Clamoroso

Due terzi dei morti di malaria nel mondo hanno meno di cinque anni [Zanotti, Specchio].

In prima pagina

• La Sicilia ha falsificato i dati sul Covid per evitare la zona rossa. Tre arrestati e altri tre indagati, tra i quali l’assessore alla Salute, che si è dimesso

• Nel Lazio riaprono le scuole ma centinaia di docenti non si presentano in aula

• Draghi e la moglie si sono messi in fila e si sono vaccinati con AstraZeneca

• Il vaccino di AstraZeneca ha cambiato nome in Vaxzevria

• Speranza ha firmato l’ordinanza che prevede una quarantena di cinque giorni e il tampone al rientro per chi viaggia in paesi dell’Ue a Pasqua

• Ormai nel nostro paese la variante inglese rappresenta l’86,7% del coronavirus in circolazione

• Ieri in Italia si sono registrati altri 529 morti. Il tasso di positività è sceso al 5,3% ed è calato anche il numero di ricoverati in terapia intensiva (-5). Le persone vaccinate (due dosi) sono 3.087.379 (il 5,18% della popolazione)

• Il caso delle mascherine farlocche finite negli ospedali italiani: la guardia di finanza, per precauzione, ne ha sequestrate 60 milioni

• L’Oms chiede un’inchiesta sull’ipotesi di fuga del coronavirus da un laboratorio cinese

• In Germania il vaccino AstraZeneca sarà somministrato solo a chi ha più di sessant’anni

• Debora Serracchiani è stata eletta capogruppo del Pd alla Camera. Ha battuto Marianna Madia 66 voti a 24

• I giudici hanno deciso che Salvini non commise diffamazione quando citofonò a una famiglia chiedendo «Scusi, lei spaccia?» e che Conte non commise peculato quando la sua scorta difese la fidanzata dall’assalto delle Iene

• Il caso del bresciano che finse di farsi rapire dall’Isis

• A 12 anni dalla scomparsa di Barbara Corvi è stato arrestato il marito con l’accusa di omicidio

• I commissari di Alitalia ai dipendenti: «Non sappiamo quando vi pagheremo lo stipendio di marzo»

• Naufragio al largo della Libia, cinque migranti annegati

• In Brasile traballa il governo di Bolsonaro

• A Hong Kong la maggioranza dei deputati sarà nominata dalla Cina

• Al Sisi minaccia l’Etiopia, che vuole bloccargli l’acqua del Nilo con una diga

• Agnès Callamard, la relatrice del rapporto Onu sull’uccisione di Jamal Khashoggi, è il nuovo capo di Amnesty International

• Il Trono di Spade sbarca a Broadway nel 2023

• Si chiama Futura il logo scelto per le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina del 2026

• Jannik Sinner conquista i quarti a Miami, è la prima volta in un Masters 1000

• Per il secondo anno di fila Gian Piero Gasperini ha vinto la Panchina d’oro

• Buffon è stato squalificato per un turno per la bestemmia urlata durante Juventus-Parma

Titoli

Corriere della Sera: Stretta sui viaggi di Pasqua

la Repubblica: La battaglia di Pasqua

La Stampa: Il premier: «Non illudo gli italiani»

Il Sole 24 Ore: Alle famiglie un assegno da 20 miliardi / Mancano i fondi per i 250 euro a figlio

Avvenire: Tutti firmano l’Assegno

Il Messaggero: «Sarà un’estate in sicurezza con i più giovani vaccinati»

Il Giornale: Le mascherine di Arcuri sono tutte farlocche

Leggo: «Spalmiamo i morti di Covid»

Qn: Quarantena contro le fughe di Pasqua

Il Fatto: Vaccini con sponsor, dalle primule alle provole

Libero: La Francia spara ai migranti

La Verità: L’alternativa tedesca ai lockdown

Il Mattino: Scuola, freno alle lezioni online

il Quotidiano del Sud: Il carrozzone in testacoda

il manifesto: L’eco-logico

Domani: Anziani ignorati e sanitari fantasma / Il disastro di Giani finisce in procura

