EURO-MAZZETTE

Maroc-leaks: tra i politici amici ci sono Panzeri e Michel padre

I CABLO ONLINE DAL 2015 – Il megadossier. Dieci anni fa un piano per “promuovere gli interessi” di Rabat nell’Ue Nei file l’elenco delle attività di lobbying e di altri italiani

DI MARTINA CASTIGLIANI, LUIGI FRANCO, THOMAS MACKINSON, ANTONIO MASSARI, GIUSEPPE PIPITONE E GIANNI ROSINI 

17 DICEMBRE 2022

S’intitola “Piano d’azione per il Parlamento europeo” ed è una comunicazione “confidenziale” dell’ambasciata del Marocco all’Ue. Il diplomatico Menouar Alem propone al ministero degli Esteri di Rabat una dettagliata operazione che ha l’obiettivo di “promuovere gli interessi” del Paese all’interno dell’Eurocamera. Un piano dettagliato che prevede raccolta di “informazioni, promozione e attività di lobbying”. Il documento è datato 4 gennaio 2013, quasi dieci anni prima dell’inchiesta della procura del Belgio su alcuni politici, accusati di essersi fatti corrompere dai servizi segreti marocchini, per influenzare le decisioni del Parlamento Ue.

Il primo della lista, per gli investigatori, è Pier Antonio Panzeri, ex europarlamentare Pd. Le indagini del Belgio iniziano nel 2019, ma tutta una serie di documenti classificati potrebbe retrodatare l’inizio di questa storia di almeno un decennio. Il nome del politico italiano, infatti, è citato più volte in alcuni cablogrammi riversati in Rete a partire dal 2015: sono i “Maroc-leaks”, che svelano le manovre di lobbying portate avanti in tutto il mondo da Rabat. E che potrebbero spiegare perché nel 2019, dopo aver concluso il mandato da Europarlamentare, Panzeri resta a Bruxelles, continuando a occuparsi di rapporti col Marocco con la ong “Fight Impunity”.

Il ruolo di Giorgi e Atmoun. Insieme all’ex deputato nei cablogrammi figura pure Francesco Giorgi, il suo ex assistente parlamentare finito agli arresti con la compagna, Eva Kaili, ex vicepresidente dell’Europarlamento. E poi c’è Abderrahim Atmoun, oggi ambasciatore marocchino a Varsavia, in passato presidente della commissione mista Marocco-Ue del Parlamento di Rabat. Una commissione di cui oggi a Bruxelles fa parte Andrea Cozzolino, eurodeputato del Pd, più volte citato nell’inchiesta, finora mai neanche interrogato o indagato, sospeso ieri dal Pd. A mettere in rete i “Maroc-leaks” è un anonimo mai identificato, noto come “Chris Coleman”: potrebbe essere una sorta di Edward Snowden del Maghreb o il frutto di una manovra di servizi nemici. L’autenticità dei cablogrammi non è mai stata contestata dal governo marocchino.

I dossier nel mirino. Dai documenti classificati – che risalgono a un periodo compreso tra il 2007 e il 2014 – emerge come il governo nordafricano provi a influenzare le scelte delle più alte istituzioni Ue sul dossier del Sahara occidentale, conteso dal movimento indipendentista saharawi, il Fronte Polisario. Ma l’attività dei marocchini è molto vigile anche sul fronte delle intese commerciali con l’Ue, che nel 2020 valevano più di 35 miliardi di euro l’anno. I negoziati che porteranno all’accordo di libero scambio cominciano nel 2013, lo stesso periodo in cui i marocchini studiano il loro Piano d’azione top secret. Un’operazione dettagliata, divisa per punti: il nome di Panzeri – definito in altri passaggi “intimo amico del Marocco” – è al primo paragrafo. Il funzionario di Rabat chiarisce che il politico, presidente della delegazione per il Maghreb, “ha accolto con favore quest’iniziativa e ci ha assicurato il suo sostegno nella realizzazione”. Nel piano si spiega anche che, in vista della relazione sui diritti umani nel Sahara occidentale, l’eurodeputato britannico Charles Tannock “richiede vigilanza”. “La Missione – si legge nei cablo – ha già avviato un’azione di mobilitazione e pressione. Un altro approccio è stato effettuato tramite l’eurodeputato Jean Roata (Francia del Ppe)”. Poi si pianifica una “coalizione” parlamentare marocchina-europea che “possa operare come rete di pressione composta da deputati europei e consiglieri marocchini, al fine di difendere gli interessi supremi del Regno”. Infine, nero su bianco, c’è la creazione di un’agenzia di lobbying in house.

