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LA RASSEGNA STAMPA DI OGGI: … a cura della redazione dell’Agenzia stampa “Cronache”, direttore Ferdinando Terlizzi
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Commercialista si lancia dal cavalcavia e muore. Si tratta di Vincenzo Natale, commercialista di 57 anni residente a Casaluce, con studio in corso Vittorio Emanuele a Frignano.
• Nel napoletano tre avvocati e altre 42 persone sono stati colpiti da provvedimenti di custodia cautelare: sfruttavano immigrati irregolari fornendo false documentazioni
Lo Ior ha distribuito un dividendo record di 13,8 milioni di euro a papa Leone XIV – (IL VATICANO E’ UNO STATO RICCHISSIMO)
• Il giovane attentatore di Graz prima di agire aveva lasciato un video per la madre, dove le chiedeva di perdonarlo e di prendersi cura del suo gattino…( LA PAZZIA NON HA LIMITI)
Luzmil Toci, 31 anni, che era in prigione per il femminicidio della moglie Eleanor Toci, si è tolto la vita nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta: è successo ieri poco dopo le 13. Il suicidio è avvenuto nell’articolazione psichiatrica del carcere sammaritano, nel quale il detenuto scontava la condanna ( 30 ANNI ) per aver ucciso la moglie il 9 ottobre 2024 nella loro abitazione a San Felice a Cancello, davanti ai loro due figli allora di 6 e 4 anni.
LA RASSEGNA STAMPA DI OGGI: BRIEFING…
per capire il mondo che cambia in 5 minuti… il Punto e Prima Ora dal CORRIERE DELLA SERA/ ANTEPRIMA/ la spremuta di giornali di Giorgio dell’Arti e il meglio da: IL FATTO QUOTIDIANO/ DAGOSPIA / NOTIX E CRONACHEDI… a cura della redazione dell’Agenzia stampa “Cronache”
direttore Ferdinando Terlizzi
DAILY MAGAZINE
Commercialista precipita dal cavalcavia e muore, dramma sulla Nola-Villa Literno
GRICIGNANO/CASALUCE – La tragedia si è consumata nel pomeriggio di oggi sulla Nola-Villa Literno. All’altezza della rotatoria di Casignano, intorno alle 16, un uomo è precipitato dal cavalcavia ed ha perso la vita.
Si tratta di Vincenzo Natale, commercialista di 57 anni residente a Casaluce, con studio in corso Vittorio Emanuele a Frignano. Probabilmente l’uomo si è volontariamente lanciato dal cavalcavia ma le indagini sono ancora in corso. Sul posto, allertati dagli altri automobilisti, le forze dell’ordine ed il personale sanitario del 118.
Natale, è stato candidato sindaco di Frignano alle elezioni comunali del 2021.
RACCONTATO TUTTO AI CARABINIERI…
LO STERCO DEL DIAVOLO SOTTO IL CUPOLONE – LO IOR, LA “BANCA DEL VATICANO”, CHIUDE IL 2024 CON UN UTILE IN AUMENTO DEL 7%, A 32,8 MILIONI DI EURO, DOVUTO A UNA CRESCITA DEL MARGINE DI INTERESSE E DELLE COMMISSIONI – L’ISTITUTO PER LE OPERE DI RELIGIONE FORNIRÀ A PAPA LEONE XIV UN DIVIDENDO DI 13,8 MILIONI – IL BILANCIO HA OTTENUTO LA VALUTAZIONE SENZA RILIEVI DI UNA SOCIETÀ DI REVISIONE CONTABILE. E MONSIGNOR GIOVANNI BATTISTA RICCA, PRELATO DELLO IOR, AMMETTE: “SONO LONTANI I TEMPI NEI QUALI L’ISTITUTO SCAMBIAVA L’AUTONOMIA PER INDIPENDENZA. QUESTO SBAGLIO DI PROSPETTIVA PORTÒ NON POCHI GUAI…”
Garlasco, l’ipotesi dietro la nuova inchiesta: “Chiara uccisa da due persone con 2 armi”
di dm
“Ove non si voglia ipotizzare l’impiego di più strumenti, si deve altresì riconoscere che lo strumento in discussione è stato talvolta impiegato in senso non propriamente contusivo, bensì superficiale”. Questo scriveva nel 2007 il medico legale Marco Ballardini nella relazione sulle cause della morte di Chiara Poggi. Ed è su questo passaggio che gli inquirenti oggi ipotizzano l’uso di due armi per l’omicidio. Un martello o meglio una mazzetta da muratore e poi un’arma in grado di spiegare, scrive sempre il medico, “lesioni trasverse che evocano una superficiale violenza con un mezzo dotato di un filo tagliente o a punta acuminata”. Lesioni individuate sulle palpebre e sulla mascella. Ad oggi, come è noto, l’arma o le armi del delitto non sono mai state trovate e all’arma l’appello-bis che condannò Alberto Stasi dedica una riga nelle 140 pagine di motivazione. Di certo la morte non fu provocata dai tagli, ma da ferite “contusive”, ovvero quei colpi violenti sul capo. La presenza di due armi, secondo gli inquirenti, si sposa con l’ipotesi investigativa di almeno due assassini presenti nella villetta di Garlasco quel 13 agosto 2007. Lo conferma il capo d’imputazione che vede Andrea Sempio indagato in concorso con altri e lo lascia ipotizzare, secondo chi indaga, la Bloodstain Pattern Analys (Bpa) del 2007, l’analisi della scena del crimine che oggi i carabinieri stanno rivalutando. Ora nella relazione di Ballardini si fa riferimento ad alcune ecchimosi, alcune rilevate attorno agli occhi. Un dato che fa pensare a un’aggressione iniziale confermata dalla Bpa in relazione alle tre macchie di sangue presenti nel salotto accanto al divano e che risultano “isolate rispetto al contesto delle altre tracce ematiche” e che possono “essere riferibili a una fase iniziale dell’aggressione (…). Potrebbe essere la conseguenza di un pugno sferrato al volto della vittima che poi scappa verso le altre aree dell’appartamento”. Sempre la Bpa del 2007 ipotizza poi che Chiara Poggi abbia reagito all’aggressione in quanto “le piante dei piedi del cadavere esibiscono tracce ematiche che lasciano ipotizzare che la vittima abbia calpestato il sangue in una fase dinamica dove ha reagito tentando di sollevarsi”. Tanto che davanti alla porta del corridoio ci sono macchie in ipotesi riferibili “alle dita di un piede della vittima”. Dunque, un’azione coordinata da più persone, è l’ipotesi alternativa. Almeno due, secondo gli inquirenti, Andrea Sempio e un Ignoto i cui Dna sono ipotizzati presenti sotto le unghie di Chiara Poggi.
GIOVEDÌ 12 GIUGNO 2025
Clamoroso
Abitanti a Kabul nel 2001: meno di un milione. Nel 2025: 7 milioni [Fraioli, Rep].
In prima pagina
• Trump ha spiegato in cosa consiste l’accordo sui dazi con la Cina: terre rare cinesi, indispensabili all’industria statunitense, in cambio di tecnologia e visti per gli studenti universitari cinesi. Il presidente ha enfatizzato i vantaggi per l’America, ma per ora l’intesa vale solo per 6 mesi
• La protesta di Los Angeles si estende al Texas, dove il governatore repubblicano ha mobilitato la Guardia nazionale, come voleva il presidente. Intanto nella capitale californiana si contano centinaia di arresti e deportazioni
• Tra i migranti irregolari destinati a Guantanamo ci sarebbero alcuni europei e due italiani, ma il ministro Tajani ha escluso che possano essere trasferiti nel carcere cubano
• Cresce l’opposizione istituzionale a Trump. Il governatore della California Gavin Newson lo accusa di violare apertamente la Costituzione e altri esponenti politici la pensano come lui
• A Gaza la guerra continua con decine di morti e nuovi attacchi in Libano
• Netanyahu rischia le dimissioni ed elezioni anticipate se passerà una mozione dell’opposizione che chiede lo scioglimento della Knesset. I partiti ultraortodossi alleati del premier minacciano di votarla se il governo non cancellerà l’obbligo di leva per gli appartenenti ai loro gruppi religiosi
• È arrivato in Italia insieme alla madre il piccolo Adam, unico sopravvissuto di una famiglia sterminata durante i bombardamenti israeliani (che hanno ucciso nove fratelli e il padre). Verrà curato a Milano
• Il giovane attentatore di Graz prima di agire aveva lasciato un video per la madre, dove le chiedeva di perdonarlo e di prendersi cura del suo gattino
• In Toscana si è verificato il primo caso di suicidio assistito per legge: a togliersi la vita è stato lo scrittore Daniele Pieroni, 64 anni, che dal 2008 era affetto dal morbo di Parkinson
• In Polonia è morto Matteo Doretto, 21 anni, astro nascente del rally. Durante le prove di una gara la sua auto è finita contro un albero
• Secondo la legale di Alberto Stasi gli assassini di Chiara Poggi potrebbero essere due
• A conti fatti gli scaglioni della nuova Irpef potrebbero risultare sfavorevoli ai ceti bassi e medi per i quali erano stati pensati. C’è chi parla di una beffa per le categorie più deboli di contribuenti
• I porti del canale di Panama sono al centro di una contesa tra le autorità del paese centroamericano, Msc, che ha ottenuto il controllo di alcuni scali, e i gestori cinesi
• Il ceo di Unicredit Andrea Orcel stima in un 20 per cento le possibilità che la banca di piazza Gae Aulenti possa concludere l’ops su Banco Bpm
• Lo Ior ha distribuito un dividendo record di 13,8 milioni di euro a papa Leone XIV
• Da oggi fino a a domenica l’anticiclone africano Scipione porterà temperature alte in tutta Italia. Si teme un’ondata di caldo in Val Padana e in Sardegna
• Carlo Calenda non vuole smettere di fumare. «Quando i politici fumavano erano mediamente migliori. Erano fuori forma, erano grassi, leggevano ed erano più colti»
• La guerra in Ucraina registra un nuovo pesante bombardamento russo su Kharkiv, un’anticipazione dell’offensiva dell’estate
• Il premier polacco Donald Tusk è riuscito a mantenere la maggioranza parlamentare ma il suo governo resta sotto tiro dei partiti nazionalisti antieuropei
• A Cene, in Val Seriana, si sono svolti i funerali comuni di Elena Belloli, 51 anni, e del marito Rubens Bertocchi, che l’ha uccisa. La decisione è stata presa per evitare esequie separate ai due figli della coppia
• Nel foggiano un ragazzo di 17 anni è in fin di vita dopo essere stato colpito da un proiettile alla testa. Le circostanze del ferimento sono ancora oscure
• Il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto (FI) ha annunciato di essere indagato per corruzione
• Nel napoletano tre avvocati e altre 42 persone sono stati colpiti da provvedimenti di custodia cautelare: sfruttavano immigrati irregolari fornendo false documentazioni
• Agli Europei under 21 la Nazionale italiana ha sconfitto la Romania 1-0. Ora guida con la Spagna il girone A
• La Nazionale è ancora senza allenatore. Oggi però Gennaro Gattuso incontrerà i vertici della Federcalcio
• Due alpinisti sono morti scivolando in un canalone sul Monviso
• Sono morti il musicista californiano Brian Wilson (83 anni), che fondò i Beach Boys e la nonna di Fedez Luciana Violini (94)
Titoli
Corriere della Sera: Stati Uniti, la rivolta dilaga
la Repubblica: Trump schiera i marines
La Stampa: Trump: «Animale chi protesta»
Il Sole 24 Ore: L’inflazione dimezza i tagli Irpef
Avvenire: Piano accoglienza
Il Messaggero: Crescita, lo scatto del Lazio
Il Giornale: Eutanasia, primo caso in Italia
Leggo: «Avanti con le deportazioni»
Qn: Suicidio assistito per legge / Il primo caso in Toscana
Il Fatto: Russi non più «aggressori» / e addio Nato per l’Ucraina
Libero: Tasse, migranti, governo. Parla Salvini
La Verità: Incredibile, insistono coi migranti
Il Mattino: Export, Campania e Sud / continuano a correre
il Quotidiano del Sud: Accordo sui dazi / tra Cina e Usa
il manifesto: L’incendiario
Domani: California, arresti e deportazioni / Il golpe mascherato di Trump
IN TERZA PAGINA Federico Fubini racconta delle straordinarie fortune in Borsa di personaggi vicini a Trump, realizzate alla vigilia delle più importanti decisioni economiche prese dal presidente. Il quale è descritto da Mattia Feltri come il miglior bugiardo disponibile su piazza. Filippo Facci commenta il suicidio assistito dello scrittore Daniele Pieroni e traccia un quadro della situazione degli ammalati e delle loro famiglia in Italia
IN QUARTA PAGINA Fumo, cibo, vino. «Questa battaglia spasmodica dello Stato contro i vizi ha un solo senso: impedirci di vivere». Un riflessione di Massimo Fini
News+: articolo a pagamento
News★: NOVITÀ articolo a pagamento, accessibile gratuitamente per i nostri abbonati
Intesa raggiunta
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato sul suo social Truth che l’accordo commerciale con la Cina è concluso, in attesa dell’approvazione finale da parte sua e del presidente cinese Xi Jinping. L’intesa prevede la fornitura immediata da parte di Pechino di magneti e minerali critici, oltre alla possibilità per gli studenti cinesi di accedere alle università americane (Cnbc). Trump ha dichiarato che gli Stati Uniti imporranno un totale del 55% di dazi sulle importazioni cinesi, includendo le tariffe doganali esistenti (Axios).L’altra trattativa Durante un’audizione al Congresso, il segretario al Tesoro Scott Bessent ha dichiarato che è “assai probabile” che Trump ritiri il proprio ultimatum dell’8 luglio per il raggiungimento di accordi con i maggiori partner commerciali degli Usa (Politico). Anche secondo Bruxelles i negoziati Usa-Ue entro tale data si potrebbe al massimo raggiungere un accordo sui principi dell’intesa, rinviando i dettagli a colloqui successivi (Bloomberg).
La tregua tra Washington e Pechino mette in crisi la proposta europea “zero per zero”, che prevedeva la cancellazione reciproca delle tariffe. La Casa Bianca, infatti, non intende rinunciare ai dazi, costringendo Bruxelles ad abbandonare il suo cavallo di battaglia (La Repubblica★).
A ferro e fuoco
Le proteste contro le retate anti-immigrazione volute dall’amministrazione Trump si sono estese in molte città degli Stati Uniti (Ap). La Guardia Nazionale e i Marines hanno schierato a Los Angeles complessivamente 4.800 militari per contrastare i manifestanti (Abc). La sindaca della città Karen Bass, appoggiata dai sindaci di oltre 30 altre cittadine californiane, ha accusato la Casa Bianca di aver “provocato i disordini” diffondendo “paura e panico” (Guardian).
Un reportage di La Repubblica★ racconta la prima notte di coprifuoco a Los Angeles, con un’area militarizzata intorno al municipio per contenere le proteste.
“Ho esagerato”: così Elon Musk su X fa marcia indietro rispetto alla rottura con Trump ed esprime il suo sostegno al presidente per il dispiegamento militare in California (Usa Today).
Tensioni irlandesi Per la terza notte consecutiva centinaia di manifestanti a volto coperto hanno attaccato la polizia e dato fuoco ad auto e abitazioni nella città di Ballymena, nell’Irlanda del Nord. A scatenare le proteste, che si sono diffuse anche a Belfast, un presunto caso di violenza sessuale (Bbc).
Netanyahu in bilico
Crisi politica Il partito del primo ministro israeliano Netanyahu Likud e quelli ultraortodossi hanno raggiunto un accordo per respingere la mozione di scioglimento del parlamento presentata dalle opposizioni (Reuters). Intanto l’amministrazione Trump sta facendo pressioni per scoraggiare la partecipazione dei Paesi alla conferenza Onu della prossima settimana per discutere di una possibile soluzione a due Stati (Reuters).
41 agenti e riservisti dei servizi d’intelligence militare israeliana hanno inviato una lettera a Natanyahu annunciando che non parteciperanno più a operazioni di combattimento a Gaza, definendole “chiaramente illegali” (Guardian).
