*In memoria di un Italiano*

di Vincenzo D’Anna*

Ricorre il cinquantesimo anniversario della morte di un “grande” italiano. Di quelli veri, che si distinguono dal pensiero unico, dall’opportunismo politico, dall’essere sempre seduti sul carro dei vincitori. Per capirci: uno di quelli che usano l’ironia e l’arguzia innanzi alle mode ed alle parole d’ordine che il potere mediatico impone alle masse. Si tratta di Ennio Flajano, scrittore, saggista, umorista, intellettuale liberale a tutto tondo. Lo potrete riconoscere nella famosa fotografia scattata al “Caffè Greco”, in via Frattini (l’elegante strada che porta a Piazza di Spagna), a Roma, dove è ritratto insieme ad Aldo Palazzeschi, Carlo Levi, Libero De Libero, Lea Padovani, Orson Welles, Mario Mafai e Vitaliano Brancati. Di questi tempi oscuri nei quali anche l’ignoranza viene esaltata e la nostra scuola trasformata in diplomificio ove i docenti, prendendo a prestito la parte meno faticosa della pedagogia di don Lorenzo Milani e di Maria Montessori, si preoccupano più di accogliere e parificare socialmente gli studenti che di istruirli, il suo nome forse non dice granché. Eppure Flajano ha coniato una frase stupenda che fotografa questi tempi: “fra trent’anni la cultura sociale sarà fatta dalla televisione”. E per quanto riguarda la politica: “la situazione in Italia è grave ma non è seria”. E ancora: “l’italiano ha un solo vero nemico: l’arbitro di calcio, perché emette un giudizio”. Aforismi sagaci, che contenevano la sintesi di più ampi concetti coniati sull’italico popolo e la sua eterna voglia di non assumersi mai responsabilità su nulla. A guardare quel che caratterizza la classe politica attuale, con i suoi eterni protagonisti, come non dare ragione al grande scrittore abruzzese quando, iconico ed ironico, scriveva: “l’insuccesso gli ha dato alla testa”. Non è forse l’Italia l’unica nazione al mondo ove la transizione politica è eterna e sono decenni che invochiamo un radicale cambio di sistema e di modifica di una carta costituzionale ormai anacronistica nella sua seconda parte? Un passaggio che non si realizza proprio perché gli sconfitti non si ritirano dall’agone ma si ripropongono, con ancor maggiore sussiego, per l’ennesima prova elettorale!! Nelle grandi democrazie europee chi perde va a casa e viene sostituito, nei propri apparati, in un avvicendamento fisiologico che porta ai vertici delle istituzioni giovani e facce nuove. Nel Belpaese, invece, gli ottuagenari e quelli che per anni sono stati bocciati alle urne, restano imperterriti sulla plancia di comando e con essi il proprio portato culturale e politico. Abbiamo oggi una “seconda repubblica” che, nata dalle ceneri di tangentopoli, è rimasta quella che era, votata, per prassi e mentalità, più verso il passato che verso il futuro. Con l’aggravante che, scomparsi i partiti basati su valori identitari e militanza responsabile, svanita la democrazia decisionale ed il dibattito interno, sopravvivono le “ditte” personalizzate intestate alle persone, eternamente sedute ai vertici in quanto inamovibili. Alla democrazia partecipata abbiamo insomma sostituito un’olocrazia personalizzata costruita intorno ai personaggi e non alle idee. C’è oggi in giro chi possa commentare, con l’umorismo e la perspicacia di Flajano, questo stato di cose? Esistono intellettuali non organici che dicono quel che realmente pensano senza imbarcarsi per uno scranno parlamentare? Insomma, sono scomparsi coloro che criticavano il sistema senza parteggiare o brigare per un posto di comando. La stessa stampa che in tempi passati annoverava tra i propri operatori gente del calibro di Montale, Soldati, Bacchelli, Biagi, Montanelli, Eco, Del Buono, Gervaso, Guareschi, Collodi, e tanti altri ancora, che vincevano premi letterari di prestigio, oggi è popolata da acrimoniosi protagonisti partigiani. Chi ci ridarà la verve di queste menti libere, di questi intellettuali controcorrente che erano in grado di apportare voci critiche ed autorevoli sia alla cultura che al giornalismo tricolore? Le stesse accademie nostrane sono in disuso: dai Lincei alla Crusca, la lingua di Dante è sempre più lasciata alla mercé di ogni moda esterofila ed ai compromessi grammaticali e semantici. Di converso, nella vicina Francia si sorveglia e si censura ogni bovarismo che possa inquinare sia la lingua che il suo significato autentico, così come nel Regno Unito fanno le belle e prestigiose università britanniche. In Italia no. Noi siamo destinati ad essere plasmati dalla tv spazzatura, dai quiz demenziali e dai corsi di cucina. Aveva ragione Flajano quando fustigava i costumi di quel tempo. E se una summa si può fare di questo grande italiano, indomito alla mediocrità ed al compromesso, che aveva ben piantati i piedi sulle nuvole, la si faccia citando uno dei suoi aforismi più belli. Quello che descrive gli italioti levantini quanto anonimi: “Vogliono la rivoluzione ma preferiscono fare le barricate con i mobili degli altri”.

*già parlamentare

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