La Svizzera (di Stelio W. Venceslai)
La crisi del vertice PD si è risolta rapidamente. Le dimissioni irrevocabili di Zingaretti sono state un colpo di frusta a un partito bolso, alla ricerca di se stesso e succube dei 5Stelle.
Zingaretti, con il suo gesto, ha dato un segnale di grande dignità e risolutezza personale. Onore al merito.
La soluzione della crisi vede un’unanimità di maniera nell’acclamazione del nuovo Segretario del partito, Enrico Letta.
Il nuovo Segretario è un uomo garbato, colto, pacato. Viene dal mondo democristiano (è un fan di Prodi, ma nessuno è perfetto), ha ricoperto cariche prestigiose fino a diventare Presidente del Consiglio, ruolo dal quale è stato buttato fuori da un Renzi rampante, qualche anno fa, e se n’è andato in un dignitoso esilio in Francia, dimettendosi anche da deputato (cosa incredibile). Quindi, è un politico serio. Diciamo, un Draghi di centro-sinistra. I Dem non potevano scegliere di meglio.
Adesso, gli equilibri politici interni non potranno non cambiare.
Il primo elemento da considerare è il rapporto con la sinistra. Letta ha manifestato interesse a tenere ferma l’alleanza con LEU (liberi e uguali), un po’ meno con il gruppo che fa capo a Bersani.
Soprattutto ha detto a chiare note che un partito come il PD non dovrebbe pascolare tra le poltrone del potere, ma ancorarsi al territorio, cosa da tempo dimenticata. Ciò comporterà, tra l’altro, un effetto immediato nel rapporto con i Presidenti di sinistra delle Regioni rimaste in mano al PD.
Quanto ai rapporti con 5Stelle, la sua idea è che vadano reimpostati in modo diverso, non al traino di Grillo e soci, ma al contrario. Non sarà facile, ma l’uomo è tenace. Tra l’altro, ha delle idee, cosa rara.
Il secondo elemento da considerare è il rapporto con Italia viva (Renzi). Il rientro nella vita politica italiana di Letta mette definitivamente fuori gioco Renzi e i renziani. Per quanto da buon cattolico incline al perdono, Letta non può dimenticare il colpo di mano di Renzi contro di lui e il suo governo. Le ambizioni sotterranee di Renzi (tornare a dirigere i Dem) finiscono nella spazzatura. Anche questa è una buona cosa.
Terzo elemento: Letta ha avuto un lungo colloquio con la Meloni. È un atto di sensibilità politica. Fratelli d’Italia è l’unico partito di opposizione, ma non per questo è da buttare nel cestino. Dialogare è essenziale.
Quarto elemento: nella situazione attuale, il governo Draghi poggia su una maggioranza allargata inamovibile, pena le elezioni immediate. Il margine di manovra per il PD è molto limitato, quasi inesistente. Inoltre, nelle condizioni attuali, il partito è chiaramente dissestato. Prima che diventi realmente una forza politica omogenea e capace di proporre, non solo di assentire, ci vorrà del tempo. La cura di Letta sarà lunga e non facile.
Quinto elemento: la situazione del Paese è tragica, socialmente, psicologicamente, economicamente. La sospensione de vaccino Astra-Zeneca aggiunge un ulteriore elemento d’incertezza in un contesto già assai confuso. Tra l’altro, il massiccio programma di vaccinazione della popolazione non potrà non subire dei ritardi significativi.
Passiamo ai programmi di Letta, almeno del momento. L’uomo non è nuovo alla politica italiana, ma dovrebbe disancorarsi da vecchi temi di propaganda.
L’idea di dare il voto ai sedicenni fa ridere. Basterebbe sentire fiscalisti e penalisti per capire quali conseguenze ne verrebbero fuori. D’altro canto non è detto che aumentando la platea degli elettori migliorino le cose. L’ignoranza diffusa sulle questioni importanti che affliggono il Paese sarà solo rafforzata.
Altra idea peregrina è quella dello ius soli. Si può discuterne perché, oggettivamente, esiste un problema, ma la questione è connessa ai flussi immigratori, sui quali Letta non ha speso una parola. Troppo presto, forse.
Tutto ciò è mirato solo ad avere nuovi elettori, obiettivo che sembra essere predominante per Letta, a fronte del disastro economico e sociale del Paese.
Infine, due gravi mancanze.
La prima: il mancato auspicio di un passaporto vaccinale. Qui non si tratta di sancire l’obbligatorietà della vaccinazione, specie in questo momento, ma di garantire maggiore mobilità ai vaccinati, per restaurare la libera circolazione in Europa e viaggiare all’estero. Un’azione in tal senso dell’Unione europea sarebbe auspicabile e l’Italia potrebbe fungere da traino.
La seconda, in politica estera: nessuna idea diversa dal consueto tributo all’unità europea e all’allineamento NATO. La questione del Mediterraneo e della difesa dei nostri interessi strategici vitali in quell’area non sembra interessare il nuovo Segretario del PD. Proporre un sussulto di dignità, in politica estera, sarebbe stato importante, anche per dissipare equivoci di acquiescenza a Cina, Russia e Turchia.
In conclusione, le affermazioni fatte sui programmi politici futuri del PD sono alquanto vaghe e abbastanza improponibili. Il PD si è ancorato a dei presupposti ideologici piuttosto obsoleti.
Se si vuole fare scena, tanto varrebbe avanzare pretese territoriali sulla Svizzera e spostare divisioni dalle parti di Lugano. Ma non sarebbe una cosa seria.