Di volta in volta

Di volta in volta

Io i processi sui social non li faccio, scrive Maria Elena Boschi all’indirizzo di Parvin Tadjk, la mamma di Ciro Grillo sacrilega al punto di impegnare la sua pagina Facebook per difendere il figlio dall’accusa di stupro. I processi, insiste Boschi, forte di un’indubbia sensibilità istituzionale, oltre che di un titolo di laurea, si celebrano nelle aule di tribunale e non sui social, altrimenti è un modo aberrante di concepire la giustizia. Aberrante eh, testuale. E infatti poco più di tre anni fa, quando la madre e il padre furono costretti agli arresti domiciliari, Matteo Renzi buttò giù qualche riga: «Chi ha letto le carte mi garantisce di non aver mai visto un provvedimento così assurdo. Mai». E ancora: «Siamo davanti a una decisione assurda». Sapete dove lo scrisse? Ma naturalmente sì, su Facebook.

Secondo me non è aberrante. Però secondo Maria Elena Boschi sì. E infatti anche allora la sua reazione fu repentina e febbrile: non spese l’aggettivo aberrante, questo va detto, preferì un impetuoso hashtag: #siamotuttimatteorenzi. Ecco, una severità un po’ altalenante. E un paio di giorni dopo, restia ai processi sui social, decise di istruirlo sul Foglio dove, intervistata, sentenziò: «Basta leggere le carte per capire che la misura cautelare nei confronti dei genitori di Renzi è a dir poco ardita. Per l’accusa sarà difficile sostenere questa tesi fino in Cassazione». Caspita, non un semplice processo, proprio gli interi tre gradi di giudizio. E pure io, molto prudente nello spendere termini irrimediabili come aberrante, preferisco buttare lì il mio hashtag: #sietetuttiunpogrillini.

Le telefonate a D’Alema, l’incognita Dibba. Conte: “Una settimana per il mio M5S”

L’ex premier passa le giornate a rifinire il suo progetto politico tra chiamate con Letta e Bettini e le ansie dei grillini. Oggi scade l’ultimatum di Casaleggio su Rousseau. Il timore è che stia lavorando a un nuovo partito con l’ex deputato

Le telefonate a D’Alema, l’incognita Dibba. Conte: “Una settimana per il mio M5S”

Se dovesse rispondere alla domanda su cosa abbia fatto in questi due mesi, da quando non è più presidente del Consiglio, Giuseppe Conte direbbe: «Li ho passati in gran parte al telefono». Sin dal primo giorno in cui ha lasciato Palazzo Chigi l’avvocato ha dovuto fare i conti con un suo limite e una categoria che in politica è essenziale: il tempo. Ora dice di essere «pronto» e che tra una settimana presenterà il suo progetto di rifondazione del M5S. Intanto però ha dilatato il più possibile il tempo, inseguito prima dalle preghiere di chi desiderava che rimanesse punto di riferimento della coalizione tra M5S e Pd e infine di chi (tutto lo stato maggiore dei 5 Stelle più Beppe Grillo) lo ha convinto che fosse meglio avere un partito alle spalle, anche se quel partito è la bolgia indiavolata dei grillini, in eterno equilibrio sopra il Big Bang. A casa della compagna Olivia Palladino, nel pieno centro di Roma, a parte qualche corsetta per recuperare forma, Conte ha intessuto lunghe e profonde conversazioni telefoniche con Goffredo Bettini, amico e stratega del Pd, con il segretario dem Enrico Letta, con il vice Peppe Provenzano, con l’ex presidente del Consiglio Massimo D’Alema, con il presidente del Parlamento europeo David Sassoli, Pd anche lui. Una corrispondenza d’amorosi sensi che non è sfuggita ai musi lunghi del M5S. «Risponde al Pd e non a noi» lamentano. E, a eccezione del capo reggente Vito Crimi e del ministro Luigi Di Maio, sembra proprio che sia così.

