MOLTI GIUDICI SI CREDONO SEMIDII MA SONO INVECE UOMINI COME NOI E A VOLTE PISCIANO PURE… NON SOLO A CASA MA ANCHE IN TRIBUNALE!

E GIUSEPPE ARTINO INNARIA DEL TRIBUNALE DI CATANIA “Non aveva tempo da perdere” E HA PISCIATO IN TRIBUNALE NELLE BOTTIGLIE DI ACQUA MINERALE –

Non ho tempo da perdere

SARA’ PROCESSATO – SCRIVE  MERLO – E VERRA’ ASSOLTO ( CANE NON MORDE CANE ) IL CASO PALAMARA DOCET!

 

Minzioni di Francesco Merlo-  la Repubblica

Forse il giudice Giuseppe Artino Innaria rivendicherà «le sue minzioni» ricordando che, durante la pandemia, Amazon forniva ai fattorini le bottiglie per urinare non solo per non perdere tempo – «il tempo degli operai – diceva Brecht – appartiene al padrone»- ma anche per proteggerli. Forse il giudice civile di Catania, che nei mesi della pandemia si scaricava in bottiglia, si era ispirato alla speedy-loo della gig economy raccontata, già nel 2019, da Ken Loach in Sorry We Missed you.
Si sa che fare la pipì non è solo fare la pipì, e infatti i “viccì” diventano “bagni” nel Palazzo di Giustizia dove i giudici ne hanno a disposizione almeno uno per Sezione. Non bagni penali, ma bagni culturali, pensatoi di conforto, dove, come in quelli di casa, si può nel frattempo risciacquare il Codice. Ma il virus, che più della legge è uguale per tutti, li rese ostili. Dunque il giudice, per distanziarsi dai droplet nebulizzati e dagli asciugatori, la faceva, chiuso nel suo ufficio, dentro le bottigliette dell’acqua minerale che poi, per imprudente o impudente comodità, riponeva nell’armadio. Il quotidiano La Sicilia che ha raccontato la vicenda e ha mostrato le bottiglie allineate come nei laboratori clinici, ha scritto che il giudice è stato sentito dal presidente del Tribunale, il quale, ipotizzando «una rilevanza disciplinare», ha rinviato gli atti alla Cassazione. Urinare in bottiglia non è di per sé disdicevole e il giudice, che ha sempre onorato la magistratura, è anche l’apprezzato autore di un romanzo che, per innocente coincidenza, si intitola Non ho tempo da perdere. Né esistono precedenti giudiziari e riferimenti storici sull’acrobazia della minzione. Nessuno ha mai chiarito, per esempio, come furono raccolte «in una bottiglia di cristallo smerigliato» le «occorrenze» della regina Maria Teresa che, in visita a Ischia, “onorò” la casa di un negoziante. Il giudice ha usato un imbuto? I social si sono sbizzarriti e i goliardi hanno recitato le filastrocche sulla forma di «San Cirillo che l’aveva a spillo per infilzare i microbi», di «Sant’Isidoro che l’aveva d’oro per svalutare il dollaro» e di «Sant’Astuto che l’aveva a imbuto…». Se, alla fine, il procedimento disciplinare ci dovesse essere davvero, non sarebbe facile per il procuratore generale della Suprema Corte scrivere “il capo di incolpazione”.
Immaginiamolo: “Dell’illecito disciplinare di cui all’art.2 lett. d, D.lvo 109/2006, perché urinava abitualmente in ufficio usando bottigliette di plastica che poi riponeva nell’armadio dove venivano ritrovate in numero di circa 50 e così, nell’esercizio delle sue funzioni di giudice civile del Tribunale di Catania, manteneva un comportamento gravemente scorretto, anti-igienico e indecoroso nei confronti dei collaboratori, degli altri magistrati e, in genere, degli utenti della Giustizia con cui intratteneva rapporti d’ufficio e di lavoro”. Secondo me lo assolvono.
Secondo voi?.

Francesco Merlo