*E la barca va…* di Vincenzo D’Anna*
Nel primo trimestre del 2024, il reddito reale delle famiglie dell’area Ocse è aumentato dello 0,9% rispetto al +0,3% del trimestre precedente. Lo comunica la stessa Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico in una nota. Ebbene, sulla scorta di quei dati, è stata l’Italia, tra le economie dei paesi industrializzati del G7, ad aver fatto registrare l’incremento più forte (+3,4%)!! Una notizia che farà storcere il muso a buona parte dei partiti di opposizione ed a tutti quei leader politici che da mesi martellano il governo di Giorgia Meloni con previsioni catastrofiche, sul destino a tinte fosce degli italiani. Che dire? Oltre al prodotto interno lordo (Pil) , che pure marcia a ritmi superiori rispetto alla media europea, ecco che anche quello della ricchezza dei singoli nuclei familiari avanza spedito verso livelli elevati!! L’autorevolezza della fonte non lascia dubbi sulla certezza dei dati socio economici smontando alla radice le critiche sull’incipiente povertà degli italiani e la solita lamentela che in tanti, troppi, tra loro, non raggiungano la fine del mese per poter vivere decentemente. Insomma la politica economica dell’esecutivo sembra funzionare bene e la ripresa è già da tempo in atto. Fortunata coincidenza? Pura casualità o concomitanze di cause? Fate voi. Tanto, tutto può essere argomentato quando si cerca il…pelo nell’uovo. Tuttavia anche per le prefiche di professione sembra valere la massima di Napoleone: “ai generali più bravi preferisco quelli più fortunati”. Intendiamoci: qui non si tratta affatto di “buona sorte” quanto di una diversa impostazione della politica economica da parte dell’esecutivo in carica. In parole semplici, pur senza gesti eclatanti e rivoluzioni copernicane, qualcosa si sta muovendo nel verso di un’economia meno avvilita e condizionata dai mille lacci e laccioli dello statalismo e dalla solita inferenza degli “apparati”. Il maggior respiro della libera iniziativa di mercato e la deregulation per le aziende virtuose costituiscono, in tal senso, un esempio lampante. Innanzitutto il taglio del cuneo fiscale che, per quanto minimo possa essere considerato, ha dato comunque un segnale forte agli imprenditori. E poi la politica industriale adottata del governo nel momento in cui questi ha deciso di non buttarsi a capofitto nel folle tentativo di salvare aziende ormai decotte (acciaierie, automobili e trasporto aereo come il caso Alitalia insegna) rifiutando il ricatto dei licenziamenti ma scegliendo, anzi, di tenersi distante dal quel famoso paradigma che consente agli imprenditori di privatizzare gli utili e pubblicizzare le perdite. Per farla breve: pare sia finita l’idolatria per i monopoli statali e per la politica del “tassa & spendi”. Finita è anche la stagione dell’elargizione generalizzata di sussidi, redditi senza lavoro e superbonus vari come quello edilizio costato centinaia di miliardi di euro alle casse dell’erario per riqualificare uno striminzito…4% di immobili (per non dire delle centinaia di milioni andati via in truffe allo Stato!!). Insomma: un buco enorme, stratosferico, lascito ereditario dal governo precedente, con il quale si è dovuto per forza fare i conti!! Tuttavia lo solfa delle minoranze rimane identica ed imperitura e può sintetizzarsi nell’epitaffio “più denari per tutto”. Un governo che si sforza di regolare la concorrenza, che si adegua alla sentenza della Corte Costituzionale sulle liberalizzazioni mostra un volto ben diverso rispetto agli idolatri dello Stato onnipotente ed onnipresente. Intendiamoci: le azioni messe in campo dall’esecutivo sono ancora timide e circospette sul piano della vera liberalizzazione e della concorrenza, della reale e completa rinascita del libero mercato, sullo snellimento della burocrazia e del suo portato parassitario. Per non dire dell’inefficienza dei servizi pubblici, dei debiti della sanità in regime di monopolio: tutte piaghe che appaiono ben lungi dall’essere debellate. Viviamo però in una nazione in cui per oltre mezzo secolo tutto si è tenuto in piedi con i soldi presi a debito dallo Stato al quale non bastava (e ancora non basta) spremere i contribuenti per procurarsi quelle risorse. Una nazione in cui è ancora dominante l’idea che l’impiego statale, il celebre “posto fisso”, sia una comoda assicurazione di stipendio vita natural durante, con il lavoro poi che si paga a parte. Per capirci: ci sarebbero ancora da chiudere migliaia di aziende partecipate inutili e deficitarie (con centinaia di componenti dei vari consigli di amministrazione che godono comodamente della greppia statale) e mandare a casa i manager invece di rifondere i debiti. Ma, si sa, nel regno dei ciechi sono i monoculi ad essere beati. Cominciare, così, a parlare di uno Stato minimo significa quantomeno iniziare ad aprire almeno un occhio!! D’altronde, si sa, la sorte del governo dipende dal consenso elettorale e lasciar andare via i voti dei “mantenuti”, le categorie assistite e storicamente garantite dal pauperismo della sinistra, non è certo cosa agevole. Allo stesso tempo, il fatto che da quei (pochi) segnali in senso liberale e liberista, siano scaturiti ottimi risultati in economia e sui redditi familiari, così come certificato dall’Ocse, rappresenta un forte incentivo a continuare. Sì, la strada è tracciata. La barca va e indietro non si potrà più tornare se si vuole progredire. In fondo gli italiani laboriosi ed intraprendenti conteranno pur sempre più dei parassiti!! O no?
*già parlamentare