CARO-AFFITTI

Parcheggi, negozi, B&B: il Piano casa senza case
IL “PINQUA” – Il Pnrr prevede 2,8 miliardi per la “qualità dell’abitare”: solo 16mila nuovi alloggi, spazio ai privati e un occhio al business
DI LEONARDO BISON
14 MAGGIO 2023
Un “piano casa” in Italia non c’è. Nonostante, secondo i dati Federcasa, siano 320 mila le richieste inevase per l’assegnazione di case popolari, nonostante una crescita degli affitti del 10% annuo dal 2020 in poi, e oltre 100mila persone che dormono per strada. L’Italia, dal 2019, si è dotata invece di un “Programma Innovativo Nazionale per la Qualità dell’Abitare” (Pinqua), creato per “ridurre il disagio abitativo e insediativo, con particolare riferimento alle periferie”, sostenere e favorire lo sviluppo di interventi residenziali pubblici innovativi, “capaci di innescare processi di recupero e riqualificazione di ambiti problematici dal punto di vista ambientale, economico e sociale”. Un piano poi finito nel Pnrr, e gestito dal Ministero delle Infrastrutture: valore 2,8 miliardi di euro. Messo a punto nel 2021, prima dell’esplodere dell’inflazione seguito alla guerra in Ucraina e conseguenti sanzioni, racconta però molto di come l’Italia stia affrontando il fenomeno della carenza di alloggi. Alloggi sul mercato:secondo l’Istat, sono 9 milioni le case non abitate nel Paese, e sono un milione circa quelle offerte sul mercato degli affitti brevi turistici. Ma torniamo al nostro focus, il Pinqua.
Il programma prevedeva Progetti Ordinari, per un finanziamento massimo di 15 milioni di euro per singola richiesta, e Progetti Pilota ad Alto Rendimento, per un finanziamento massimo di 100 milioni di euro per singola richiesta. Oltre 140 amministrazioni pubbliche, tra Comuni capoluoghi di provincia o con oltre 60.000 abitanti (119 su 137), Città Metropolitane (12 su 14) e Regioni (13 su 19), hanno presentato i loro progetti. Nel 2021 ne sono stati approvati 151 “ordinari” e 8 “pilota ad alto rendimento”, in base a indicatori quali l’apporto economico di risorse private, la rispondenza alle politiche territoriali regionali, la sostenibilità ed efficienza energetica e la premialità al consumo di suolo zero, per un totale, appunto, di 2,8 miliardi. Le procedure di assegnazione dei fondi si stanno completando e i molti cantieri stanno partendo ora, altri sono in ritardo e si sta spingendo sull’acceleratore, come con tutto il Pnrr, per portare a termine i lavori con semplificazioni e accordi quadro. Cantieri che, però, a conti fatti, dovrebbero immettere sul mercato un totale di 16.550 unità abitative, riqualificate o create in spazi preesistenti: comprese 1000 dedicate ai turisti, e 5 mila da affittare a canone concordato. Il resto dei soldi dove vanno?Vanno a riqualificare “almeno 800.000 mq di spazi pubblici, siano essi al chiuso o all’aperto” secondo il recente resoconto nel Documento di Economia e Finanze di aprile, seguendo 5 linee di intervento: riqualificazione e riorganizzazione del patrimonio destinato all’edilizia residenziale sociale e incremento dello stesso; rifunzionalizzazione di aree, spazi e immobili pubblici e privati; miglioramento del- l’accessibilità e della sicurezza dei luoghi urbani e della dotazione di servizi; rigenerazione di aree e spazi; incremento della qualità ambientale resilienza ai cambiamenti climatici; individuazione e utilizzo di “modelli e strumenti innovativi di gestione, inclusione sociale e welfare urbano nonché di processi partecipativi.” Edilizia sociale ma anche edilizia convenzionata, coinvolgendo capitali e partnership private. La lista dei progetti approvati è lunga e ogni amministrazione si suppone abbia fatto del suo meglio per ottenere fondi per progetti utili al vivere urbano.
Ma la varietà è enorme, per cui abbiamo il “progetto pilota” da 100 milioni di Milano che prevede 175 nuove unità abitative e un piano di riqualificazione nella periferia ovest (San Siro, Giambellino) già nel mirino della speculazione immobiliare, e quello di Bari, sempre 100 milioni, che prevede 0 unità abitative, puntando a riqualificare l’area della stazione con un nuovo “nodo verde”. Ad Ascoli Piceno il progetto prevede invece “housing sociale, silver housing, convivenze intergenerazionali, residenze per giovani studenti e ricercatori, ma anche sostegno alla coesione lavorativa e imprenditoriale del territorio”: il tema di attrarre nuove attività economiche ritorna in molti dei progetti. A Lamezia Terme c’è invece spazio per un lotto di parcheggi e uno di ricezione turistica, ma la casistica è amplissima. Otto progetti sul totale che non prevedono nessuna nuova abitazione, e decine che ne prevedono 20, 30, 40, ma anche 5 o 8. I soldi serviranno per giardini, musei, biblioteche, passerelle pedonali, piste ciclabili, aree gioco, centri culturali, auditorium, residenze per la terza età, ma anche parcheggi, spazi ricettivi turistici, spazi di co-working, aree commerciali. Auspicando che tutti questi progetti vadano incontro alle principali necessità di città e territori coinvolti, certo è che l’Italia si sta presentando alla sfida del peggior caro-affitti degli ultimi anni non con un piano casa ma con un programma per migliorare la “qualità dell’abitare”: per chi potrà permetterselo.
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