Voto unitario per ridiscutere entro maggio lo stop serale, ma il centrodestra di governo non boccia la mozione Meloni. Ira Pd: il Carroccio difenda il ministro della Salute o è fuori
DI EMANUELE LAURIA

ROMA – Il governo è pronto a rimettere in discussione il coprifuoco prima della fine di maggio. Un’altra giornata di scontri e veleni, nella coalizione che sostiene Draghi, si conclude con il via libera a un ordine del giorno riscritto quattro volte: il testo finale dice che l’esecutivo si impegna, entro un mese, a “valutare l’aggiornamento delle decisioni prese con l’ultimo decreto, anche rivedendo i limiti temporali di lavoro e spostamento”. Ma tutto, si precisa, “sulla base dell’andamento del quadro epidemiologico oltre che dell’avanzamento della campagna vaccinale”. È, in sostanza, solo un timido passo avanti rispetto alla decisione, contestata da metà maggioranza, di tenere fermo il divieto di circolazione a partire dalle 22. Palazzo Chigi aveva già deciso, infatti, di fare a metà maggio un check dei provvedimenti adottati. “Niente di nuovo: si seguono i dati e si fa un tagliando al coprifuoco”, taglia corto Simona Malpezzi, presidente dei senatori del Pd.

Ma Matteo Salvini è pronto a rivendicare un successo personale: “La libertà vince grazie alla battaglia della Lega”. Merito, afferma il segretario, anche della petizione contro il coprifuoco lanciata sul web e giunta a quota 100 mila firme. Un appello che ora dopo ora accresce la tensione nello schieramento di “unità nazionale”, anche perché avrebbero firmato contro quella che è, e rimane, una decisione del governo, pure i ministri lumbard.

Ma è un altro passaggio, quello di Montecitorio, che segna una presa di distanze della Lega (che si era già astenuta sul decreto in consiglio dei ministri) e stavolta pure di Forza Italia: i due partiti, pur contribuendo ad approvare l’atto scritto dopo un lungo lavoro di mediazione su tre tavoli separati, si distinguono dagli alleati al momento di votare altri ordini del giorno presentati da Fratelli d’Italia, mirati a spostare l’orario del coprifuoco nelle zone gialle dalle 22 alle 24 o a cancellarlo del tutto. I deputati del Carroccio e del partito di Berlusconi, invece di dire no, decidono di non partecipare al voto. Suscitando le ire di Pd, 5S e Leu. Ma il perché di questo nuovo gesto spacca-maggioranza lo spiega con candore Roberto Occhiuto, capogruppo forzista alla Camera: “L’abbiamo fatto per il motivo opposto per il quale ci criticano, ovvero per non mettere in difficoltà la maggioranza. Perché sia chiaro, noi il contenuto degli ordini del giorno di Fdi lo condividiamo…”. Parole che non spengono le fiamme che divampano in maggioranza. Tutt’altro. “Evidentemente l’irresponsabilità è contagiosa”, tuona il vicesegretario del Pd Peppe Provenzano.

È una querelle che finisce per mettere in secondo piano persino il risultato “epocale” vantato da Draghi con il Recovery. Dentro questa giornata da tregenda c’è stato pure un rumoroso parere positivo di Andrea Costa, sottosegretario di Noi Con l’Italia (il partito di Maurizio Lupi) all’ordine del giorno di Giorgia Meloni. Mossa che ha irritato non poco Roberto Speranza, che peraltro si ritrova Costa nel suo dicastero, e costretto il ministro ai Rapporti col Parlamento Federico d’Incà a un intenso lavoro diplomatico, che include un incontro con il presidente Draghi. Il finale della storia vede Salvini ancora al centro della scena, duellante con Giorgia Meloni ma anche in rotta con l’ex asse giallorosso. Il tutto alla vigilia di un atto che diventa decisivo: oggi a Palazzo Madama la mozione di sfiducia a Speranza, presentata da Fdi. E Salvini ancora glissa: “Cosa faremo? Ne voglio parlare con il sottosegretario Sileri, voglio capire come convive con questo ministro”. Così, giusto per creare altro scompiglio. Ieri a tarda ora riunione dei senatori leghisti, si propende per il no alla sfiducia. “Qualsiasi altra decisione porrebbe la Lega fuori dalla maggioranza”, sibila dal Nazareno Provenzano. È già tempo di ultimatum.