domenica, 9 Novembre 2025
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LA RASSEGNA STAMPA DI OGGI DA “Il Fatto”, “Dagospia”, “Notix” e “Cronachedi” e le prime pagine dei giornali di oggi a cura della redazione dell’Agenzia Cronache / Direttore Ferdinando Terlizzi

 

Marine Le Pen condannata, ecco le accuse NB: SI TRATTA DELLA DISTRAZIONE DI BEN 14 MILIARDI DELLE  AFFASCINANTI, VECCHIE LIRE”. NON SONO BRUSCOLINI.  

Marine Le Pen condannata, ecco le accuse contro la leader del Rassemblement National

L’inchiesta della Procura francese ha portato a galla quello che i giudici hanno definito “un sistema” per pagare con soldi europei funzionari francesi

Una sentenza che non ha niente a che fare con gli ideali portati avanti dagli imputati, ha precisato la presidente del tribunale penale francese, Bénédicte de Perthuis. Una decisione puramente politica, hanno ribattuto gli alleati di Marine Le Pen. La condanna della leader di Rassemblement National, colpevole insieme ad altri eurodeputati del suo partito e assistenti parlamentari di appropriazione indebita di fondi Ue, divide la politica europea. Ma l’inchiesta della procura francese ha portato a galla quello che i giudici hanno definito “un sistema” per pagare con soldi europei finti assistenti parlamentari in Ue che, invece, svolgevano attività per il partito a livello nazionale.

I fondi impropriamente utilizzati per pagare i collaboratori servivano, ha stabilito il tribunale, per pagare funzionari del suo partito francese invece di finanziare assistenti parlamentari tra il 2004 e il 2016. La patronne della formazione di estrema destra francese, insieme ad altri esponenti, è stata ritenuta colpevole di aver utilizzato 2,9 milioni di euro di fondi europei destinati agli assistenti degli eurodeputati per pagare membri di quello che allora si chiamava Front National. Una pratica vietata dai regolamenti europei che impediscono l’utilizzo di fondi destinati agli eurodeputati per attività che esulino da quelle strettamente parlamentari.

Le indagini della Procura sono iniziate nel 2014, quando l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf) ha svolto dei controlli sui contratti degli assistenti degli eurodeputati del Rassemblement National individuando delle anomalie. Da lì sono scattate verifiche più approfondite. Intanto, nel 2015, la pubblicazione di un organigramma del partito, che includeva 16 eurodeputati e 20 assistenti, ha rafforzato i sospetti. Tanto che le verifiche sono continuate in maniera più approfondita, con l’allora presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, che nel 2015 inviò una segnalazione al Ministero della Giustizia francese che avviò le indagini che hanno poi portato al processo iniziato circa sei mesi fa.

In questi anni non sono mancati episodi che hanno colpito l’immagine del partito di estrema destra francese, come le perquisizioni nella sede e nelle abitazioni di vari collaboratori, incluso Nicolas Crochet, contabile già coinvolto in un altro scandalo noto come “affaire Jeanne-Riwal“, avvenute nel 2016. Le inchieste hanno così portato sul banco degli imputati, accanto a Le Pen, il vicepresidente del partito, sindaco di Perpignan e già compagno della leader, Louis Aliot, l’ex presidente ad interim di RN, Jean-François Jalkh, l’eurodeputato Nicolas Bay e l’ex numero due del partito Bruno Gollnisch. Implicati in questa vicenda, come spiega Le Monde, anche l’ex eurodeputato e leader del Front National, Jean-Marie Le Pen, e altre dodici persone colpevoli in qualità di assistenti parlamentari. Tra loro Thierry Légier e Catherine Griset, nonché gli attuali deputati del Rassemblement National Timothée Houssin e Julien Odoul, oltre a Yann Le Pen, sorella di Marine. Dichiarati colpevoli anche quattro collaboratori del partito, tra cui Wallerand de Saint-Just, ex vicepresidente e tesoriere del partito.

L’Italia chiede l’Iva a Meta, X e LinkedIn. Per Trump l’imposta è “peggio dei dazi” e merita ritorsioni

Le contestazioni delle Entrate a pochi giorni dal “Liberation Day” del 2 aprile quando scatteranno le tariffe reciproche di Washington nei confronti dei partner commerciali

La guerra dei dazi di Donald Trump contro i partner commerciali, rei secondo il presidente di danneggiare le imprese statunitensi con barriere agli scambi che a suo dire comprendono l‘Imposta sul valore aggiunto, torna a incrociarsi con le richieste del fisco italiano a Big Tech. La settimana scorsa, a pochi giorni dal “Liberation Day” del 2 aprile quando scatteranno le tariffe reciproche nei confronti dei Paesi Ue e non solo, l’Agenzia delle Entrate ha infatti notificato a Meta e X – nei cui confronti le contestazioni erano già note – e anche a LinkedIn avvisi di accertamento rispettivamente per 88712,5 e 140 milioni di euro di Iva non pagata per gli anni che vanno dal 2015-16 al 2021-22. Il passo avanti nella vicenda, rivelato da Reuters, è arrivato dopo che i tre gruppi non hanno aderito al contraddittorio preventivo.

