*Governo europeo, un mandato per Fitto* di Vincenzo D’Anna*
Al di fuori dalla cerchia, non molto ampia, di quanti fanno politica a certi livelli, non sono in molti a conoscere la struttura politico-organizzativa posta alla base dell’Unione europea. Di sicuro non lo sa l’uomo di strada che, lo scorso mese di giugno, si è recato alle urne per eleggere i 76 rappresentanti italiani (poco più del 10 percento del totale, che ammonta a 720 parlamentari) in seno all’assemblea di Bruxelles. Oltre questi numeri credo che la conoscenza delle istituzioni comunitarie sia davvero merce rara tra la cosiddetta “gente comune”. In effetti l’UE appare ancora come un’entità lontana: un potere ininfluente sulla vita quotidiana degli abitanti dello “Stivale”, molto più interessati, invece, alle questioni nazionali. Il che rappresenta un grossolano errore dal momento che, nonostante sia ancora politicamente incompleta, l’Unione incide non poco sulle questioni di maggior rilevanza del Belpaese in termini di economia, infrastrutture, finanziamenti di opere pubbliche, commercio, agricoltura, difesa, sicurezza, vincoli normativi e regolamenti per lo svolgimento di molteplici attività. Giova, pertanto, delucidare il lettore su questi aspetti salienti. In primis a decidere c’è il Parlamento, organo la cui ultima composizione – pur avendo visto aumentare la rappresentanza dei partiti di destra – ha registrato la conferma della maggioranza uscente, quella formata da esponenti di sinistra, popolari e verdi. C’è poi la Commissione europea, vale a dire l’esecutivo, presieduta da Ursula Von der Leyden, confermata anch’essa, della quale fanno parte i rappresentanti designati dai governi in carica in ognuno dei 27 paesi membri dell’UE. Restano infine il Consiglio europeo (organo squisitamente politico di indirizzo), formato dai leader (capi di Stato o di governo) di ciascun paese aderente ed il Consiglio dell’Unione Europea, del quale fanno parte i ministri di ciascun paese a seconda della specifica materia trattata all’ordine del giorno. Completano l’assetto istituzionale: la Corte Europea di Giustizia, la Corte dei Conti e la Banca Centrale Europea. Per quanto concerne la Commissione europea, il rappresentante italiano designato dal governo Meloni sarà Raffaele Fitto, ex ministro nei governi Berlusconi, nonché ex governatore della Regione Puglia ed attuale ministro per gli Affari Europei e per l’attuazione del PNRR (Piano Nazionale Ripresa e Resilienza). Più volte parlamentare nazionale ed europeo, di vecchia scuola democristiana, il politico di Maglie si è sempre contraddistinto per l’aplomb piuttosto ” British” del suo comportamento. Di idee liberali, nel 2015 Fitto ha fondato il partito dei Conservatori e Riformisti (CoR), ispirandosi all’analogo movimento britannico capitanato da David Cameron. Una lodevole idea politica, la sua, necessaria in Italia per distinguere il liberalismo popolare dalla destra di origine missina, ma che purtroppo è naufragata con la caduta di Cameron e per la scarsa vocazione del pur brillante politico pugliese a rischiare, a giocarsi tutte le fiche sul tavolo della politica. Tale idea, però, è rimasta talmente attuale da aver spinto la più coraggiosa e frenetica Giorgia Meloni a farla propria. L’attuale presidente del Consiglio, infatti, abbandonate le origini alleanzine ed il cerchio esoterico dei “nostalgici” della Destre storica, ha saputo accogliere sotto il proprio vessillo le sparse membra dei liberali e dei moderati di varia provenienza, che si sono ritrovati sotto l’emblema di FdI. Tra questi ultimi, guarda caso, lo stesso Fitto che, una volta sciolto il partito conservatore ed il gruppo parlamentare correlato, ha scelto di confluire egli stesso nel partito di Giorgia. Una scelta repentina, forse per continuare a stare a galla, per un seggio a Roms oppure a Bruxelles, oppure per continuare a tessere la propria tela e coltivare le proprie ambizioni da solipsista. Un’occasione mancata, però, per la politica italiana. Oggi Fitto si appresta a salire di rango, ma con un blasone più gestionale che politico: si accinge a trasformarsi in tecnico competente pronto a fornire garanzie di esperienza e di savoir fare. Tuttavia, mandarlo a Bruxelles senza un preciso mandato sarebbe sconveniente. Occorre infatti ricordare a lui ed ai suoi dante causa alcune cose. Più che chiedere denari – vocazione diffusa dei cosiddetti europeisti – bisogna scegliere, per lo Stivale, la realizzazione di alcune opere necessarie, come ad esempio il passante ferroviario Berlino-Palermo e il completamento della tratta Milano-Lione; ancora, occorre ingaggiare una lotta molto più serrata contro la politica dei contingentamenti agricoli ( tabacco, olio, frutta ) ridurre la politica dei dazi che tarpano le ali al nostro export, oltre che contrastare lo statalismo pervasivo e monopolista tipico di una certa sinistra europea nonché l’eccesso di legislazione e dei vincoli . Occorre, all’opposto, adottare un visione più ampia degli orizzonti di piccolo cabotaggio. Dico la verità: avrei preferito Fitto leader politico, giovane e telegenico, esperto e cinico quanto basta. Se però ascolta questi consigli, avendone le qualità, non potrà che fare bene anche a Bruxelles. In fondo, sotto l’aspetto di eterno giovane, si nasconde un uomo capace, tenace e soprattutto perbene.
*già parlamentare