Crisi umanitaria La Protezione Civile di Gaza, guidata da Hamas, ha dichiarato che 31 persone sono state uccise, e decine ferite, dal fuoco israeliano vicino a un centro per gli aiuti umanitari, nei pressi del checkpoint di Netzarim, nella Striscia di Gaza centrale (La Stampa). Altri quattro attivisti francesi sono stati espulsi da Israele dopo essere stati intercettati e arrestati per aver preso parte alla spedizione umanitaria su una nave della Freedom Flotilla Coalition (France24).
Rischio escalation L’Iran ha minacciato di colpire le basi militari statunitensi nella regione in caso di fallimento dei negoziati sul nucleare (Reuters). In risposta alle crescenti tensioni nella regione, gli Usa hanno ordinato una parziale evacuazione della propria ambasciata in Iraq (Bbc).
Il Pentagono annuncia una revisione del patto di sicurezza trilaterale con Australia e Regno Unito (Bloomberg).
Questioni europee
Conferma polacca Con 243 voti a favore sui 430 totali, il Parlamento polacco ha confermato la fiducia al governo di centrodestra filo-europeista guidato da Donald Tusk. Era stato lo stesso premier polacco a richiedere il voto dopo che al recente ballottaggio per la presidenza del Paese aveva prevalso il candidato della destra nazionalista di Diritto e Giustizia, Karol Nawrocki, rispetto al rappresentante dalla coalizione di Tusk, Rafal Trzaskowski (Dw).Budget britannico Parlando di fronte alla Camera dei Comuni, la cancelliera dello Scacchiere Rachel Reeves ha presentato i budget destinati ai singoli dicasteri nei prossimi tre anni con un incremento complessivo della spesa del 2,3% annuo in termini reali. A beneficiarne maggiormente sarà il servizio sanitario, con un aumento di 29 miliardi di sterline l’anno, e il settore della difesa (Guardian).
Raggiunto l’accordo tra Ue e Regno Unito sulla libera circolazione di persone e merci tra Spagna e Gibilterra (Bbc).
Diserzione Un gruppo di deputati del Partito socialdemocratico tedesco (Spd) ha firmato un manifesto pacifista contro il riarmo, suscitando tensioni nel governo guidato dal cancelliere Friedrich Merz. Il documento si oppone all’aumento della spesa militare al 5% del Pil e chiede di rivedere la linea ufficiale del governo. La mozione ha provocato irritazione nei partner di governo della Cdu (Il Manifesto★).
Il segretario generale della Nato Mark Rutte sarà oggi a Roma per discutere con la presidente del consiglio Giorgia Meloni dell’impegno dell’Italia a portare la spesa militare al 5% del Pil. La Stampa★ scrive che l’obiettivo sarà raggiunto gradualmente.
Fondi e fisco
Fondi perduti Un rapporto dell’Ufficio parlamentare di bilancio evidenzia un significativo rischio di non riuscire a completare la spesa del Pnrr entro il 2026. Inoltre, nonostante la tenuta dei conti pubblici italiani appaia positiva, è necessaria un’azione decisa contro l’evasione fiscale per garantirne la sostenibilità (Il Sole 24 Ore).
La Stampa★ riporta le previsioni dell’Upb sull’eventuale attivazione da parte dell’Italia della clausola Ue per aumentare la spesa in difesa, che potrebbe far salire il deficit oltre il 3% fino al 2030 e il debito pubblico fino al 138,9% del Pil entro il 2041.
Secondo il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti la previsione di crescita del Pil per il 2025 pari allo 0,6% è “pienamente realizzabile” (Ansa).
Nuova rottamazioneLa Stampa★ scrive che il centrodestra è in tensione sul tema fiscale: Fratelli d’Italia apre alla mini-rottamazione delle cartelle esattoriali proposta dalla Lega, ma solo da inserire nella prossima legge di bilancio e con una platea ristretta per non compromettere le risorse. Il leader leghista Matteo Salvini spinge per un’approvazione entro l’estate, ma è disposto a rinviare l’operatività al 2026. La premier Giorgia Meloni preferisce invece puntare sul taglio dell’Irpef per il ceto medio.
Orizzonti
Che prezzi! A maggio l’inflazione statunitense è aumentata dello 0,1% rispetto al mese precedente, un dato inferiore alle aspettative degli analisti (+0,2%), e del 2,4% su base annua. Secondo gli analisti l’effetto dei dazi, che al momento appare contenuto, potrebbe emergere nei prossimi mesi (Cnbc).Investimenti d’oro Secondo un rapporto della Banca centrale europea, l’oro ha superato l’euro diventando il secondo asset di riserva più importante al mondo per le banche centrali, dopo il dollaro. Nel 2024, ha rappresentato il 20% delle riserve ufficiali globali, contro il 16% dell’euro e il 46% del dollaro (Ft+).
Mondo reale
HimToo L’ex produttore cinematografico Harvey Weinstein è stato dichiarato colpevole per una violenza sessuale commessa nel 2006 contro la sua assistente di produzione Miriam Haley e assolto invece dalle accuse mosse dall’attrice Kaja Sokola. La giuria non ha ancora emesso un verdetto riguardo a una terza accusa di stupro dell’aspirante attrice Jessica Mann (Reuters).Sail On, Sailor È morto all’età di 82 anni il co-fondatore dei Beach Boys Brian Wilson. Era affetto da una malattia neurodegenerativa (Variety).
Da bambino prodigio a poeta dei cuori spezzati degli adolescenti (Hollywood Reporter).
Media & Tech
Parola di Huang In un’intervista a La Repubblica★, l’amministratore delegato di Nvidia Jensen Huang sottolinea l’importanza di diffondere l’intelligenza artificiale a livello globale, affermando che dovrebbe essere accessibile a ogni persona e nazione. Il dirigente invita inoltre i Paesi a usare i propri dati per sviluppare modelli di IA sovrani.
Sport
Buona la prima Nel match d’esordio degli Europei Under 21 l’Italia ha battuto la Romania per 1 a 0. Vittoria (3 a 2) anche per la Spagna contro la Slovacchia, che gli azzurrini sfideranno sabato (Gazzetta).
Oggi
Nazioni Unite, voto dell’Assemblea generale sulla situazione a Gaza e riunione del Consiglio di sicurezza sullo Yemen;
Strasburgo (Francia), sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sul salvataggio di migranti al largo dell’Italia nel 2017;
Roma, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni riceve il segretario generale della Nato Mark Rutte;
Madrid (Spagna), il re Felipe VI riceve il vicepresidente cinese Han Zheng;
Lussemburgo, visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella;
Pil britannico di aprile;
Prezzi alla produzione Usa di maggio;
Russia, Giornata della Nazione.
Prime:
Corriere: Stati Uniti, la rivolta dilagaRepubblica: Trump schiera i marinesLa Stampa: Trump: “Animale chi protesta”Il Sole 24 Ore:Il Messaggero: Crescita, lo scatto del lazioIl Fatto Quotidiano: Russi non più “aggressori” e addio Nato all’UcrainaDomani: California, arresti e deportazioni. Il golpe di Trump MascheratoAvvenire: Piano accoglienzaIl Foglio: La parata militare di TrumpIl Giornale: Eutanasia, primo caso in ItaliaLibero: Tasse, migranti, governo. Parla SalviniLa Verità: Incredibile, insistono coi migrantiil manifesto: L’incendiario
Ft: Pentagon considers ripping up nuclear submarine pacti with UK and Australia
Prima ora: Le rivolte di Los Angeles, l’accordo Usa-Cina sui dazi, il primo suicidio assistito secondo la legge toscana
giovedì 12 giugno 2025
Le rivolte di Los Angeles, l’accordo Usa-Cina sui dazi, il primo suicidio assistito secondo la legge toscana
Polizia e militari di guardia al Centro di detenzione di Los Angeles, in California (Jim Vondruska/Getty /Afp)
di Elena Tebano
Buongiorno. Le proteste contro le espulsioni di massa negli Stati Uniti, mentre la situazione si calma a Los Angeles; la pre-intesa sui dazi tra Stati Uniti e Cina; il primo suicidio assistito in Toscana secondo le regole della legge regionale contestata dal governo; il messaggio di Meloni a Confcommercio sulle tasse e i dati dell’Ufficio parlamentare di bilancio, che mostrano l’aumento di fatto delle imposte per dipendenti e pensionati. Sono queste le notizie principali sul Corriere di oggi. Vediamo.
Le proteste contro le espulsioni a Los Angeles
La sindaca di Los Angeles Karen Bass ha definito i raid contro gli immigrati irregolari in California una provocazione della Casa Bianca ed è tornata a chiedere all’amministrazione Trump di fermarli. Martedì Bass aveva imposto il coprifuoco in un’area di due chilometri e mezzo nel centro della metropoli, dalle 8 di sera alle 6 del mattino, su richiesta dei residenti dopo che lunedì 23 negozi erano stati saccheggiati. Ieri però gli scontri tra polizia e manifestanti sono stati meno numerosi rispetto alle notti precedenti. Tra martedì e ieri la polizia di Los Angeles ha fermato oltre 200 persone durante le proteste contro le espulsioni di massa e due agenti sono rimasti feriti. Parte degli arresti è stata fatta dalla Guardia Nazionale, che poi ha consegnato le persone fermate alla polizia. La Task Force 51, comandata dal Maggiore Generale Scott Sherman, sta supervisionando gli oltre 4.000 soldati della Guardia nazionale e 700 Marines che sono stati mandati a Los Angeles dal presidente americano Donald Trump, contro la volontà del governatore della California e della sindaca, per assistere la polizia nelle espulsioni di massa.
Scrive Viviana Mazza: Il governatore della California Gavin Newsom ha risposto con un discorso tv durissimo, avvertendo gli americani che la democrazia è in pericolo: «Mandare combattenti addestrati alla guerra nelle strade è una cosa senza precedenti e minaccia il fulcro della nostra democrazia». Ha spiegato che è arrivato «il momento» temuto da molti: «Il sistema di pesi e contrappesi non esiste più». Newsom non ha negato che ci siano anche manifestanti violenti e li ha avvertiti che saranno perseguiti, ma ha affermato anche che la piazza si stava calmando e che l’invio delle truppe federali da parte di Trump puntava proprio a riaccendere la tensione.
Qui il racconto di Viviana Mazza da Los Angeles, che descrive i molti volti della protesta (sacerdoti compresi); sul sito gli aggiornamenti in tempo reale. Intanto ci sono state manifestazioni contro le espulsioni di massa dei migranti in altre grandi città, tra cui Dallas e Austin, Texas, Chicago, Denver e New York, dove migliaia di persone hanno manifestato e sono stati effettuati decine di arresti. Sabato sono previsti raduni «No Kings» («No ai re») in tutta la nazione, in concomitanza con la parata militare programmata dal presidente Trump a Washington. Sebbene i critici accusino Trump di aver fabbricato la crisi per scopi politici e di aver seminato il caos, il presidente ha dichiarato sui social media che Los Angeles sarebbe stata «completamente cancellata» se lo scorso fine settimana non avesse inviato i militari.
Le proteste, iniziate venerdì nel centro di Los Angeles prima di estendersi sabato alle città vicine di Compton e Paramount, sono state alimentate dalla rabbia per l’applicazione rafforzata delle leggi sull’immigrazione da parte di Trump, che secondo gli oppositori starebbe dividendo le famiglie di immigrati. Stephen Miller, vice capo dello staff della Casa Bianca e principale artefice delle politiche sull’immigrazione di Trump, ha dichiarato alla fine del mese scorso che l’Ufficio Immigrazione e Dogana degli Stati Uniti avrebbe dovuto effettuare almeno 3.000 arresti al giorno (fino a maggio c’erano in media 656 arresti al giorno). E l’amministrazione Trump intende trasferire temporaneamente a Guantanamo migliaia di stranieri – potenzialmente 9.000 – che si trovano negli Stati Uniti illegalmente. All’inizio sembrava che tra loro potessero esserci italiani, ma ieri il nostro ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha smentito: «Degli italiani irregolari, attualmente fermati negli Usa, nessuno andrà a Guantanamo». Le organizzazioni per i diritti civili sostengono che i lavoratori irregolari fermati finora in California non hanno precedenti penali e che viene loro negato un giusto processo. Gli immigrati irregolari hanno un ruolo importante nell’economia californiana, che si basa in parte sul loro lavoro nero (soprattutto nel settore agricolo).
Il pre-accordo Usa-Cina sui dazi
Il presidente americano Donald Trump ha annunciato ieri che la Cina renderà più facile per l’industria americana ottenere materie prime indispensabili (le cosiddette terre rare), di cui ha bisogno, spianando la strada al proseguimento dei colloqui sui dazi tra le due maggiori economie del mondo. In cambio, Trump ha dichiarato che gli Stati Uniti interromperanno gli sforzi per revocare i visti ai cittadini cinesi che frequentano i campus universitari statunitensi. Quello che Trump ha descritto come un «accordo», ma in realtà è un «quadro» per arrivare a un accordo, è arrivato a Londra dopo intensi colloqui a cui hanno partecipato il Segretario del Tesoro americano Scott Bessent, il Segretario del Commercio Howard Lutnick e il Rappresentante per il Commercio americano Jamieson Greer. La delegazione cinese era guidata dal vice premier He Lifeng.
«Il presidente Xi e io lavoreremo a stretto contatto per aprire la Cina al commercio americano. Sarebbe una grande VITTORIA per entrambi i Paesi!!!» ha scritto il presidente americano in un post sul social Truth. I dettagli però rimangono scarsi: Trump non ha specificato quali siano le concessioni fatte dagli Stati Uniti, Pechino non ha confermato quanto concordato dai negoziatori e il presidente cinese Xi Jinping e lo stesso Trump non hanno ancora firmato. E secondo molti osservatori è la Cina la vincitrice di questa prima intesa, o pre-intesa che sia. Dei dazi pesantissimi annunciati da Trump, infatti, è rimasto ben poco. «Dal Liberation Day a oggi la linea dura di Trump ha lasciato il posto a una realpolitik economica, che salva l’hi-tech e disinnesca il rischio di embargo. Ma l’accordo con Pechino è solo l’inizio: il vero scontro si giocherà su semiconduttori, chip avanzati e nuove tecnologie» avverte Giuliana Ferraino. Intanto continuano i negoziati a livello tecnico tra Unione europea e Stati Uniti, dopo che la scorsa settimana a Parigi si sono incontrati il commissario Ue al Commercio Šefcovic, il segretario al Trade Usa Lutnick e il Rappresentante per il Commercio Greer. Lutnick ha detto ieri che quello con l’Unione europea sarà probabilmente uno degli ultimi accordi che gli Stati Uniti chiuderanno.
Il suicidio assistito in Toscana
Lo scrittore e musicistaDaniele Pieroni, 64 anni, malato di Parkinson e costretto ad alimentarsi attraverso un sondino gastrico, il 17 maggio scorso è potuto ricorrere al suicidio assistito, legalizzato dalla Corte costituzionale, nella sua casa di Chiusi, secondo le regole stabilite dalla legge regionale toscana sul fine vita. È la prima volta che viene applicata questa norma, approvata definitivamente dalla Toscana il 14 marzo dopo che governo e parlamento per 6 anni non hanno dato seguito alla richiesta della Corte costituzionale di approvare una legge nazionale.
La norma toscana è stata però contestata dal governo Meloni, che ha fatto ricorso alla stessa Corte costituzionale e ha detto di voler ora approvare una legge in proposito, anche se finora non ha trovato una sintesi che unisca le diverse posizioni della maggioranza. Ora, in un’intervista al Corriere, Maurizio Lupi (Noi Moderati) dice che una proposta unitaria del centrodestra arriverà entro l’estate. Intanto la questione, che si trascina da tempo, è diventata ancora di più un caso politico. «È la dimostrazione di quanto la Regione abbia momentaneamente colmato un vuoto, che non abbiamo la presunzione di riempire per sempre: è opportuno che una norma nazionale possa dar corso a un adattamento in termini di legge di quanto la Corte Costituzionale ha affermato sul piano dei principi» dice il presidente della Toscana, Eugenio Giani. Mentre il vicecapogruppo di FdI alla Camera, Alfredo Antoniozzi dice che la legge toscana «è un atto eversivo».
