Come si diventa Italiani (di Stelio W. Venceslai)

 

 

Prima di tutto, bisogna nascere bizzosi, lamentosi e ipercritici.

Dopo lo svezzamento è necessario qualificarsi di destra, di sinistra, di centro che guarda a destra e strizza l’occhio a sinistra, ma è sicuramente sessista, ecologista, aperto ai diritti umani (degli altri), un po’ pirata della strada e, in genere, evasore fiscale o contributivo. In Italia la tassazione si fonda sul prelievo sul reddito fisso, quello dei lavoratori dipendenti. Tutti gli altri sembra che stentino a campare (ma poi il lavoro al nero prolifica).

Se sei femmina e se vieni dal Sud, ma le due cose non coincidono, fai doppia fatica a trovare strada. Come se avessi la pelle nera. Garibaldi è passato invano. Il Paese è pieno d’immigrati, nonostante leggi severe per la tutela dei confini e per il rimpatrio dei clandestini. Fanno gli schiavi o le badanti. Taluna di queste, più fortunate, si sposano e si sistemano. Gli schiavi no. Tengono già famiglia da mantenere. Si ammazzano sotto al sole con la schiena piegata sui campi, raccogliendo le mele, le olive, l’uva, i pomodori. Il lavoro c’è, per loro, appena pagato per sopravvivere. Degli schiavi non importa niente a nessuno. Sono res nullius.

D’altronde, lo sappiamo tutti: il lavoro è mortale. Un morto ogni tre giorni. Serve solo a moltiplicare le inchieste giudiziarie.

Il successo lo segna la televisione. Se non sei in televisione non esisti. Nell’ordine, il successo televisivo viene, prima di tutto, dalla cronaca nera, poi, a pari merito, dal calcio e dalle canzonette (siamo un popolo di musicisti, perbacco!), in terzo luogo dai gossip su qualche amorastro di reali o attricette perennemente in vacanza, per riposarsi (da che?) e, infine, da qualche polemica pretestuosa.

Se sei laureato o, peggio, docente universitario, sei guardato con sospetto e interrotto dal presentatore o dalla presentatrice: chissà cosa dirà! La cultura è all’ultimo posto. Non serve. Infatti maestri, docenti e professori sono pagati poco e male. Se sei colto, intelligente e parli qualche lingua straniera non fai più parte di questa comunità. Sei un diverso, magari anche pericoloso. In genere, se puoi, te ne vai all’estero dove, almeno, ti considerano.

Se non ti schieri, fai parte di quella maggioranza silenziosa, o amorfa, che corteggiano tutti i partiti politici. Quelli che non votano ma bofonchiano davanti a una pizza o ad un piatto di spaghetti. Non farebbero male a una mosca, ma non votando fanno male a se stessi. La politica è una gran brutta cosa, dicono, ma la politica tutti i giorni mette le mani nelle loro tasche. Fanno parte della numerosa congrega dei lamentatori universali.

Se ti sposi o ti congiungi, sai perfettamente che la cosa è a tempo. L’indissolubilità è roba da cristiani ricchi. Ti aspettano, in genere, altri disastri. Se i figli crescono e se ne vanno è un bene, ma i più restano attaccati ai soldi di papà e mamma, l’azienda famigliare più diffusa nel Paese. La famiglia, si sa, è sacra e i figli sono nu piezze e cuore. Qualche femminicidio (un po’ troppi, in verità) è un tocco di nero per sfogare le proprie frustrazioni da coniugio. Il nero sfina, lo sanno tutti.

L’estero è una visione confusa di diversità. Non sanno fare il caffè alla napoletana o cuocere bene la pasta, ma l’esotismo fa sempre presa sotto gli ombrelloni. I Paesi visitati si citano come medaglie al valore. Nei resort di lusso dove sono finiti per una settimana, hanno visto e capito tutto. I tempi degli escursionisti a piedi o in autostop con la tenda sulle spalle appartengono a un periodo mitico, quello della giovinezza. Sono finiti con i voli low cost, dove ti pigiano come sardine con bagaglio limitato alla borsetta o al portafoglio, con gli orari incerti.

L’Italiano medio non legge: troppa fatica. Neppure i giornali, che hanno tirature da circoli parrocchiali. La sua informazione è televisiva e, quindi, teleguidata. In genere non sa e non vuole neppure sapere. Le competizioni elettorali le segue come un torneo di calcio, guarda con compassione i ricorrenti disastri climatici nazionali, si bea di canzoni in lingua inglese, di cui non capisce una parola, agita le manine in segno di festa ad ogni concerto e segue distrattamente pseudo dibattiti televisivi fra i guru del momento divisi in opposte fazioni. Poi va a letto soddisfatto, convinto d’essere un buon cittadino. L’ignoranza lo culla beato.

Il mammismo è dominante in un Paese apparentemente maschilista ma sessualmente depresso. Il 92% dei casi di separazione è a favore delle donne, anche se, per caso, colpevoli. Prevale nei giudici un mammismo antico, genetico. I figli sono comunque assegnati alla mamma. Poco importa se il padre si vede privato della casa, del reddito, talvolta del lavoro, dorme in macchina e fa la fila per mangiare alla Caritas. Il maschio padre va punito.

Nella giustizia, se non si ha fretta, il risultato è quello della pallina sulla roulette. Regna incontrovertibile il caso. Non è mai quello atteso. Costituzionalmente, quello dei giudici è un potere sovrano e, quindi, incontrollabile. Basta fare un sia pur minimo tentativo di riforma e l’opposizione è assoluta. Non è una casta, ma una congregazione (della Santa Giustizia) a prova di anatemi.

Le prigioni sono piene di malfattori soft (detenuti in attesa di giudizio, piccoli spacciatori, pirati della strada, borseggiatori incalliti, ladruncoli e così via). Gli assassini sono spesso in libertà vigilata o ai domiciliari. Troppo pericolosi in carcere.

La politica è un enigma, caratterizzata da luoghi comuni tipo: si stava meglio prima. Quando? Non si sa. Ci si schiera per ragioni serissime come la notorietà di un personaggio, specie se ha dato scandalo. I partiti, infatti, sono aziende personali. Non importa nulla a nessuno dei loro programmi, tanto non saranno mai attuati. È solo un agone dove bande di ignoranti, profittatori e mezze calzette cercano di spartirsi al meglio la torta fiscalmente offerta dai contribuenti.

In un Paese così la questione della cittadinanza (jus soli o jus sanguinis?), che è una cosa seria, diventa oggetto di rissa e di contumelie. Un’occasione buona per schierarsi a destra e a sinistra, un torneo di cretini con le piume sull’elmo e le lance di legno marcio con le punte arrotondate. Sono in gioco i destini della Patria. Si punta sullo jus scholae. Una bazza. I bambini nati dagli immigrati in Italia devono dimostrare di conoscere la nostra lingua e di aver studiato la nostra storia. Insomma, di aver assimilato la nostra cultura. Mi sembra giusto. È talmente giusto che la cosa non passerà.

È difficile essere Italiano.

 

 

Roma, 23/08/2024