Per i detenuti in 41bis è vietata anche la fantasia sessuale

di Maria Brucale

Il Domani, 27 marzo 2021

Il 31 marzo la Cassazione deciderà se, come richiesto dal ministero della giustizia, negare a un detenuto in 41bis l’acquisto di riviste per adulti. Il sesso in carcere non entra. I colloqui con i familiari avvengono sotto il controllo visivo degli agenti e se ci si avvicina cercando un’intimità con la propria compagna o con il proprio compagno l’incontro viene subito bruscamente interrotto.

Ma è ipotizzabile che una persona reclusa rinunci alla sessualità? Che annienti una istintualità che le è connaturata, che le appartiene? Che non la insegua riconoscendone tracce in ogni contatto fisico anche rubato? La privazione della libertà è in sé una mutilazione che costringe i pensieri, le emozioni, i desideri in stanze asfittiche e spoglie in cui ogni autonomia è negata, ogni spinta ideale compressa, ogni intento di organizzazione o di azione coartato e scandito dall’amministrazione penitenziaria.

I concetti di amore, di amicizia, di famiglia si sfumano e si stemperano traducendosi per chi è fuori in una tensione di accudimento e di assistenza fatta di pacchi di generi alimentari e di vestiario da spedire, viaggi, lettere e telefonate, gestione della vita senza la persona reclusa e, per chi è dentro, in una attesa indefinita, scomposta e opprimente colata di silenzi, di un sintomo di vicinanza, di contatto, di emozione che rompa il tempo, che spezzi lo stillicidio dei minuti e delle ore, che si insinui in uno stato pressoché inevitabile di abbrutimento e di alienazione.

La detenzione scalfisce la personalità perché sottrae agli individui la descrizione del loro domani, la realizzazione puntuale della loro volontà, l’autonomia nell’appagamento dei loro desideri e delle loro passioni. La mente si piega alla destrutturazione del sé e cerca disperatamente soddisfazione alle pulsioni naturali, istintuali, irreprimibili. Il sesso diventa un’ossessione che può spingere a indulgere all’amore omosessuale perché il tempo che scorre aliena, smarrisce e sfuma i ricordi. Il desiderio si nutre di immagini raccolte dalla vita reale, dall’esperienza, dalla memoria.

Le linee, le fattezze di donna o di uomo si confondono nella mente e il bisogno struggente di carnalità scava e diventa un tarlo. E allora anche il corpo del compagno di sventura assume contorni morbidi, attraenti, ambiti. Un bacio è un bacio, una carezza, una carezza. Per tale ragione in carcere la visione di giornali pornografici diventa una necessità. Quella di coltivare l’immaginazione, di costruire una dimensione accogliente e intima, un luogo della mente oltre i muri di cinta dove coltivare la sola sessualità consentita, quella dell’autoerotismo. Nei regimi privativi di cui all’art. 41bis l’esigenza si esaspera perché in quei luoghi di totale isolamento affettivo agli uomini reclusi per anni è negata anche una stretta di mano.

Riviste per adulti – Per tale ragione il tribunale di sorveglianza di Roma ha accolto la richiesta di un ristretto in 41bis di acquistare riviste per adulti, poiché attraverso la visione di immagini pornografiche la persona reclusa trova uno strumento per migliorare la sua vita privata sebbene “l’orizzonte espressivo della sua sfera sessuale si riduca ad una dimensione effimera e sublimata”, nel rispetto della dignità umana e dei valori costituzionali, a tutela della persona sottoposta alla detenzione in regime speciale come a ogni detenzione. È del tutto ovvio, d’altronde, che la lettura di un giornaletto porno non possa confliggere con gli scopi di tutela della sicurezza pubblica per cui è ammessa la carcerazione di rigore: evitare che i capi di associazioni criminali trasmettano all’esterno i loro comandi e raggiungano i sodali in libertà.

Il provvedimento però non è stato eseguito. Il ministero della giustizia ha presentato ricorso per Cassazione e il 31 marzo sarà la Suprema Corte a dire se può essere concesso a una persona cui è negato ogni contatto umano di guardare su un foglio di carta un corpo nudo di donna, per chiudere gli occhi e avere una immagine da amare, una sollecitazione visiva per uscire da un rettangolo di ferro e cemento, un luogo dell’ideazione per la fantasia, per ricordare di essere ancora uomo.