Pieroni, assistito dall’associazione Luca Coscioni, aveva chiesto formalmente alla Regione Toscana di poter accedere al suicidio assistito il 31 agosto del 2024. L’Asl Toscana Sud Est gli ha risposto a fine aprile, dopo che è entrata in vigore la legge toscana sul suicidio assistito.
Il 17 maggio due dottoresse dell’Asl, alla presenza di un medico legale sempre dell’Asl, hanno preparato il farmaco letale che Pieroni si è autosomministrato. «Alle 16:47 Daniele ha attivato il dispositivo a doppia pompa infusiva e alle 16:50 ha smesso di respirare, serenamente» ha raccontato Felicetta Maltese, coordinatrice dell’associazione Luca Coscioni in Toscana, che lo ha assistito nella procedura insieme al fiduciario di Pieroni, Leonardo Pinzi, e ai suoi cari (la compagna, il padre, un’amica, le donne che lo assistevano). «Il personale sanitario è stato esemplare, presente non solo sul piano professionale ma anche umano. È importante che la legge abbia funzionato e che l’Asl abbia rispettato i tempi con serietà e rispetto», ha aggiunto Maltese.
Per capire quanto possa essere importante il suicidio assistito per i pazienti che lo desiderano, bisogna leggere l’intervista di Giulio Gori proprio a Leonardo Pinzi, che ha accompagnato Pieroni nel suo lungo calvario. «Da oltre sei anni si alimentava col sondino nasogastrico, aveva dolori lancinanti alla schiena e ogni minimo gesto quotidiano, anche il più banale, gli provocava sofferenze» racconta Pinzi. «Dopo la richiesta, l’Asl Sud Est gli aveva mandato a casa una dottoressa per valutare il caso. E lei gli aveva suggerito di ricorrere alle palliative. Lui ci ha provato, ma la cosa non ha funzionato, le sue sofferenze sono addirittura peggiorate e gennaio è stato un mese terribile» dice. E a proposito dei suoi ultimi istanti di vita racconta: «Io gli ho fatto una battuta, gli ho ricordato la “Guerra di Piero” di De André e gli ho detto che per morire a maggio ci vuole coraggio. Lui mi ha risposto, sempre sorridendo: “La mia vita è stata bella. Ora basta così”».
Le promesse di Meloni sulle tasse (a Confcommercio)
La premier Giorgia Meloni, con un videomessaggio all’assemblea di Confcommercio, ha rivendicato le politiche fiscali del governo per le partite Iva («Stiamo rimettendo al centro gli autonomi e i liberi professionisti, lavoratori per troppo tempo disprezzati e considerati a torto figli di un Dio minore») e ha ribadito che il governo intende «proseguire nel percorso di riduzione della pressione fiscale, con un’attenzione particolare al ceto medio». All’assemblea era invece presente la leader del Pd Elly Schlein, che ha avuto un colloquio privato con il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli.
Parlando poi all’assemblea, il presidente Sangalli ha lanciato l’allarme sui dazi, che possono creare gravi problemi al commercio («Non ci si può rassegnare alle chiusure. No alla deglobalizzazione») e ha detto di avere «una visione cautamente ottimistica, con rischi di revisione al ribasso» per il Pil. L’ufficio studi di Confcommercio stima una crescita del Pil dello 0,8% quest’anno e dello 0,9% il prossimo. «Dobbiamo chiederci cosa manca a questi numeri per essere più solidi. Manca un più vigoroso contributo dei consumi delle famiglie» ha avvertito Sangalli.
Perché le famiglie consumano meno lo ha spiegato invece l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), ente di controllo indipendente, nel suo Rapporto sulla politica di bilancio, pubblicato ieri. Di fatto il ceto medio, per l’effetto combinato dell’inflazione e dei nuovi scaglioni Irpef, vede diminuire il suo reddito reale e al contempo aumentare le tasse.
Spiega Mario Sensini: L’effetto combinato dell’accorpamento delle aliquote Irpef e dell’inflazione, ad esempio, sta mangiando una parte consistente di reddito agli operai e agli impiegati. Se il loro reddito aumenta in linea con l’inflazione il contribuente viene spinto verso scaglioni Irpef più elevati, subendo un incremento dell’aliquota media senza aver beneficiato di alcun miglioramento economico reale. Quando invece il reddito nominale è stabile o cresce meno dell’inflazione, le aliquote non si riducono in considerazione della diminuita capacità contributiva, determinando un prelievo proporzionalmente più alto. Questo effetto, noto come «fiscal drag», sta diventando pesante. Secondo l’Upb la riforma fiscale attuale, con l’inflazione al 2%, sottrae 370 milioni di euro in più, rispetto al passato, ai redditi più bassi. Visto che le retribuzioni già non crescono e non riescono a compensare l’inflazione, l’effetto del fiscal drag «rischia di erodere in misura considerevole gli incrementi nominali delle retribuzioni, con potenziali ricadute negative sui consumi e la domanda interna». Ogni avanzamento della riforma fiscale, dice inoltre l’Upb, non può prescindere da una forte azione di recupero dell’evasione.
Gli adeguamenti all’inflazione, stima Federico Fubini, hanno fatto aumentare di 25 miliardi di euro le tasse pagate da pensionati e lavoratori dipendenti. Inoltre secondo l’Upb, la crescita italiana nel 2024 è tornata sotto alla media della zona euro e nel 2025 sotto la media dell’Unione europea. In questa discesa «giocano sostanzialmente due fattori» dice Lilia Cavallari, presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, intervistata da Federico Fubini. «Il primo è che la popolazione in Italia si ridurrà nel tempo e invecchierà. Diminuisce la forza lavoro e diventa meno produttiva, perché in media è più anziana. Il secondo è proprio la dinamica della produttività, da decenni più debole rispetto alle principali economie. Ma si può reagire. Ed è il momento di farlo. Bisogna che sia attraente lavorare in Italia per chi non lo fa, giovani e donne in particolare: i primi segni ci sono, ma occorre continuare. Bisogna anche cercare di attrarre più lavoratori qualificati dall’estero».
Le altre notizie importanti
Gli Stati Uniti stanno evacuando il personale diplomatico e militare non essenziale dal Medio Oriente perché si aspettano «disordini regionali», hanno dichiarato il Dipartimento di Stato e l’esercito. Secondo il Washington Post gli Stati Uniti sono in allerta massima perché Israele potrebbe attaccare l’Iran.
Segnali di distensione tra l’uomo più ricco e quello più potente del mondo. Elon Musk si è scusato con Donald Trump per la raffica di accuse che gli ha scagliato contro la scorsa settimana, nel loro litigio via social sul pacchetto di misure economiche voluto dal presidente americano: «Mi pento di alcuni dei miei post, sono andato troppo oltre». «Ho pensato che è stato molto carino da parte sua», ha commentato Trump, intervistato dal New York Post.
Artur A., il 21enne che martedì a Graz, in Austria, ha aperto il fuoco nel ginnasio superiore che aveva abbandonato tre anni fa, uccidendo dieci persone e poi se stesso, avrebbe lasciato alla madre un video di commiato. La donna lo avrebbe ricevuto su Whatsapp e lo avrebbe aperto 23 minuti dopo, a strage già finita, quando l’attentatore – suo figlio – era già morto.
Il presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto (Forza Italia) è indagato per corruzione. Lo ha reso noto lui stesso via social.
La Lega continua a chiedere una legge per permettere il terzo mandato ai presidenti di Regioni, nonostante i tempi per approvarne una siano risicatissimi e Forza Italia abbia già detto no («Due mandati sono sufficienti, non servono incrostazioni di potere» ha chiuso Antonio Tajani). Anche sulle tasse ci sono tensioni con gli alleati: Fi vuole ridurre l’Irpef mentre la Lega vuole rottamare le cartelle fiscali degli evasori.
Il Senato ha approvato ieri in via definitiva il ddl Spazio, la prima normativa organica per l’accesso allo Spazio. Per le opposizioni è «un regalo a Elon Musk».
«Per quanto riguarda il referendum abrogativo dobbiamo abbattere il quorum a un terzo, portandolo al 33%. Così anche chi è contrario, sarà motivato ad andare a votare. Inoltre, chiameremo tutte le forze politiche al confronto su un nuovo modello di referendum propositivo, con cui i cittadini potranno contribuire a introdurre nuove leggi. È la democrazia partecipativa, che abbiamo già sperimentato all’interno del M5S» dice il leader Giuseppe Conte, intervistato da Monica Guerzoni.
«Ricordiamoci sempre che Meloni è stata una sua ministro. È altrettanto vero che questo governo di centrodestra, se non ci fosse Forza Italia, creatura di Berlusconi, sarebbe di destra-destra. Berlusconi era uomo di centro». E prima di fondare Forza Italia «eravamo per la Democrazia Cristiana». Così Adriano Gallianinell’intervista in cui ricorda Silvio Berlusconi a due anni dalla sua scomparsa.
C’è il sì del gruppo Mediolanum e della famiglia Doris all’offerta pubblica di scambio lanciata da Mediobanca su Banca Generali.
«Ero sull’ambulanza con Ana distesa sul lettino priva di sensi. Si vedeva che stava male, ma l’anestesista e l’autista invece di sbrigarsi e pensare a lei, discutevano su dove fosse meglio portarla: il conducente sosteneva di conoscere un ospedale molto vicino (forse il Policlinico Gemelli o l’Aurelia Hospital) e che sarebbe stato meglio andare lì, mentre l’altro si è impuntato che voleva andare da tutt’altra parte, al Policlinico Umberto I. Molto più lontano». È la testimonianza di Jorge Manuel Salas Garcia, compagno di Ana Sergia Alcivar Chenche, 46 anni, morta a Roma dopo una liposuzione in una clinica non autorizzata.
Tragedia durante i test pre-gara del Rally di Polonia, a Elganowo. Matteo Doretto, 21 anni, di Pordenone, campione italiano Junior 2024, è uscito di strada ed è morto schiantandosi contro l’unico albero fuori dall’asfalto. Al suo fianco Samuele Pellegrino, che si è salvato.
È morto Brian Wilson, il musicista visionario che fondò i Beach Boys: aveva 82 anni.
Da ascoltare
Nel podcast «Giorno per giorno», Giulio Gori racconta la storia di Daniele Pieroni, primo caso di suicidio assistito in Toscana. Viviana Mazza parla della nuova escalation di tensione a Los Angeles. Giuliana Ferraino analizza il contenuto dell’accordo tra Washington e Pechino sui dazi.
Il Caffè di Massimo Gramellini
La morte non è di parte Ho appena saputo che il suicidio assistito è di sinistra. Assecondando la stessa logica demenziale, l’accanimento terapeutico sarebbe dunque di destra? Abbiamo preso questa abitudine di declinare la vita in politichese, trasformando dolori privati e scelte esistenziali in un pretesto per polemiche fredde, che ignorano l’uomo in nome dell’Umanità e fingono di sventolare ideali per nascondere pregiudizi. Daniele Pieroni, la persona gravemente e irrimediabilmente malata che per andarsene ha utilizzato una legge della Toscana (dopo aver atteso invano che il Parlamento nazionale facesse qualcosa), non era un autolesionista. Amava la vita e ne aveva il massimo rispetto, è persino umiliante doverlo scrivere. Si sta dando corda a un racconto grottesco, in base al quale chi, in determinate situazioni, è favorevole al suicidio assistito passa per un allegro sterminatore di anziani e malati, mentre chi è contrario viene dipinto come un sadico che gode nel veder soffrire il suo prossimo.
Su una materia così delicata, che con l’invecchiamento della popolazione finirà per lambire tantissime famiglie, ci vorrebbe un po’ di buon senso, che è cosa ben diversa dal senso comune. Ci vorrebbe qualcuno in grado di sottrarla alle polemiche di parte, ai follower e ai like, per portarla su un piano nobile e trasversale, togliendola alle fazioni e affidandola finalmente alla politica. Ecco, ci vorrebbe un Pannella.
Scelte sinistre, l’ebreo che avverte la sua tribù, capire Einstein con Galileo, l’amour fou di Lellouche
di Gianluca Mercuri
Bentrovati. Ecco il menu di oggi.
Centro o sinistra Cosa uscirà dai disordini a Los Angeles e dintorni è presto per dirlo. Secondo alcuni, potrebbe anche uscirne il candidato dei Democratici per sfidare il trumpismo dopo Trump, nel 2028: ossia il governatore della California Gavin Newsom. Secondo altri commentatori, nell’«era del populismo globale» le cose potrebbero essere più complicate, per i progressisti americani. E non soltanto per quelli americani. Luca fa il punto su un dibattito eterno, eppure sempre urgente. Oppure destinato a essere superato tragicamente dal pugno di ferro trumpiano. È il destino della sinistra: dibattere e dibattersi, in attesa di battersi.
Dov’è Obama? È una delle poche risorse a disposizione dei democratici: un ex presidente carismatico, ancora giovane, autorevole. Eppure, Barack Obama sembra sempre più lontano dalla politica. Atteggiamento che provoca, scrive Alessandro, più di una critica per quello che sembra un prepensionamento inopportuno in un momento di grave crisi della democrazia americana. Ma forse è solo un modo per dosare i propri interventi in vista di emergenze democratiche sempre più gravi.
«La mia tribù in pericolo» Thomas Friedman si appella agli ebrei di tutti il mondo: «Quello che fa il governo di Israele ci mette tutti a rischio». Parole drammatiche, come quelle dai toni orwelliani di un altro grande giornalista.
Tutto è relativo «Quello che ha scoperto Einstein nel 1905, quando ha scritto l’equazione della relatività ristretta, è semplicemente il fatto che questa cosa – che Galileo ha scoperto per lo spazio – vale egualmente per il tempo». Sì, la chiarezza di Francesca Vidotto vi colpirà: è una delle 75 video-lezioni del Corriere, per la Maturità e non solo (qui le trovate tutte).
La CinebussolaL’amore che non muore di Gilles Lellouche visto da Paolo Baldini: un po’ secondo tempo (delle mele), un po’ romanzo criminale.
L’era del populismo globale (o del perché alla sinistra non basta un Newsom)
Luca Angelini
Può darsi che, dagli scontri di Los Angeles e dintorni, incendiatisi dopo l’invio della Guardia nazionale da parte di Donald Trump, emerga alla fine un nuovo leader per il Partito democratico, in vista delle presidenziali del 2028, ossia il governatore Gavin Newsom (ne ha scritto Gianluca Mercuri nella newsletter Prima Ora; qui il ritratto firmato da Massimo Gaggi). «È un momento di opportunità e di rischio politico per il leader, in carica per due mandati, dello Stato più popoloso della nazione, che Trump ha indicato come responsabile della violenza e delle rivolte che, a suo dire, le autorità locali non sono riuscite a controllare – conferma il Wall Street Journal, che ha intervistato il governatore -. La risposta pugilistica di Newsom alle provocazioni di Trump ha rallegrato i cuori dei Democratici, desiderosi di un crociato. Ma in un momento in cui Newsom stava cercando di moderare la sua immagine, assecondare la base democratica rischia di consolidare il suo profilo di progressista Left-Coast e di associarlo alle immagini di disordini urbani (proprio quello che Trump vuole, ndr). Interrogato sulle sue aspirazioni presidenziali, Newsom, che lascerà l’incarico il prossimo anno, non ha negato la possibilità di candidarsi a una carica più alta».
Va detto che, come ha fatto notare Massimo Gaggi, il governatore californiano non guarda soltanto a sinistra: «Newsom sta cercando di trasformarsi soprattutto in baluardo di resistenza all’autoritarismo di un presidente che, già sotto accusa per decine di violazioni della legalità e delle prerogative del Congresso nei primi mesi del suo secondo mandato, ha lanciato la scommessa più rischiosa: viola le prerogative di autonomia degli Stati dell’Unione, sacre negli Usa soprattutto per i repubblicani».
