Ucraina, patrioti &…patriot cercasi!!* di Vincenzo D’Anna*

La guerra in Medio Oriente ha fatto comodo a Vladimir Putin ed all’aggressione russa contro l’Ucraina. L’attenzione dell’opinione pubblica internazionale (e delle cancellerie occidentali) per lo scontro Israele-Palestina-Iran ha funzionato, infatti, come arma di distrazione di massa per gli eccidi di civili provocati dai missili di Mosca. Cosa contano, in fondo, le decine di morti ucraini innanzi alle migliaia di vittime che l’esercito di Tel Aviv sta mietendo a Gaza e dintorni? Sembra essere questo il messaggio subliminale che sta passando, come se gli inermi trucidati dalle truppe del Cremlino fossero semplici numeri da annoverare sotto la voce “danni collaterali di guerra” e non esseri umani. Di questo la Storia chiamerà responsabile il governo dell’ultradestra di Netanyahu e degli ottusi partiti confessionali che lo compongono. Raggruppamenti che fanno pariglia con gli omologhi musulmani sull’altro versante. Ma non farà sconti neanche ai Russi ed alla ferocia che taluni n Italia ritiene veniale. Tuttavia il vero e poi impellente pericolo viene dall’aggressività del satrapo di Mosca il quale, imperterrito, continua nella sua vanagloriosa ricerca di riportare la Russia ai domini territoriali dell’Urss nonché al ruolo di super potenza sullo scacchiere mondiale, proprio come accadeva nel secolo scorso prima che il comunismo crollasse ed il regime dei soviet si disgregasse. La maggior importanza e pericolosità del conflitto russo-ucraino deriva dalla contiguità territoriale della Russia con gli ex paesi dell’Est europeo, un tempo colonie comuniste ma che nel terzo millennio sono diventati parte integrante dell’alleanza difensiva della NATO. Questo pone direttamente a contatto gli eserciti del Vecchio Continente e quello americano con quello russo: stiamo parlando di truppe numerose ed equipaggiate, dotate delle più moderne tecnologie militari oltre ad essere munite di un vasto arsenale nucleare. Una scintilla su quelle frontiere farebbe detonare un conflitto di vaste proporzioni se non anche di tipo atomico. Lo diciamo da tempo: se cade l’Ucraina, le distanze si accorceranno ulteriormente e gli appetiti di un invasato come Putin aumenteranno insieme con la necessità per la NATO di dover intervenire. Un concetto che sembra prendere, via via, corpo fino al punto da iniziare ad allarmare l’Unione europea e gli Stati Uniti, questi ultimi al momento distratti dall’incerta battaglia elettorale per l’elezione dell’inquilino che entrerà alla Casa Bianca. A corollario di tutto questo comincia a farsi strada in Europa il convincimento di un esercito comune e sopratutto un’inversione di tendenza sulla finora trascurata e sottovalutata necessità di potenziare la difesa militare del Vecchio Continente. In Italia, come in altri stati europei, per lo più quelli con deficit pubblico molto elevato, la spesa per gli armamenti è stata considerata una bestemmia in chiesa, una vocazione da esecrare in nome del pacifismo disarmato, quello che crede di poter edificare la pace con le marce arcobaleno e le giaculatorie del Papa. Questa comunanza ideale, irenica ad oltranza, unita alla deficitaria situazione economica ed all’alto debito statale, fa sorgere in seno alla Ue un fronte di tiepidi e di attendisti circa l’immediata necessità di fornire aiuti economici consistenti ed armamenti adeguati a Kiev. Questa fronda di attendisti è capeggiata dall’Ungheria di Orban, battezzato come un uomo della destra più retriva ma che non si mostra tale in questo particolare frangente. Tale schieramento vede insieme anche Grecia, Spagna, Paesi Bassi, Polonia, Romania e Svezia. Questi Paesi per lo più asseriscono di aver già dato, in termini economici, e di non potersi più privare dei sistemi di difesa aerea e degli intercettatori dei missili supersonici come ad esempio i Patriot o gli S300. Insomma: questo gruppo di Stati sconta più di tutti quanti gli altri paesi membri un deficit del sistema militare nazionale avendo per decenni valutato la pace come cosa eterna e duratura in Europa, dopo l’immane conflitto della Seconda Guerra Mondiale. In quegli Stati è risuonato a lungo nella mente il mantra dei pacifisti e dei politici che li blandivano in tempi in cui niente lasciava presagire che la libertà e la sovranità delle nazioni potessero essere minacciate. In particolare ritorna alla mente il brocardo latino “Coloro che aspirano alla pace, si preparino per la guerra”. La Storia dà molti insegnamenti ma non trova discepoli, soprattutto se mancano gli statisti, sostituiti da burocrati e politici di mezza tacca, che abbiano una visione più lunga del mandato temporale affidato al proprio governo. Cosa sarebbe stata la Grecia senza Temistocle? Cosa sarebbe stata Atene senza Pericle? E Roma senza Scipione l’Africano e Caio Giulio Cesare o l’Europa senza Carlo Magno? Nessuna nostalgia dell’epopea degli eroi e dei coraggiosi, in un mondo nel quale la mediocrità e l’ignoranza vengono sopperite con l’ausilio della tecnologia, ma solo per ricordare il monito immortale di Pericle “Non c’è felicità senza libertà, né libertà senza coraggio”. Cercansi patrioti e…Patriot per difendere la libertà dei coraggiosi ucraini!!

*già parlamentare