 

Secondo le Entrate e la procura di Milano, che procede sul fronte penale, le tre piattaforme avrebbero dovuto versare l’imposta sui servizi digitali offerti agli utenti perché, pur in mancanza di un pagamento, le loro prestazioni vengono di fatto remunerate attraverso la cessione da parte di chi naviga online dei propri dati personali. E sono dunque imponibili in quanto “operazioni permutative” (l’equivalente di un baratto) ai sensi del Dpr del 1972 che disciplina l’Iva. Una tesi che, se confermata, avrà conseguenze dirompenti per il modello di business di tutte le multinazionali Usa che offrono servizi “gratuiti” in cambio della profilazione a fini di marketing. L’Iva infatti è un’imposta comunitaria e fin dall’avvio dell’indagine su Meta, nel 2023, l’amministrazione tributaria italiana ha investito della questione anche il comitato Iva della Commissione europea per una valutazione tecnica.

Nel caso le aziende finite nel mirino dell’accertamento non aderiscano e non presentino una proposta di mediazione, come sembra probabile visto che contestano in nuce l’interpretazione delle Entrate, si andrà a giudizio. E in ballo ci sarà l’obbligo per i colossi tech di applicare l’Iva in tutti i 27 Paesi membri. L’alternativa, ha sottolineato Reuters, sarebbe una rinuncia alla richiesta da parte del fisco italiano per ragioni tecniche o politiche. Leggi: la volontà di non inasprire le tensioni con Washington proprio mentre la Casa Bianca pare determinata a rispondere colpo su colpo all’applicazione da parte di Paesi terzi di qualsiasi imposta sulle attività dei gruppi Usa. Il presidente le considera “estorsioni” e ha detto di volerne tener conto nello stabilire il livello dei dazi reciproci che verranno imposti sulle importazioni all’interno dei confini statunitensi. L’Iva gli risulta particolarmente indigesta: nonostante l’evidenza economica secondo cui l’imposta sul consumo non fornisce alcun vantaggio competitivo alle imprese degli Stati che la adottano, sostiene che è un sussidio all’export, l’equivalente di una tariffa ma “molto più punitiva“.

Non secondario, peraltro, il fatto che tra le aziende che sfruttano i dati dei consumatori per personalizzare gli annunci ci siano il social di Mark Zuckerberg, che dopo le elezioni si è riposizionato convertendosi al trumpismo, ed Elon Musk, braccio destro di Trump. Pochi giorni fa l’uomo più ricco del mondo, fondatore tra il resto di Tesla, Starlink e Space X, ha annunciato l’acquisizione di X da parte di xAI, la sua startup per l‘intelligenza artificiale. Che già oggi, salvo espressa scelta contraria dell’utente, sfrutta le informazioni dei 600 milioni di iscritti all’ex Twitter per addestrare e ottimizzare il chatbot Grok e potrà usarle per mettere a punto ulteriori software e strumenti con potenziale di monetizzazione commerciale. Attività che a loro volta, nell’interpretazione delle Entrate, sarebbero soggette a Iva.

clemente mastella

PENSAVATE DI AVERLE VISTE TUTTE? VI SBAGLIAVATE: NON AVETE ANCORA LETTO DELLO SCAZZO TRA CLEMENTE MASTELLA E L’ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE DEGLI ESORCISTI – IL SINDACO DI BENEVENTO È STATO CRITICATO PER AVER ORGANIZZATO L’EVENTO “JANARA – LE STREGHE” IN CONCOMITANZA DELL’EQUINOZIO DI PRIMAVERA (“DENOTA UN GRAVISSIMO MALESSERE INTERIORE E UN’ASSENZA DI COSCIENZA CIVICA”) – SECONDO UNA LEGGENDA LA CITTÀ SAREBBE IL LUOGO PRIVILEGIATO DALLE STREGHE, CHE DI NOTTE SI RADUNANO INTORNO AD UN NOCE SULLE RIVE DEL FIUME SABATO…

DAILY MAGAZINE

 

Scontro frontale sull’Appia, donna di 37 anni perde la vita: statale chiusa

SPARANISE – Terribile incidente stamattina lungo l’Appia, nel territorio del comune di Sparanise. Nel violentissimo impatto frontale che ha coinvolto due auto, al chilometro 188,300, ha perso la vita Mariagrazia Viola (nella foto), 37enne di Giano Vetusto.

Ancora poco chiara la dinamica dell’incidente in cui la giovane donna (in un primo momento identificata quale residente a Teano, dove invece, era nata e lavorava) ha perso la vita, intorno alle 7.30 di stamattina, 31 marzo.

