L’ALLARME DELLA DDA

’Ndrine, Cosa nostra, camorra unite a Milano nella Mafia Spa

NELLA GIORNATA DELLE VITTIME – 70mila in piazza Duomo. E il capo dell’Antimafia lombarda Alessandra Dolci in un convegno: “Non c’è più discredito sociale, il consenso dei boss cresciuto coi reati finanziari”

22 MARZO 2023

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Che mafia oggi in Lombardia? Alla domanda risponde in modo dritto Alessandra Dolci, capo della Direzione distrettuale antimafia di Milano, ospite con l’ex procuratore di Palermo Gian Carlo Caselli a un convegno organizzato da Libera in una sala di Banca d’Italia. Incontro a margine della manifestazione di ieri per le vittime di mafia: 70mila in piazza Duomo. “Una grande spinta per noi magistrati”, inizia Alessandra Dolci che per l’oggi prefigura un “rischio di alleanza tra le mafie”. Una “santa” alleanza sotto al Duomo: storicamente Cosa Nostra, ’ndrangheta e camorra. Fa di più: spiega che sono in essere accordi economici tra i vari clan siciliani, calabresi e campani. E questo perché la pace e non lo scontro è sempre più utile per gli affari. Un dato che il procuratore aggiunto supporta citando intercettazioni inedite. Spiega: “Nel nostro territorio oggi le mafie non si fanno la guerra e vista la propensione economica” dei clan “si creano alleanze”. Dopodiché cita le intercettazioni: “Meglio un brutto accordo che una bellissima guerra, la guerra porta disgrazie, la pace è buona per tutti”. Chi siano gli interlocutori non è dato sapere. Sul punto, chioserà Caselli: “Allora i mafiosi parlano al telefono”. Il riferimento polemico è al ministro Nordio per il quale le intercettazioni sono inutili, perché i boss non parlerebbero al telefono.

Già nel 2008 Alessandra Dolci firmò le richieste di arresto per le nuove leve del clan Barbaro-Papalia a Buccinasco. Lo fece a vent’anni dal maxi-blitz Sud-Nord, erano i Novanta. Due anni dopo, 13 luglio 2010, firmò da pm e in un pool diretto da Ilda Boccassini, l’indagine Infinito, che riscrisse gli assetti mafiosi in Lombardia. A ricordarlo oggi, dice, “mi pare preistoria”. Anche allora Libera, era marzo, portò in piazza Duomo 150mila persone. Pochi mesi ancora ci fu il blitz Crimine-Infinito. Tredici anni dopo, ieri, erano 70mila. “Il 21 marzo 2023 – dice Dolci – spero sia di auspicio per le prossime investigazioni”.

In 13 anni la mafia lombarda è cambiata. Non del tutto, però, la società civile. Sul punto, stimolata rispetto alla cosiddetta zona grigia, Dolci invita a definirla “zona nera” altrimenti “chiamiamola allora capitale sociale”.

Rispetto al mondo di mezzo lombardo spiega che ancora “c’è molta indifferenza, il problema del non scegliere, l’etica”. Cita il caso di un ultimo arrestato per mafia con già due condanne per 416-bis: “Due sentenze passate in giudicato non sono bastate per manifestare il discredito sociale. Ma siamo ancora capaci di manifestare discredito sociale!”. Il soggetto (innominato) è quello che anni fa da mafioso ingrossava le file dei “nullafacenti del passato” che oggi “sono diventati imprenditori, aprono e chiudono società, facendo una serie di reati: bancarotta, fatture false, fittizi crediti di imposta”. Il che, rispetto alla vicenda del pluricondannato, porta il magistrato a ribadire “l’inefficacia della sanzione penale a fronte di chi è già stato condannato per mafia. Ho sempre sostenuto che chi è mafioso lo è sempre. Questo anche in tema di ergastolo ostativo e 41-bis”.

Tornando alla nuova Mafia spa sotto al Duomo, il capo della Dda milanese spiega: “Se scaviamo ci rendiamo conto che la mafia è già sotto i nostri occhi”. Il riferimento è all’inchiesta “I fiori della notte di San Vito” che già negli anni 90 fotografò 20 ’ndrine in Lombardia. “All’epoca sembrava una massoneria tra calabresi. Nel 2010 capiamo che in Lombardia la ’ndrangheta è una federazione e ha una struttura sovraordinata, capace di interfacciarsi con impresa e politica”. In quell’anno, come già fu nei Novanta, “troviamo una ’ndrangheta che spara e uccide”. Era il 2010. Oggi quei fatti sono preistoria: il controllo del territorio è liquido, i boss sono imprenditori, i loro commercialisti occupano uffici vicino al Duomo. Alessandra Dolci: “Oggi tutto è cambiato, i reati spia sono azzerati, vediamo un grande coinvolgimento in una miriade di attività economiche. Oggi scopro che i crediti di imposta valgono per il settore dell’innovazione, nel quale agisce la ’ndrangheta”. E ancora: “La mafia è impegnata in un settore di devianza specifica del nostro Paese e cioè l’evasione fiscale, i nostri arrestati dicono: ma io non sono mafioso faccio solo fatture false, e questo li rende meno criminali davanti all’opinione pubblica”.

I reati economici, ben più di omicidi e sequestri, “aumentano il consenso sociale. La mafia oggi è operatore economico e agenzia di servizi. Io stessa mi stupisco di quello che scopriamo nelle nostre indagini”. Le grandi multinazionali della logistica, ad esempio. Ecco il sistema spiegato da chi dirige oggi a Milano l’antimafia: “Molte società (multinazionali, ndr) esternalizzano a consorzi di cooperative, che sono solo contenitori di mano d’opera straniera. Le cooperative sopravvivono due anni, sono evasori totali, se ne avvantaggia il mafioso in prima battuta, ma anche l’impresa committente. È un tema su cui noi interveniamo con l’amministrazione giudiziaria. Diciamo alle imprese: se volete stare sul mercato dovete avere un modello per evitare le infiltrazioni mafiose”. È la nuova mafia. Spiegata da una donna coraggiosa e tostissima, qui in Banca d’Italia. La camera di controllo degli affari del Paese. Occhiali scuri, cellulare all’orecchio, voglia di una sigaretta da fumare. È Alessandra Dolci.

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