In ogni caso, qualche ora prima che la situazione in California degenerasse, David Brooks, commentatore conservatore del New York Times e acuto osservatore della società americana (basti, in proposito, il suo libro Bobos in Paradise) avvertiva: «Ho molti amici democratici che sono estremamente delusi dai leader del loro partito. Mi dicono che il Partito democratico è attualmente senza una guida, debole, passivo, privo di un messaggio convincente. Cerco di essere educato, ma vorrei dire loro: “Il problema non sono i leader del partito. Il problema siete voi. Non capite quanto sia grande il cambiamento in cui ci troviamo. Pensate che i Democratici possano risolvere i loro problemi con un nuovo messaggio e un nuovo leader. Ma la sfida dei Democratici è che devono adattarsi a una nuova era storica». L’era del «movimento populista globale» che, secondo Brooks, «ha portato a Donald Trump, Viktor Orbán, alla Brexit e, nei loro contesti, a Narendra Modi, Vladimir Putin e Xi Jinping».
L’identikit disegnato da Brooks è questo: «Il movimento populista globale ha preso piede all’inizio degli anni 2010. Era guidato da un profondo senso di sfiducia sociale, dalla ferma convinzione che i sistemi sociali fossero truccati, corrotti e malevoli». Quel movimento, Trump l’ha visto arrivare e l’ha sfruttato. Gli altri no: «I repubblicani si sono adattati al cambiamento di mentalità in modo più efficace dei Democratici. Trump racconta una storia chiara: le élite stanno fregando l’America. Ha preso un partito del libero scambio e ne ha fatto un partito protezionista, un partito internazionalista e ne ha fatto un partito isolazionista. (…) Trump ha preso l’atmosfera di alienazione, l’ha amplificata con il suo stesso apocalittismo e, assaltando le istituzioni della società, ha creato un governo rivoluzionario. Più in questo mandato che nel precedente, sta cambiando le condizioni nelle quali viviamo».
Non suona particolarmente rassicurante. Ma il problema per i Democratici (quelli con la maiuscola, ma ormai forse anche quelli con la minuscola) è, come direbbe un altro «rivoluzionario» di tutt’altro segno, Lenin, «che fare?». «Se pensate che il compito dei Democratici ora sia quello di elaborare nuove politiche che piacciano alla classe operaia, state pensando in piccolo. Non si tratta di politiche. I Democratici devono fare quello che ha fatto Trump: creare una nuova identità di partito, dare una risposta chiara alla domanda: qual è il problema centrale del nostro tempo? Inventare una nuova grande narrazione. Per quasi un secolo, i Democratici si sono basati sulle grandi narrazioni delle epoche precedenti. In primo luogo, la narrazione dello stato sociale: l’America è troppo diseguale; possiamo usare un governo più forte per garantire sicurezza economica alle persone. In secondo luogo, la narrazione della liberazione: la storia avanza mentre i movimenti progressisti combattono l’oppressione dei gruppi emarginati: neri, donne, palestinesi, membri della comunità Lgbtq. Sono narrazioni nobili. Ma non sono sufficienti nell’era del populismo globale. La prima sfida fondamentale dei Democratici è che viviamo in un’epoca ostile alle istituzioni e i Democratici dominano nelle istituzioni: le università, i media, Hollywood, le fondazioni, i sindacati degli insegnanti, la pubblica amministrazione, eccetera. La seconda è che viviamo in un’epoca in cui si è creata una divisione di casta tra l’élite istruita e tutti gli altri, e i Democratici sono il partito degli altamente istruiti. I Democratici hanno di recente discusso se usare o meno il termine “oligarchia” per attaccare i Repubblicani. Sono così intrappolati nelle loro vecchie narrazioni che a quanto pare non si rendono conto che, per molti, l’oligarchia sono loro. Se potessi offrire ai Democratici un paio di spunti di riflessione mentre iniziano il loro processo di rinnovamento, il primo sarebbe questo: l’elitarismo culturale è più oppressivo dell’elitarismo economico. L’era dello stato sociale ha dato ai Democratici l’impressione che tutto si potesse risolvere con denaro incanalato attraverso qualche programma federale. Ma l’era populista è guidata dal risentimento sociale più che dalla scarsità economica».
Secondo Brooks, ai Democratici serve in sostanza un bagno sia di umiltà che di realtà. Dovrebbero, secondol lui, prendere ad esempio un repubblicano come «Ike» Eisenhower, che divenne presidente promettendo non di smantellare il New Deal del suo predecessore democratico Roosevelt, ma di raggiungere gli obiettivi dello stato sociale «in modo più ragionevole». Allo stesso modo, oggi i Democratici dovrebbero sì denunciare che Trump sta appiccando il fuoco all’establishment e alle istituzioni, ma dovrebbero anche ammettere che quelle istituzioni e quell’establishment di cui loro stessi fanno parte vanno riformati. Ciò comporta, a suo avviso, dire alcune scomode verità e tagliare i ponti con alcuni tradizionali bacini elettorali: «Dovete essere disposti ad affrontare i vostri gruppi di attivisti: riformeremo le scuole in modi che non piacciono ai sindacati. Riformeremo la pianificazione urbanistica in modi che non piacciono alle brigate Nimby (non nel mio cortile, ndr). Riformeremo il Congresso in modi che non piacciono ai parlamentari in carica. Parleremo di patriottismo e immigrazione in modi che non piacciono agli attivisti. Risolveremo il modo in cui le città democratiche sono governate in modi che non piacciono ai quegli stessi gruppi. Pensate davvero che i politici professionisti guideranno i cambiamenti epocali necessari? Ci vogliono intellettuali, organizzatori, una nuova generazione, tutti noi. È un lavoro di decenni, non di cicli elettorali. Liberate la mente. Rimettetevi a pensare».
Anche Rana Foroohar, del Financial Times, pensa che per i Democratici Usa sia il tempo delle scelte. Anzi, di una che ancora non si sono decisi a fare: «Non hanno ancora fatto la scelta cruciale tra il populismo economico e una versione leggermente aggiornata del neoliberismo. Franklin D. Roosevelt sarà la loro Stella Polare? O Bill Clinton? Mentre alcuni, come Bernie Sanders, Chris Murphy e la senatrice Elizabeth Warren, vogliono seguire la strada populista, la leadership del partito e la maggior parte della base dei donatori democratici sembrano voler tornare a una versione del neoliberismo dell’era Obama-Clinton. Che si concentrava sull’identità piuttosto che sulla classe, promuoveva il libero scambio fine a se stesso e si concentrava non sulla strategia industriale (e con essa sugli interessi dei lavoratori), ma sul rendere il governo più efficiente».
Quest’ultima è, a suo avviso, la raccomandazione di fondo di un libro appena uscito come Abundance, dei giornalisti Ezra Klein e Derek Thompson, secondo il quale sarebbe stato, in buona misura, l’eccesso di norme e regolamenti ad aver reso impopolare fra gli elettori il Partito democratico. Pur ammettendo che ci sia del vero in quell’accusa (vedi la mancata realizzazione di una linea ferroviaria ad alta velocità in California o la scarsa disponibiità di case a prezzi affrontabili), Foroohar pensa che essa trascuri quello che è invece, a suo avviso, il punto cruciale: «Il settore privato, e in particolare una manciata di grandi aziende, ha troppi soldi e potere mentre i lavoratori ne hanno di gran lunga troppo poco». È questa asimmetria di potere a costituire «la disfunzione economica chiave nell’attuale economia Usa».
Se si aggiunge che il sistema del collegio elettorale rende gli «Stati in bilico» (quelli dalle maggioranze oscillanti da un’elezione all’altra e dove spesso si trovano i «lasciati indietro» dalla globalizzazione) più cruciali di quelli ricchi e popolosi come la California, secondo Foroohar la scelta è chiara: «Finché questa struttura elettorale esisterà, e se si ritiene che i mercati senza vincoli non riescano a fornire beni pubblici essenziali, allora si deve pensare che il vero populismo economico – non quello finto di Maga – sarà la formula vincente per i Democratici. Ma questo significa che i liberal ricchi devono pensare oltre i propri interessi».
Il fatto che le donazioni di quei progressisti danarosi siano cruciali in campagne elettorali che sono diventate sempre più costose, non aiuta. Come ha fatto notare pochi giorni fa – a una conferenza alla quale era presente la stessa Foroohar – l’esperto di antitrust Ganesh Sitaraman, ex consigliere di Elizabeth Warren, «quarant’anni di neoliberismo hanno creato un potente gruppo di aziende e individui che rappresentano una sorta di oligopolio civile molto difficile da sfidare». «Sono stupita – commenta Foroohar – che con una disuguaglianza più grande di quanto abbiamo mai visto, non ci sia davvero nessun politico di sinistra, a parte forse Bernie Sanders, che faccia chiaramente eco al grido di protesta in stile Franklin Delano Roosevelt contro gli oligarchi (come disse allora, “Do il benvenuto al loro odio!“). Naturalmente, dopo la sentenza Citizen’s United del 2010 della Corte Suprema (che di fatto tolse ogni limite alle spese elettorali, ndr), è difficile dare il benvenuto all’odio da parte di potenziali donatori politici, il che è un’ardua sfida per i Democratici che vogliono presentarsi come paladini dei lavoratori. Considerate, ad esempio, quante poche critiche concrete abbia ricevuto la proposta di legge fiscale di Trump e come diversi senatori democratici abbiano appoggiato gli sforzi repubblicani per integrare nel sistema finanziario formale gli stablecoin (qui un’analisi di Federico Fubini, ndr), che sono convinta saranno la radice della prossima crisi finanziaria. La comunità crypto è un donatore politico enorme e in crescita, sia a sinistra che a destra».
A Foroohar, che certo non è un’estremista ma piuttosto una fustigatrice dei colossi economici, in particolare del web, piacerebbe probabilmente che il Partito democratico americano dicesse qualcosa più di sinistra. Nemmeno quello, però, è una garanzia di successo. Come ha detto il direttore del Corriere, Luciano Fontana, commentando l’esito dei referendum, «a perdere è tutto quel pezzo di centrosinistra che pensa di poter ridisegnare l’opposizione non tenendo conto della necessità di coinvolgere riformisti, moderati, centristi, perché uno schieramento largo ed equilibrato è quello che permette di parlare di più al Paese, a ceti sociali che alla fine hanno fatto una scelta diversa nelle ultime elezioni. Questo credo che comporterà una riflessione per il centrosinistra, sia per il ceto politico sia per l’individuazione di una leadership che tenga insieme tanti mondi. Il tentativo di spostare su un asse più radicale il centrosinistra può galvanizzare, ma alla lunga non lo mantiene competitivo rispetto all’attuale maggioranza di governo».
Essere bollati come il «partito delle Ztl» fa perdere voti, ma non è detto che una sterzata a sinistra – sempre che gli elettori la percepiscano davvero come tale – li faccia recuperare di colpo (comunque, a quel che scrive su Elly Schlein Maria Teresa Meli, al momento «l’idea della segretaria è che si vinca solo con la radicalizzazione delle posizioni e non certo attestandosi su una linea moderata»; sul dubbio che i quesiti referendari fossero il modo migliore per far percepire quella radicalizzazione si possono leggere Alessandro Trocino qui e Pietro Ichino qui).
Forse in società che, per ragioni legate anche alle promesse mancate del neoliberismo e della globalizzazione, sembrano avere più paura di scivolare indietro che fiducia nel poter fare passi avanti, il progressismo ha perso la sua spinta propulsiva. E le parole d’ordine della destra, «sicurezza», «difesa», «confini», «ordine», trovano, fra gli elettori, più orecchie disponibili a farle proprie. In questo senso, anche se alle elezioni Usa di midterm manca circa un anno e mezzo, quel test potrebbe essere decisivo per la sinistra, non soltanto americana (sempre che, come paventa David Frum sull’Atlantic, Donald Trump non stia facendo in California le prove generali per trasformare quel voto in un’elezione in regime di stato d’assedio: ne ha scritto Gianluca Mercuri nella Rassegna di ieri).
Un anno e mezzo scarso è un po’ poco per riaccendere le speranze di progresso o per «inventare una nuova grande narrazione», come vorrebbe David Brooks. Nel posizionarsi più a sinistra oppure più al centro, per adattarsi all’era del populismo globale, il rischio di ritrovarsi un po’ come in quella vecchia canzone («Tu sei buono e ti tirano le pietre, sei cattivo e ti tirano le pietre») c’è. Forse, però, anche per la sinistra vale il monito di Draghi: «Quando mi chiedete cosa sia meglio fare, dico che non ne ho idea. Ma fate qualcosa».
Rassegna americana / 2
Dov’è finito Barack Obama?
Alessandro Trocino
Il 3 aprile Barack Obama ha pronunciato un vibrante discorso agli studenti dell’Hamilton College di New York. Una delle frasi più efficaci, applicata a una qualunque delle azioni o dei discorsi di Donald Trump, era: «Immaginate se avessi fatto tutto questo». Parlava delle minacce all’università, ai giornalisti, agli studi legali. Un discorso perfetto, nel suo stile insieme disinvolto, ironico e pungente. Un discorso che lanciava un allarme: la nostra democrazia è in pericolo, accadono cose che succedono solo in Russia.
Da allora, Obama è sostanzialmente sparito. Mark Leibovich, ne scrive diffusamente su The Atlantic, parlando di «letargia da pensionato». E accusando Obama: ma se davvero la situazione è tragica, se davvero Trump sta smantellando la democrazia pezzo per pezzo, se davvero tutte le libertà americane, insieme al sogno, sono sotto sequestro, perché l’ex presidente, che potrebbe essere una punta di diamante dell’opposizione, si trastulla con i documentari di Michelle, con la lista delle sue canzoni preferite, con i pronostici del campionato di basket?
Riprendiamo un momento il discorso del 3 aprile (che avevamo pubblicato qui). Scriveva: «È la prima volta che parlo pubblicamente da un po’ di tempo. Ho osservato un po’». Poi spiegava che non ci sono salvatori, non ci sono supereroi: «Spetta a tutti noi risolvere la situazione. Non si risolverà perché qualcuno viene a salvarvi. La carica più importante in questa democrazia è il cittadino, la persona comune che dice: no, non è giusto. Penso che una delle ragioni per cui il nostro impegno verso gli ideali democratici si è eroso è che siamo diventati piuttosto pigri e compiacenti». E ancora: «Siamo in uno di quei momenti in cui non è sufficiente dire di essere a favore di qualcosa, ma è necessario fare qualcosa e forse sacrificarsi un po’».
Una chiamata alle armi, metaforica, alla quale, però, sembra essere lui il primo a sottrarsi. Leibovich racconta: il mese scorso, mentre Trump era nel Medio Oriente incendiato dalla guerra di Gaza, Obama è volato in Norvegia, per visitare la tenuta estiva del suo vecchio amico, Re Harald V. Insieme hanno tessuto le lodi del salmone locale, affumicato e insaporito con le erbe del giardino reale. Mentre Trump scuoteva la democrazia, emanava raffiche di ordini esecutivi, Obama si occupava di basket, inviava un messaggio al Papa, mandava preghiere di guarigione a Joe Biden, si faceva vedere in giro con i suoi amici famosi, Richard Branson, David Geffen, George Clooney.
Non è sparito del tutto, a onor del vero, l’ex presidente. Ha rilasciato qualche breve commento a favore di Harvard, in difesa della sua riforma sanitaria, in elogio di un giudice progressista. Poi si è dedicato all’ascolto del suo podcast preferito, di Bill Simmons. Commenta Leibovich: «In tempi normali, nessuno negherebbe a Obama queste distrazioni. Ha svolto il lavoro più stressante del mondo per otto anni, ha servito il suo Paese, ha fatto la storia e meritava di rilassarsi e fare le solite cose da ex presidente: fondare una fondazione, costruire una biblioteca, guadagnare cifre incalcolabili». Ma, appunto, non sono tempi normali. E Obama è uno dei pochissimi politici democratici dotati di carisma, capacità di farsi sentire e di confortare l’elettorato ostile a Trump. «È straziante vederlo sacrificare quel megafono quando nessun altro ce l’ha», dice Adam Green, co-fondatore del Progressive Change Institute. Tracy Sefl, consulente media democratica a Chicago, lo dice con ancora più pathos: «Per favore ci aiuti, qui stiamo affondando».
