Cidis Impresa Sociale si vede affidato un bene confiscato.
Sarà un luogo di aggregazione e di risposta ai bisogni della comunità
Giovedì 16 novembre, Cidis Impresa Sociale ha ricevuto dal comune di Giugliano in Campania le chiavi del primo bene confiscato a questa assegnato. L’affidamento dell’immobile che si trova in via Ripuaria, arriva dopo anni di intenso lavoro sul territorio. Attraverso gli Sportelli attivi sul territorio gli operatori di Cidis hanno già avuto modo di conoscere i bisogni della popolazione in un luogo in cui diverse sono le forme di disagio e forte è l’insicurezza economica e sociale a causa del progressivo smantellamento delle misure di sostegno sociale e di un generale indebolimento dei sistemi tradizionali di integrazione personale. Conoscendo queste fragilità CIDIS ha già deciso di qualificare il bene confiscato come uno spazio aperto alle esigenze del territorio e un luogo di aggregazione e coesione sociale.
“La consegna a CIDIS Impresa Sociale di queste due villette confiscate alla criminalità organizzata apre una nuova avventura per l’Associazione, una sfida che accogliamo con il consueto entusiasmo, con passione e competenza – dichiara Maria Teresa Terreri, Presidentessa di CIDIS Impresa Sociale. Siamo consapevoli della grande responsabilità che ci assumiamo e lavoreremo per qualificare questo spazio come luogo al servizio della collettività, rendendolo una straordinaria risorsa per l’integrazione, l’accoglienza e la coesione sociale sul territorio”.
La Presidentessa chiarisce subito che i principi che guideranno il riutilizzo sociale del bene confiscato saranno: l’affermarsi della cultura della legalità, dei diritti e della cittadinanza attiva come necessaria al territorio e una connessione immediata tra sviluppo economico e sociale e riscatto dei territori che passi attraverso l’uso del bene.
“Vogliamo insieme alle associazioni, ai cittadini di Giugliano, italiani e stranieri, alle istituzioni, agli imprenditori trasformare questo spazio simbolo del potere mafioso in un luogo di accoglienza e di sviluppo sociale. Tante le idee: accoglienza per i braccianti agricoli che lavorano nelle nostre terre, per chi è in difficoltà, per i gruppi di giovani e meno giovani in viaggio per l’impegno civile o religioso, per i turisti alla scoperta dei nostri territori, scuole e studenti – continua Terreri – E ancora: punto di accoglienza e promozione per chi è in cerca di spazi di aggregazione con corsi di lingua, eventi culturali, laboratori ludico didattici per ragazzi, campi scuola, attività di informazione e orientamento, corsi di formazione professionale, promozione di prodotti ed itinerari del territorio. Un luogo in cui i cittadini e le cittadine possano incontrarsi e costruire insieme una cultura della legalità e della cittadinanza attiva e rendere le nostre comunità plurali, coese e resilienti, perché inclusive e rispettose dei diritti. CIDIS non è nuova a questi progetti, altri centri di Servizi interculturali e di ricettività turistica e sociale che CIDIS, nella sua pluriennale esperienza nell’ambito dell’housing sociale e nella promozione dei diritti e dell’integrazione dei cittadini e delle cittadine migranti, sono stati attivati a Napoli (CASA CIDIS) e sono in cantiere a Perugia. Tuttavia, quello di Giugliano è il primo bene confiscato alla criminalità organizzata gestito dall’associazione. Di questo andiamo fieri anche perché crediamo fortemente che valorizzare beni confiscati faccia bene a tutti: alle istituzioni che affermano la legalità e il controllo sulla criminalità; al sistema economico che contrasta la concorrenza sleale dell’economia illegale e argina un importante fattore di rischio dell’attività imprenditoriale; alle organizzazioni/Imprese Sociali come CIDIS che gestiscono i beni realizzando attività redditizie; ai cittadini che ritrovano fiducia e speranza nel paese in cui vivono. Con questo spirito ci accingiamo a intraprendere questo nuovo percorso. Perché, come dice il nostro motto… Bisogna ricominciare il Viaggio. Sempre!”
I beni confiscati in Campania
Sono 7686 i beni confiscati in Campania, il 16,50% del totale dei beni confiscati in Italia. L’azione della Regione Campania nell’ambito dei beni confiscati si definisce a partire dalle disposizioni della Legge regionale n. 23 del 12 dicembre 2003 abrogata poi dalla Legge regionale 16 aprile 2012 n. 7 “Nuovi interventi per la valorizzazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata” (come modificata dai successivi interventi normativi con le leggi regionali 3/2018, 30/2018 e 60/2018). La legge 7/2012 pone, quali finalità generali, la restituzione dei beni confiscati alla collettività e la definizione di politiche volte a promuovere progetti di riutilizzo sostenibili e capaci di positive ricadute sociali, economiche e occupazionali attraverso la definizione di reti e distretti di economia sociale e solidale. Il riutilizzo sociale dei beni confiscati, infatti, secondo quanto disposto dall’art. 2, è riconosciuto «quale strumento di prevenzione e contrasto dei fenomeni criminali, promozione dei principi di legalità, solidarietà e inclusione sociale, occasione per un modello di sviluppo territoriale sostenibile e inclusivo» e la Regione lo promuove e lo sostiene attraverso un sistema integrato di interventi, fondato sui principi di legalità e trasparenza.
La storia del bene confiscato
L’immobile confiscato alla Camorra entra nel patrimonio dello Stato già nel 2016, dopo una lunga operazione condotta dalla DIA di Napoli per smantellare la fitta rete di relazioni criminali del sodalizio tra il clan Petrone e il Clan Cimmino dell’area afferente al quartiere Arenella e Vomero a Napoli. L’operazione porta all’arresto di Raffaele Petrone, 72 anni, ritenuto elemento di vertice del clan Caiazzo-Cimmino, poi condannato per associazione per delinquere semplice finalizzata a falso e truffa, estorsione, rapina, contrabbando, incendio, furto, appropriazione indebita, reati contro la pubblica amministrazione. Sequestrati beni per 800.000,00€, tra qui anche due ville in località Varcaturo a Giugliano in Campania siti in Via Ripuaria. Entrambi le ville costruite grazie alla grande influenza che il Clan Petrone esercitava con uno degli affiliati del Clan Mallardo di Giugliano, Sabatino Granata detto lo “Champagne”, una delle due era la residenza estiva di Raffaele Petrone, reggente del Clan Cimmini-Petrone, dove passava una parte delle sue vacanze nell’area flegrea.