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Ravello «il più bel luogo di tutto il mediterraneo». Dall’ inviato Innocenzo Orlando
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Ravello «il più bel luogo di tutto il mediterraneo». Dall’ inviato Innocenzo Orlando
Cento anni fa in questi giorni gli italiani scoprirono il mare.
Nelle estati del ventennio fascista, infatti, grazie a treni popolari a prezzi scontati «i treni di ferragosto» migliaia di famiglie residenti nell’interno del Paese poterono per la prima volta raggiungere le spiagge delle coste e immergere i corpi scarni di un popolo miserabile nelle acque del Mediterraneo.
Duemila anni prima era stato l’imperatore Augusto a istituire la festa di mezza estate (_Feriae Augusti_), intesa a celebrare la fine degli sfiancanti lavori agricoli dei contadini romani, devoti nel sangue e nel sudore alle divinità della terra, tra danze sfrenate, corse di cavalli, crapule e mance dei padroni.
E oggi? Cosa ci dice oggi di questo nostro popolo inetto al lavoro dei campi eppure ipernutrito la feria d’agosto? Quale volto si scorge nello specchio dell’estate più calda di sempre giunta al suo zenith vacanziero?
Cerco quel volto aggirandomi tra le antiche ville, le piazze, le balze meravigliose di Ravello, un paese collinare della Costa d’Amalfi, affacciato a strapiombo sul mare del mito.
È in questo luogo incantato, concesso alla mia esistenza da un destino benevolo, che io ho creduto fin da ragazzetto di poter ritrovare, estate dopo estate, la felicità — breve felicità e, al tempo stesso eterna — promessa a ogni italiano dall’idillio mediterraneo.
Non sono certo l’unico, non sono certo il primo, e nemmeno l’ultimo. Da quasi due secoli, oramai, viaggiatori da tutto il mondo giungono a Ravello in cerca di armonie perdute, dei climi dolci che inducono al sonno, del matrimonio perfettamente riuscito tra cultura e natura.
È lunga la lista degli ospiti illustri: da Wagner (che qui credette di trovare il magico giardino di Klingsor) a Forster, da Escher a D.H. Lawrence, da André Gide all’ultimo, costretto Re d’Italia per mano anglicana che in un antico palazzo di questo borgo abdicò a favore del figlio Umberto.
La lista delle celebrità si allunga fino ai giorni nostri passando per Jackie Kennedy, Greta Garbo, Pier Paolo Pasolini e Gore Vidal, il grande scrittore americano vissuto per trent’anni alla Rondinaia, piccola, meravigliosa villa strappata alla roccia a picco sul mare.
Ed è proprio su una frase di Gore Vidal che rifletto mentre osservo la piazza Duomo dai tavolini del Caffè San Domingo, dove lo stesso Vidal era solito sostare per le sue colossali bevute.
Vidal parla di «magia» e definisce il costone di roccia su cui sorge Ravello come «il più bel luogo di tutto il mediterraneo».
Lui, però, ci arrivò per la prima volta nel dopoguerra su di una jeep dell’esercito americano assieme a Tennessee Williams e ci abitò con lo sdegno aristocratico dell’espatriato di lusso e di squisita cultura: «Io non sto a Ravello, sto alla Rondinaia», era solito ripetere anche se a nessuno piace ricordarlo.