L’ex procuratore generale Eric Holder, amico e collaboratore di Obama, lo difende: «Parla poco perché il rischio è che la forza del suo messaggio venga diluita e che lui venga trasformato in un altro commentatore da strapazzo». E perché non vuole mettere in ombra la nuova generazionedi leaderdemocratici. Peccato che si faccia fatica a individuarli all’orizzonte, questi nuovi dirigenti. E Obama, scrive Leibovich, «rimane il democratico più popolare in vita in un momento di impopolarità storica per il suo partito. A differenza sia di Biden che di Clinton, è credibile, è relativamente giovane e ha un ampio elettorato di americani che vogliono ancora sentire la sua voce, inclusi afroamericani, giovani elettori e altri blocchi democratici di lunga data che si sono schierati con Trump a novembre».
A fine mandato, Obama aveva annunciato il suo disimpegno: «Voglio portare Michelle in vacanza, riposare un po’, passare del tempo con le mie figlie, scrivere un po’, riflettere un po’». Il primo mandato Trump non lo spaventava granché: «Non credo nell’apocalisse, finché non viene l’apocalisse». Poi è arrivato il secondo e qualcosa che somiglia a un apocalisse. Obama ha continuato a scrivere un po’, a riflettere un po’. Suscitando indignazione e ironie. Lo scrittore antitrumpiano Drew Magary ha commentato: «Oh, Obama sta twittando qualche buon tweet. È molto gentile da parte sua». Poi ha attaccato: «Sono stufo che Obama resti al di sopra della mischia mentre quella mischia ci sta inghiottendo completamente».
La frustrazione degli amici cresce, per lo sperpero di quel capitale di benevolenza e ammirazione, di capacità e intelligenza, a cui sembra di assistere. Un soprassalto lo ha avuto durante la campagna elettorale. Ha lavorato, a quanto pare, per estromettere Biden e ha fatto campagna per Kamala Harris. Poi ha assunto toni da catastrofe imminente. Poi è andato in vacanza.
Ma poteva e può fare di più Obama? Gli ex presidenti americani, tradizionalmente, sono abbastanza fuori dai giochi politici. Hanno un ruolo marginale, si limitano a fare conferenze. Ma Obama, sottolinea Leibovich, «non si è mai presentato come un leader “da regole standard”. Era questa l’idea su cui si basava la sua ascesa politica: che il cambiamento richiedesse un pensiero audace e controcorrente e azioni scomode». E dunque: «Questa potrebbe essere una di quelle occasioni in cui Obama potrebbe prendersi una pausa dal lungo arco dell’universo morale e occuparsi della crisi immediata. Mentre i democratici faticano a trovare il loro prossimo fenomeno, Obama potrebbe essere il loro capo ad interim. Potrebbe interagire regolarmente, sottolineando gli abusi di Trump. Lo ha fatto sul palco all’Hamilton College. Era riflessivo, divertente e sembrava sinceramente sgomento, persino arrabbiato. Potrebbe fare questi dialoghi pubblici molto più spesso. Sì, è vero, potrebbe scatenare Trump e attirare più attenzione di quanta Obama evidentemente desideri. Ma Trump ha dimostrato che l’ubiquità può essere una superpotenza, proprio come Biden ha dimostrato che l’oscurità può essere rovinosa».
Il suo «Immaginate se avessi fatto tutto questo» potrebbe risuonare con forza e credibilità. Leibovich si spinge oltre: «Il 14 giugno Trump farà la sua parata militare a Washington. Obama potrebbe organizzare un suo evento, a Washington. Attirerebbe un’enorme attenzione e farebbe impazzire Trump». Ma non sembra aria e, del resto, come diceva lo stesso Obama ai ragazzi del college, nessuno da solo riuscirà a salvarli, a salvare gli americani. Dovranno essere i cittadini a mobilitarsi, a lottare per i loro diritti. Prima che gli Stati Uniti diventino una grande Los Angeles, militarizzata dalla Guardia nazionale e dai Marines e neutralizzata da un potere sempre più invasivo e sempre meno rispettoso delle regole.
Rassegna delle guerre
Chi sono i kaplanisti. E l’appello di Friedman a tutti gli ebrei, «la mia tribù»
Gianluca Mercuri
«Gli israeliani, gli ebrei della diaspora e gli amici di Israele di tutto il mondo devono capire che il modo in cui Israele sta combattendo la guerra a Gaza oggi sta gettando le basi per una revisione fondamentale di come Israele e gli ebrei saranno visti in tutto il mondo.
Non sarà un bene. Le auto della polizia e la sicurezza privata presso le sinagoghe e le istituzioni ebraiche diventeranno sempre più la norma; Israele, invece di essere visto dagli ebrei come un rifugio sicuro dall’antisemitismo, sarà visto come un nuovo motore che lo genera; gli israeliani sani di mente faranno la fila per immigrare in Australia e in America piuttosto che invitare gli altri ebrei a venire in Israele. Questo futuro distopico non è ancora arrivato, ma se non ne vedete i contorni, vi state illudendo» (Thomas Friedman).
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Ma Bibi dice che il problema sono i kaplanisti.
Dev’essere una mania dei leader di destra creare neologismi per chi non li asseconda, vedi i panicans dei mercati evocati da Donald Trump, che poi gli hanno fatto capire che i suoi calcoli nella guerra dei dazi erano sbagliati. Benjamin «Bibi» Netanyahu si è inventato invece la parola kaplanisti. Viene da Kaplan Street, la via di Tel Aviv dove si riuniscono gli attivisti che contestano le sue politiche, dalla torsione autoritaria che sta imprimendo a Israele a partire dal tentativo di asservire la Corte Suprema fino, naturalmente, alla sua guerra senza fine che sta sterminando civili innocenti senza liberare i pochi ostaggi vivi ancora in mano a Hamas. I kaplanisti sono, nell’ottica propagandistica del premier, un sinonimo del Deep State che accusa di tramare contro la nazione, di fare il gioco dei nemici se non addirittura di essere in combutta con loro e di avere provocato – loro, non lui che pure ha il compito di difendere i cittadini – il massacro del 7 ottobre. Allude alla parte di apparati che ancora gli tiene testa, e agli ex militari che senza paura indicano al pubblico i suoi errori. Tutti traditori, nemici della patria. Lo stesso linguaggio che usa Trump, soprattutto in questi giorni in cui brucia Los Angeles. Ma anche lo stesso linguaggio che usano leader di destra molto più vicini a noi. La loro retorica indulge di continuo all’insinuazione che c’è un nemico interno. E quando c’è il nemico interno il passaggio storico successivo è circondare la democrazia col filo spinato, facendo finta di difenderla.
Paradossalmente, lo stesso primo ministro che accusa di tradimento soldati ed ex soldati che hanno rischiato e rischiano la vita per difendere la patria, continua a difendere il privilegio insopportabile degli haredim, gli ultraortodossi, esentati dalla leva. Ogni volta che la fine di questo scandalo sembra ineludibile, i partiti fanatici che lo sostengono minacciano di farlo cadere. In queste ore potrebbero togliergli la fiducia. Sono la parte del Paese che non vuole combattere, ma che pretende che il resto del Paese lo faccia per loro, per prendersi tutta la terra e cacciare gli arabi.
Aluf Benn, il direttore di Haaretz, osserva la maggioranza dei suoi cittadini indignarsi per l’aumento dei prezzi dei biglietti aerei, e pochi – ma è una novità importante – per l’eccidio quotidiano a Gaza. Vede un Paese stritolato da sé stesso, con gente che ogni settimana parte per non tornare più, e gli viene in mente la profezia di un giovane storico e dissidente sovietico, Andrei Amalrik, che, all’inizio degli anni’ 70, si chiedeva se l’Urss sarebbe sopravvissuta fino al 1984, anno orwellianamente profetico. Durò giusto un lustro e passa in più, ma le premesse economiche per anticipare quella caduta rovinosa c’erano tutte, e Amalrik seppe aggiungerci la previsione di «una guerra estenuante, portata avanti da leader decrepiti, che avrebbe prosciugato il governo sovietico di risorse e legittimità». Lui pensava a uno scontro con la Cina, fu invece l’Afghanistan a corrodere il regime. Ora, scrive Benn, una guerra estenuante portata avanti da un leader decrepito sta prosciugando Israele di risorse e legittimità. E torna sinistramente ad echeggiare la profezia odiosa non di un israeliano critico, ma di un nemico vero, l’ayatollah Khamenei, che come data di scadenza per lo Stato ebraico ha fissato il 2040.
Thomas Friedman ha senz’altro letto Aluf Benn ma anche altro. Per esempio, la lettera pubblica di Asaf Agmon e Uri Arad, due ex militari che fanno parte del Forum 555 Patriots, un gruppo di 1.700 piloti ed ex piloti israeliani nato per opporsi al colpo di stato giudiziario di Netanyahu tra il 2022 e il 23. Soldati che hanno poi ovviamente appoggiato la risposta a Hamas contribuendo con i loro sforzi e le loro vite, e poi l’hanno criticata per il modo in cui il premier la sta perpetuando e usando. Sono insomma la quintessenza dei kaplanisti, degli eroi di Israele che il governo di Israele bolla come traditori
Scrivono Agmon e Arad:
«Non vogliamo minimizzare la natura mostruosa del massacro commesso dai terroristi di Hamas in quel sabato maledetto. Crediamo che la guerra fosse pienamente giustificata.
Tuttavia, man mano che la guerra a Gaza si trascinava, è diventato chiaro che stava perdendo i suoi scopi strategici e di sicurezza e serviva invece principalmente gli interessi politici e personali del governo. Divenne così una guerra inequivocabilmente immorale e apparve sempre più come una guerra di vendetta.
L’aeronautica è diventata uno strumento per coloro che, nel governo e anche nelle forze armate, sostengono che non ci sono persone innocenti a Gaza. Recentemente, un membro della Knesset si è persino vantato che uno dei successi del governo è la capacità di uccidere 100 persone al giorno a Gaza senza che nessuno si scandalizzi.
In risposta a queste dichiarazioni, noi diciamo: per quanto orribile sia stato il massacro del 7 ottobre, esso non giustifica il totale disprezzo per le considerazioni morali o l’uso sproporzionato della forza letale. Non vogliamo diventare come i peggiori dei nostri nemici.
Il culmine si è raggiunto nella notte del 18 marzo, con la ripresa della guerra dopo che il governo israeliano ha scelto consapevolmente di violare l’accordo per la restituzione degli ostaggi. In un micidiale attacco aereo destinato a uccidere diversi comandanti di Hamas (i rapporti variano se fossero decine o meno), è stato stabilito un nuovo record. Le munizioni sganciate dai piloti sull’obiettivo hanno ucciso circa 300 persone, tra cui molti bambini. Finora non è stata fornita alcuna spiegazione soddisfacente per l’orribile esito dell’attacco.
Da allora, l’aviazione militare ha continuato a colpire Gaza senza sosta. Interi edifici con bambini, donne e civili vengono bombardati – apparentemente per eliminare i terroristi o distruggere le infrastrutture del terrorismo. Anche se alcuni obiettivi sono legittimi, il danno sproporzionato ai civili non coinvolti non può essere negato.
Questo è il momento della resa dei conti. Non è troppo tardi. Facciamo appello ai nostri colleghi piloti in servizio attivo: non continuate a evitare di fare domande. Perché sarete voi a dover sopportare le conseguenze morali delle vostre azioni per il resto della vostra vita. Dovrete affrontare i vostri figli e nipoti e spiegare come sia avvenuta una distruzione così inimmaginabile a Gaza, come tanti bambini innocenti siano morti a causa della macchina mortale che avete pilotato».
Un resoconto terribile, il più stordente e veritiero che si possa produrre su questi mesi terribili. Friedman ne aggiunge un altro, che gli ha mandato una delle sue tante conoscenze in Israele, Nimrod Novik, un ex consigliere di Shimon Peres che oggi fa parte di un altro gruppo di kaplanisti, chiamato Comandanti per la Sicurezza di Israele, un movimento di oltre 550 funzionari in pensione dei servizi diplomatici, di sicurezza e di difesa israeliani: la nostra missione di sempre, scrive Novik,
«è quella di garantire il futuro di Israele come patria forte e democratica del popolo ebraico. Gli eventi recenti hanno portato a dibattiti appassionati e talvolta dolorosi all’interno delle comunità ebraiche di tutto il mondo, in particolare per quanto riguarda la situazione a Gaza. Molti nella diaspora hanno espresso pubblicamente le loro preoccupazioni. Di conseguenza, alcuni hanno affrontato dure critiche. Accusati di indebolire Israele o di tradire il loro legame con lo Stato ebraico, viene detto loro che chi vive all’estero o non presta servizio nell’Idf deve tacere. Rifiutiamo categoricamente l’idea che gli ebrei della diaspora debbano tacere sulle questioni che riguardano Israele. A coloro che temono che le critiche pubbliche minino Israele, diciamo che un dialogo aperto e onesto non fa che rafforzare la nostra democrazia e la nostra sicurezza».
Sono parole importanti, che potrebbero far riflettere anche chi, nella comunità ebraica italiana, è arrivato a osteggiare duramente personalità come Anna Foa e Gad Lerner. Thomas Friedman, idealmente, si rivolge anche a loro nell’appello drammatico «agli israeliani, agli ebrei della diaspora e agli amici di Israele di tutto il mondo» che avete letto all’inizio, e in cui avverte che «questo governo di Israele è un pericolo per gli ebrei di ogni luogo».
Israele è già uno Stato paria, con l’Europa sempre più vicina a sanzioni finora impensabili ma da tempo inevitabili eppure evitate. Ma il peggio, avverte il grande giornalista americano, deve ancora venire, e arriverà quando i giornalisti di tutto il mondo potranno finalmente entrare a Gaza, «e quando lo faranno, e l’orrore della distruzione diventerà chiaro a tutti, il contraccolpo contro Israele e gli ebrei di tutto il mondo potrebbe essere profondo».
Friedman, perfino lui, sente l’obbligo di precisare tutta la sua avversione per Hamas, di ricordare l’orrore perpetrato dai terroristi palestinesi, di sottolineare la necessità di eliminare un’organizzazione che è il cancro del suo stesso popolo. Sente questo obbligo come se fosse la premessa necessaria alle parole successive:
«Ma come ebreo che crede nel diritto del popolo ebraico di vivere in uno Stato sicuro nella sua patria biblica – accanto a uno Stato palestinese sicuro – sono concentrato in questo momento sulla mia tribù. E se la mia tribù non si oppone all’assoluta indifferenza del governo israeliano nei confronti del numero di civili uccisi oggi a Gaza – e al suo tentativo di inclinare Israele verso l’autoritarismo in patria, licenziando il suo procuratore generale indipendente – gli ebrei di tutto il mondo la pagheranno cara».
La pagheranno cioè con una crescita dell’antisemitismo: non l’antisemitismo vergognosamente evocato per controbattere a ogni sacrosanta critica rivolta a Israele, ma quello autentico nelle sue forme assassine. Benjamin Netanyahu, che tutto calcola, oserà dire che ce l’aveva detto.
Le Lezioni del Corriere
Capire Einstein partendo da Galileo
Francesca Vidotto
La relatività speciale di Einstein è la teoria che mette sullo stesso piano spazio e tempo. Infatti unisce spazio e tempo in una sola entità: lo spaziotempo. La relatività speciale ci pone di fronte a fenomeni strani come intervalli temporali che si dilatano o lunghezze spaziali che si contraggono. Però le sue equazioni sono abbastanza semplici, e sono facili da capire se partiamo dalla relatività per antonomasia, quella che viene per prima, quella del nostro Galileo Galilei.
Vi racconto il modo semplice per capire la relatività ristretta di Einstein, partendo dalla relatività di Galileo. Galileo ha capito che, se siamo isolati dentro una cabina che si muove a velocità costante, non c’è niente che possiamo osservare che ci permetta di dire a che velocità si muova la cabina. Per esempio, per questo non ci accorgiamo che la Terra gira attorno al sole. Perché anche se si sta muovendo a grande velocità rispetto al sole, rimane ferma rispetto a noi.
Essere fermo?
In effetti, a ben vedere «essere fermo» non significa nulla se non diciamo rispetto a cosa una cosa sia ferma.
