*Per un nuovo manifesto dei valori*

di Vincenzo D’Anna*

Lo aveva predetto anzitempo il grande sociologo e filosofo Max Weber, quando asserì che “le idee e i valori influiscono sulla società allo stesso modo delle condizioni economiche”. La fine dei partiti politici di massa, la morte della democrazia interna e dei meccanismi assembleari per selezionare i vertici di quei movimenti, sostituiti, oggi, da meri “surrogati personalizzati”, ha determinato, nella cosiddetta Seconda Repubblica, una lotta tra simbologie e personalismi privi di costrutto, sguarniti di quel necessario manifesto di valori ed idee di riferimento, che sovente funzionava da “tract d’union” con la storia del secolo scorso. Svaniti nel nulla i partiti sono venute meno anche le tesi alternative per prefigurare dei modelli socio economici oltre che dello Stato stesso. Insomma: oggi si procede a tentoni. Le questioni che la realtà quotidiana ci pone vengono affrontate con azioni spesso qualunquistiche per non dire approssimative, dettate da quello che i conflitti sociali, etici ed economici del momento ci pongono alla ribalta. Parliamoci chiaro: se buona parte dell’elettorato diserta le urne questo significa che molta gente non si identifica più con le moderne correnti di pensiero: non le comprende e non le apprezza in una notte nella quale tutte le vacche sembrano nere. Dopo un quarto di secolo del nuovo millennio, la classe dirigente ci appare sempre più ignorante e raccogliticcia, ignara dei modelli di stato e di economia da applicare, costretta a ridurre il tutto ai “favori” verso quei blocchi sociali che dovranno, in seguito, favorirla magari nel gran segreto delle urne, senza porsi altre preoccupazioni di merito. Come uscirne? Come gli ignoranti che annaspano innanzi ai problemi: tornando a scuola, ripartendo dalle identità e dalle idealità costruite su di un presupposto culturale prima ancora che politico. Sissignore, c’è bisogno di un manifesto di valori che aggreghi coloro i quali hanno comunanza di opinioni e di intenti. In questo contesto servono luoghi in cui si torni a parlare di cultura politica. Spazi dedicati a chi più è interessato a recitare ruoli di primo piano in futuro. Servono però anche gesti semplici e comprensibili in grado di raggiungere quell’elettorato ritiratosi tra le quattro mure di casa, dove ama perdersi tra gli svaghi e l’antipolitica becera e chiacchierona. Un manifesto che possa trattare anche uno specifico aspetto degli interessi generali della gente, un bisogno oppure un’insoddisfazione diffusa, come, ad esempio, la Sanità e la cura delle persone. Si, avete letto bene: un argomento specifico che tuteli le categorie professionali, che migliori un servizio considerato vitale ed essenziale per la collettività. Un segmento che assorbe centinaia di miliardi di euro dei contribuenti costituendo la terza voce di spesa dello Stato, ma pur sempre un settore che si prende cura di un bene primario insostituibile per l’uomo: la salute. Ed allora perché non organizzare sulla base di questi interessi diffusi una rete tra quanti coltivano i medesimi interessi? Tra quanti sono pronti a battersi per migliorare il sistema sanitario con i suoi milioni di utenti? Nel Belpaese ormai – è storia vecchia – la politica si interessa solo di quello che può nuocerle e dei gruppi sociali che possono favorirla. Se questo è vero bisogna allora avere il coraggio di sfidare l’inerzia di sintonizzarsi solo nei momenti cruciali come quelli del voto, ossia dell’elemento che conferisce legittimità al potere ed a chi lo esercita. Non sarebbe peraltro una novità. Già nel 1980 a Torino si svolse la marcia dei quarantamila quadri della Fiat che si organizzarono in proprio stufi della politica salariale dell’azienda torinese, dei suoi cedimenti ai dictat sindacali ed agli scioperi, dei compromessi politici che il governo dell’epoca avallava. Insomma: un elemento spurio ed imprevisto emerse spontaneamente in quel tempo dalla società, per rivendicare una “voce in capitolo” ed una tutela del proprio ruolo professionale e sociale. In una Nazione nella quale per un mero interesse assistenziale (leggi reddito di cittadinanza) si è imposto, su basi becere e di odio sociale, un movimento politico come quello dei Cinque Stelle, sarà pur possibile creare un gruppo di “pressione civica” che sia in grado di determinare la composizione delle liste elettorali puntando su quanti si dicono realmente convinti delle buone ragioni che vengono loro sottoposte? Si tratta qui di rivalutare l’essenza della civiltà e della democrazia che nasce dal basso ed in mezzo alla gente. Sarà oltremodo istruttivo vedere quale atteggiamento assumeranno lorsignori e quali concreti impegni saranno capaci di prendere per dare attuazione al quel “manifesto” di valori e proposte che contiene in sé sia la protesta che la proposta, sia la rivendicazione del giusto sia il rispetto per chi vota.

*già parlamentare