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Aversa, 1948. Enrico Magliulo per gelosia e follia uccise la moglie, (al settimo mese di gravidanza) la figlia, ferì il cognato e si suicidò con un colpo al cuore di Ferdinando Terlizzi (*)
Mentre a Cernobbio si consumava il famoso delitto della contessa Pia Bellentani che durante una sfilata di moda a Villa d’Este, uccise il suo amante: dopo la condanna finì nel manicomio di Aversa, nello stesso periodo aveva il suo epilogo il tragico destino delle famiglie Magliulo e Maione. La fulminea tragedia, fu determinata, a quanto pare, più che dalla gelosia, dall’improvvisa follia di un marito.
Enrico Magliulo, di 35 anni, già insegnante di tedesco, reduce dalla prigionia, tornato nel 1946 ad Aversa, aveva sposato una sua parente, Marta Maione, di 28 anni, appartenente ad una facoltosa famiglia di Villaricca. Dal matrimonio era nata una bambina, Eugenia.
Quella mattina, dopo una nuova più violenta scenata, la moglie aveva mandato la cameriera a Villaricca per avvertire i genitori che, di fronte all’insopportabile vita familiare, ella aveva deciso di ritirarsi presso di loro. In luogo del padre veniva, ad Aversa, il fratello della signora dottor Pietro Maione.
A questo punto il Magliulo, armatosi di una rivoltella, sparava alcuni colpi contro il cognato, inseguendolo anche per le scale. Rientrato in casa, rivolgeva l’arma contro la moglie e la feriva mortalmente. Strappata quindi dalle braccia della cameriera inebetita la figlioletta Eugenia di 2 anni, la deponeva presso il cadavere della mamma e le sparava a bruciapelo un colpo egualmente mortale.
Tornato successivamente nello studio il Magliulo tolse da un cassetto un libretto di risparmio del Banco di Roma, sul quale, si appurò, erano depositati parecchi milioni di lire, vergando queste parole: “Dio mi perdoni, lascio tutte le mie sostanze a mio fratello Antonio poi, rientrato nella stanza dove giacevano i cadaveri della moglie e della figlioletta, si esplodeva un colpo, alla tempia destra.
Trasportato all’ospedale dei Pellegrini di Napoli, il protagonista della immane tragedia vi giungeva cadavere. Tornato dalla guerra i nervi del professor Magliulo erano stati innegabilmente compromessi dagli anni trascorsi in guerra, e precisamente sul fronte greco e a Rodi.
Figlio di un notaio di Santa Maria Capua Vetere possedeva un considerevole patrimonio. Il mattino seguente la signora affidò alla cameriera un messaggio per il padre che era a Villaricca, vergò poche righe su un foglietto di carta: “Caro papà, non posso più vivere. Vieni”, e lo consegnò alla cameriera, che partì immediatamente alla volta di Villaricca.
Ma il padre della signora Maria era a letto, leggermente indisposto. C’era però il fratello Pietro che si diresse a tutta velocità ad Aversa in soccorso della sorella. Maria lo accolse piangendo, scongiurandolo di portarla via immediatamente. Pietro ritenne che la cosa migliore sarebbe stata di informare i carabinieri, e lo disse alla sorella. La lite si riacuì. Il marito impugnò la pistola. Il dottor Maione fuggi sul pianerottolo e per le scale, ma fu raggiunto da due dei cinque colpi esplosigli contro.
(*) Ferdinando Terlizzi – Delitti in bianco e nero a Caserta – Edizioni Italia – 2017