Se siete in treno col vostro cane e gli dite «stai fermo», non volete mica dire che il cane si debba buttare dal finestrino e stare fermo rispetto alla Terra. Quello che si intende è che non non deve muoversi rispetto al treno, che sia fermo rispetto al treno.
Adesso che questo lo abbiamo capito, proviamo a farci la domanda seguente. Provate a schioccare le dita in punto dello spazio e poi, un paio di secondi dopo, a schioccarle di nuovo «nello stesso punto dello spazio».
Se ci pensate un attimo, l’istruzione di cosa fare non è completa, perché cosa significa «nello stesso punto dello spazio»? Significa che in quei due secondi non vi dovete muovere. Ma muovere rispetto a cosa? Rispetto al treno, alla Terra o al sole? Se è rispetto al sole, nei due secondi fra uno schiocco e l’altro la Terra ha viaggiato di decine di chilometri, quindi il secondo schiocco delle dita non è «nello stesso punto dello spazio», se lo spazio è definito rispetto al sole.
Quindi la scoperta di Galileo, la relatività galileiana, si può formulare così: chiedersi se due eventi («i due schiocchi delle dita») sono nello stesso punto dello spazio non ha senso a meno di non dire rispetto a quale riferimento intendiamo «nello stesso punto dello spazio».
La relatività ristretta di Einstein
Bene, una volta chiarito questo fatto, per capire la relatività ristretta di Einstein basta solo fare un passo in più. Quello che ha scoperto Einstein nel 1905, quando ha scritto l’equazione della relatività ristretta, è semplicemente il fatto che questa cosa – che Galileo ha scoperto per lo spazio – vale egualmente per il tempo. E cioè, chiedersi se due eventi (due schiocchi delle dita) avvengono nello stesso momento del tempo non ha senso a meno di non dire quale riferimento intendiamo quando diciamo «nello stesso momento del tempo».
Pensate a due persone che schioccano le dita. Come facciamo a dire se lo schiocco è avvenuto nello stesso momento? Se abbiamo un riferimento, per esempio la Terra, è abbastanza facile. Basta mettersi a metà strada fra i due schiocchi: questi sono simultanei se li vediamo assieme. Ma da un riferimento in moto, i due schiocchi non li vedremmo assieme. La simultaneità, cioè dire che due eventi in luoghi diversi avvengono «allo stesso momento nel tempo», dipende dal riferimento, così come dipende dal riferimento dire se due eventi in tempi diversi avvengono «nello nello stesso punto dello spazio».
La relatività di Einstein non è altro che l’estensione al tempo della relatività di Galileo.
(Questo testo è tratto da une delle 75 Lezioni del Corriere, la grande serie di video-interventi di docenti universitari, scrittori e firme del giornale pensati per gli studenti alle prese con la Maturità, ma anche per i genitori. Qui il video di Francesca Vidotto, qui il link per accedere all’offerta speciale con tutte le video-lezioni e l’abbonamento al nostro sito, al costo di 12 euro)
La Cinebussola
Lellouche tra secondo tempo delle mele e romanzo criminale
Paolo Baldini
Con L’amour ouf (L’amore che non muore) precipitiamo nelle tempeste del melodramma di lunghissima durata: quasi tre ore che sono un concentrato di commedia/tragedia umana. Come Jacques Audiard in Emilia Perez, Lellouche mette insieme un pacchetto di suggestioni trascinate all’estremo, diretto verso un doppio coming-of-age.
Siamo in una sciapa cittadina portuale nel Nord-Est della Francia negli Anni Ottanta. Divampa, dopo un inizio difficile, la passione totale tra gli adolescenti Clotaire e Jackie, interpretati in età giovanile da Malik Frikah e Mallory Wanecque e in età adulta da François Civil (D’Artagnan nella trilogia di Martin Bourboulon) e Adèle Exarchopoulos.
Le differenze tra i due sono il collante che li porta ad amarsi. Sono entrambi ragazzi problematici, in cerca di amore e di stima in un universo di genitori assenti, bulli, cattivi compagni e professori così così.
I due si incontrano, si fanno i dispetti, persino si schifano. Finiscono per amarsi di un amore disperato ma vengono divisi dal destino. Clotaire – «che nome è Clotaire?», dicono tutti – è un piccolo farabutto di strada, vicino alla criminalità. È il figlio di un operaio che lavora in un gigantesco stabilimento sul porto, dove tutti devono fare i conti con paghe basse e il rischio costante di essere licenziati.
Malik Frikah e Mallory Wanecque in «L’amour Ouf» (L’amore che non muore)
Nessuno bada a Clotaire, nemmeno la mamma Elodie Buchez e tantomeno i fratelli tranne uno (Vincent Lacoste). Lui cresce come può, con un’inclinazione a rubacchiare, fare a botte, bulleggiare. Lascia presto la scuola e altrettanto presto s’incapriccia di Jackie, ragazza di buona famiglia, fan dei Cure, che vive con il padre antennista-elettricista (Alain Chabet) cercando di scavalcare il trauma della madre deceduta. Il dramma è dietro l’angolo: durante una protesta operaia, viene organizzata una rapina, ci scappa il morto e Clotaire è ritenuto il responsabile.
Siamo soltanto a metà film e molte altre tempeste stanno per arrivare.
Tratto dal romanzo Jackie Loves Johnser OK? di Neville Thompson, il film alza progressivamente il livello, correndo il rischio di esagerare nei dosaggi. Polar e rom-com si alternano, compresa la parentesi adolescenziale che ricorda Il tempo delle mele. L’affresco sociale è solo sfiorato, tengono banco le passioni e le deviazioni dei personaggi. Prevale il concetto che una società pestifera abbia rubato il futuro dei giovani. Alla fine, il racconto di un amour fou, più Romanzo criminale che West Side Story, una fiaba esplicita e spettacolarizzante, volutamente lacrimogena, talmente saporita da lasciare il sospetto che lo chef abbia esagerato con sale, pepe e fantasia.
L’AMORE CHE NON MUORE di Gilles Lellouche
(Francia- Belgio, 2024, durata 166’, Lucky Red)
con Adèle Exarchopoulos, François Civil, Benoit Poelvoorde, Elodie Buchez, Vincent Lacoste Giudizio: 3++ Nelle sale
Al termine dell’udienza generale in Piazza San Pietro, il Papa ricorda le undici persone che hanno perso la vita nella sparatoria nell’istituto in Austria, assicurando la sua vicinanza “alle famiglie, agli insegnanti e ai compagni di scuola”. Rivolge un saluto ai commercialisti e contabili giunti a …
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anche oggi ripartiamo da Los Angeles dove aumentano i soldati inviati da Trump e le tensioni nel centro della metropoli californiana: la sindaca Bass ha imposto il coprifuoco in un’area di 2 chilometri quadrati, il governatore Newsom accusa il presidente di aver innescato il caos e chiede al tribunale di impedire l’intervento dei militari nei raid contro gli immigrati irregolari. Questo è il discorso con cui si è rivolto agli americani per condannare la militarizzazione illegale di Los Angeles da parte del presidente, un discorso che vale la pena leggere.
Intanto, nella notte, è arrivata la notizia che l’amministrazione americana intende mandare 9.000 migranti a Guantanamo e fra loro ci sarebbero anche italiani ed europei. Si tratta principalmente di persone che sono rimaste nel Paese oltre la durata del visto, per cui un tempo si poteva essere rimpatriati e al massimo banditi dal Paese per qualche anno e oggi si rischia di finire nella più famigerata prigione del pianeta in attesa del rimpatrio, anche se — specificano dal governo americano — non nell’ala dei terroristi.
Vi lasciamo con il racconto della nostra inviata Viviana Mazza e vi parliamo poi dei movimenti nell’amministrazione americana, di cosa succederebbe — è un romanzo, ma lo scenario non è troppo distopico — se la Russia invadesse l’Estonia, della strage di Graz, dell’arrivo in Italia del piccolo Adam, atteso all’ospedale Niguarda di Milano per curarsi.
Buona lettura.
La newsletter AmericaCina è uno dei tre appuntamenti de «Il Punto» del Corriere della Sera. Potete registrarvi qua e scriverci all’indirizzo: americacina@corriere.it.
1. A Los Angeles un’altra giornata di proteste, soldati, arresti e coprifuoco
Viviana Mazza
inviata a Los Angeles
Per la prima volta dall’inizio delle proteste a Los Angeles la sindaca Karen Bass questa notte ha imposto il coprifuoco nel centro della metropoli, dalle 8 di sera alle 6 del mattino. La sindaca ha detto di averlo fatto su richiesta dei residenti dopo che la sera prima 23 negozi erano stati saccheggiati e molteplici facciate danneggiate dai graffiti. Intanto, anche il governatore del Texas ha annunciato il dispiegamento della Guardia nazionale statale per mantenere l’ordine, mentre le proteste si sono estese intanto ad altre nove città americane, tra cui New York, Chicago, Atlanta, Dallas, Filadelfia, San Francisco. Tra loro c’erano anche giovani che sventolavano insieme la bandiera americana e quella dei paesi d’origine.
Bass — consapevole dell’uso delle immagini da parte di Trump e dei suoi sostenitori — ha sottolineato che sarebbe stata off-limitssolo un’area di due chilometri quadrati e mezzo in una città di 1.300 km2 (ci vivono 100mila persone su 4 milioni di losangelini). In questa zona, per tutta la notte sono risuonate le sirene della polizia e le pale degli elicotteri. La stragrande maggioranza dei manifestanti si è dispersa, un’ora dopo il coprifuoco, dissuasa dall’enorme schieramento di forze di polizia ma i gruppetti che sono rimasti nelle strade sono stati inseguiti e arrestati.
Gli arresti sono stati in aumento negli ultimi giorni: 27 venerdì, 40 sabato, 114 domenica, 197 lunedì, secondo le autorità. Abbiamo visto solidarietà per queste manifestazioni (auto che passavano e sventolavano bandiere messicane), ma abbiamo anche parlato con persone di origine ispanica che ci hanno detto che lanciare insulti e sassate alla polizia come fanno alcuni dei manifestanti non è il modo giusto per protestare, ma fa solo «il gioco di Trump».
La sindaca Bass ha chiesto nuovamente a Trump di rimuovere i 4.000 soldati della Guardia Nazionale e i 700 Marines e di porre fine ai raid dell’Ice (l’agenzia federale per l’immigrazione) che stanno creando tensioni e paura. «Più truppe Usa di quelle schierate in Siria e in Iraq», notano le tv locali. Nonostante Trump rivendichi che senza le truppe federali Los Angeles sarebbe «bruciata», le operazioni di controllo delle proteste finora sono avvenute per mano della polizia di Los Angeles, coadiuvate dagli uomini dello sceriffo e di altre forze locali, mentre la Guardia nazionale sta davanti agli edifici pubblici.
Martedì pomeriggio, parlando ad un comizio tra i soldati a Fort Bragg, in North Carolina, il presidente ha detto che le proteste di Los Angeles sono parte di una «invasione straniera», come dimostrato dalle bandiere sventolate dai manifestanti.
2. Trump vuole mandare a Guantanamo 9 mila migranti: ci sono anche italiani
(Viviana Mazza) L’amministrazione Trump intende trasferire temporaneamente a Guantanamo migliaia di stranieri — potenzialmente 9.000 — che si trovano negli Stati Uniti illegalmente, scrive il Washington Post. Gli stranieri includono cittadini di Paesi alleati tra cui l’Italia, la Gran Bretagna, la Francia, la Germania, l’Irlanda, il Belgio, l’Olanda, la Lituania, la Polonia, la Turchia e l’Ucraina, ma anche altri Paesi, inclusi molti da Haiti. La notizia è accompagnata dall’osservazione del quotidiano che non necessariamente i Paesi alleati saranno avvertiti dagli Stati Uniti.
Fonti di Washington dicono al Corriere che si tratta di stranieri che hanno superato la durata del visto e che verrebbero mandati temporaneamente, in attesa di rimpatrio, nel Migrant Operations Center di Guantanamo, dove in passato sono stati già detenuti i cubani giunti via mare. Il piano potrebbe partire già questa settimana e prevede che le persone in questione vengano sottoposte a un esame medico per valutare se sono abbastanza in salute da essere inviate a Guantanamo.
Intanto, il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha dichiarato durante un’intervista a Rtl, che domani pomeriggio «avrò una telefonata con il segretario di Stato Usa Rubio e cercherò di avere ulteriori chiarimenti. Non sappiamo quanti sono gli irregolari, non abbiamo notizie. Ma faremo di tutto perché non ci siano italiani che vengono portati a Guantanamo».
3. Newsom chiede ai giudici di fermare il presidente
(Viviana Mazza) Il governatore Gavin Newsom, poco prima dell’inizio del coprifuoco, ha risposto al presidente con un discorso in tv durissimo, accusandolo di abuso di potere, di infiammare la situazione, e ha avvertito gli americani che la democrazia è in pericolo: «Mandare combattenti addestrati alla guerra nelle strade è una cosa senza precedenti e minaccia il fulcro vero e proprio della nostra democrazia», ha affermato il governatore. «Il sistema di pesi e contrappesi non esiste più». Newsom non ha negato che ci siano anche manifestanti violenti e li ha avvertiti che saranno perseguiti, ma ha affermato anche che la piazza si stava calmando e che l’invio delle truppe federali da parte di Trump puntava proprio a riaccendere la tensione; il governatore ha detto alla gente che non bisogna farsi ridurre al silenzio ma ha chiesto di protestare pacificamente.
Il governatore poche ore prima aveva presentato una mozione d’emergenza in un tribunale federale per impedire a Guardia nazionale e marines di partecipare ai raid contro gli immigrati; è stata respinta, ma la sua causa contro l’amministrazione verrà ascoltata giovedì. Intanto il comandante dei Marines, generale Eric Smith, ha testimoniato martedì al Senato che il battaglione inviato a Los Angeles è arrivato, è addestrato al controllo della folla (dotato di scudi e manganelli) e attende ordini, ma ha chiarito che non era ancora stato chiamato a intervenire e comunque non ha l’autorità di compiere arresti, solo di proteggere le proprietà e gli agenti federali.
Sia Bass che il governatore Newsom, democratici, insistono che l’unico modo per far tornare la calma è «fermare le retate contro gli immigrati irregolari, ritirare le forze federali dalla nostra città». Ma è sulla stessa natura di «santuario» degli immigrati che i repubblicani sono all’attacco: «Non avete il diritto di aggirare le leggi federali sull’immigrazione», afferma Ron DeSantis, il governatore repubblicano della Florida che spesso si è scontrato con Newsom e come lui ha aspirazioni presidenziali. «Il problema in California è che sono uno Stato santuario da troppi anni».
La Guardia nazionale e i Marines resteranno per almeno 60 giorni, ad un costo di 134 milioni di dollari, ha detto il capo del Pentagono Pete Hegseth, interrogato dai democratici al Congresso. Martedì pomeriggio, parlando ad un comizio tra i soldati a Fort Bragg, in North Carolina, il presidente ha detto che le proteste di Los Angeles sono parte di una «invasione straniera», come dimostrato dalle bandiere sventolate dai manifestanti.
Lo «zar» dell’immigrazione di Trump, Tom Homan, avverte che i raid continueranno, ma sostiene che si tratta di operazioni per colpire i criminali e non «i giardinieri e gli operai tessili» irregolari come afferma Newsom. A spingere a compiere raid nei posti di lavoro è stato l’architetto del programma dell’immigrazione di Trump, Stephen Miller, che a fine maggio ha detto che gli arresti di alto profilo di gangster e criminali violenti non bastano a raggiungere i numeri promessi di espulsioni, ancora inferiori a quelle di Biden nell’ultimo anno; e che bisogna recarsi davanti agli Home Depot e ai supermercati 7-Eleven dove si riunisce chi cerca lavoro alla giornata.
