Calano i reati ma crescono ergastolani e recidivi

di Federica Brioschi

Il Riformista, 30 aprile 2022

Oltre 2.000 in 24 anni. Un monitoraggio costante che ha permesso ad Antigone di fotografare lo stato del sistema penitenziario nella sua complessità, analizzandolo con spirito critico ma anche costruttivo. Da questa attività parte la realizzazione del rapporto annuale dell’associazione sulle condizioni di detenzione. Ieri, a Roma, è stato presentato il diciottesimo, frutto delle circa 100 visite effettuate nel 2021, dal Nord al Sud del paese, dalle carceri più grandi agli istituti più piccoli.

Il monitoraggio degli osservatori restituisce un’immagine delle carceri italiane non molto lusinghiera. Nel 17% di quelle visitate da Antigone c’erano sezioni prive di ogni ambiente comune, che sono invece fondamentali per organizzare attività volte al reinserimento dei detenuti nella società. In oltre il 30% degli istituti le persone non avevano accesso regolare alla palestra, un modo per mantenersi in salute in un ambiente sedentario. Nel 35% degli istituti visitati mancava l’area verde per i colloqui all’aperto con i familiari prevista dal regolamento, mentre nell’85% non c’erano spazi di culto per i detenuti non cattolici. In varie carceri si trova ancora il water a vista accanto al letto e al fornelletto per cucinare. Infine nel 74% degli istituti visitati le persone non avevano alcuna forma di accesso a Internet.

A fine marzo sono 54.609 le persone private della libertà nel sistema penale italiano, mentre un anno fa erano circa un migliaio in meno. Ufficialmente il tasso di affollamento medio è del 107,4%, tuttavia, se si considerano i posti realmente disponibili, a fronte di reparti e sezioni chiuse o celle inagibili, il tasso supera il 115%. Un dato su cui pesano sempre meno gli stranieri che al 31 marzo 2022 sono il 31,3% sul totale della popolazione detenuta, con un calo del 5,8% rispetto al 2011. Il loro tasso di detenzione (calcolato nel rapporto tra popolazione straniera residente in Italia e stranieri presenti nelle carceri) ha visto una decisiva diminuzione, passando dallo 0,71% del 2008 allo 0,33% del 2021. Stabile la percentuale di donne, che rappresentano il 4,2% della popolazione detenuta, così come i detenuti in custodia cautelare, il 31,1% del totale, un dato sempre superiore alla media europea e su cui non si riesce ad intervenire in maniera ampia.

Se lo scopo principale della pena dovrebbe essere il reinserimento sociale ed evitare che le persone condannate tornino a delinquere, il carcere non sembra riuscire ad adempiere al dettame costituzionale. Infatti al 31 dicembre 2021 solo il 38% dei detenuti presenti nelle carceri italiane era alla prima carcerazione. Il restante 62% in carcere c’era già stato almeno un’altra volta. Il 18% c’era già stato in precedenza 5 o più volte. Aumenta anche il numero di reati medio commesso da ogni detenuto. In media vi si tratta di 2,37 reati per detenuto mentre nel 2008 il numero di reati per detenuto era dell’1,97. Dunque diminuiscono i reati in generale, diminuiscono i detenuti in termini assoluti ma aumenta il numero medio di reati per persona. Ciò è indice dell’aumento del tasso di recidiva. Dati centralizzati sulla recidiva non vengono raccolti e invece sarebbe utile lo si faccia. Per capire quali sono i percorsi che realmente consentono a chi ha scontato una pena a non commettere altri reati una volta fuori. Certamente, da questo punto di vista, aiutano le misure alternative, che consentono al detenuto di riprendere i legami con il mondo esterno prima della fine della pena.

Come ha ricordato durante la conferenza di presentazione del rapporto il Garante dei detenuti della Regione Lazio, Stefano Anastasìa, non esiste alcuna ragione – che guardi ad un orizzonte risocializzante – per tenere una persona in cella fino all’ultimo giorno della sua pena. Nonostante il calo dei reati che si registra ormai da anni (-12,6% rispetto al 2019), le persone detenute si trovano a scontare pene sempre più lunghe. Al dicembre 2021 fra i detenuti definitivi, il 50% stava scontando una condanna definitiva uguale o superiore a 5 anni e il 29% aveva subito una condanna a 10 o più anni. Dieci anni fa queste percentuali erano rispettivamente il 40% e il 21%. Aumentano anche gli ergastolani: erano 408 nel 1992, 990 nel 2002, 1.581 nel 2012 e oggi sono 1.810. Un aumento impressionante considerando il calo degli omicidi in Italia. Infine, venendo proprio alle misure alternative, ben 19.478 detenuti dovevano scontare una pena residua pari o inferiore a 3 anni.

Una gran parte di loro potrebbe usufruire di alternative alla detenzione ma, alla difficoltà di ottenerli in alcuni casi, spesso si aggiungono anche problemi di carattere esterno, come ad esempio l’assenza di un domicilio che consenta di accedere alla detenzione domiciliare. Di fronte a questi numeri appare evidente la necessità di riformare il sistema e su questo insiste con forza l’associazione Antigone. “I tassi di recidiva ci raccontano di un modello che non funziona e ha bisogno di importanti interventi, aprendosi al mondo esterno, puntando sulle attività lavorative, scolastiche, ricreative e abbandonando la sua impronta securitaria” ha commentato Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. “A dicembre 2021 – ha ricordato Gonnella – la Commissione per l’innovazione del sistema penitenziario nominata dalla Ministra Cartabia e presieduta dal prof. Marco Ruotolo, ha elaborato e consegnato un documento con tutta una serie di riforme che si potrebbero fare in maniera piuttosto rapida.

Inoltre la recente nomina di Carlo Renoldi alla guida del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria apre una prospettiva importante da questo punto di vista. Ci auguriamo che si sappia cogliere quest’occasione e si portino avanti tutte le riforme di cui il carcere italiano ha urgente bisogno”. Un ultimo passaggio è stato dedicato al diritto di voto delle persone recluse. In Francia, al primo turno delle politiche, ha votato circa il 15% dei detenuti grazie ad una nuova modalità via posta che ha incentivato la partecipazione (prima votava solo il 2%). “Anche in Italia – è stato l’appello di Gonnella – si trovino degli strumenti per incentivare la partecipazione dei detenuti al voto in vista delle prossime elezioni politiche e i prossimi referendum”. Garantire il diritto al voto significa garantire la partecipazione dei detenuti alla vita sociale, fondamentale in un’ottica risocializzante.