“Sponsor per pagare gli hotspot”: finanza creativa nel Piano Draghi

“Sponsor per pagare gli hotspot”: finanza creativa nel Piano Draghi

Senato amaro per il generalissimo Francesco Paolo Figliuolo. Perché a sentir lui tutto marcia alla perfezione ed è misurato al centimetro. Ma il servizio bilancio di Palazzo Madama rischia di mandargli di traverso ogni ottimismo: ha messo il naso nella dotazione finanziaria che il governo di Mario Draghi gli accordato per far fronte all’emergenza, oltre 1,2 miliardi autorizzati per l’anno 2021 su cui è necessario fare chiarezza. Perché della gran parte di questi soldi si sa poco o niente. Solo che potranno esser spesi come i 20 milioni che Figliulo potrà destinare per la sua struttura commissariale. Per altre che potrebbero rivelarsi strategiche per rendere capillare la vaccinazione sul territorio, il governo prevede l’intervento di sponsor.

Insomma, i tecnici di Sua presidenza Casellati hanno chiesto di sapere con che criterio sono stati fatti i conti, dal momento che ben 850 milioni, la maggior parte di questa tombola di danari pubblici a disposizione di Figliuolo, gli sono accordati praticamente sulla fiducia: non si sa a cosa dovranno servire. “Si osserva che la relazione tecnica (che accompagna il decreto Sostegni, ndr) non fornisce alcun dato in relazione ai criteri di stima dello stanziamento. Pur se la norma prevede che tali risorse siano da trasferire su richiesta del commissario e quindi non in modo automatico, sarebbe comunque necessario acquisire almeno informazioni di massima sulle modalità che hanno portato alla determinazione dell’importo. Vista anche la sua entità, più che doppia di quella prevista dalla precedente lettera a)”.

Eppure la lettera “a”, sì negletta, riguarda i fondi destinati alle iniziative per consolidare il piano nazionale sulle vaccinazioni: 120 milioni di euro a finanziamento dei costi delle attività per smistare i vaccini ai 500 centri di somministrazione locali dall’hub nazionale dove confluiscono tutte le dosi delle case farmaceutiche; 39 milioni per acquistare le siringhe, altri 33 per gli apparati tecnologici, 14 per la comunicazione ai cittadini, call center compreso. In tutto 388 milioni, di cui 180 per i centri vaccinali su cui è stata fatta una stima piena di incognite. Cosa succede se sarà necessario superare il numero di strutture territoriali previste? Si dovrà ricorrere, secondo quanto scritto dal governo nella relazione tecnica al decreto in conversione in Parlamento a “sponsorizzazioni o ad altre risorse non a carico della finanza pubblica”.

Il che non convince affatto il Servizio bilancio di Palazzo Madama che sottolinea a matita rossa la criticità ché, se alla fine non dovessero trovarsi i benefattori, sarà inevitabilmente lo Stato a farsene carico. Con buona pace delle stime di spesa: “In generale pur se la quantificazione appare formalmente corretta, molte voci di spesa elencate assumono maggiormente natura obbligatoria e difficilmente comprimibili e una loro eventuale sottostima porterà inevitabilmente a un aggravio degli oneri a carico della finanza pubblica”.

Ma se sui centri vaccinali le risorse sono limitate, sulle altre spese lo spartito è un altro. L’altra nota dolente evidenziata dal Servizio bilancio del Senato riguarda, come detto, gli 850 milioni di euro previsti a richiesta del commissario, per le effettive e motivate esigenze di spesa connesse all’emergenza pandemica: è certo soltanto che 20 milioni saranno destinati al funzionamento della struttura di Figliuolo. Che non è l’unico a cui fischiano le orecchie. Andrebbe giustificato anche l’incremento di 700 milioni di euro del Fondo emergenze nazionali, di cui 19 milioni da indirizzare “al ripristino della capacità di risposta del Servizio nazionale della Protezione civile”.

C’era una volta

Dieci anni fa

Venerdì 1° aprile 2011. Muammar Gheddafi ha inviato a Londra una delle persone più fidate della sua cerchia, perché si impegni in colloqui informali e confidenziali con i funzionari del governo britannico.