4. Il sindacalista simbolo Huerta ora rischia sei anni di carcere
(Viviana Mazza) Quando David Huerta è stato rilasciato lunedì ha parlato a una piccola folla di sostenitori, in un cortile tra i palazzi federali di Los Angeles, passandosi la mano nervosamente sulla nuca e, ad un certo punto, trattenendo le lacrime, ha detto: «Voglio dire ai membri di Usww che non era mia intenzione essere arrestato. E spero di non averli messi in pericolo». Il 58enne Huerta è un sindacalista noto in California: presidente della Service Employees International Union (Seiu) e della United Service Workers West (Usww) che rappresentano 750 mila e 45 mila lavoratori (aeroporti, hotel, fast food, sanità) per i quali ha aumentato il salario minimo e creato programmi di integrazione (corsi di inglese e percorsi verso la cittadinanza), ricevendo un riconoscimento come «Campione del Cambiamento» da Obama nel 2014.
Ha iniziato negli anni ’90 con Justice for Janitors, organizzando il personale delle pulizie (per lo più immigrati illegali) in uno storico sciopero. Venerdì è stato arrestato in un raid degli agenti federali dell’immigrazione a Los Angeles. Rilasciato su cauzione di 50 mila dollari, tornerà in tribunale: incriminato per cospirazione nell’interferire con un funzionario pubblico, rischia 6 anni di carcere. Il suo arresto è diventato un simbolo. Lo speaker della minoranza alla Camera Hakeem Jeffries ha detto: «I democratici alla Camera staranno con David Huerta finché le accuse non verranno archiviate». I sindacati hanno organizzato proteste in 19 città tra cui New York, Chicago e Washington.
Huerta afferma che era là come osservatore. Un video lo mostra con le mani sui fianchi, spinto a terra da un funzionario. Ma il procuratore federale del distretto centrale della California, Bilal «Bill» Essayli, repubblicano, uno dei principali difensori della scelta di Trump di inviare la Guardia nazionale, sostiene che gli agenti dell’immigrazione stavano portando a termine mandati legali di perquisizione e Huerta ha «deliberatamente ostacolato il loro accesso bloccando il loro veicolo». È accusato di essersi seduto a gambe incrociate di fronte al cancello, spingendo altri manifestanti a fare altrettanto. Essayli ha aggiunto: «Non mi importa chi sei: se ostacoli gli agenti federali verrai arrestato e perseguito».
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5. Lethem: «L’emergenza è finta. Trump ha bisogno di creare una distrazione»
Marco Bruna
Jonathan Lethem, grande biografo di Brooklyn adottato dalla California, uno dei nuovi figli della sconfinata contea di Los Angeles, non ha dubbi quando gli chiediamo un giudizio sugli scontri di questi giorni: «È una finta emergenza». Sfruttata abilmente dall’amministrazione Trump, aggiunge con un tono molto vicino allo sconforto.
Lethem, nato a New York nel 1964, insegna Scrittura creativa al Pomona College (lo stesso ruolo fu ricoperto da David Foster Wallace, suo amico e coetaneo) e vive a Claremont, a una cinquantina di chilometri dall’epicentro delle proteste contro gli agenti dell’immigrazione. «Los Angeles è molto difficile da immaginare a distanza, è talmente enorme che non sai che cosa sta succedendo in un punto della città se non ti trovi lì. A New York è diverso: ogni anima della metropoli, l’11 settembre, sanguinava nello stesso momento», commenta lo scrittore, di cui è appena uscito Brooklyn Crime Novel (La nave di Teseo), raggiunto su Zoom dal Corriere.
Trump ha trasformato la protesta di Los Angeles in uno show mondiale? I social media sono pieni di video falsi che la dipingono come un inferno.
«La tv e Donald Trump vogliono far credere che stiamo andando tutti a fuoco, che tutti sono scesi per le strade. È un tentativo dell’amministrazione di creare una distrazione. Hanno avuto una brutta settimana alla Casa Bianca, forse un brutto mese. Ora hanno bisogno di giustificare l’esistenza di un fronte urbano di guerra per mandare Guardia nazionale e marines. Per dichiarare lo stato d’emergenza. Sembra il classico copione da dittatura fascista. Hai sempre bisogno di un nemico alle porte. Hai bisogno di una popolazione in pericolo. Hai bisogno di dimostrare che la polizia locale non è in grado di gestire l’emergenza. Le proteste sono più che legittime e condivisibili ma sono molto localizzate, vicino al quartier generale dell’Ice. Nessuno passeggia in quella zona, non è una zona residenziale».
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6. La Abc caccia il corrispondente Terry Moran che ha criticato il presidente
Chiara Barison
Abc News ha deciso di non rinnovare il contratto con lo storico corrispondente Terry Moran, dopo che quest’ultimo ha pubblicato sui social media commenti fortemente critici nei confronti del presidente Donald Trump e di Stephen Miller, vice capo dello staff della Casa Bianca. Moran ha definito entrambi come «hater di livello mondiale». Martedì, un portavoce di Abc News ha annunciato che il contratto di Moran, in scadenza venerdì, non sarà rinnovato a causa di una «chiara violazione delle politiche» della rete. Abc News ha sottolineato il proprio impegno a mantenere i più alti standard di imparzialità, correttezza e professionalità nel proprio modo di giornalismo, ribadendo la necessità di un’informazione affidabile e obiettiva. La rete tv ha quindi preso una posizione netta, segnalando che i commenti di Moran non erano compatibili con questi principi.
La vicenda è iniziata domenica mattina, quando Moran ha pubblicato su X (ex Twitter) un post in cui definiva Stephen Miller «un uomo riccamente dotato della capacità di odiare», aggiungendo che «l’odio è il suo nutrimento spirituale». Moran ha poi esteso la critica a Trump, definendolo «un odiatore di livello mondiale», ma precisando che il suo odio è «solo un mezzo per un fine» più grande, ovvero la sua «glorificazione personale». Questi commenti, cancellati poco dopo, sono però stati conservati diversi in screenshot che ne hanno permesso la rapida diffusione sui social, scatenando una forte reazione da parte degli alleati di Trump.
Il vicepresidente JD Vance ha definito il post di Moran «assolutamente vile», accusando i media mainstream di nutrire pregiudizi contro Trump. Anche Miller ha indicato il post come esempio di un atteggiamento ostile e fazioso nei confronti dell’amministrazione del tycoon. La vicenda ha quindi riacceso il dibattito sul ruolo dei giornalisti e sulla linea di demarcazione tra opinione personale e obiettività professionale, soprattutto in un contesto politico così polarizzato.
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7. Donald punta su Bessent alla Fed
Giuliana Ferraino
Non è ancora ufficiale, ma nei corridoi di Washington si moltiplicano le indiscrezioni: Scott Bessent, attuale segretario al Tesoro e architetto delle politiche economiche dell’amministrazione Trump, sarebbe in corsa per succedere a Jerome Powell alla guida della Federal Reserve. Il presidente Trump ha annunciato venerdì che la nomina del nuovo presidente della Fed arriverà «molto presto», anche se il mandato di Powell scade solo nel maggio 2026.
Tra i pochi candidati in considerazione c’è anche Kevin Warsh, ex governatore della Fed, ma secondo quanto riportato da Bloomberg, cresce all’interno e all’esterno dell’amministrazione una corrente favorevole a Bessent, uomo di fiducia di Trump ed esecutore fedele del suo programma economico (Trump si è più volte lamentato della Federal Reserve per la politica adottata sui tassi).
Bessent è in prima linea sulle trattative commerciali con la Cina. Ha guidato in prima persona i negoziati con Pechino a Ginevra, riuscendo a siglare la tregua nel corso di un serrato weekend di trattative, dopo l’escalation che aveva innalzato i dazi americani sui prodotti importati dal Dragone fino a la 145%. Bessent è l’artefice delle riforme fiscali e difende con forza la nuova legge di bilancio presentata dall’amministrazione Trump, che accrescerà il debito pubblico americano di 2.400 miliardi di dollari entro il 2034 e per questo criticata ferocemente da Elon Musk, che peraltro ha sempre detestato il segretario del Tesoro, con il quale ha avuto anche furiosi litigi pubblici.
Bessent gode inoltre di credibilità nei mercati finanziari, che conosce bene, avendo guidato per anni un hedge fund di George Soros . «Il presidente deciderà chi è meglio per l’economia e per il popolo americano», si è limitato a dichiarare lui stesso sulle indiscrezioni per sostituire Powell. L’eventuale passaggio alla guida della Fed avverrebbe in un contesto di crescente tensione tra Trump e Powell. Il presidente della banca centrale ha mantenuto una linea di «pazienza strategica» sulla politica monetaria, lasciando finora i tassi invariati, a causa dell’incertezza economica aggravata dalla nuova ondata di dazi imposti dal presidente Usa.
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8. Quelle manovre dei trumpiani a Wall Street prima e dopo il Liberation day
Federico Fubini
Dieci giorni dopo il «Liberation Day» di Donald Trump, con l’annuncio dei dazi che spazzarono via diecimila miliardi di dollari di valore di borsa, Scott Bessent incontrò un gruppo di investitori. A Washington, a porte chiuse. Il segretario al Tesoro disse che si aspettava una «de-escalation» con la Cina «in un futuro molto prossimo». Una persona presente racconta cosa vide in quell’istante: manager di fondi piegati sui telefoni a digitare qualcosa.
Il mercato non si mosse. Ma appena le dichiarazione di Bessent filtrarono sui media, il principale indice di borsa di New York fece un balzo di oltre il 10% in dieci giorni. Molti dei presenti con il segretario al Tesoro di Trump potrebbero aver investito sulla base di informazioni privilegiate: sarebbe insider trading, uno dei più gravi reati finanziari. Non necessariamente però uno dei più rari, a Washington.
ProPublica, in un’inchiesta di qualche giorno fa, inserisce due ministri e un consigliere di Trump fra gli oltre dieci pubblici ufficiali che hanno piazzato ordini di borsa con ottima scelta di tempo durante il caos legato ai dazi. Una di loro è Pam Bondi, procuratrice generale fedelissima di Trump. Il 2 aprile, nel giorno in cui (nel tardo pomeriggio) il suo presidente annuncia maxi-tariffe contro quasi tutti, Bondi vende azioni della Trump Media del valore fra uno e cinque milioni di dollari. Trump Media controlla Truth Social, piattaforma del presidente. Il titolo sarebbe presto crollato del 13%.
Niente prova che Bondi abbia agito sulla base di informazioni riservate, raccolte nelle funzioni di governo. Neanche il momento esatto dell’operazione è chiaro, dato che i pubblici ufficiali negli Stati Uniti sono tenuti a dichiarare il giorno ma non l’orario delle loro operazioni. Eppure la scelta di tempo resta sorprendente.
Lo è anche quella di Sean Duffy: il segretario ai Trasporti di Trump ha venduto i titoli di decine di aziende l’11 febbraio, due giorni prima che il presidente annunciasse i suoi piani di procedere con le tariffe «reciproche». Allora pochi credevano che Trump avrebbe scatenato una guerra commerciale capace di sconvolgere i mercati, ma Duffy ha decisamente colto l’attimo. Lo ha fatto anche Tobias Dorsey, consigliere della Casa Bianca, vendendo azioni per un valore fra 12 mila e 180 mila dollari il giorno prima che Trump annunciasse l’applicazione effettiva di dazi al 25% su Canada e Messico e un altro 10% in più sulla Cina (lo S&P500, principale indice azionario newyorkese, sarebbe caduto del 2% nelle ore seguenti e del 18% in un mese e mezzo).
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9. E Musk si scusa: «Sono andato oltre»
Elon Musk si scusa con Trump. Dopo tanto rumore, accuse e insulti, alla fine il «bad buddy» ha chinato la testa al presidente Usa che ha servito (anche se per poco e con qualche tentennamento) con devozione dall’attentato sventato in Pennsylvania del 13 luglio 2024 fino all’addio al Doge di fine maggio. Con un post su X — la piattaforma social di sua proprietà — il fondatore di Tesla si è detto rammaricato della lite avvenuta alcuni giorni fa, e ha ammesso di «essere andato troppo oltre» nelle sue critiche al presidente Usa. «Mi pento di alcuni miei post sul presidente Donald Trump della scorsa settimana. Sono andato troppo oltre», ha scritto.
Tra le accuse di Musk, è impossibile non ricordare il duro attacco alla legge di bilancio voluta da Trump e dallo stesso presidente battezzata ufficialmente la «One, Big, Beautiful Bill Act» che in una serie di dieci postapparsi sul suo social X i primi di giugno, Musk aveva definito invece «un disgustoso abominio», che «aumenterà il già gigantesco» debito pubblico e porterà «l’America alla bancarotta».
Il ceo di SpaceX ha poi rincarato la dose millantando di essere in possesso di documenti in grado di provare il coinvolgimento diretto del presidente Usa nei reati di traffico internazionale di minori e abuso sessuale in concorso con il miliardario Jeffrey Epstein, morto suicida in carcere nel 2019. «Donald Trump è nei file di Epstein. Questa è il vero motivo per cui non sono stati resi pubblici», ha postato il miliardario sudafricano al culmine dell’acceso alterco social.
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10. Cosa succede se la Russia attacca l’Occidente?
Paolo Valentino
Marzo 2028. Con un’operazione a sorpresa, truppe russe hanno invaso la piccola città estone di Narva, al confine con la Federazione, e si sono impossessate dell’isola baltica di Hiiumaa. Sono passati tre anni da quando la guerra in Ucraina è stata in qualche modo congelata. Putin ha vinto. Dopo la fine degli aiuti militari decisa dagli Stati Uniti, l’Europa non è riuscita a colmare il vuoto. Kiev è stata costretta ad accettare la clausola della neutralità che le chiude le porte della Nato, mentre Mosca si è tenuta la Crimea e controlla anche le province del Donbass. Vladimir Vladimirovich da un anno ha ceduto la presidenza a un tale Oleg Obmanshikov, ma è ancora lui il grande burattinaio. La vittoria in Ucraina ha alimentato il suo istinto espansionista.
Il fiume che separa Narva, in Estonia, a sinistra e Ivangorod, città russa sulla destra
Inizia così Se la Russia attacca l’Occidente, il libro di Carlo Masala uscito a marzo in Germania e ora tradotto in Italia da Rizzoli. Masala è il più autorevole analista militare tedesco, insegna politica internazionale all’Università della Bundeswehr, l’esercito federale. Ma questa volta, per lanciare l’allarme, ha scelto la forma della fiction, aggiungendo alla fine i suoi commenti.
La convinzione diffusa in Occidente è che Putin non attaccherebbe mai militarmente un Paese membro della Nato. Sarebbe un azzardo, scongiurato dalla prospettiva che l’attivazione dell’articolo 5, con l’intervento dell’Alleanza atlantica, porterebbe a uno scontro diretto con gli Usa. Inoltre, la Russia, anche se vincente, uscirebbe sfinita dalla guerra contro Kiev e non sarebbe ancora in grado di lanciarsi in nuove e costose avventure.
L’autore rovescia la prospettiva. «Il nostro scopo — dice nel racconto un dirigente russo — dev’essere di testare la disponibilità della Nato a reagire nel caso di una nostra avanzata». Nel racconto, il test funziona a vantaggio di Mosca che ha fatto precedere la miniinvasione da due operazioni ibride con il trasporto e l’abbandono di un’ondata di profughi africani alle frontiere col Baltico e il sabotaggio di una base britannica. A Bruxelles, nella riunione d’emergenza della Nato, il presidente americano dice che non vuole rischiare la guerra mondiale per «una piccola città estone». L’Alleanza si spacca. L’Estonia viene lasciata alla mercé dei russi. Nel frattempo, in pieno coordinamento con la Russia, la Cina lancia un’azione in Asia occupando alcune isole delle Filippine.
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11. Graz, 17 minuti di terrore: 10 morti in una scuola
Irene Soave
inviata a Graz
«Come ci si prepara a una tragedia così», chiede più volte il vescovo Johannes Freitag nell’omelia serale al Duomo di Graz, che conclude la giornata della peggior sparatoria d’Austria dalla seconda guerra mondiale. A pregare, vestiti a lutto, e poi a sfilare verso l’uscita sulle note cupe della Sarabanda di Handel, ci sono il cancelliere Christian Stocker a capo chino, il suo vice Andreas Babler, la sindaca comunista Elke Kahr, i vertici della polizia, un migliaio di cittadini commossi.
