MERCOLEDì 17 MARZO 2021

Clamoroso

Nel 2020 le vendite di ansiolitici sono aumentate del 12% [Sta].

In prima pagina

• L’Ema ribadisce che AstraZeneca è sicuro. L’agenzia del farmaco tedesca dice: «Non è allarmismo, ma precauzione». I giornali inglesi, intanto, si fanno beffe di noi

• Venerdì, una volta approvato il decreto Sostegno, Draghi terrà la sua prima conferenza stampa

• Cambia il Comitato tecnico scientifico: meno membri (12), Locatelli coordinatore e Brusaferro portavoce

• Ieri sono stati registrati altri 502 morti, mai così tanti da fine gennaio. +859 ricoveri, + 99 in terapia intensiva. Il tasso di positività è sceso al 5,5%. Le persone vaccinate (due dosi) sono 2.070.825 (il 3,47% della popolazione)

• Parte la fase 3 della sperimentazione per il vaccino Medicago-Gsk: saranno testati 30 mila soggetti tra 18 e 65 anni, sani e con patologie

• Sul Ponte Morandi l’ex dirigente di Autostrade intercettato: «A fare le ispezioni ci mandavano i ciechi»

• Il Pd presenta al Senato una mozione per la cittadinanza italiana a Patrick Zaki. Tra i firmatari anche Liliana Segre, 5S, Lega e Iv

• L’uomo che vicino a Taranto ha ammazzato a coltellate la moglie e la suocera di 91 anni si è impiccato a un ulivo

• Una bambina di quaranta giorni ricoverata a Lucca con metadone e cocaina nelle urine. Si pensa che la madre le abbia messo la droga nel biberon

• Il principe Filippo lascia l’ospedale dopo un mese di ricovero

• Michelle Obama, sulla Nbc, ha detto di capire Meghan

• La News Corp di Rupert Murdoch ha trovato un accordo triennale con Facebbok per farsi pagare i contenuti di giornali e media del gruppo che vengono condivisi sul social network

• In Libia, Serraj ha passato il potere al nuovo premier Dbeibah. E l’ha fatto pacificamente. Ora la Libia ha un governo unico

• In Afghanistan anche le ragazze possono cantare in pubblico. Abolito il divieto

• Pippa Middleton è di nuovo mamma: ha dato alla luce una bambina

• L’Atalanta battuta dal Madrid, ora è fuori dalla Champions League

• Ibrahimovic tornerà a giocare con la nazionale svedese. «È il ritorno di Dio»

• New Zealand ha vinto la Coppa America. Niente da fare per Luna Rossa

• È morto Bruno Tinti, magistrato, giornalista, scrittore. Uno dei fondatori del Fatto, ha scritto per La Verità, ItaliaOggi e ha tenuto una rubrica anche qui su Anteprima

• È morta anche Ombretta Fumagalli Carulli. Aveva 77 anni, era malata da tempo

Titoli

Corriere della Sera: «Pronti a ripartire con i vaccini»

la Repubblica: Vaccini, ora l’Europa chiede aiuto a Pfizer

La Stampa: Crisi AstraZeneca, il piano Draghi

Il Sole 24 Ore: Grandi opere, il blocco degli appalti / Dal 2017 aperto un cantiere su tre

Avvenire: Covid vero rischio

Il Messaggero: «Decessi non legati al vaccino»

Il Giornale: Il Covid fa 500 morti / Il vaccino nessuno

Leggo: Fisco, stop a cartelle fino a 5mila euro

Qn: AstraZeneca sotto esame, Ue ottimista

Il Fatto: Regioni, spese folli / sgonfiate da Arcuri

Libero: Liberate almeno i vaccinati

La Verità: Gli scienziati? Foglie di Fico / Comanda la Merkel. E ci rovina

Il Mattino: «I morti non legati ai vaccini»

il Quotidiano del Sud: Buoni e cattivi esempi

il manifesto: L’uomo delle stelle

Domani: 502 morti in un giorno / Li ha uccisi il Covid-19 / Non il vaccino AstraZeneca

TERZA PAGINA

«L’ossessione del rischio zero

ci seppellirà»

Riccardo Ruggeri

Andreotti

di Mattia Feltri

La Stampa

Questa mi mancava: il processo per la querela sporta da Matteo Salvini nei confronti dei 99 Posse. Per chi lo ignora, i 99 Posse sono un gruppo pop napoletano il cui leader, Luca Persico detto ’O Zulù, qualche anno fa invitò i concittadini a prendere a calci nel sedere il capo leghista, definito «lota» (traduzione: melma, fango). Ora Salvini chiede l’onore ristabilito, e vedremo, mentre non so come sia finita un’altra recente contesa attorno alla dignità, quella di Maurizio Gasparri e del rapper Fedez, vicendevolmente incrinata a colpi di coniglio (il primo al secondo) e maiale (il secondo al primo), e che i due minacciarono di regolare davanti a un giudice. Ricordo una trentina d’anni fa, quando Piero Pelù dei Litfiba introduceva allusivamente una canzone («Bandido del sertão…») urlando vecchio e gobbetto e fuori dai coglioni a Giulio Andreotti, che però non ritenne di discutere il suo prestigio con un rocker. E si dice di Andreotti, il più fervente censore della Prima repubblica. Ma da lungo tempo il mondo del pop e del rock è animato da un ribellismo irreprensibile, applicato alla fame nel mondo, al disarmo, ai cambiamenti climatici, alla lotta alla mafia, al razzismo, a tutto quanto troverebbe la più calorosa ospitalità in un salotto, o in un tema di quarta di ginnasio. Oggi come oggi anche il ribelle ha bisogno di consenso, e mentre Andreotti non glielo avrebbe mai disputato, se non altro per una questione d’onore, per una questione d’onore Salvini e Gasparri glielo disputano. Non c’è nulla di strano: in fondo politici e cantanti ormai si contendono lo stesso pubblico.