«Una volta tanto l’esame del Dna ha rivelato un assassino sicuro, preso dopo vent’anni, e reo confesso da ieri. Manuel Winston Reves, domestico filippino e ora cittadino italiano, è l’uomo che la mattina del 10 luglio 1991, in una villa all’Olgiata (Roma), uccise la contessa Alberica Filo della Torre. Lo ha ammesso lui stesso ieri in carcere. “Ero andato da lei a chiedere di poter lavorare nuovamente presso la villa perché avevo bisogno di soldi. Non ricordo altro. Chiedo scusa al marito e ai figli, e anche a tutti gli italiani. Ogni volta che sentivo parlare della contessa mi prendeva l’angoscia”. L’uomo ha battezzato “Alberica” la figlia che gli è nata nel 1995» [Dell’Arti, Gazzetta].

«È un caso famoso, passato alla storia col nome di “Delitto dell’Olgiata”. L’Olgiata è un quartiere residenziale a nord di Roma, tutte grandi ville con parco. Qui abitava la contessa Alberica Filo della Torre, nobiltà antica, le cui tracce risalgono al XIV secolo. Con lei il marito, il costruttore Pietro Mattei. È il 10 luglio 1991, le sette del mattino, in casa fervono i preparativi per la festa della sera in cui si celebreranno i dieci anni di matrimonio. Sono presenti: il marito e i due figli, molto piccoli, Manfredi e Domitilla; due domestiche filippine; la baby-sitter inglese Melanie; quattro operai che stanno sistemando l’abitazione per il party della sera. Alle 7.45 una delle due domestiche filippine, di nome Violeta Alpaga, porta la colazione alla signora. Intorno alle 8 il marito lascia la villa per andare in ufficio. Alle 8.30 la contessa scende al piano di sotto e dopo un quarto d’ora rientra in camera sua. Alle 9.15 Violeta e la piccola Domitilla bussano alla porta della mamma. Nessuna risposta. Tra le 10.30 e le 11.00 tornano a bussare, e ancora niente. La domestica chiama la stanza attraverso il telefono interno. Squilli a vuoto. Trova allora una seconda chiave e con quella apre finalmente la porta. La contessa è riversa a terra, le braccia aperte, la testa avvolta in un lenzuolo insanguinato. Ci sono altre macchie di sangue sulla moquette, sul muro e sulla camicia da notte. Comincia il mistero […]» [ibid].

In Vaticano entra in vigore la legge antiriciclaggio «CXXVII» (127) del 30 dicembre 2010.

Venti anni fa

Domenica 1° aprile 2001. Al termine di una lunga trattativa con il ministro dell’Interno, deciso a evitare spargimenti di sangue, l’ex presidente Slobodan Milošević si consegna alla polizia serba che lo arresta nella sua villa e lo porta in carcere. «Quando il padre è stato preso in custodia, la figlia Marija ha reagito sparando alcuni colpi in aria. Milošević è stato portato nella prigione centrale di Belgrado, dove è stato interrogato per ore “accusato di corruzione e abuso di ufficio. A tutti ha ripetuto di essere innocente: “Ho la coscienza pulita e tranquilla”. Un medico lo ha visitato. e lo ha definito “provato ma lucido”. Milošević ha 60 anni. In carcere, dove resterà ora per un mese di carcerazione preventiva, è stato visitato da moglie e figlia» [CdS].

«Quella che si è consumata dietro i cancelli ferrati della villa di via Uzicka, già residenza di Tito, è stata una notte spericolata, vissuta sull’orlo del baratro, più volte sul punto di precipitare. Una notte che sigilla un’epoca truce, dominata da una piccola nomenklatura corrotta di politici e di criminali, “che ha isolato e fatto sprofondare nella miseria il restante 90 per cento di un’antica e orgogliosa nazione europea. Una notte risolta in extremis, quando su Belgrado già spuntava l’alba del 1 ° aprile, dalla perseveranza del giovane ex capo della protesta degli studenti del 1996-1997 Ceda Jovanovic, che è riuscito a convincere Slobodan Milosevic ad accettare l’arresto, al termine di una specie di seduta psicanalitica durata due ore» [Cianfanelli, CdS].

A sud-est dell’isola di Hainan, un aereo spia Usa, con 24 persone a bordo, viene intercettato da due caccia cinesi F-8. L’EP-3 entra in collisione con uno dei caccia cinesi che precipita, mentre il ricognitore americano è costretto a un atterraggio d’emergenza. L’incidente provoca un inasprimento dei rapporti diplomatici tra i due paesi e la Cina tiene in ostaggio l’aereo americano.

