*Il Gennargentu della Destra*

di Vincenzo D’Anna*

Ci fu un tempo in cui il filosofo Emanuele Severino anticipò la deriva dell’umanesimo, per come lo abbiamo conosciuto fino al secolo scorso, travolto dal progresso tecnologico e merceologico. Un ragionamento che, ridotto all’osso, può essere facilmente compreso con la semplice valutazione del paradigma tra il mondo com’era fino alla metà del ‘900 e quello come ci appare oggi, in pieno terzo millennio. Abolita l’istruzione ed emarginato il sapere ci siamo fatti aiutare dai congegni tecnologici che sembrano sempre più sostitutivi della cultura, avendo affidato la conoscenza alle macchine. Un sostegno a dir poco evidente che conduce lungo la strada della vera e propria dipendenza. All’apparenza, infatti, l’intervento delle macchine e dell’intelligenza artificiale che si para all’orizzonte, ci illude di non aver più bisogno dello studio, così come i social ci fanno credere che si possa vivere da soli dietro una tastiera sostituendo l’amicizia vera, fatta di rapporti umani, con il surrogato un contatto elettrico. Illusioni certo, ma che la società “ emancipata ” gradisce e ricerca perché costano poca fatica e poco ingegno. Tuttavia così non è, perché la dipendenza ci porterà a vivere come vogliono le macchine che suppliscono sempre di più alle nostre carenze cognitive. Un caso classico di scuola può essere fatto con la geografia, materia scolastica ormai abolita. Il navigatore satellitare ci porta ovunque desideriamo con precisione assoluta, rendendo superflui gli sforzi di dover ricordare luoghi e contesti orografici. Tutto fila liscio fin quando siamo in macchina, oppure sfruttiamo le indicazioni provenienti dal device, ma se smarrisci oppure si scarica il telefonino camminando a piedi si può anche non distinguere un posto dall’altro!! Insomma ogni forma di ignoranza, ancorché surrogata dalle macchine, impoverisce l’uomo e la propria progressivamente la capacità di agire e risolvere problemi. Una volta si diceva che le lingue come il Latino ed il Greco, “ lettere morte”, non servissero praticamente a niente ma che le medesime ci insegnassero a ragionare dotando chi le aveva studiate di capacità logiche e cognitive senza paragoni. Potrebbe essere così anche in politica, luogo metafisico nel quale l’ignoranza avanza, ma l’arte del governo della società non subirebbe limitazioni perché c’è un complesso apparato tecnologico, informativo ed istruttivo in grado di poter sempre essere consultato. Ebbene se i leader del centrodestra avessero ricordato quello che a scuola è’ stato loro insegnato, ossia a ragionare con un minimo di logica elementare, ricorderebbero che la divisione fa sempre meno della addizione. Che laddove ci si divide, mentre gli antagonisti si uniscono in nome del cosiddetto “campo largo”, si finisce sconfitti alle urne!! Se Salvini, ormai stralunato dall’alto del suo 4 percento, avesse ricordato che il più contiene il meno, avrebbe dovuto accodarsi ai partiti del centrodestra che dispongono di più consensi. Ma non è solo un fatto aritmetico, una sommatoria elettorale. C’è ben di più. C’è una crisi politica che sta emarginando la Lega che ormai fa più parti in commedia, si atteggia a forza di Governo e nel contempo fa il contro canto a Fratelli d’Italia su questioni decisive. L’ex Capitano leghista ha forzato la mano sull’autonomia regionale rafforzata ed ancorché si atteggi a movimento politico nazionale,  ritorna ai vecchi cliché del Nord che si tiene le tasse che versa allo Stato lasciando al Sud le briciole. Allargando inesorabilmente il divario di qualità e di efficienza dei servizi pubblici tra le regioni ricche e quelle più povere. Ma non è solo la croce di Salvini, Giano bifronte, quanto quella dell’affievolirsi della complessiva spinta propulsiva del cambiamento e delle riforme promesse agli elettori dal Centro Destra e dal governo Giorgia Meloni. Nell’esecutivo sono le eminenze grigie come il Magistrato Alfredo Mantovano ed altri “cacicchi” come lui che frappongono ostacoli alla riforma della giustizia, banalizzando le proposte di Carlo Nordio. La sensazione è che il riflusso del potere abbia ormai sopito i bellicosi propositi  riformatori e che l’impronta centralista e dirigista della vecchia Destra stia riemergendo a discapito delle riforme di sistema. Se uomini come Marcello Pera languono nelle retrovie e si spingono in avanti quelli i cui propositi statalisti rieditano una politica industriale fatta di ritorni alle partecipazioni statali, non c’è da meravigliarsi che poi, alla fine, si possa perdere con coloro che sono più statalisti da sempre. Se il premier si circonda di capaci questi possono fidelizzarsi, se si circonda di fedeli perché mai questi avrebbero bisogno di dimostrare anche di essere capaci? Ed il tutto ritorna in discussione ed arretra. Riacquistare  aziende  indebitate, svendute a loro tempo, è un sintomo preoccupante. Il risultato? alcuni asset importanti come Tim ed Autostrade sono tornati al Tesoro. Ma quel che forse questi leader non hanno compreso è la lezione dell’umiltà: pensano di essere vette altissime come l’Everest oppure il Monte Bianco, ma in Sardegna arrivano a malapena alla modesta altitudine del massiccio montuoso del Gennargentu. Conoscere la geografia serve anche in politica, alcune volte.

*già parlamentare