In questi due mesi Conte ha parlato poco in pubblico. Ha partecipato a due assemblee del M5S, costretto dalla necessità di placare l’ansia dei grillini che si sentono tagliati fuori, senza una guida e senza una voce. Accanto a lui, in religiosa attesa, sono rimasti i collaboratori più fedeli: il portavoce Rocco Casalino, Maria Chiara Ricciuti, il social media manager Dario Adamo. A loro ha confidato la sua convinzione: «Il M5S deve diventare un partito a tutti gli effetti». Un partito che non può essere esposto agli umori di Beppe Grillo o «ai ricatti» dell’imprenditore privato Davide Casaleggio. Ogni mattina che si sveglia Conte deve autoconvincersi di aver fatto la scelta giusta e non è facile farlo quando ti trovi il M5S nella guerra dei Balcani. Alessandro Di Battista e Casaleggio, in piena sindrome scissionista, e ora anche Grillo che se ne esce a difesa del figlio accusato di stupro con un video che fa a pezzi i principi fondativi del suo stesso Movimento, e costringe l’ex premier a dare una risposta, sollecitato anche dal Pd, nella speranza di preservare la suspense sulla presentazione del nuovo M5S.

Oggi invece scadrà l’ultimatum fissato da Casaleggio jr. O gran parte dei parlamentari pagano le somme dovute all’Associazione Rousseau per il funzionamento dell’omonima piattaforma del M5S, oppure il divorzio sarà doloroso. Casaleggio ha detto che è pronto a portarsi via software e database con le centinaia di migliaia di iscritti del M5S. Crimi gli ha detto che non può farlo e gli ha inviato una diffida. Fino all’ultimo Conte ha cercato di evitare di finire coinvolto in una causa, spingendo per una mediazione ragionevole, ma a questo punto potrebbe non esserci alternativa. Grillo aveva proposto all’ex premier di farsi eleggere nel direttivo dei cinque ancora in sospeso, così da preparare il cambio dello statuto e la sua incoronazione. Non ha voluto. Ora Casaleggio rifiuta qualsiasi offerta di compromesso e impedisce la votazione degli attivisti, necessaria, da regolamento, per legittimare il nuovo statuto e aprire all’éra Conte. Gli avvocati sono pronti e per riavere in fretta iscritti, votanti e piattaforma sono pronti a muoversi con la richiesta di una procedura d’urgenza, anche perché è sempre più forte il sospetto che Casaleggio stia studiando, assieme al suo braccio destro Enrica Sabatini e a Di Battista, un progetto politico alternativo, in nome del padre Gianroberto e della purezza delle origini.

Da giorni i 5 Stelle sono come allucinati da una sensazione di impotenza. Chiedono risposte, un segnale. Ebbene, Conte si è deciso. Aspetterà la mossa di Casaleggio ma poi agirà. «Ci siamo, prossima settimana presenterò statuto e carta dei valori», fa sapere. Glielo ripetono da sempre che in politica il tempismo è tutto e non si può lasciare a lungo il palcoscenico vuoto. Ma la maturazione da presidente del Consiglio a leader politico del M5S è un processo che ha voluto gestire con il passo più lento dello studioso. I prossimi giorni segneranno il ritorno in scena. Anche perché, il 29 aprile, l’ex premier parteciperà al primo appuntamento di Agorà, il think tank di Bettini. Con lui ci sarà Letta e la vicepresidente dell’Emilia-Romagna Elly Schlein. Una prima foto di gruppo della coalizione che sarà. In queste settimane Conte ha lavorato molto sull’apparato intellettuale che immagina per il M5S. Soprattutto sulla scuola di formazione e sul dipartimento per i rapporti internazionali che vede come motore di crescita della classe dirigente, ma che potrebbe anche servire a trovare una sistemazione per chi non dovesse essere rieletto. Uno dei motivi per cui si sta tenendo alla larga dai grillini è perché non ha ancora una risposta chiara alla loro principale angoscia: che fare con la regola che vieta il terzo mandato? Nel frattempo sta cercando anche di capire come evitare di esordire con una sicura sconfitta. Entro giugno si decideranno alleanze e candidati nelle grandi città, e il M5S a Milano, Torino, Napoli è senza certezze. Solo a Roma Virginia Raggi ha deciso per sé e imposto a tutti, Conte compreso, la sua candidatura.

L’ex premier preferisce concentrarsi sull’identità che avrà il suo Movimento, incardinato nel paradigma del green new deal. Il confronto con i sondaggisti lo ha convinto a superare le riluttanze verso la formula «né di destra né di sinistra», perché rimane comunque una fetta di elettorato del M5S che non è stata stregata da Giorgia Meloni e da Matteo Salvini, ma che resta in un’area ideologica più vicina al sovranismo. Una prospettiva incoraggiata dal leader del Pd Letta e sui cui sembrano d’accordo: essere diversi e complementari è il miglior modo per ampliare il consenso.

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