Gli abusi a Villa Santanchè: il figlio fu imputato e prescritto

NEL PARCO DELLA VERSILIANA – L’inchiesta durata 5 anni. Il fascicolo aperto a Lucca nel 2015, estinto nel 2020 Lorenzo Mazzaro titolare di 9 richieste di sanatoria

30 APRILE 2024
La santa prescrizione ha salvato Santanchè e il figlio Lorenzo Mazzaro dalle conseguenze penali degli abusi nella villa del Parco tutelato della Versiliana, non dalla loro demolizione. Portici e verande realizzati dal 2014 al 2016 senza autorizzazione paesaggistica, che hanno poi cercato per nove volte di sanare. La dichiarazione di estinzione del reato intervenuta nel 2020 non ha portato a successivi ordini di ripristino, spettanti semmai al Comune di Pietrasanta che solo ora, dopo l’inchiesta del Fatto, cerca di riannodare i fili di una pratica rimasta stranamente aperta per dieci lunghi anni. Ma che potrebbe chiudersi ora, con un’ordinanza di demolizione. La pratica all’Ufficio Lavori pubblici del Comune risulta “in corso” dal 2014.

Le opere abusive sono tuttora in godimento della proprietà, come ha documentato il nostro giornale, solo ben nascoste dalle siepi e da assi di legno ancorate ai cancelli per impedire che qualcuno da fuori li possa notare. Cosa di cui la “proprietaria” era non solo pienamente consapevole ma assai preoccupata, al punto da utilizzare gli stessi vigili che le avevano contestato le irregolarità per allontanare eventuali fotografi, curiosi e giornalisti (vedi sotto).

I primi accertamenti sulla villa di 300 metri quadrati acquistata a nome di Lorenzo Mazzaro nel 2014 risalgono a pochi mesi dopo il rogito. Il 28 agosto 2014 la polizia locale di Pietrasanta si presenta lì per accertare la residenza dichiarata dal proprietario. Non trovandolo, dopo due volte, trasmette la segnalazione negativa all’Ufficio di stato civile. I vigili notano quei manufatti e inviano notizia di reato alla Procura di Lucca che nel 2015 procede all’accertamento e apre un fascicolo per “abuso paesaggistico” ai sensi dell’ art. 181 del Codice dei beni culturali e del Paesaggio che prevede, oltre a sanzioni amministrative, pene da 1 a 4 anni. Ne origina un procedimento penale a carico del rampollo, sulla carta proprietario dell’immobile e titolare delle 9 richieste di sanatoria presentate dal 2014 al 2017 allo sportello per l’edilizia di Pietrasanta.

Ad aprirlo fu la pm Lucia Rugani che lo mandò in decisione con richiesta di rinvio a giudizio nel 2017. Dal fascicolo non risultano svolte particolari attività di indagine, perché fin dall’accertamento del 2015 era evidente che le opere erano state eseguite in assenza di autorizzazione in una zona vincolata, quindi la certezza del reato era tutta lì. La Procura chiude nei termini, ma al momento di decidere, il giudice onorario Lucrezia Fantecchi fa i conti e visto che i reati sono ormai perenti, perché trascorsi 5 anni, nell’ottobre del 2020 dichiara la prescrizione. Col proscioglimento, a quel punto, nessuno dispone la demolizione.

La cosa singolare è che anche nel fascicolo non c’è autorizzazione paesaggistica e Lorenzo Mazzaro viene indicato come residente a Milano presso la mega villa della Santanchè (980 metri quadri, 12 vani, giardino privato) acquistata nel 2004 dagli eredi di Giuseppe Poggi Longostrevi, il “re mida delle cliniche milanesi”. A Pietrasanta, però, risulta ufficialmente residente solo dal 10 luglio 2017, a distanza di 4 anni dall’acquisto come “prima casa”. Ma in via Apua 302, perché tutte le pratiche – per questioni toponomastiche ancora non chiare – sono “appoggiate” al civico 1, dall’altra parte del Parco. L’ufficio tecnico di Pietrasanta sta riesumando la pratica, la dirigente che se ne occupa si chiama Valentina Maggi e conferma al Fatto che l’ha ritrovata in archivio ancora aperta dopo 10 anni. Conferma anche di non aver trovato esiti di sanatoria approvati o certificazioni di conformità nel frattempo rilasciate. “Se anche dalla paesaggistica di Forte dei Marmi non emerge un’autorizzazione, prescrizione o meno dei reati, partirà l’ordinanza di demolizione”.

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