Sconti e libertà vigilata, la sentenza che fa sperare gli ergastolani

IL CASO – La Consulta dovrà decidere se la durata della misura di sicurezza (5 anni) può essere ridotta. A giorni arriva la decisione

26 FEBBRAIO 2023

C’è un caso del quale si sta discutendo alla Corte costituzionale e che potrebbe condizionare le sorti di molti ergastolani. Di certo di quelli condannati prima della strage di Capaci, ma potrebbe riguardare anche altri detenuti. La questione ora al vaglio dei giudici infatti riguarda la legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di sorveglianza di Firenze sull’istituto della libertà vigilata applicata a quella condizionale, beneficio al quale possono accedere anche gli ergastolani ma solo se ravveduti e dopo aver scontato 26 anni di carcere. Ed è questo il caso di Bruno Ventura, detenuto dal 1993, condannato per associazione mafiosa e per un duplice omicidio commesso negli anni 90. Da tempo Ventura ha un lavoro, ha conseguito due lauree, ha già avuto accesso a permessi e alla semilibertà e non ha più commesso reati. Il Tribunale di sorveglianza di Firenze nell’ottobre 2020 gli ha concesso la libertà condizionale e dopo un anno il suo legale, l’avvocato Michele Passione, si è rivolto al giudice monocratico per chiedere, in sostanza, di riesaminare la pericolosità del proprio assistito in modo da revocare la misura e renderlo libero.

Il giudice ha respinto l’istanza e l’avvocato ha fatto appello al Tribunale di Sorveglianza che invece ha portato il caso davanti alla Corte costituzionale. In sostanza il Tribunale – in riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione – ha sollevato la questione di legittimità costituzionale degli articoli 177 secondo comma e 230 primo comma del codice penale: sono le norme che regolano l’istituto della libertà vigilata applicata al condannato all’ergastolo ammesso alla liberazione condizionale. Le questioni sollevate riguardano due aspetti: l’obbligatorietà dell’applicazione della libertà vigilata al condannato all’ergastolo; la durata della libertà vigilata in misura fissa e predeterminata (ossia 5 anni), non essendo prevista per il giudice la facoltà di una sua determinazione in concreto. Del caso si è discusso lunedì 21 febbraio scorso alla Consulta. Davanti alla Corte, sia l’avvocato Passione sia Maurizio Greco, che rappresenta l’Avvocatura dello Stato, hanno spiegato come il caso in esame non riguardi un ergastolano ostativo in quanto i fatti per i quali è stato condannato sono avvenuti prima della strage di Capaci e dunque non è possibile applicare le norme introdotte nel 1992.

L’avvocato Passione nel suo intervento ha spiegato come il suo assistito ora sia un’altra persona, avendo anche incontrato i familiari delle vittime dei suoi omicidi, e poi ha elencato, a supporto delle sue tesi, una serie di sentenze che hanno eliminato i meccanismi di rigidità di altre norme. Come pure potrebbe avvenire in questa occasione, se la Consulta dovesse decidere che i 5 anni previsti per la libertà vigilata non rappresentino una durata fissa e prestabilita, ma possa essere comunque valutata caso per caso dai giudici. Un indirizzo che andrebbe in senso contrario alla riforma Meloni che invece ha previsto un innalzamento della durata del periodo di pena da espiare per l’accesso alla liberazione condizionale e l’allungamento della durata della libertà vigilata (dieci anni anziché cinque) in caso di condanna all’ergastolo.

Per l’avvocato Passione però “la legge (sulla libertà vigilata, ndr) adotta un modello che esclude ogni apprezzamento della situazione da parte del giudice per imporgli un’unica scelta, che si rivela lesiva del necessario equilibrio fra le diverse esigenze da apprezzare”. E dunque – prosegue nella sua memoria depositata in udienza – “emerge un prepotente dubbio di legittimità costituzionale” rispetto alla misura di sicurezza della libertà vigilata “per suo contrasto logico insanabile con l’accertata cessata pericolosità sociale”.Sono principi non condivisi dall’Avvocatura dello Stato: “Il legislatore ha stabilito che dopo 26 anni esci… – ha infatti detto in udienza l’avvocato Greco –. Se mettiamo in discussione anche questi cinque anni cade tutto il modello. Allora è come se la Corte costituzionale si sostituisse al legislatore. (…) Non si può stabilire se cinque anni siano congrui o meno perché altrimenti ci sarebbe un doppio beneficio: quello perché non si sconta l’ergastolo e si passano in carcere 26 anni; e poi c’è un altro beneficio perché invece di fare 5 anni in libertà vigilata dopo la liberazione condizionale se ne scontano ‘X’ di meno. Questo appartiene al legislatore e la Corte non può intervenire”.Adesso sarà la Consulta a definire la questione con una sentenza: è attesa da qui a pochi giorni e, in base ai termini che porranno i giudici, potrebbe coinvolgere anche altri ergastolani, che così potranno sperare di avere maggiori benefici.

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