Nefario
ne-fà-rio
Significato Scellerato, iniquo, empio
Etimologia voce dotta recuperata dal latino nefarius, da nefas ‘illecito’, contrario di fas ‘lecito per diritto divino’.
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«È stata una trovata nefaria, non gliela perdonerò facilmente.»
ne-fà-rio
Magari abbiamo incontrato questa parola leggendo Machiavelli: «Per qualche via scellerata e nefaria si ascende al principato». Magari l’abbiamo incontrata come nome dell’attempato assistente di Gru in Cattivissimo me (il dottor Nefario, che ha questo nome anche nella versione originale). O magari l’abbiamo serenamente ignorata fin qui dormendo fra due guanciali — anche se, a sentirla, ha un che di familiare.
In effetti è prossima a parole che ci sono più usuali, anche se comunque suonano dotte — i Qui Quo e Qua della più funesta turpitudine, Nefasto, Nefando e Nefario. A dispetto della somiglianza sono tre parole ben diverse, che tendono inevitabilmente a convergere ma vanno sapute distinguere.
Il nefasto è funesto, luttuoso, di cattivo augurio. I giorni nefasti a Roma erano i giorni in cui si fermavano le attività pubbliche più importanti per divieti religiosi o perché erano stati tratti cattivi auspici. Solo per estensione si fa infame.
Il nefando invece (alla lettera latina ‘di cui non si può parlare’) è l’abominevole e l’esecrabile. Quindi il collega che ci lascia sotto la pioggia senza darci un passaggio è nefando, più che nefasto — ma è nefasto averlo come collega.
Il nefario si pone nello spazio dell’illecito religioso, e quindi se riferito a una persona la dipinge scellerata e iniqua, se riferito a una cosa, empia. Così come il fas latino è lecito per diritto divino, il nefarius ha una sanzione celeste di nequizia.
Vediamo che in particolare il nefario e il nefando alla fine non sono poi distanti. Forse il nefario, per quanto più raro, è più messo a fuoco, più concreto nel modo che ha di stringersi sul male. Il nefando, con tattica diversa negli effetti ma non meno efficace, adombra ciò-che-non-deve-essere-nominato, rivelando l’abominio in modo più coperto.
‘Nefario’ è una parola di gusto letterario, che anzi ha da lungo tempo un gusto letterario, ma dobbiamo considerare bene il terzetto che richiamavamo sopra. Nefasto, nefando e nefario sono parole che si possono prestare bene all’ironia, come tutte le parole serie e ricercate: pensiamo al nefario padrone di cane che non pulisce mai, alla nefaria trovata burocratica che raddoppia le carte. Ma c’è da tener conto che queste sono parole serie, che hanno una loro gravità, e che un registro elevato, anche letterario, è consono al peso di ciò che significano.
Possiamo parlare degli atti nefari compiuti da un gruppo o da un governo, parlare delle decisioni nefarie che hanno impoverito una popolazione, parlare di un’invenzione nefaria che ha peggiorato la vita della gente. Qui il nefario è un vestito appropriato per il concetto — anzi la parola insolita svicola dalle formule più fruste e consumate, e forse riesce dare un guizzo in più alla frase. Senza contare che, come adombravamo, qui grandi problemi di decodifica non ci sono: basta un’occhiata per intendere che non si parla di niente di buono!