*25 Aprile, i partigiani di Dio* di Vincenzo D’Anna*

“Chi dispone di tutti i mezzi, stabilisce tutti i fini”. E’ questa una delle più incisive espressioni che filosofi, politici, sociologi ed economisti liberali più volte hanno ripetuto per contestare l’idea marxista dello Stato onnipotente ed onnipresente. Un’idea, quest’ultima, postulata più volte, in passato, per realizzare la “forzata società degli eguali”. Nessuno si dolga se affermiamo che quella massima liberale non basta, ahinoi, per scongiurare l’edificazione di un apparato pervasivo: quello che presume di poter intercettare e realizzare le aspirazioni, i bisogni e la ricerca della felicità da parte dei singoli individui. Se lo Stato possiede i mezzi di informazione e finanzia i giornali anche l’informazione è’ soggetta alla pervasività dello Stato e quindi la manipolazione della storia. Per capire taluni fatti sono stati cancellati, basterebbe leggere la storia del movimento cattolico e quello che nel 1919 ebbe a scrivere don Luigi Sturzo nel suo appello “ai liberi ed ai forti”, allorquando il grande sacerdote di Caltagirone diede corpo e vita al popolarismo cattolico e liberale, all’idea che lo Stato dovesse, attraverso le sussidiarietà (ossia i meccanismi decisionali) e partendo dal basso, decentrarsi in livelli di amministrazione e governo locali, comunali e provinciali e successivamente regionali. In buona sostanza, don Sturzo sosteneva che bisognava affidare alla responsabilità dei cittadini il buon governo del proprio territorio e la risoluzione delle criticità ivi esistenti, lasciando semmai allo Stato centrale le materie di interesse nazionale. Non bastava quindi sottrarre allo Stato il ruolo di regolatore dei destini dei suoi amministrati, occorreva creare una struttura democratica e popolare senza la quale le oligarchie ed i potentati politici ed economici l’avrebbero sempre fatta da padrone.

Non fu un caso che quelle stesse idee di base fossero poi riprese dai cattolici di Alcide De Gasperi confluiti nella “nuova” Democrazia Cristiana subito dopo la fine della seconda guerra mondiale ed il crollo del fascismo. A dire il vero i cattolici erano stati anche presenti e protagonisti nel punto di cesura tra il ventennio mussoliniano e la nascita della repubblica. Furono cioè parte attiva anche nella Resistenza al nazifascismo. Molti tra loro infatti patirono le pene dell’esilio e della carcerazione durante la dittatura. Ed in tanti, almeno 1.200, soprattutto giovani, persero la vita combattendo nelle formazioni partigiane dell’azione cattolica (curata da monsignor Giovan Battista Montini, futuro Papa Paolo VI). Ancora: furono decine i preti assassinati prima dai nazifascisti e poi dalle ronde comuniste (accadde nel periodo tra il 1944 ed il 1945, ma anche negli anni immediatamente successivi alla fine del conflitto). Tra questi ricordiamo martiri come don Aldo Mei, don Giuseppe Morosini e don Pietro Pappagallo. Per non dire dell’eroico contributo fornito dalle tante donne cristiane come Tina Anselmi e Anna Maria Enriques Agnoletti. Alzino la mano quelli che conoscono la storia dei capi partigiani Enrico Mattei, Paolo Emilio Taviani, Giulio Rodinò, Benigno Zaccagnini, Alberto Marcora, Giuseppe Dossetti e don Primo Mazzolari (solo per citare i più noti) e quella delle cosiddette “Brigate Verdi” promosse, queste ultime, da intellettuali cattolici e composte da aderenti alla Democrazia Cristiana. Esse operarono in Lombardia ed Emilia Romagna dove pagarono un copioso tributo di sangue.

Rievocare queste pagine poco note, mette in luce quanto sia stata faziosa ed omissiva la narrazione che ha finito con l’attribuire ai soli partigiani comunisti l’epopea insurrezionale e se vogliamo la causa della divisiva commemorazione del 25 Aprile, data della Liberazione dell’Italia dall’occupazione nazi-fascista, trasformata, da tempo, in una sorta di autocelebrazione dell’egemonia culturale della sinistra. Sia chiaro: non intendiamo limitare in alcun modo i meriti di quelle formazioni politiche quanto raccontare una pagina di Storia che, come tante altre (socialiste, azioniste, repubblicane), ha fornito contributi decisivi per la parte che toccò alla resistenza nella liberazione del suolo italico dai residui repubblichini di Salò e dal duro tallone dell’occupante tedesco. Se questa non fosse l’era dell’oblìo, della cancellazione dei valori storici e dei meriti che ebbero i partiti politici, quelli veri, in quella tragica ora, se questa non fosse l’epoca della trasformazione dei medesimi in brochure personalizzate , qualcuno ricorderebbe quei fatti senza faziosità e senza pretesti per sottrarsi al dovere morale e civico di onorare il 25 Aprile. La vittoria, si sa, ha cento padri, ma la sconfitta è sempre orfana ed è’ ben comprensibile che tutti ne reclamino il meritorio contributo.

Taluni eventi, però, resteranno nel cono d’ombra e semi sconosciuti, nel mentre coloro che oggi rivendicano indegnamente l’eredità ideale di “quei ribelli per amore”, chiamandosi a volte moderati oppure centristi, continueranno a trarne un personale beneficio, ammesso che siano degni di ricordare i partigiani di Dio!!

*già parlamentare

NOTA: Il nostro direttore, il giornalista Ferdinando Terlizzi è antifascista. Nato a Santa Maria Capua Vetere città dove è nato Errico Malatesta, non potrebbe essere diversamente. Suo padre Raffaele, era un anarchico individualista, che veniva regolarmente arrestato ogni volta che transitava per Terra di Lavoro un gerarca fascista. Da cronista giudiziario e autore di vari libri che parlano di delitti famosi, vuole ricordare ai giovane che nell’era fascista fu commesso un super delitto: l’assassinio dell’onorevole Matteotti.