Proseguono senza sosta le indagini dei carabinieri del Reparto territoriale di Mondragone, coordinati dal pm della Procura di Santa Maria Capua Vetere Stefania Pontillo, per fare piena chiarezza sull’omicidio di Luigi Magrino, il 41enne di Cellole residente a Formia, ucciso lunedì mattina nell’area di servizio, sulla Domiziana, nel pieno centro abitato di Mondragone. L’omicida è stato arrestato: è il 67ennne, Giancarlo Pagliaro, titolare del mobilificio “Arredamenti Franchino”, ubicato a pochi passi dalla stazione di servizio. L’imprenditore, fermato in flagranza di reato, dall’altra sera è nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, dopo il lungo interrogatorio al quale è stato sottoposto in caserma alla presenza del magistrato inquirente. È accusato di omicidio volontario, con l’aggravante della premeditazione e dei motivi abbietti o futili. I militari stanno lavorando, ascoltando le testimonianze dei presenti e visionando le immagini delle telecamere dell’area di servizio e della zona per ricostruire la dinamica dei fatti, risalire al movente e verificare la versione di Pagliaro.

LA RICOSTRUZIONE

L’arrestato, assistito dagli avvocati Antonio Miraglia e Alfonso Quarto, ha reso dichiarazioni spontanee, confessando di aver sparato usando un’arma di Magrino. Ha raccontato che avrebbe agito dopo le minacce ricevute dalla vittima nel corso dell’incontro e perché esasperato dalle continue richieste di denaro da questi avanzategli per una vicenda nata alcuni mesi prima. Richieste formulate a lui quasi ogni giorno, quando lo disturbava presentandosi al suo negozio di arredamenti o fermandolo per strada, ma anche ai suoi familiari. I due si sarebbero incontrati per cercare di risolvere dei contrasti pendenti da tempo.

Il colloquio si è svolto nell’auto, una Jeep Compass di colore bianco, di Magrino. Quest’ultimo, stando alle dichiarazioni dell’arrestato, si sarebbe presentato all’appuntamento con una pistola, collocata ben in vista nell’abitacolo, tra i due sedili anteriori. La discussione sarebbe poi degenerata. Quando Magrino avrebbe minacciato di uccidere i suoi figli, sempre secondo la versione di Pagliaro quest’ultimo avrebbe preso la pistola della vittima e sparato. Stando alla sua ricostruzione avrebbe esploso un solo colpo ma dagli accertamenti degli inquirenti è emerso che ha sparato due colpi di pistola, colpendo mortalmente la vittima. Lo chiarirà l’autopsia. Il magistrato ieri ha conferito l’incarico al perito medico per l’esecuzione dell’esame autoptico all’istituto di medicina legale dell’ospedale di Caserta.

Dalle prime ricostruzioni sembra che i colpi siano stati esplosi dal basso verso l’alto e che il 41enne sia stato colpito al collo. Pagliaro l’avrebbe poi colpito al capo mentre era agonizzante, probabilmente con il calcio della pistola. Tra i primi a intervenire sono stati un testimone e un carabiniere libero dal servizio che stava prendendo un caffè in un bar di fronte al distributore. Immediatamente sono stati chiamati i carabinieri del reparto territoriale di Mondragone che hanno fermato Pagliaro. Il 67enne era alterato e sotto choc, quasi in uno stato confusionale.

LE RICERCHE

C’è un altro giallo ancora da chiarire, quello dell’arma utilizzata, sembra una pistola di piccolo calibro. Rinvenuto solo il caricatore. I carabinieri ieri hanno continuato a cercarla nella zona della stazione di servizio. Da capire se fosse effettivamente di Magrino e, in caso affermativo, se era legalmente detenuta Pagliaro non ricorda cosa ne ha fatto subito dopo aver fatto fuoco, quando è sceso dalla vettura di Magrino. Sono in corso verifiche anche sull’attività della vittima, titolare di un’attività di noleggio auto, con precedenti per truffa e estorsione e un profilo Facebook alquanto singolare: tra le foto principali vi sono quella del boss dei Casalesi Michele Zagaria e quella dell’ex esponente dei Nar e della Banda della Magliana Massimo Carminati. Il gip Rosaria Dello Stritto intanto ha fissato per questa mattina, con inizio alle 10.45 in carcere, l’interrogatorio di garanzia per la convalida dell’arresto. Gli avvocati difensori sono orientati a chiedere gli arresti domiciliari per il loro assistito e contestare l’imputazione provvisoria formulata dal pm e le aggravanti addebitategli.

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