Poteri forti di Giuliano Ferrara DA  Il Foglio

 

La data è fissata. E molto ruota intorno al nome di Mario Draghi, sbarcato dal Britannia e imbarcato sul Repubblica. Eppure di Poteri Forti non se ne vedono più. Curioso. Anche divertente, se vogliamo divagare dalla vaccinolalia. Una volta era diverso. I capi dei partiti, anche quelli con molti attributi di potere decisionale, come un De Mita e un Craxi, per dire, dovevano vedersela con i serpenti dei Poteri Forti, d’ora in avanti PF, che strisciavano sotto le foglie. C’era un PF vecchia scuola della grande industria e della finanza, che s’era divorato l’autorevole e potente Corriere della Sera, concentrato in una cosa un po’ stellare chiamata Gemina, nebulosa e filiale dell’ombrosa, intelligente e dispeptica Mediobanca, dove regnava un grande che si faceva piccolo, uno che era dappertutto perché non si vedeva mai, un siciliano nel gran Milan (lassa pur ch’el mond el disa, ma Milan l’è on gran Milan).

E c’erano i PF risalenti più direttamente alle famiglie influenti e numerose di Torino, collegate con il club del Bilderberg, c’era l’ambasciata americana (quando telefonavano raramente al Foglio al centralino l’interlocutore segretissimo si annunciava solo con un: ambasciata, e il patriota Buttafuoco si stupiva: ma perché dicono solo ambasciata?). C’erano gli uomini del Papa, che non badava solo al Santo Evangelio e non faceva serie Netflix, era gente che si preoccupava del lavoro ben fatto nella capitale della cattolicità. Molti si domandavano che cosa mai frullasse nella testa del potere editoriale e finanziario concorrente, che non era un anonimo e aziendalissimo Gedi, ma il gruppo De Benedetti, con i suoi araldi e aedi capaci di comunicare ovunque, non solo a via Veneto, spunti macchiette e disegni quasi imperscrutabili, e un principe napoletano sornione e pettegolo, che ne faceva di cotte e di crude. Ogni tanto si sussurrava di Logge, magari con la P, non era ancora venuta l’ora solare e sportiva del Circolo Aniene e del suo patron.

Nei partiti si badava certo ai deputati e senatori, che alla fine facevano la giornata, ma un occhio di riguardo era sempre dedicato al Capo della polizia, l’unico apicale italiano fregiato del titolo spagnolesco e francamente bello, appunto, di Capo. Non era un funzionario alto in grado, era un’istituzione solida e riverita. C’erano tra i PF fior di professori e banchieri, alcuni influenti nel tesoro romano e nel sud, e perfino sul Censis del sulfureo e saggio professor De Rita aleggiava il non so che, il quid specialissimo, di un potere abbastanza forte. Confindustria badava come sempre agli interessi degli associati, ma a suo modo, soggetto contendibile e conteso ma riservato, faceva storia nelle smanie e nelle trame di potere, oltre la serena misura di sindacato e ufficio studi.

I PF avevano i loro collegamenti internazionali, roba forte e solida che veniva direttamente dall’eredità di una grande guerra, dei piani Marshall, dai veti della Guerra fredda predeterminati a Yalta, e c’era il circolo attivissimo delle spie che integrava la diplomazia visibile e invisibile.

Alla vigilia delle grandi scelte, figuriamoci se in questione c’era un Mario Draghi, i PF lasciavano cadere indizi pregnanti della loro esistenza in vita. Esprimevano un’energia abbastanza poderosa. Ora trionfano i piccoli irregolari della legislatura, che non rispondono a nessuno, si fanno appelli per una donna al Colle, nientemeno, al Bilderberg c’è molta petulanza, i direttoroni dell’informazione giocano a rimpiattino con il paludamento di un tempo, il Transatlantico è una grande Omicron potenziale, la vera conta è quella dei probabili influenzati, l’energia è green, cioè poco energica, i capi dei partiti si vedono tra loro, infastiditi da un Giorgetti o da un D’Alema, e non si distinguono come amici-nemici del gioco democratico, sono non più capifazione o capicoalizione, sono capifrazione che cercano di sommarsi e sottrarsi in uno spettro di numeri del tutto ipotetici. Mais ou sont les pouvoirs d’antan?

P.S.: IL TITOLO DEL PEZZO E’ DEL NOSTRO DIRETTORE. IL TESTO E’ UN ARTICOLO DI FERRARA/ LA FONTE E’ LA SPREMUTA DI GIORNALI

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