«Il caso Cuccia è chiuso. Bloccato sabato pomeriggio, il telefonista Giampaolo Pesce ha fatto il nome del complice, il camionista Franco Bruno Rapelli, di 44 anni, che è stato fermato davanti alla sua abitazione a Condove, in Val Susa. Entrambi hanno confessato. I verbali rivelano che l’idea di trafugare la salma del banchiere per ottenere un riscatto venne ai due in un bar del paese dalla lettura di un giornale economico che parlava di Enrico Cuccia. “Io avevo 50 milioni di debiti — dice Rapelli —, e Pesce 30. Abbiamo pensato che portare via la salma di un personaggio famoso fosse una buona idea. Non avevamo ben capito chi fosse Cuccia, ma pensavamo che gli eredi dovessero avere un sacco di soldi. A noi sarebbero bastati anche pochi miliardi”» [Battistini e Fumagalli, CdS]

I Paesi Bassi, primi al mondo, legalizzano i matrimoni fra persone dello stesso sesso. Ad Amsterdam tre coppie di gay e una di lesbiche si sposano davanti al sindaco a mezzanotte.

Roberto Baggio, con la maglia del Brescia contro la sua ex Juventus, su assist di Andrea Pirlo, segna il gol più bello della propria vita.

Venticinque anni fa

Lunedì 1° aprile 1996. Fini frena su Maastricht: «Si va ma con tempi compatibili con l’economia reale».

«Una mamma di ghiaccio. Questo è stata Margaret Thatcher, super-premier britannico, per la figlia Carol, giornalista, che sta per dare alle stampe un libro con tutti i segreti di famiglia. Titolo: Al di sotto della balaustra. La lady di ferro non si smentiva dunque nella vita privata: unico suo interesse era la carriera […] In casa Thatcher. infatti, non c’era molto calore. Il matrimonio tra Denis e Margaret era «il rapporto fra due persone egoiste». Lei non vedeva che la sua carriera: «Mamma faceva tutto di scatto. Voleva essere assorbita solo dal suo lavoro e, sant’Iddio, lo era. Da bambina, ne ero terrorizzata». » [Altichieri, CdS].

«Prigioniera a Belgrado, quasi in miseria. Triste destino, per la vedova del padre della Repubblica jugoslava: Jovanka Broz, moglie del defunto maresciallo Tito, ha denunciato in un’intervista di essere ostaggio del regime di Slobodan Milosevic. Nessun privilegio in memoria del celebre marito, anzi un oblio che sfiora la persecuzione. Distrutta la Jugoslavia, la signora Tito ora rivela anche la sua drammatica odissea, iniziata in realtà quando Tito era ancora in vita: “Vivo sola, circondata unicamente da persone incaricate di controllarmi – ha raccontato in un’intervista rilasciata pochi giorni fa a un settimanale serbo –. Non ho il passaporto, né altri documenti, e devo informare le guardie anche quando decido di andare a trovare parenti o amici”. Jovanka conobbe Tito durante la Seconda guerra mondiale, combattendo a fianco dei partigiani. Si sposarono nel 1952: lei aveva 28 anni, lui 60. Una coppia solida e forte, nonostante la differenza d’età. Fino agli ultimi anni di vita del maresciallo» [R.E CdS].

Trenta anni fa

Lunedì 1° aprile 1991. «È l’ora di Cossiga: uscito di scena il sesto governo Andreotti, la sede della verifica della possibilità di arrivare alla scadenza naturale di questa legislatura (giugno 1992) si sposta al Quirinale». Da domani il presidente della Repubblica inizierà le consultazioni per la formazione del nuovo governo [CdS].

«Le truppe fedeli a Saddam hanno riconquistato il Kurdistan: sbaragliati a Kirkuk, Erbil e Dohut, i guerriglieri cercano scampo sulle montagne, fuggendo verso il Sud, l’Iran e la Turchia. Da Parigi il leader curdo Massoud Barzani ha chiesto agli occidentali di aiutare le popolazioni «massacrate» dai governativi. Gli USA sono disponibili a stabilire contatti con i curdi dopo la loro rinuncia a creare uno Stato indipendente»[CdS].

