Pulci
di Stefano Lorenzetto

Dalla lettera di dimissioni di Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura, già direttore del Tg2 e del quotidiano Roma di Napoli, nonché vicedirettore del Tg1 e di Libero: «Ma ritengo necessario per le Istituzioni e per me stesso di rassegnare le dimissioni». Complimenti per la cultura e per il mestiere, peraltro confermati quattro periodi più avanti: «Sono ben avvianti grandi progetti».

L’egemonia culturale dell’ortografia e della grammatica è oggi campo di battaglia tra giornalismo di destra e di sinistra. Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, fa egregiamente la sua parte, lottando contro la prepotenza delle virgole e rottamando i vecchi insegnamenti imposti da maestrine dalla penna rossa. Il 2 settembre, nell’editoriale di prima pagina, si cimenta in un esperimento notevole, un periodo di 478 caratteri tra proposizioni principali, consecutive e parentetiche. Eccolo: «Se a questo aggiungiamo che il governatore della Liguria Giovanni Toti, come da noi riportato ieri, è stato addirittura filmato e registrato per ventotto mesi consecutivi (senza peraltro scoprire alcunché di illecito, tanto è vero che l’accusa si basa non su fatti ma su un teorema), beh possiamo dire con ragionevole certezza che siamo una democrazia malata, infettata da un sistema giudiziario-mediatico che si muove nell’illegalità per sovvertire lo stato naturale delle cose».
Il lodevole incastro viene alleggerito dall’espressione beh, con l’acca, secondo la corretta ortografia. Passano quattro giorni ed ecco il ribaltamento stilistico e ortografico. Frasi brevi, e soprattutto un intercalare nudo, senza acca: «Perché una donna innamorata dovrebbe fare ciò? , si potrebbe dedurre che forse non era così innamorata».
Sovvertendo ortodosse abitudini, la variante  fu introdotta da Oriana Fallaci il 29 settembre 2001 nel suo celebre articolo sul Corriere della Sera intitolato «La rabbia e l’orgoglio» e mantenuta poi nel libro omonimo. Sebbene fosse nata a Firenze, la grande giornalista cadde però in errore, perché la voce onomatopeica , con l’accento, «riproduce il belato delle pecore, degli agnelli, delle capre e simili» oppure «esprime derisione verso chi si dimostra pauroso» (Lo Zingarelli 2025), quindi avrebbe dovuto scrivere be’, con l’apostrofo non con l’accento, forma familiare di beh. Idem il direttore del Giornale. Un altro brano di prosa sallustiana, sempre del 2 settembre, è utile per intuire lo sforzo di ribaltamento grammaticale dell’egemonismo gramsciano: «Sappiamo, come diceva Norberto Bobbio maestro della filosofia politica, che il potere è in sé opaco. Ma almeno chi nell’opacità ci sguazza – magistrati e giornalisti in primis – la smettano una buona volta di ergersi a maestri di virtù, la misura è davvero colma». Il soggetto è «chi» che regge correttamente il verbo alla terza persona singolare «ci sguazza». Ma subito dopo la coniugazione al singolare diventa plurale, essendo messa in capo a «magistrati e giornalisti». I quali – pur essendo tenuti a fermarsi fra i trattini – come al solito invadono il campo degli altri, sembra ammonire Sallusti. Futurismo grammaticale, e al diavolo le concordanze.
Tartassando Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura fresco di dimissioni, Filippo Ceccarelli sulla Repubblica osserva: «Ora sarebbe un peccato inchiodare il personaggio alla filastrocca di spropositi e gaffe che dagli e dagli ne hanno fatto quasi un soggetto d’intrattenimento». Dagli e dagli a chi? Dagli all’untore? Lo Zingarelli 2025 registra, alla voce dai, un’unica interiezione colloquiale, dai e dai, con il significato «a forza di insistere». Ma priva del pronome gli («a lui»). Invece il vocabolario Treccani riporta la locuzione figurata «dàgli oggi, dàgli domani», ma non «dagli e dagli».
Nella rubrica Contro Mastro Ciliegia, sulla prima pagina del Foglio, 36 righe in tutto, Maurizio Crippa parla di Monfalcone, «dove ci sono i cantieri navali e su 20 mila lavoratori stranieri mila sono del Bangladesh». Sì, ma quanti mila?
«Da comunque le si guardi, cioè da destra o da sinistra, queste dimissioni sono una brutta storia», osserva Maurizio Belpietro, direttore della Verità, nel suo editoriale in prima pagina. «Da comunque»? Come avverbio, comunque significa «in ogni modo, in ogni caso»; come congiunzione, significa «in qualunque modo, in qualsiasi modo» o, con valore avversativo, «tuttavia». Non si vede come queste definizioni possano adattarsi alla preposizione da, dando origine a una locuzione priva di senso. Diverso sarebbe stato il caso se Belpietro avesse usato l’espressione «da dovunque», che significa «da qualunque luogo dove» e che, come tale, figura nel Grande dizionario della lingua italiana di Salvatore Battaglia.
Dal Corriere della Sera: «“Sono disponibile a slacciare i pantaloni per dimostrare di essere un uomo senza problemi”: a parlare è l’eurodeputato Roberto Vannacci». Vorrà dimostrare di essere un uomo con i genitali conformi agli standard mascolini o sarà pronto a slacciarsi senza problemi i pantaloni? Nel mondo al contrario non si può mai sapere.
Bergamo News si occupa del post di una commerciante di Città Alta per il compleanno del Duce, oggetto della rubrica di Paolo Berizzi, giornalista della Repubblica nato nella città orobica: «La puntata di Pietre in salsa bergamasca si conclude ricordando che il Consiglio Comunale, nel 2019, ha revocato la cittadinanza onoraria concessa a Mussolini nel 2014». Interessante. Non sapevamo che Giorgio Gori (Pd), eletto sindaco di Bergamo in quell’anno, avesse conferito una simile onorificenza. (Infatti il Duce fu proclamato cittadino onorario nel 1924).
Didascalia dal Sole 24 Ore: «Orso e toro. Davanti alla Borsa di Francoforte le statue che simboleggiano “acquisti” o “vendite” sui listini». Un po’ imprecisa come dicitura: bull market e bear market (orso e toro) rappresentano le allegorie delle fasi di rialzo e di ribasso dei mercati. Nel giornale politico economico finanziario della Confindustria dovrebbero saperlo.
SL