*De Gasperi, il costruttore* di Vincenzo D’Anna*
Per coloro che durante le vacanze amano leggere, consiglio il bel libro del giornalista Antonio Polito su Alcide De Gasperi. Lo faccio nell’imminenza dell’anniversario della morte del grande politico, avvenuta a Borgo Valsugana il 19 agosto del 1954. Sulla vita e le opere dell’insuperato leader trentino, forse l’unico vero statista dell’Italia repubblicana, tanto è stato detto e scritto. Tuttavia, per ironia della sorte, questo autentico gigante della politica italiana è ancora largamente sconosciuto tra le giovani generazioni del Belpaese. Colpa della scuola che ha praticamente cancellato lo studio della Storia (e della politica stessa). Attenzione: non si tratta di una stucchevole rievocazione del personaggio che ricostruì un Paese uscito malconcio dalla seconda guerra mondiale, lacerato, com’era, da una guerra civile combattuta tra partigiani (per lo più di matrice comunista) e irriducibili fascisti che avevano aderito alla Repubblica di Salò. Men che meno si tratta di un mero riconoscimento postumo a colui che ci salvò dall’affermazione del blocco social comunista alle elezioni del 18 aprile del 1948 che invece salutarono la vittoria della Democrazia Cristiana e dei suoi alleati laici. Non si tratta, dunque, di tributare un omaggio all’uomo che firmò la Costituzione e presiedette ben sette volte il Governo della nazione. Sarebbe riduttivo e finanche ridondante, come tutte le commemorazioni, ricordare che De Gasperi affrontò impavido l’assemblea delle nazioni unite dove intervenne da sconfitto riuscendo però a convincere i presenti che l’Italia aveva definitivamente chiuso con la tragica vicenda della dittatura mussoliniana. Famoso fu il suo memorabile incipit: “So che in quest’aula tutto mi è contrario tranne la vostra personale cortesia”. Quello che qui interessa è la sua opera di “costruttore e precursore”, come lo definisce Polito, ossia di uomo che vide prima e meglio degli altri il futuro dello Stivale e ne costruì le fondamenta democratiche, nonostante la presenza in Parlamento e nelle piazze del più forte ed organizzato partito comunista europeo: quello di Palmiro Togliatti. Insomma l’Italia, grazie a lui, si sarebbe collocata saldamente sul versante delle democrazie occidentali e ben dentro il Patto Atlantico (oggi Nato). Tra l’altro, insieme con il francese Schumann ed il tedesco Adenauer, De Gasperi avrebbe poi anche posto la prima pietra della futura Comunità Europea. In parole povere, il grande statista trentino non solo ricostruì le ferrovia ma avviò il vagone Italia sui binari delle democrazie parlamentari, delle libertà e dei diritti costituzionali riuscendo a dialogare con tutti nei primi governi di solidarietà nazionale. Se oggi siamo collocati dove siamo a livello internazionale lo dobbiamo a quella lungimiranza presaga dei tempi futuri. Se l’Italia ebbe la forza di riprendersi economicamente lo dovette a due fattori essenziali: la cancellazione del debito di guerra e l’avvio del piano Marshall che ci sfamò letteralmente dandoci il tempo di rimetterci in piedi. Eppure ancora oggi c’è chi lamenta una dipendenza eccessiva del nostro Paese dagli Stati Uniti, una sorta di subalternità indecorosa, immemore di quanto gli Usa hanno sempre fatto per noi anche nei momenti più bui della nostra esistenza. La cronaca insidia da sempre la storia che, essendo scritta successivamente, concede a quest’ultima il vantaggio della menzogna e del racconto opportunistico, due situazioni da cancellare in seguito, una volta, cioè, sopiti interessi di parte e passioni. E tuttavia, come dice l’autore del libro “De Gasperi non solo fu strenuamente avversato, vilipeso da Palmiro Togliatti che ebbe a chiamarlo l’odioso Cancelliere”, per le sue origini austriache che però aveva pagato con il carcere austriaco. Egli volle la Dc come partito laico ed aconfessionale scontrandosi, per questo, con Papa Pio XII fino a subirne l’umiliazione quando gli venne rifiutata l’udienza. Senza quartiere fu la guerra politica e ideologica che il Pci gli scatenò contro accusandolo di essere l’artefice della “restaurazione”, costruendo contro di lui il mito della “Resistenza tradita” allo scopo di realizzare il paradigma che l’anticomunismo non fosse altro che una nuova forma di fascismo. E dopo decenni siamo, purtroppo, ancora lì!! Polito riassume l’eredità dimenticata di De Gasperi in cinque “lezioni”, che prima di essere tali si sono attuate come realtà. La prima che l’Italia in braghe di tela divenne la sesta potenza economica mondiale, con il conseguente benessere delle famiglie. La seconda la democrazia laica che per De Gasperi era l’anti rivoluzione, e che il vero democratico è anti fascista ed anti comunista. La terza fu la scelta della Repubblica laica e democratica. La quarta il rigore della spesa pubblica coniugando il liberalismo di Einaudi ed il mito Keynesiano dell’intervento statale. La quinta è la forza della politica che decide per il bene comune e non si piega alle furbizie della politica politicante e dei profittatori: senza partiti autorevoli d’altronde, non c’è politica. Servirebbe un uomo del genere oggi in Italia? Alzi la mano chi dice di no!!
*già parlamentare