Di notte Diego Armando Maradona lascia Napoli e l’Italia per tornare in Argentina.

«Non torni più in Italia? Non giocherai più?

“No, è difficile, molto difficile. Sono stanco di lottare e voglio godermi la vita, voglio godermi le mie bimbe. Se vuoi giocare una partita con me ti invito alla Quinta (la casa di campagna a pochi chilometri da Buenos Aires) d’ora in poi giocherò solo là”.

E con gli amici de La Esquina, il paesetto di Corrientes dove vai a pescare i dorados?

“Va bene, ti invito a giocare nella squadra di Esquina così proverai il miglior pesce del mondo”.

Si avvicina un commissario dell’Alitalia con un pallone. Diego si alza, fa finta di dare un calcio poi firma l’autografo. Circondato da cinque o sei ragazzini saliti dalla classe turistica distribuisce fotografie del numero 10 del Napoli.

Tornerai al San Paolo? “Te l’ho già detto: voglio tornare a casa. Voglio abbracciare Giannina e Dalma che oggi compie gli anni. Mi aspettano con la torta e con le candeline. Arriverò come Babbo Natale”.

Diego svaligia la boutique Alitalia. Le hostess corrono alla ricerca di un ennesimo orologio rosso con un cavallino rampante della Ferrari. Il giocatore ne ha già comprati quattro ma ne vuole un altro. A Rio altra abbuffata di regali. Il capitano della Nazionale argentina — forse sarebbe meglio dire ex capitano — e il suo rappresentante Marco Franchi tornano sull’aereo carichi di sacchi e sacchetti del free shop. Strizza l’occhio e mi dice: “Se vedessi tutto ciò che ho nelle valigie…”. Poi si siede e comincia a controllare a uno a uno tutti i regali: bambole, automobiline, videocassette, profumi. Voliamo ormai da dieci ore e in top class la cena è sempre abbondante. La prima colazione non è meno impegnativa, ma il giocatore ha ancora fame e chiede un tramezzino. Prima di sbarcare a Buenos Aires l’ultimo pasto frugale: aragosta, ravioli, filetto, gorgonzola, un altro po’ di formaggio e infine un tiramisù. Quando la hostess gli chiede “Non ha paura d’ingrassare?”, Diego alza il bicchiere di spumante e quasi facesse un brindisi risponde: “Tanto, ormai …”. Per la prima volta il suo sguardo tradisce un velo di malinconia. All’aeroporto di Ezeiza per evitare i giornalisti Maradona esce da una porta di servizio, non è la prima volta che usa questo espediente e la stampa ha già preparato un posto di blocco sull’autostrada. Ma Babbo Natale riesce ancora a evitare l’agguato, nascosto su una giardinetta dell’Aeronautica. Ha fretta: Dalmita aspetta i regali» [Giangiacomo Foà, CdS].

Allo Stade Louis II di Montecarlo, il pugile italo-zairese Sumbu “Patrizio” Kalambay è sconfitto ai punti dal giamaicano di nazionalità statunitense Mike McCallum e fallisce la riconquista del titolo dei medi versione Wba. Il verdetto non è unanime: il giudice spagnolo Vasquez (116-115) e il venezuelano Viso (116-114) si pronunciano a favore del campione in carica. Il panamense Sam vede la prevalenza di Kalambay (115-114). [Gianni Pignata, Sta. 2/4/1991]

Quaranta anni fa

Mercoledì 1° aprile 1981. Reagan sta meglio. A 48 ore dall’attentato il presidente Usa è potuto scendere dal letto e ha passeggiato nella sua stanza. «Oggi a tutti gli effetti, si sottolinea a Washington, la Oval Room è stata trasferita dalla Casa Bianca all’ospedale della George Washington University: è da qui che Reagan continua a guidare la macchina del governo e a prendere tutte le decisioni di fondo richieste dagli eventi. È qui che egli riceve ogni mattina i principali consiglieri dello staff, Meese e Baker, mantenendo cosi inalterata là prassi seguita alla Casa Bianca, mentre nel seguito della giornata il vice-presidente Bush lo tiene al corrente, o per telefono o con una visita all’ospedale, degli ultimi sviluppi. Inoltre, un progetto allo studio è quello di Installare uno speciale circuito televisivo chiuso tra la stanza del presidente in ospedale e la Casa Bianca, in modo da consentire un contatto “visivo” continuo e diretto coi suoi collaboratori» [Stille, CdS].