Il viaggio ‘bluff’ di Panzeri. Tra i cablo è presente anche la “preparazione” di un viaggio di Panzeri, pensato per essere una sorta di trasferta di copertura. È l’ottobre del 2011 e l’italiano sta per andare a Tindouf, in Algeria, dove c’è un campo di rifugiati saharawi. “La visita è indispensabile per rafforzare la credibilità di Panzeri nei confronti di Algeria e Polisario, visto che è accusato di essere pro Marocco. Non è interesse del Marocco che Panzeri sia percepito così”, avvertono gli analisti di Rabat. La nota segnala “l’ambiguità costruttiva” di Panzeri, definito come uno che può essere “un alleato di peso” ma anche un “duro avversario”. L’italiano sul tema, scrivono, dimostra “una continuità raramente osservata negli altri eurodeputati”.

Il giornalista indiscreto. Meno di due anni dopo, tra il 20-24 giugno 2013, Panzeri torna in Marocco. Stavolta con una delegazione di 6 europarlamentari del gruppo S&D e relativi assistenti, compreso Giorgi. Nei cablo vengono elencati tutti gli incontri della delegazione: per almeno due volte Panzeri vede il solito Atmoun. Nonostante l’attenta regia dell’operazione, però, non tutto fila liscio. Un giornalista di una tv locale fa troppe domande e “infastidisce” la delegata francese Le Texier. Viene informato il governatore, che chiama il direttore della rete. “Quest’ultimo – scrive l’autore della note – mi assicura che avrebbe indagato sulle cattive azioni del giornalista”.

Il protocollo sulla pesca. È il 5 dicembre 2013: siamo alla vigilia del voto per l’approvazione del protocollo sulla pesca che prevede un finanziamento per il Marocco di 30 milioni l’anno. L’ambasciatore ha scritto ad alcuni interlocutori “rilevanti”, come i membri del gruppo Alde, che sull’argomento “sembrano divisi”. “La missione diplomatica fa molto affidamento sul ruolo preponderante dei nostri due amici all’interno dell’Alde, Annemie Neyts e Louis Michel”. Quest’ultimo è l’ex vice premier belga e padre dell’attuale presidente del consiglio Ue, Charles Michel. L’ambasciata è preoccupata per le “posizioni ambigue e imprevedibili” di alcuni deputati italiani. Relatrice del protocollo è la spagnola Carmen Fraga Estévez, che – riporta la nota – ha incontrato Raffaele Baldassarre, ex deputato di Forza Italia deceduto nel 2018, e Giovanni La Via, allora con Ncd. “Il signor Baldassarre – si legge – ha promesso di sensibilizzare i deputati Rivellini e Antinoro (Enzo Rivellini, ex FI oggi Fdi, e Antonello Antinoro, ex Udc oggi in Noi con l’Italia, ndr), che si sono astenuti durante la votazione in seno alla commissione per la pesca”. Nel cablo si fa riferimento al solito Panzeri, con cui l’ambasciatore dice di avere avuto contatti, “invitandolo a sensibilizzare gli italiani per un voto positivo”. Alla fine, però, solo Panzeri e La Via votano a favore dell’accordo, Baldassarre si astiene, Rivellini non è presente, mentre Antinoro vota addirittura contro. L’accordo, in ogni caso, viene approvato.

La lista dei “cattivi”.
Nei cablo ci sono anche “i cattivi”. Nell’aprile del 2014, l’ambasciata rivendica di aver sventato il tentativo di aprire un’inchiesta dopo che una delegazione era stata respinta a Casablanca. A essere identificato (con tanto di scheda dettagliata e foto) è Niccolo Rinaldi dell’Italia dei valori: la sua colpa – secondo i marocchini – è di aver sollevato il caso durante una riunione del gruppo. Ed è qui che l’ambasciata segnala l’intervento di una serie di “amici” che “hanno contribuito a compromettere l’iniziativa ostile”. Si cita Panzeri, ma anche il francese Daul (Ppe) e il tedesco Brock (S&d). “Hanno giocato un ruolo decisivo”, poi, lo spagnolo Salafranca (Ppe), e pure i belgi Neyts e Ries (entrambi Alde). Insomma, la lista degli amici del Marocco non si ferma agli italiani. Da almeno un decennio.

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