BRUXELLES
“Corrotti dal Qatar 4 italiani e la n. 2 dell’Europarlamento”
L’INCHIESTA – Arrestati l’ex eurodeputato Pd Panzeri ed Eva Kaili. A casa dell’esponente dem trovati 500mila. Fermato Luca Visentini, capo dei sindacati europei. Pm: soldi per influenzare le decisioni sui Mondiali di calcio
DI VINCENZO BISBIGLIA E ROBERTO ROTUNNO
10 DICEMBRE 2022
Il Qatar come “capofila nei diritti dei lavoratori” e i Mondiali 2022 “prova di come la diplomazia sportiva possa realizzare una trasformazione storica di un Paese con riforme che hanno ispirato il mondo arabo”. Si esprimeva così pochi giorni fa l’eurodeputata greca Eva Kaili, vicepresidente del Parlamento europeo (in quota S&D). Erano i giorni precedenti alla votazione del 24 novembre, quando si sarebbe approvata la risoluzione proposta dai Verdi per prendere le distanze dalla gestione di Doha dei campionati del mondo di calcio. Evento per il quale dal 2010 al 2020 secondo un’inchiesta del Guardian sono morti 6.500 lavoratori impiegati, decessi che le autorità qatariote hanno attribuito in gran parte a “episodi di infarto”. Quel tentativo di S&D (Socialisti e Democratici) e Ppe (Partito popolare europeo) di ammorbidire la posizione Ue verso il Qatar, per la Procura federale di Bruxelles è stato l’ultimo atto di una lunga azione di lobbing che in questi anni avrebbe portato un gruppo di europarlamentari, assistenti e funzionari a sottostare agli interessi di Doha. Ieri Kaili (che il 1° novembre aveva incontrato Al Marri, ministro del lavoro del Qatar) è stata fermata per “sospetta corruzione” dalla polizia federale e sarà interrogata nelle prossime ore. Tecnicamente si parla di “fermo” perché la procedura belga prevede prima un interrogatorio, ma i media locali, citando fonti inquirenti, parlano di “arresto in flagrante”. Per il giornale greco Ekathimerini, Kaili è stata espulsa dal partito socialista ellenico Pasok.
Nell’inchiesta federale svelata dai belgi Le Soir e Knack sono indagate 16 persone, tra cui un nutrito gruppo di italiani. Una lobby, per i pm, votata al brandwashing in cui figura anche Pierantonio Panzeri, 68 anni, ex deputato Ue ed ex presidente della sottocommissione sui diritti umani. Anche lui sarà interrogato. Le accuse sono tutte da verificare, anche perché gli interessi in ballo sono fortissimi. Nelle perquisizioni in 5 città belghe, i poliziotti hanno sequestrato 600 mila euro in contanti (di cui 500 mila a Panzeri) mentre a Bergamo i carabinieri hanno arrestato la moglie e la figlia dell’ex eurodeputato – M.C., 68 anni, e S.P., 38 anni – accusate di favoreggiamento. Tra gli indagati ci sono alcuni appartenenti al suo vecchio staff. I sospetti si concentrano nella legislatura Ue 2014-2019, quando i ritardi e le morti sul lavoro avevano messo in pericolo la conferma del Qatar come sede dei Mondiali. Panzeri tra il 2018 e il 2019 è stato almeno due volte a Doha. Ripreso dal sito The Peninsula a margine di un incontro con l’allora primo ministro Abdullah bin Nasser bin Khalifa Al Thani, Panzeri il 9 aprile 2018 avrebbe dichiarato di aver “assistito a sviluppi positivi nel campo dei diritti umani”. L’anno dopo, a Qatar Tribune Panzeri avrebbe detto: “Il Qatar emerge come riferimento per i diritti umani”. Concetti ribaditi fino a oggi sul sito della sua ong Fight Impunity e nei suoi contributi come blogger dell’Huffington Post.
Nel mirino della procura federale c’è anche Francesco Giorgi, oggi assistente parlamentare del deputato Ue, Andrea Cozzolino (estraneo all’inchiesta), ma nella scorsa legislatura con Panzeri. Giorgi è anche il compagno di vita di Kaili. Cozzolino in vista del 24 novembre, aveva inviato una mail al gruppo di S&D in cui affermava che “il Parlamento europeo non dovrebbe accusare un paese senza evidenze (…) giudiziarie” e che “allora bisognerebbe riflettere” anche sul “Mondiale svoltosi in Germania nel 2006”. “Giorgi è un ottimo tecnico, lo stimo moltissimo, ma non mi detta la linea: quella era una mia valutazione che continuo a sostenere”, ha detto Cozzolino al Fatto.
Altra figura centrale, secondo le accuse federali, quella di Luca Visentini, sindacalista Uil, ex segretario della Etuc e da poco eletto a capo della Ituc (International Trade Union Confederation), la più grande confederazione sindacale del mondo. “Bisogna lavorare di più sull’attuazione delle riforme – diceva Visentin un mese fa, prima di Ituc – ma il Qatar andrebbe visto come una storia di successo”. Plausi al processo “riformatore” qatariota erano del resto arrivati anche dal predecessore, l’australiana Sharan Burrow. Se il 22 marzo 2017 il sindacato mondiale chiedeva all’Organizzazione internazionale del lavoro di aprire un’inchiesta sulle violazioni dei diritti operai in Qatar, a dicembre 2017 parlava di una “nuova linea” nell’emirato. E il 30 agosto 2020 aggiungeva che “il Qatar ha regolarizzato il sistema di relazioni industriali”.
Tornando a Panzeri, l’ex sindacalista Cgil è annoverato tra i fedelissimi di Massimo D’Alema (estraneo all’inchiesta). Panzeri lo ha seguito nel 2017 in Articolo 1, lo ha difeso dalle critiche di chi gli chiedeva “un passo di lato” a vantaggio di Matteo Renzi, e lo ha spesso accompagnato nei comizi in Lombardia. D’Alema in questi giorni sta lavorando come consulente di una cordata del Qatar per l’acquisto della raffineria Lukoil di Priolo (ma la vicenda non ha nulla a che vedere con l’inchiesta). Sotto i fari dei pm c’è l’ong Fight Impunity – la cui sede belga è stata perquisita – fondata nel 2019 dall’ex deputato Ue, che per i media belgi sarebbe uno degli strume strumenti di veicolo delle mazzette qatariote. Tra i soci “onorari” (che dunque non mettono bocca nella gestione) anche Emma Bonino e l’ex ministra Federica Mogherini. Con Bonino in passato ha lavorato un altro indagato – scrive Ansa – Niccolò Figà Talamanca, segretario di No Peace Without Justice, ong che collabora con Fight Impunity. Panzeri e Visentini, invece, hanno firmato la prefazione e coordinato il Rapporto sui Diritti Globali di Società InFormazione, ancora non pubblicato. A stretto contatto con Panzeri collabora l’eurodeputata belga di S&D, Marie Arena, attuale presidente della sottocommissione Ue ai Diritti umani, anche lei sotto i fari dei federali.
Tra Bruxelles e Strasburgo – scrive l’ olandese De Standaard – è in atto uno scontro tra lobby legate agli Emirati Arabi Uniti e al Qatar. Nel 2020, Corporate Europe ha pubblicato un rapporto sul lavoro di lobbying degli Eau in Ue, mentre nel 2018, Open Secrets ha stimato il budget di lobbying del governo del Qatar a quasi 750 mila euro.
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