«Nella stanza del Park Central Hotel di Washington dove John Hinckley aveva preso alloggio per prepararsi all’attentato è stata trovata una lettera, non imbucala, e indirizzala a Jodie Foster. “Ho ucciso il presidente perché non mi ami”. Secondo un’altra versione, invece, la frase sarebbe diversa: “Se non mi ami io uccido il Presidente”. La missiva è stata comunque sottoposta a perizia per accertarne l’autenticità. Jodie Foster, che adesso studia allo Yale College, ha dichiarato agli agenti dell’Fbi di non aver mai conosciuto John, ma anche di aver ricevuto da lui numerosissime missive d’amore alle quali però non aveva mai risposto» [Vergani, CdS].

«Più di mille pagine, oltre settanta imputati, un rosario di accuse composto da quarantacinque voci. Dopo il famoso blitz del 7 aprile, sulla storia di Potere Operaio e Autonomia Operaia si sa tutto. Stamattina il giudice istruttore Francesco Amato ha depositato la sua ordinanza di rinvio a giudizio. Toni Negri e altri 70 dovranno comparire davanti alla corte di assise per rispondere di imputazioni gravissime: insurrezione armata contro i poteri dello Stato, associazione sovversiva, banda armata, attentati, omicidi, ferimenti, sequestri di persona». In tutto i reati contestati sono 45 e i principali esponenti autonomi rischiano l’ergastolo.

« Il 7 aprile del 1979 decine di persone, appartenenti o simpatizzanti o considerate vicine alla formazione di sinistra extraparlamentare Autonomia Operaia, furono arrestate in un’operazione che diede inizio a uno dei capitoli più discussi e controversi della storia giudiziaria italiana degli scorsi decenni. Fu una vicenda che coinvolse centinaia di persone ma che ebbe come protagonisti, mediatici e non solo, da una parte l’intellettuale e attivista Toni Negri, dall’altra il magistrato Pietro Calogero. Come su tante altre questioni di quegli anni, gli arresti del 7 aprile – e soprattutto i processi che ne seguirono – provocarono divisioni nette e dolorose nella politica e nella società italiana, e ancora oggi non c’è un vero consenso storico sul caso, anche se le critiche a come il processo fu impostato e portato avanti negli anni sono diventate predominanti» [IlPost].

È approvata la Legge di Riforma della P.S (1° aprile 1981, nr. 121). La smilitarizzazione, i diritti sindacali, le pari opportunità di carriera tra uomini e donne, sono alcune delle novità sostanziali della Polizia di Stato.

Cinquanta anni fa

Giovedì 1° aprile 1971. Monika Ertl, militante dell’ELN boliviano, vendica Che Guevara uccidendo, all’interno del consolato boliviano di Amburgo, l’ufficiale dei servizi segreti boliviani Quintanilla Pereira. «I due personaggi, che in un piccolo ufficio di trenta metri quadri del consolato boliviano ad Amburgo si trovarono, la mattina del 1° aprile 1971, l’uno di fronte all’altra come in una rappresentazione teatrale, incarnavano tanta parte dell’immaginario politico-ideale del mondo del secondo Novecento. Lui, Toto Quintanilla Pereira, uomo bruno e tozzo di 43 anni che aveva appena cominciato la sua ultima giornata di lavoro da console boliviano ad Amburgo (doveva tornare in patria l’indomani), era quello che da capo dei servizi segreti boliviani aveva intercettato e bloccato, nell’ottobre 1967, l’ultimo e stremato drappello di guerriglieri capeggiati da Che Guevara per poi comandarne l’uccisione a freddo e successivamente scempiarne il cadavere. Lei, una ragazza con un corpo da indossatrice nonostante avesse camuffato la sua bellezza con una parrucca color grigio argento e un paio di occhiali, una che s’era presentata al consolato quale turista australiana bisognosa di un visto per la Bolivia, era la tedesca 34enne Monika Ertl, militante col nome di battaglia “Imilla” in quell’Esercito di Liberazione Nazionale che in Bolivia cercava di raccogliere l’eredità del Che e innanzitutto di vendicarne l’assassinio. L’incontro e il confronto dei due personaggi teatrali di cui ho detto durò solo pochi istanti. Il tempo che la donna estraesse dalla borsa che portava a tracolla una Colt Cobra 38 Special, un’elegante pistola che Giangiacomo Feltrinelli aveva comprato in un’armeria di Milano il 18 giugno 1968, e sparasse al console boliviano tre colpi a bruciapelo, che da lì a poco gli tolsero la vita. Mentre il corpo di Quintanilla si abbatte sul divano per poi ricadere supino sul parquet, la ragazza fugge via. Ma si trova di fronte Anna, la moglie del console, immediatamente accorsa al rumore degli spari. Tra le due donne è una breve colluttazione, in cui la terrorista ci rimette la parrucca, la borsetta e anche la pistola ex Feltrinelli. E comunque Monika Ertl riesce a involarsi, quella mattina del 1° aprile 1971» [Mughini, Libero].