L’auto su cui viaggiava, una Mazda, si è scontrata violentemente con un’altra vettura a bordo della quale c’erano padre e figlio. Le due auto sono finite fuori strada. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco, le forze dell’ordine e il personale dell’Anas, che ha deviato il traffico per permettere le operazioni di soccorso e le prime indagini. Gravi i disagi alla circolazione stradale.

Ligato puntava su Sparanise riconoscendo Antonio Mezzero e gli Zagaria come capi

È lo scenario che emerge dalle conversazioni intercettate tra Michele ‘o Malese, suo zio, Bianco e Grasso

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CASAPESENNA – Rivendicava il controllo dei business criminali a Sparanise: a Pietro Ligato, Pignataro Maggiore, il territorio storicamente affidato alla sua famiglia, stava stretto. E pur riconoscendo quale dominus mafioso il boss Antonio Mezzero, rivendicava la competenza su quell’area. A far emergere questo dato è stata l’indagine dei carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta: intercettando le conversazioni tra il boss Mezzero, il nipote Michele ‘o malese e altri affiliati, sono riusciti a tracciare come era strutturata la piovra malavitosa tra il 2022 e il 2023 (il periodo su cui si è concentrata l’indagine che lo scorso ottobre ha portato all’arresto proprio dei Mezzero e di Ligato).

Crolla il clan. Pietro Ligato collabora con la giustizia

Adesso che il mafioso di Pignataro Maggiore ha deciso di intraprendere il percorso di collaborazione con la giustizia, se le sue informazioni saranno ritenute attendibili dai magistrati della Dda, gli investigatori avranno a disposizione nuovi elementi che potranno confermare (o modificare) quella piramide.

Con il clan Bidognetti che gioca una partita criminale a parte e gli Schiavone falcidiati da arresti e pentimenti, Mezzero, alla sua uscita dalla prigione (dove aveva trascorso circa 25 anni), sosteneva di ritrovarsi in quel momento (dopo l’estate del 2022) al vertice della cupola insieme agli Zagaria, rappresentati operativamente da Carlo Bianco, di Casal d Principe, (che avrebbe agito su mandato di Carmine Zagaria, fratello del capoclan Michele Capastorta, e di Filippo Capaldo).

Ligato, da quanto emerge da colloqui registrati tra Michele Mezzero e altri soggetti che orbitavano intorno a suo zio (grazzanisano, ma trasferitosi – una volta tornato in libertà – a S. Maria C.V.) accettava questa organizzazione. Del resto, stando alla tesi esplicitata dagli indagati nei loro discorsi mafiosi, i patti degli anni Novanta siglati tra i capi storici Francesco Sandokan Schiavone e Francesco Bidognetti sulla spartizione criminale dei territori ormai non avevano più ragione di esistere. E questo valeva anche per Sparanise e Sant’Andrea, che erano stati attribuiti a Giuseppe Papa e a Raffaele Ligato (padre di Pietro), entrambi deceduti.

Se i Mezzero e i loro sodali erano disposti a riconoscere l’area di Sparanise a Ligato, non gradivano però che facesse ingerenze su altre zone. E a farsi portavoce di questo malcontento, ritengono i militari, sono stati Davide Grasso di S. Maria La Fossa (anche lui arrestato lo scorso ottobre), uomo d’azione di Antonio Mezzero, e Michele ‘o malese: “Vuoi Sparanise perché dici che hai preso il posto di zio Peppe (Papa, ndr), va bene, non ci interessa, ma non ti puoi permettere a Sant’Andrea, Capua, Santa Maria La Fossa, Grazzanise. Non ti puoi permettere di dettare legge.”

Trovata la quadra, sarebbero iniziati dei contatti tra i soggetti vicini a Mezzero e Ligato, ma la relazione criminale si è arenata con l’ordinanza di custodia cautelare che nel gennaio 2023 ha raggiunto proprio Pietro Ligato, accusato di estorsione. A questo punto, però, emerge che Michele Mezzero si sarebbe attivato, su mandato dello zio, per individuare il nuovo referente della compagine criminale pignatarese che gli aveva indicato proprio Ligato. E per avere certezza sull’identità del soggetto con cui interloquire, stando a quanto si ascolta dalle intercettazioni, confrontandosi con lo zio Antonio decise di andare a chiedere lumi alla madre di Pietro, Maria Giuseppa Lubrano (recentemente assolta dall’accusa di estorsione – contestatale nell’ambito dell’indagine che aveva portato il figlio in carcere due anni fa).
Il dinamismo dei Mezzero e la loro brutale convinzione di poter spartirsi il territorio casertano per i loro affari illeciti sono stati subito fermati dai carabinieri, coordinati dalla Procura di Napoli. E con l’inizio della collaborazione con la giustizia di Ligato, è possibile che i militari possano ottenere direttamente da lui informazioni su chi, in sua assenza, abbia continuato a mantenere rapporti con le altre cosche, ottenendo così gli elementi per infliggere un altro decisivo colpo alla mafia

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