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Il Dap istituisce una commissione ispettiva sulle rivolte del marzo 2020

di Eleonora Martini/ Il Manifesto, 23 luglio 2021

Un magistrato, tre direttori, due comandanti e due dirigenti per sei mesi di indagini. In quei giorni morirono 12 detenuti. “Una Commissione ispettiva per fare luce sull’origine delle rivolte dei detenuti avvenute negli istituti nel marzo 2020, sui comportamenti adottati dagli operatori penitenziari per ristabilire l’ordine e la sicurezza e su eventuali condotte irregolari o illegittime poste in essere”. Ad annunciarla è il ministero di Giustizia che ha voluto così rispondere – tardivamente, ça va sans dire – alle richieste di fare luce su quei 12 detenuti morti durante e dopo le rivolte scoppiate alle prime misure restrittive anti-Covid e sedate dalla polizia penitenziaria.

La Commissione istituita dal capo del Dap, Petralia, e dal suo Vice, Tartaglia, che sarà presieduta dal magistrato Sergio Lari, ex procuratore generale della Corte d’Appello di Caltanissetta, dovrà anche rispondere alla pressante richiesta di chi vede dietro quelle rivolte una regia occulta ed esterna. Lari, scelto dal Dap per la sua “lunga e comprovata esperienza e capacità”, ha 6 mesi di tempo per scoprire ciò che in questi 13 mesi non è stato scoperto, e sarà affiancato da Rosalba Casella (ex direttrice del carcere di Sant’Anna di Modena), Giacinto Siciliano (direttore di San Vittore), Francesca Valenzi (dirigente Ufficio detenuti e trattamento del ministero di Giustizia), Marco Bonfiglioli (dirigente del Provveditorato Emilia Romagna e Marche), Luigi Ardini (comandante del carcere romano di Rebibbia) e Riccardo Secci (comandante del carcere di Lecce).

 

Campania. Mentre il governo studia la riforma le carceri tornano a scoppiare

di Viviana Lanza Il Riformista, 23 luglio 2021

Il Garante regionale dei detenuti Samuele Ciambriello e i garanti cittadini Pietro Ioia e Emanuela Belcuore tornano a chiedere che i detenuti trasferiti da Santa Maria Capua Vetere dopo le denunce dei pestaggi in carcere siano avvicinati alla Campania. E lo fanno nel giorno in cui la ministra della Giustizia Marta Cartabia riferisce in Aula sulle violenze finite al centro di un’inchiesta penale e di un’indagine interna. Lo fanno tornando anche a porre l’attenzione sul problema del sovraffollamento, quello di cui ha parlato anche la Guardasigilli. Le carceri stanno tornano a esplodere e con il caldo il livello di vivibilità nelle carceri si abbassa notevolmente.

“Ho denunciato quello che è successo a Santa Maria Capua Vetere, poi mia moglie lo ha raccontato in alcune interviste e ora il Dap mi ha fatto un altro regalo: essere trasferito a Spoleto. Questa cosa mi sta uccidendo”: scriveva così pochi giorni fa uno dei detenuti vittime dei pestaggi del 6 aprile 2020. La lettera, riportata dal riformista.it, contiene tutta la disperazione di Ciro e di altri cinquanta detenuti come lui. “Mi ha telefonata dal carcere dicendo che lo riempiono di farmaci – ha raccontato la moglie del detenuto al garante Ioia – Sta facendo lo sciopero della fame e della sete perché non riesce più nemmeno a parlare. Dice che alle 7 del mattino lo svegliano e gli fanno ingoiare i farmaci davanti a loro, sta facendo lo sciopero perché vorrebbe una visita psichiatrica che ancora non ha avuto da una settimana e mezzo che sta là. Si è rimesso nuovamente le lamette in bocca perché questa terapia lo sta buttando giù in tutti i sensi, fisicamente e mentalmente”.

Parole che non possono essere ignorate, su cui occorre fare chiarezza. Un grido di allarme che è il grido dei tanti reclusi ammassati nelle celle. Il tema non riguarda soltanto la storia personale di un singolo detenuto. Il tema riguarda il sistema carcere nella sua totalità e nella sua complessità. I fatti di Santa Maria Capua Vetere lo hanno reso evidente anche a chi in questi anni aveva considerato il carcere come un mondo a parte, da relegare a un’attenzione secondaria e marginale rispetto a tutto il resto. Dopo le scene dei pestaggi e delle violenze riprese dai filmati delle telecamere interne al carcere, finite agli atti dell’inchiesta e diffuse dai media, qualcosa nella percezione dei più è inevitabilmente cambiata. Il premier Mario Draghi, con la guardasigilli Marta Cartabia, ha deciso di visitare di persona il carcere, un segnala dalla grande portata non solo simbolica e vale ribadirlo. Ora si attendono i fatti.

Policemen face the revolt outside the prison that broke out in the San Vittore District House in Milan, Italy, 9 March 2020. Riots are ongoing at the prisons in Foggia in Puglia and San Vittore in Milan, sources said Monday. Ansa/Matteo Corner

Il problema del sovraffollamento è la prima criticità da risolvere. In Campania, nel primo semestre del 2021, sono stati 2.227 i detenuti entrati in carcere dalla libertà. L’effetto Covid, quello legato alle misure restrittive per decongestionare le carceri e ridurre i rischi di possibili contagi, sembra svanito. Le celle tornano a essere super-popolate. Di certo incide il tasso di criminalità elevato nei nostri territori ma in discussione finisce anche il sistema delle misure cautelari, l’uso che ne fanno i magistrati, il nostro sistema giustizia. Le carceri sono affollate solo in parte da detenuti con condanne definitive, per quasi la metà la popolazione penitenziaria è composta da detenuti in attesa di giudizio e detenuti con residui di pena inferiori ai cinque anni. Forse sfollare le carceri si può stando a questi dati. Bisogna puntare sulle misure alternative. Se ne riparla in questo periodo.

 

Intanto in Campania, su una popolazione complessiva di 6.533 detenuti, 4.013 dei quali con almeno una condanna definitiva, sono 76 i condannati all’ergastolo, 35 quelli con una pena da scontare superiore ai 20 anni, 212 quelli con una pena residua compresa tra i 10 e i 20 anni di reclusione, e 688 i reclusi con una condanna tra i 5 e i 10 anni da scontare. Quindi, sono in totale 3.002 i detenuti con una condanna da scontate inferiore ai 5 anni e 2.128 quelli con un residuo di pena inferiore ai tre anni. In tutta Italia su un totale 37.203, 1.806 hanno condanne all’ergastolo, 432 con condanne superiori ai 20 anni di reclusione, 2.427 con condanne tra 10 e 20 anni, 5.986 con condanne tra i 5 e i 10 anni. Si deduce che in cella, a scontare condanne che non superano i 5 anni di reclusione, ci sono attualmente in Italia 26.552 persone su una popolazione carceraria che, tra detenuti condannati e in attesa di giudizio definitivo, conta 53.637 persone a fronte di una capienza di 50.779 posti.