«Nata in Germania nel 1938, la maggiore di quattro figlie, Monika era venuta in Bolivia con tutta la sua famiglia nel 1954. La colonia tedesca che viveva ai bordi di La Paz era folta, in buona parte gente che voleva far dimenticare il suo passato filonazista. Un habitué di casa Ertl era Klaus Altman, ossia Klaus Barbie, meglio noto come «il boia di Lione». Quand’era ancora una teenager, Monika lo chiamava «zio Klaus». Quando nei suoi vent’anni inoltrati, e dunque nei primi anni Sessanta, aderì alle mitologie estreme della sinistra sudamericana ed europea, il ricordo di quell’uomo amico di famiglia accese ulteriormente la sua radicalità. Come se fosse stata una macchia da cui voleva lavare sé e la sua famiglia. A colpi di pistola» [ibid].

Sessanta anni fa

Sabato 1° aprile 1961. Sulla Stampa Paolo Monelli lancia un appello per rendere il Canto di Mameli l’inno ufficiale d’Italia. «L’Italia non ha ancora un inno nazionale ufficiale. L’«Inno di Mameli» fu scelto in fretta, e provvisoriamente, dopo che l’esito del referendum del 1946 rese necessario, o almeno così parve allora, la sostituzione della piemontese Marcia Reale. Per colpa dell’aggettivo […] L’Inno di Mameli è un monumento: di memorie, di passione, della primavera della Patria. E i monumenti non tollerano rifacimenti».

Settanta anni fa

Domenica 1° aprile 1951. Fiorenzo Magni ha trionfato per II terzo anno consecutivo nell’estenuante Giro delle Fiandre battendo la fortissima coalizione franco-belga. Il successo Italiano è stato completato dal brillante piazzamento del giovane Petrucci che al suo esordio nelle corse straniere si è classificato al quarto posto [Sta].

Ottanta anni fa

martedì 1° aprile 1941. Asmara, capoluogo dell’Eritrea, viene occupata dalle truppe della 4ª e 5ª divisione indiana del gen. Platt [Salmaggi e Pallavisini].

In Jugoslavia viene ordinata la mobilitazione generale, a seguito della quale il paese, che ha già schierati ai confini 900.000 uomini, dovrebbe averne alle armi 1. 400.000.

Il Duce ha ricevuto a Palazzo Venezia il ministro degli Esteri giapponese Matsuoka. Questo primo colloquio è durato un’ora. «A un tratto la vetrata del balcone centrale di Palazzo Venezia è stata aperta e nel vano sono apparsi il Duce, che indossava l’uniforme del Partito, e il ministro degli Esteri nipponico. L’appassionato fervore della moltitudine si è espresso allora in tutta la sua potenza. Al Duce e all’illustre rappresentante della Nazione amica e alleata è salito impetuoso l’inesausto anelito di tutto il popolo. Mentre gli applausi si facevano più insistenti e la manifestazione più appassionata, il Duce e il ministro Matsuoka rispondevano al caloroso omaggio della folla levando il braccio nel saluto. Quindi Mussolini e il ministro Matsuoka si sono ritirati; ma le manifestazioni della folla al loro indirizzo non sono per questo cessate, e il Duce e l’illustre ospite sono tornati ad affacciarsi varie volto al balcone fra le rinnovate ardenti acclamazioni della folla. Poi la vetrata si è chiusa. Ma nemmeno questa volta il fervore delle acclamazioni si è placato. Ancora l’invocazione di “Duce! Duce!” si è levata altissima; e quando Mussolini, cedendo alle insistenze dell’immensa folla, è riapparso, solo, per due volte al balcone, l’entusiasmo delle Camicie nere e del popolo non ha avuto più limiti. Mussolini, sorridente, si è fermato qualche istante ad ammirare il superbo spettacolo della moltitudine acclamante, ha levato ripetutamente il braccio nel saluto romano e si è ritirato; e mentre lasciava il balcone il grido di fede e di certezza: “Duce, vinceremo!” lo ha accompagnato. Neppure quando la vetrata del balcone si è richiusa, là folla ha abbandonato la piazza […]. Fino a tarda sera colonne di Camicie nere e di studenti hanno percorso le vie della città al canto degli inni della Patria e della Rivoluzione» [CdS].