La domanda del vescovo — che parla anche di «destino», mentre qualche fedele borbotta sulla meno inevitabile facilità dell’accesso alle armi, in un Paese di cacciatori — è retorica: non ci si prepara. Artur A., 21 anni, ex studente del Bundes-Oberstufe Realgymnasium di Graz, forse per vendicarsi di un passato di bullismo e persecuzioni che resta ancora da ricostruire, ieri mattina alle 10 in punto è entrato nella sua vecchia scuola, una sorta di liceo scientifico, e ha fatto fuoco con una pistola e un fucile nella sua vecchia classe, e poi in un’altra aula.
Sei studenti e tre adulti morti sul colpo, una decima vittima — si sa solo che è femmina — morta in ospedale nel pomeriggio. Undici feriti gravi o gravissimi. Il killer suicida in bagno dopo 17 minuti di caos: tanto è durata l’operazione delle forze speciali Cobra della polizia austriaca, che lo avevano accerchiato. Trecento studenti fatti evacuare sotto choc, 40 ambulanze, una città nel terrore. L’allarme che parte da un vicino, perché la scuola ha seguito il protocollo di sicurezza che esiste per questi casi, e che prevede di mettere al sicuro, prima di chiamare le autorità, più persone possibile.
Non ci si prepara, eppure Graz, seconda città dell’Austria grande come Bologna che il 20 giugno commemora il decennale di un’auto che si lanciò sulla folla uccidendo tre persone, sembra nata pronta. Nel pomeriggio, a poche ore dalla sparatoria, di fronte alla scuola non c’è più nessun ragazzo, nessun genitore: tutti allontanati con navette verso un padiglione in periferia e allo stadio, e accolti da quattro livelli diversi di assistenza psicologica forniti dalla polizia e dalle autorità comunali secondo il livello di coinvolgimento. C’è un supporto persino per i passanti. File per donare il sangue nei punti di raccolta della Croce Rossa. Tre giorni di lutto nazionale dichiarati da ieri dal cancelliere Stocker.
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12. Il fantasma Artur A. e l’ombra del bullismo
(Guido Olimpio e Irene Soave) I suoi compagni — forse, tra loro, anche i suoi persecutori — non sono mai più tornati in classe com’è normale: dal ginnasio di Dreierschützengasse le loro vite, come quelle di decine di studenti ogni anno, hanno preso il volo già tre anni fa. Invece forse Artur A., definito da ieri il più feroce omicida della Seconda Repubblica, sembra non aver mai lasciato quella classe col pensiero. Tanto che la sua sparatoria, ieri, sarebbe iniziata proprio lì, nell’aula dove aveva frequentato il ginnasio superiore per un paio d’anni, senza mai concluderlo.
Le prime speculazioni che si sono rincorse sui social e sulla stampa — e che la polizia promette di «verificare a fondo» — disegnano i due anni di ginnasio di Artur A, morto ieri a ventun anni dopo essersi «vendicato», come rovinati dal bullismo. E del resto sembrano già esclusi, secondo le prime dichiarazioni della polizia, moventi ideologici per la strage che ha compiuto ieri. Restano da perquisire il suo smartphone, il suo pc. Nella lettera che ha lasciato sulla scrivania della sua stanza, in un sobborgo di Graz, si congeda dai genitori; ma «non è possibile dedurre da quel breve testo altre spiegazioni, né dalla perquisizione della sua stanza finora», ha detto ieri in conferenza stampa il capo della polizia.
«Un fantasma», lo definisce il quotidiano austriaco Der Standard: non aveva i social, inconcepibile per un giovane della sua età, non aveva precedenti penali, e alle autorità locali era noto solo per due ragioni: si era iscritto l’anno scorso a un locale centro per l’impiego e vi aveva frequentato un corso. E aveva preso il porto d’armi per la sua Glock comprata da poco e per il suo fucile.
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Taccuino | I due fronti della sicurezza
Guido Olimpio
Due fronti sul taccuino sicurezza.
Pochi giorni fa c’è stato un attentato contro il candidato colombiano Miguel Uribe, centrato dai proiettili sparati da un sicario di 15 anni. L’episodio è la conferma, indiretta, di una ricerca del centro Acled: nel 2024 si sono verificati nel mondo oltre 2.600 attacchi contro esponenti di governo, sindaci, amministratori locali. Messico, Myanmar, India, Nigeria e Filippine sono i Paesi più a rischio in una lista di 96. Il 45 per cento dei casi si è verificato in queste aree geografiche.
Francia. A partire dal 2023 circa i 2/3 delle indagini su progetti di attentati hanno riguardato individui con un’età inferiore ai 21 anni. È triplicato in cinque anni il numero dei minori schedati come radicalizzati. Il dato torna in numerose indagini svolte nell’Unione europea, con estremisti molto giovani attirati dall’ideologia jihadista. La maggior parte è entrata in contatto con questa realtà attraverso Internet.
13. Israele, le sanzioni di Londra per i ministri oltranzisti
Davide Frattini
corrispondente da Gerusalemme
La guerra che continua a chiamare esistenziale questa mattina arriva nel palazzo di marmo bianco della Knesset. Dove gli alleati ultraortodossi di Benjamin Netanyahu minacciano di votare con l’opposizione per sciogliere il Parlamento e diluire così le speranze del primo ministro di restare al potere almeno fino all’autunno dell’anno prossimo. È solo la prima consultazione su tre e Bibi sembra convinto di poter risolvere la crisi che ruota attorno alla legge sul servizio militare per gli studenti delle scuole religiose: i rabbini vorrebbero che l’esenzione di fatto diventi norma. Il premier sta cercando un compromesso che gli permetta di arrivare alla pausa estiva.
Per evitare il collasso sarebbe intervenuto anche Mike Huckabee, l’ambasciatore americano, che ha incontrato i leader dei partiti ma nega «di aver interferito nella politica interna». La rinnovata offensiva a Gaza e i raid contro gli Houthi, che ieri hanno lanciato un missile verso Israele, richiedono soldati come avvertono i generali. E soprattutto ne servono migliaia in più per il piano di occupazione dei 363 chilometri quadrati che la coalizione di estrema destra ribadisce di voler attuare. I ministri oltranzisti e messianici Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich immaginano di poter ricostruire le colonie evacuate nel 2005.
E sono loro due che il governo britannico (assieme a Canada, Australia, Nuova Zelanda, Norvegia) ha deciso di sanzionare «perché incitano alla violenza contro i palestinesi in Cisgiordania»: niente viaggi nei cinque Paesi, che potranno congelarne eventuali beni. Azioni punitive che Gideon Sa’ar, il ministro degli Esteri israeliano, definisce «scandalose». Ben-Gvir e Smotrich si sono opposti all’ingresso degli aiuti nella Striscia, bloccati dal governo per 80 giorni fino a quando Netanyahu non ha ceduto alle pressioni della Casa Bianca: la distribuzione del cibo è stata affidata a un’organizzazione americana ma anche ieri la consegna è finita nel caos, 17 palestinesi sono stati uccisi non lontano da uno dei centri.
Occhiali da sole e abito scuro, Netanyahu si è presentato in un video registrato per annunciare che «ci sono progressi significativi nelle trattative per la liberazione degli ostaggi, ma è presto per sperare». Nei 40 minuti di telefonata lunedì il presidente Donald Trump — rivelano i telegiornali locali – gli ha detto di «farla finita con la guerra a Gaza». Hamas — scrive la testata digitale Axios — avrebbe ammorbidito le richieste presentate ai mediatori americani. I terroristi tengono ancora 56 rapiti, solo una ventina in vita.
Abu Mazen, il presidente palestinese, ha lanciato un appello perché gli ultimi sequestrati vengano rilasciati e ha condannato i massacri del 7 ottobre 2023, 1.200 israeliani ammazzati. Fa parte della sua strategia verso la conferenza a Parigi che sarà fra una settimana, quando la Francia potrebbe riconoscere lo Stato palestinese. In cambio il raìs si dice pronto a riformare l’Autorità e indire le elezioni entro un anno.
14. Adam e la sua mamma al Niguarda di Milano
Greta Privitera
Questa mattina, alle cinque, il personale dell’Organizzazione mondiale della Sanità è passato dal Nasser Hospital di Khan Younis e ha prelevato gli unici due superstiti della famiglia di Hamdi al-Najjar per accompagnarli al confine. Da lì, verranno portati all’aeroporto israeliano di Ramon, nella valle del Timna, destinazione Italia. Si aprono i cancelli per Alaa e Adam. Mercoledì, ci raccontano, è per le «uscite». È il giorno in cui le autorità israeliane lasciano che qualche ferito saluti l’inferno della Striscia per essere curato «fuori», in ospedali con i muri ancora su.
«Siamo molto contenti e grati al vostro governo. Adam deve ricevere le cure migliori. Siamo solo preoccupati che si sentano soli», racconta al Corriere lo zio Ali, fratello di Hamdi. Alaa vorrebbe che la cognata Nashwa e la sua famiglia la raggiungessero. Con loro, in Italia, questa sera atterreranno altri 16 bambini di Gaza, dove negli ultimi venti mesi sono stati uccisi più di ventimila minori.
«Quando ho salutato Adam, in lacrime mi ha detto “zio, vieni anche tu, ho paura”», continua Ali che risponde dalla zona umanitaria di al-Mawasi. Salutarsi, quando si è richiusi, senza possibilità di uscita, è ancora più difficile: «Ci chiediamo: e se non ci rincontrassimo più?». Ma se sei della Striscia, spiega Ali, non hai tanto tempo per pensare a quanto sia tutto assurdo. «Devi trovare la farina — dice. Il nostro pacco è finito cinque giorni fa e io ho cinque figli, tre dei quali malati». Adam, stasera, dormirà con la sua mamma in una stanza d’ospedale di una città in cui non cadono bombe. Domani, inizieranno gli esami per capire come sta il suo braccio sinistro.
Grazie per averci letto fin qua, a domani,
Andrea Marinelli
«America-Cina» esce dal lunedì al venerdì alle ore 13
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Il caso migranti e la rivolta che sta dilagando negli Usa, la chiusura dell’accordo tra Trump e la Cina sui dazi e il primo suicidio assistito in Toscana dopo la nuova legge. L’arrivo in Italia del piccolo Adam, ferito a Gaza, la morte di Brian Wilson, leader dei Beach Boys e le mosse di calciomercato in serie A. Questi alcuni dei temi principali presenti sulle prime pagine dei quotidiani, oggi in edicola
1/11
IL CORRIERE DELLA SERA
“Stati Uniti, la rivolta dilaga” è il titolo d’apertura. Arresti di massa e coprifuoco a Los Angeles, “caos in Texas”. parla Tajani: “Nessun italiano a Guantanamo”. Dazi, definito accordo Usa – Cina, Trump: “Le nostre tariffe al 55%, le loro al 10”. Spazio ancora per il primo “suicidio assistito dopo la legge” In Toscana e sulla morte, in Polonia, per la promessa del rally Matteo Doretto. Politica, terzo mandato: “Scintille tra Tajani e Salvini”
2/11
LA REPUBBLICA
“Trump schiera i marines”. Caso migranti negli Usa, si estende la protesta. La Casa Bianca: “Avanti con le deportazioni”. Dazi, “accordo con la Cina, dietrofront sulle tariffe”: nell’intesa terre rare e visti per studenti. Cronaca: “Primo suicidio assistito con la legge della Toscana”. Fotonotizia dedicata alla morte di Brian Wilson: “Addio al genio dei Beach Boys”. Calcio: “Nazionale allo sbando, specchio dell’Italia”
3/11
LA STAMPA
Usa, Trump: “Animale chi protesta”. Coprifuoco e raffica di arresti, “due italiani già rimpatriati, bufera sui rinchiusi a Guantanamo”. La Casa Bianca conferma: “Continueremo le deportazioni di massa”. Fotonotizia sulla “speranza di Adam”: il ragazzino di 11 anni ferito a Gaza è arrivato in Italia con la mamma. Intervista a La Russa: “Giusto dire sì al fine vita. Carceri, più sconti nella detenzione”
4/11
IL MESSAGGERO
“Crescita, lo scatto del Lazio”: oltre 9 miliardi di export nei primi tre mesi, +120 verso gli Stati Uniti. Dazi, Trump “annuncia l’accordo Usa-Cina”. Garlasco, nuova pista: “Coltellate e pugni, i killer erano due”. Bimbi palestinesi feriti a Gaza a Roma e Milano, fotonotizia dedicata ancora alla morte di Brian Wilson, “genio fragile dei Beach Boys”. Fine vita, “in Toscana primo suicidio assistito con la nuova legge”
5/11
LA GAZZETTA DELLO SPORT
“Allegri alza il muro”: il Milan si prepara a “rifare la difesa”. Nel mirino dei rossoneri due giocatori dell’Arsenal, cioè Zinchenko, “scelto come erede di Theo Hernandez” e Kiwior “al posto di Thiaw”. Nazionale italiana, “caccia al Ct”: Gattuso c’è “ma spunta Tedesco”. Intervista a Mancini: “Un errore lasciare la panchina dell’Italia”. Napoli, “sbarca De Bruyne”. Juventus: “Tudor rinnova fino al 2027”
6/11
IL CORRIERE DELLO SPORT
“Colpo di genio, arriva De Bruyne”: il Napoli accoglie il talento belga e intanto procede con la campagna acquisti. Nel mirino dei partenopei ci sono “Musah, Lang e Beukema”. Inter: “Chivu porta Bonny”. Milan, sul mercato “90 milioni per Tare”. Bologna: “C’è il sì di Edin Dzeko”. Juventus: “Tudor rinnova fino al 2027” e cerca una punta di peso
7/11
TUTTOSPORT
Juventus, “Comolli li sceglie così”. Per i bianconeri “si prepara una svolta, occhio a mercati finora poco battuti. Giovani, di talento e da rivalutare: ecco i profili che cerca il nuovo dg”. Intanto Igor Tudor rinnova fino al 2027. Nazionale: “Gattuso ct, oggi si decide”. Il Torino ci prova per Hadjam, mancino dello Young Boys. Europei U21: l’Italia supera la Romania grazie al gol di Baldanzi
8/11
IL GIORNALE
In apertura l’intervista a Marina Berlusconi, per l’anniversaio della morte di Silvio: “I due anni senza papà”. Eutanasia, “primo caso in Italia”: è successo in Toscana dopo l’introduzione della legge regionale. Polonia, tragedia al rally: “Muore il campione junior Matteo Doretto”. Pil, Meloni rivendica la crescita: “Meglio di Parigi e Berlino”
9/11
IL FATTO QUOTIDIANO
L’effetto Trump in apertura: “Russi non più aggressori e addio Nato per l’Ucraina”. Inversione di rotta sul sostegno a Kiev da parte degli Usa: “Spariscono i 40 miliardi di armi”, Mosca resta minaccia “ma senza la solita condanna”. Intanto proseguono “i rimpatri di massa” negli Stati Uniti: a Los Angeles “coprifuoco e 400 migranti illegali arrestati”. Politica, l’Authority dei conti contro il riarmo: “Più tagli, più tasse”. Garlasco: “Chiara uccisa da due assassini con due armi”
10/11
IL SOLE 24 ORE
In apertura focus sull’inflazione che “dimezza i tagli Irpef”. Per i prezzi 21 miliardi in più in 4 anni, “ora ceto medio più colpito”. Spazio poi all'”accordo Usa-Cina sullo scambio tra dazi e terre rare”. Concessioni: “L’Autorità dei Trasporti pronta a tagliare i rendimenti”. Medioriente: “Strage al centro aiuti, 36 morti. In Israele a rischio il Parlamento”
11/11
LIBERO
In primo piano l’intervista a Matteo Salvini tra “tasse, migranti e governo”. Rateizzazione delle cartelle e taglio dell’Irpef “sono complementari, facciamo entrambi”. Cittadinanza facile? “Perfino chi vota a sinistra dice no”. Focus poi “sul nuovo nemico dei progressisti”: il Pd è andato “in crisi di zuccheri”. Nodo immigrazione negli Usa: “Lo spettacolare suicidio dei democratici americani”. Calcio, nazionale: “La Figc ha sbagliato tutto”