Millesimato

 Le parole del vino

mil-le-si-mà-to

SIGNIFICATO Di bottiglia di vino o di liquore, che porta indicato l’anno della vendemmia, specie in tradizioni che prevedono assemblaggi di vini; di prodotto editoriale, che viene aggiornato ogni anno

ETIMOLOGIA da millesimo, ordinale di mille.

  • «Ma questo champagne è millesimato?»

Quando durante l’infanzia apprendiamo la lingua, abbiamo la splendida capacità di attribuire alle parole dei significati provvisori: la singola parola ci si ripresenta in diverse situazioni e contesti, di volta in volta mettiamo alla prova e correggiamo il significato fino ad approssimarci a quello generalmente condiviso. Da grandi pure, nonostante la possibilità di consultare un dizionario, attribuiamo significati  alle parole, ma è una provvisorietà più adulta — cioè una toppa permanente di cui ci si .

Quando leggiamo ‘millesimato’ su una bottiglia di vino — ed è facile leggerlo perché è un termine che viene comunicato con una certa urgenza — probabilmente lo decifriamo col significato provvisorio di un ‘più buono’, o più francamente di un ‘più caro’. Ha l’aria di una dicitura che spiega un pregio, anche se questo pregio non si capisce bene quale sia. Com’è che un millesimo viene attribuito a questa bottiglia?

Non stiamo parlando di una millesima parte, ma di una data. Pensiamo le date in millenni (che passaggio, il Duemila), e il millesimo è giusto l’indicazione dell’anno, e poi appunto, per estensione, la data. Ad esempio posso notare come sul documento ci sia la firma ma manchi il millesimo, o una  nella progressione dei millesimi in un registro.

‘Millesimato’ è un aggettivo che qualifica in particolare quei prodotti che si riferiscono a un anno specifico, e in certi casi che vengono rinnovati tutti gli anni. Lo troviamo su certe bottiglie di vino ma ecco, è anche un termine dell’editoria — anche gli atlanti e i dizionari spesso sono millesimati (ad esempio noi fra gli altri usiamo lo Zingarelli, che ha una versione aggiornata ogni anno). La vera domanda a questo punto è: ma che c’è di particolare nell’indicare l’anno su una bottiglia? Che cosa mi vuole comunicare quando classicamente lo trovo su uno spumante?

In effetti molte bottiglie di vino devono per legge indicare l’anno della vendemmia (ad esempio quelle prodotte secondo un disciplinare di Denominazione di Origine Controllata e Garantita, che non siano vini spumanti, frizzanti e liquorosi), ed è comunque un’indicazione che troviamo comunemente. Il millesimato rileva in particolare là dove questo obbligo non c’è e le tradizioni sono differenti — posso trovarmi davanti una bottiglia di un rosso 2020, ma anche una di uno spumante millesimato 2020. Che differenza c’è?

Non tutti sanno che tradizionalmente certi vini, come appunto gli spumanti e classicamente gli champagne, possono essere ottenuti a partire da un assemblaggio di uve provenienti da vigneti diversi o anche di vini di diverse annate (assemblaggio talvolta detto in francese cuvée, altra dicitura che all’impronta, senza grandi indagini, abbiamo sicuramente notato al supermercato). Questa particolare miscela fa sì che il prodotto finale dipenda molto meno dalla singola annata, dall’espressione di un singolo appezzamento, e che possa avere delle caratteristiche più uniformi (e quindi anche riconoscibili) di anno in anno.

Invece il millesimato ci dice che questo spumante (ma  anche un liquore) è il risultato di una singola vendemmia. Ciò si traduce in un prodotto che ha delle oscillazioni fra un anno e l’altro (più di quelle di un dizionario millesimato), ma che esprime in maniera più netta delle caratteristiche specifiche. Questo è un tratto più moderno dell’ del vino: non cercare la formula omogenea su cui scommettere, ma cercare di apprezzare come in una bottiglia ci siano tutti gli  di un territorio, di un tipo di vitigno, di un’annata.

Trascendere

tra-scén-de-re

SIGNIFICATO Oltrepassare, superare; superare un limite, una condizione, anche travalicando la realtà sensibile; passare il limite della convenienza

ETIMOLOGIA voce dotta recuperata dal latino transcèndere, derivato di scàndere ‘salire’ col prefisso trans- ‘oltre’.

  • «Non le interessa più niente. Ha trasceso.»

È un verbo abbastanza famoso anche in quanto parolone. Ed è un parolone davvero, perché spiega la realtà di un ‘superamento’ che non ha pari. Il concetto che racconta ha una sua sottigliezza — non stiamo parlando di come si possa usare un osso come clava — ma è molto presente nel nostro  del mondo.

Salire oltre. Sì, c’è il primo sassolino etimologico nel fatto che il latino scàndere significa ‘salire’ e non ‘scendere’ — ‘scendere’ nasce per aferesi da ‘discendere’, e il latino descendere è alla lettera un ‘salire in giù’. Invece il fatto che il prefisso ‘trans-’ sia un ‘attraverso’ e quindi un ‘oltre’ è un’informazione liscia. Ma è proprio questo prefisso a poterci collocare il trascendere in un dove speciale.

: il trascendere può essere un mero superarone — o per dirla con parole che esistono può essere un ‘superare’ particolarmente grande, alto, significativo, solenne. Può riuscirmi un sugo che trascende qualunque sugo io abbia fatto in precedenza. Il risultato di una partita può trascendere ogni immaginazione. Puoi avere un interesse che trascende le comuni . Posso riuscire a trascendere le preoccupazioni della vita quotidiana col giardinaggio.

Quando diciamo che questa specie di ‘superare’ si presta a fini elevati, possiamo intendere anche i più elevati. Già Virgilio nella Commedia ci parla in una perifrasi di «Colui lo cui saver [sapere] tutto trascende» — non è mica il profilo di un più sapiente, di un primo arrivato: è oltre. Il trascendere sa sorpassare la realtà sensibile, le possibilità, i limiti del nostro reale. Una  mistica non è comunicabile perché trascende il ; il personaggio mosso da un’indomabile  tenta di trascendere i limiti dell’essere umano; una bellezza può trascendere ogni  e ogni descrizione.

Per questo il verbo ‘trascendere’ è tanto centrale. È paradossalmente centrale perché è una parola di confine, una parola che sa arrivare al confine  della mente e dell’esistenza. Sa arrivare, dico — non lo fa sempre. Può anche vestirsi sempre elegante ma con panni più quotidiani, e parlare di un superare o meno di limiti di convivenza, . Ti riprendo con fermezza ma senza trascendere; con quell’ingiuria ho trasceso; mentre fuori dal bar la lite è trascesa in manate.

Molto , per essere un’estrema  del pensiero. (Ed è curiosa, ma ne avevamo già parlato, la differenza fra il trascendente, participio presente di questo ‘trascendere’, e il .)