Cento anni fa

Venerdì 1° aprile 1921. Irruzione fascista in un pubblico esercizio gestito da un socialista: ammazzato da tre revolverate il banconiere Francesco Papo [Franzinelli1].

Centoventi anni fa

Lunedì 1° aprile 1901. Alla Zecca si studia la lega che sarebbe adatta a fare le monete di nichel da 10 centesimi.

Ci telegrafano da Berlino, 1° aprile, sera: Il Kleino Journal – fonte molto dubbia — ha da Pietroburgo: «Qui corre la voce che Tolstoj sia stato arrestato e internato a Wladiwostock. Per le dimostrazioni avvennero scontri fra militari e borghesi»

Centotrenta anni fa

Domenica 1° aprile 1891. I vapori tedeschi di grande velocità sono forniti dell’ufficio postale marittimo che durante la traversata attende alla spedizione delle lettere. Se ne parla anche in Italia (Comandini).

Centoquaranta anni fa

Martedì 1° aprile 1881. Si dice che la Francia, in risposta all’operazione Rubattino, si prepari a invadere la Tunisia. Attacchi in Parlamento, per questo, al primo ministro Cairoli.

Alla Camera l’onorevole Zucconi combatte lo scrutinio di lista, sostenendo il suffragio universale (Comandini).

«Nei dispacci del mattino, i lettori troveranno il seguente: “Il Governo italiano ha fatto sapere al Governo della Rumania che procederà al riconoscimento formale del titolo regio assunto dal Sovrano di Rumania, allorché gliene sarà pervenuta la notificazione ufficiale” Bella! bella ! bellissima! Tanto come se un tizio mandasse a dire a una coppia di sposi novelli: risponderò alla partecipazione del vostro matrimonio e vi manderò il mi rallegro quando me l’avrete fatta. Se il neo-re, che pure ha già fatto sapere il per lui lieto avvenimento perfino alla Corte del Belgio, non si è rammentato della nostra, perché rispondere a uno sgarbo — che tale è questa dimenticanza — con una goffa premura e non lasciarlo bollire nel suo brodo? Porse l’Italia è scesa al punto da dover leccar gli stivali anche al regolo di Rumania?» [CdS].

Centocinquanta anni fa

Mercoledì 1° aprile 1871. «La Cronaca non registra nelle 24 ore che un furto di biancheria e vestiario a domicilio con chiave falsa e 9 arresti fra cui 4 donne. Che gli accoltellatori vogliano mettere una buona volta giudizio? Domani ne sapremo qualcosa» [Gazz. Piemontese].

Centosessanta anni fa

Venerdì 1° aprile 1861. Reali decreti odierni nominano il deputato Quintino Sella segretario generale per l’istruzione pubblica; il deputato avv. Filippo Di Blasio segretario generale per la grazia e giustizia; l’avv. Antonio Giovanola senatore del Regno (Comandini).

La Gazzetta Ufficiale in Torino pubblica amnistia piena ai renitenti o refrattari di terra o di mare, di tutte le Provincie del Regno, antiche e nuove, di ogni leva anteriore a quella del 1859, salvo per gli amnistiati l’obbligo del servizio al quale indebitamente si sottrassero (Comandini).

Centottanta anni fa

Lunedì 1° aprile 1841. Vengono messi in vendita i francobolli di Toscana.