“C’è un giudice al Consiglio di Stato”

 Si potrebbe parafrasare “C’è un giudice in Consiglio di Stato” ma la giustizia tardiva è giustizia denegata. E’ il caso del mancato Procuratore Aggiunto della Repubblica di Santamaria, Nola e Avellino finito… ad Isernia per i deprecabili odiosi ritardi dei ricorsi al Tar.

Il Consiglio di Stato ha ribadito con due sentenze –  depositate il 4 e 5 giugno u.s. – il principio, già affermato nel 2017 in esito ad un precedente ricorso dello stesso Magistrato, giusta il quale l’aver maturato una pregressa esperienza presso una Direzione Distrettuale Antimafia non costituisce titolo preferenziale ai fini delle successive promozioni o trasferimenti.

Si tratta di un principio di giustizia, ove si consideri che i Magistrati vengono assegnati alle DDA per cooptazione, senza alcuna previa procedura di scelta comparativa, nonostante i rilevanti poteri attribuiti a detti Uffici Giudiziari.

Carlo Fucci fuori dalle correnti da dieci anni (diventato indipendente dopo Unicost) contestava gestione del Csm su nomine al di là delle normali consorterie che pur hanno ragione di esistere. Il caso di questi giorni dimostra come avvengono le nomine. Sono tre sentenze del consiglio di Stato compresa Avellino che fanno da apripista e giurisprudenza su tanti casi simili. E’ giusto che il dottor Fucci sia amareggiato perché sono passati dieci anni nel frattempo avrebbe potuto avere alti incarichi.

Il primo è relativo alla motivazione; “il dovere procedimentale di valutazione  del merito  tecnico…si riflette nella necessità di particolari chiarezza e comprensibilità della espressione della decisione. Perciò le ragioni tecniche a fondamento della scelta finale debbono emergere in modo chiaro e preciso, esplicito e coerente; e lo sviluppo procedimentale si deve manifestare non solo come una sequenza formale di atti, ma anche come un autentico, coerente e logico percorso elaborativo della determinazione: in tal modo potranno essere – in coerenza con le ragioni fondanti il principio costituzionale di governo autonomo della magistratura – sufficientemente conoscibili e valutabili da chiunque, in special modo dai magistrati interessati, i motivi tecnici che hanno razionalmente condotto l’organo      deliberante,   nel procedere all’apprezzamento complessivo dei candidati, alla preferenza per uno di loro”.

Il secondo  motivo attiene alla mancanza di fondamento giuridico della preferenza attribuita alle funzioni svolte presso la DDA. “Testo unico del 2015, come già il precedente del 2010, non contempla indicatori di tal genere, volti ad assegnare, nel conferimento di un incarico semi- direttivo requirente, una preferenza al magistrato in possesso di una esperienza presso la direzione distrettuale antimafia”.

L’avvocato Prof. Michele Damiani, con studio in Roma,  difensore del dottor Fucci  ha tenuto a precisare  che “per tutta la sua attività professionale il Fucci si è occupato anche di reati in materia di criminalità organizzata, anche prima della istituzione delle DDA. Che il   Consiglio di Stato ha ribadito il principio, già affermato nel 2017 in esito ad un precedente ricorso dello stesso Magistrato, giusta il quale l’aver maturato una pregressa esperienza presso una Direzione Distrettuale Antimafia non costituisce titolo preferenziale ai fini delle successive promozioni o trasferimenti. Si tratta di un principio di giustizia, ove si consideri che i Magistrati vengono assegnati alle DDA per cooptazione, senza alcuna previa procedura di scelta comparativa, nonostante i rilevanti poteri attribuiti a detti Uffici Giudiziari”.

Il  dott. Carlo Fucci contestava la comparazione del suo profilo con quello della dott.ssa Stefania Castaldi, in particolare lamentando – tra l’altro – l’eccessivo peso riconosciuto al servizio da questa prestato presso la Direzione distrettuale antimafia di Napoli.

Quasi analoga la posizione del ricorso contro la nomina di Alessandro Milita, quale procuratore aggiunto presso la Procura sammaritana, retta, tra l’altro, numerose volte del sostituto Carlo Fucci, anche nel periodo in cui il procuratore capo era quel fariseo e pusillanime  di Mariano Maffei, finito poi, non solo nella gogna mediatica, ma espulso dalla magistratura tributaria, gettato nel tritacarne del tribunale di Roma per il caso del Procuratore Paolo Albano,  per il quale poi ha evitato una severe condanna per prescrizione del reato.

A nulla è valso che l’Avvocatura dello Stato ha messo in luce per Milita alcuni punti essenziali del suo curriculum come “le esperienze di coordinamento e gestione della polizia giudiziaria in indagini  complesse, nonché quelle di coordinamento investigativo di livello internazionale, esperienze recessive senza dubbio nel profilo professionale dei magistrati predetti”.

“Peraltro,  – è detto nella memoria della difesa – il dott. Milita ha svolto un’esperienza di eccezionale livello nelle funzioni requirenti ed estremamente qualificata dal punto di vista delle materie trattate (la criminalità organizzata, il terrorismo), che lo rendono sicuramente competente in modo molto più significativo a lavorare in un ufficio come quello di Santa Maria Capua Vetere, pienamente coinvolto nelle dinamiche criminali del distretto di Napoli e del quale può vantare un’eccellente conoscenza e competenza delle dinamiche criminali specifiche, essendosi egli prevalentemente occupato, nella sua esperienza di componente della D.D.A. di Napoli, proprio della criminalità attiva in provincia di Caserta e del clan dei casalesi, dei quali risulta un esperto di livello assoluto in campo nazionale”.

Ma nonostante ogni difesa, in definitiva, Carlo Fucci aveva i titoli per fare l’aggiunto a Santamaria, Nola ed  Avellino ma, come detto in apertura del servizio, si è dovuto accontentare di diventare procuratore capo della Procura di Isernia perché sono trascorsi anni di burocrazia giudiziaria.