proprietaria di saline, navi commerciali, ampi latifondi e della Banca Sicula di Trapani. Nel 1994 scende in politica, figurando tra i promotori di Forza Italia nell’Isola. Il collegio di Trapani diventa il suo fortino, un bacino di voti che gli consente per sei volte di ottenere uno scranno al Senato, e la presidenza della provincia di Trapani tra il 2006 e il 2008. L’apice è la nomina di sottosegretario dell’Interno nel 2001 nel governo targato Silvio Berlusconi.

Ma la carriera imprenditoriale e politica di D’Alì si intreccia con quella di Cosa Nostra, proprio nel territorio in cui la famiglia Messina Denaro ha la sua roccaforte. In questo contesto, secondo l’accusa, il senatore si sarebbe interessato attivamente per tutelare in più circostanze gli interessi mafiosi. “Con il suo operato ha consapevolmente e fattivamente contribuito al sostegno e al rafforzamento di Cosa Nostra, mettendo a disposizione le proprie risorse economiche e successivamente il proprio ruolo istituzionale di senatore della Repubblica e di sottosegretario di Stato”, dice la pg Fulantelli nella requisitoria. L’ex senatore sarebbe anche intervenuto per far trasferire il prefetto trapanese Fulvio Sodano e allontanare il capo della Squadra Mobile di Trapani, Giuseppe Linares, il poliziotto che dava la caccia al super latitante u siccu, Matteo Messina Denaro. La lunga vicenda giudiziaria di D’Alì inizia nel 2011, quando la Procura di Palermo ne chiede il rinvio a giudizio. L’ex senatore esce indenne sia in primo che in secondo grado: assolto per i fatti successivi al 1994, mentre sono prescritti quelle precedenti. A gennaio 2018 però, la Corte suprema annulla le sentenze e ordina un appello bis, conclusosi a luglio 2021 con la condanna a 6 anni. Adesso per D’Alì si aprono le porte del carcere.

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