 

Il giudice Turone: così scovammo la P2, quel club occulto che da Gelli arriva a B.

Giuliano Turone – Il giudice: “Stavamo indagando su Sindona, così 40 anni fa scoprimmo gli elenchi della loggia”

di Gianni Barbacetto | 17 MARZO 2021

Giuliano Turone nel 1981, quarant’anni fa, era giudice istruttore a Milano e insieme al collega Gherardo Colombo stava lavorando a due inchieste. La prima riguardava lo strano (e falso) rapimento del banchiere Michele Sindona, scomparso dagli Stati Uniti, dov’era scappato per non rispondere del crac della sua banca italiana, e ospitato in Sicilia da una pittoresca e inquietante congrega di massoni e mafiosi. La seconda riguardava l’uccisione di Giorgio Ambrosoli, il commissario liquidatore delle banche sindoniane, che non aveva voluto piegarsi né alle minacce di Sindona né alle pressioni di Andreotti. “Ritenemmo utile”, racconta Turone, “capire qualcosa di più su uno dei più misteriosi sponsor di Sindona: Licio Gelli, Maestro Venerabile del Grande Oriente d’Italia”.

Il 17 marzo, all’alba, la Guardia di finanza, mandata con grande discrezione dai giudici istruttori di Milano, bussò alla porta delle case e degli uffici di Gelli. “Nella cassaforte della Giole, la ditta d’abbigliamento di Castiglion Fibocchi, nei pressi di Arezzo, amministrata da Gelli, i finanzieri da noi mandati trovarono gli elenchi degli iscritti a una loggia massonica segreta, chiamata Propaganda 2”. Quando i nomi furono resi pubblici, fu uno choc per l’Italia. Si scoprì uno Stato parallelo. Cadde il governo.

Che cos’era la P2, e che cos’è? “È un sistema di potere occulto”, risponde Turone. “Questa è l’unica vera definizione che posso dare. Dire che è una loggia massonica deviata non è sbagliato, ma non spiega abbastanza. Le logge massoniche sono già di per sé associazioni particolarmente riservate, adatte dunque a funzionare come centrali di potere occulto. In sostanza, la P2 è un meccanismo sofisticato che consente a gruppi di potere di fare in modo che le decisioni più rilevanti di una comunità, o addirittura di un intero Paese, vengano gestite attraverso canali sotterranei e invisibili. In modo tale che il pubblico abbia la sensazione di essere governato in democrazia, mentre in realtà le vere decisioni vengono assunte in via sotterranea attraverso percorsi paralleli e incontrollabili. Questo è la P2: un meccanismo per esercitare il potere in maniera occulta, senza passare attraverso i canali di controllo istituzionali”.

Per capire la loggia di Gelli “è utile la metafora della doppia piramide”, spiega Turone. “L’ha usata, fin dal 1984, Tina Anselmi, la presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2. Il Sistema P2 è l’insieme di due piramidi collocate l’una rovesciata sull’altra, in modo da assumere la forma di una clessidra. Licio Gelli, custode e notaio di quel sistema, occupa il vertice della piramide sottostante. In questa si trovano tutti i segreti svelati dalla perquisizione di Castiglion Fibocchi: l’esercito degli affiliati, la documentazione degli affari inconfessabili, i segreti relativi ai meccanismi del potere occulto e le grandi operazioni da esso controllate. Questa prima piramide è sovrastata da una seconda piramide capovolta, che vede il suo vertice inferiore pure collocato sulla figura di Gelli. Egli è infatti il punto di collegamento tra le forze, i personaggi e i gruppi che, nella piramide superiore, stabiliscono e perseguono le finalità ultime e ne stabiliscono le strategie (in altri termini, le forze che gestiscono il “golpe strisciante”), e le forze che invece operano nella piramide inferiore, dove quelle finalità trovano e hanno trovato pratica attuazione. Nel 1984 la presidente Anselmi scriveva, nella sua relazione finale, che non era possibile sapere quali forze si agitassero nella piramide superiore rovesciata. Oggi, invece, sappiamo qualcosa di più, come cerco di spiegare nel mio libro Italia occulta” (la cui nuova edizione, pubblicata da Chiarelettere, sarà in libreria il 25 marzo).

Licio Gelli è stato centrale nella storia italiana dal dopoguerra fino agli anni Ottanta. Non un burattinaio in proprio, ma un volonteroso funzionario della guerra segreta che è stata combattuta (anche) in Italia in difesa dell’Occidente. Nemico dichiarato: il comunismo. Nemico combattuto: la democrazia, le regole, la legalità, la Costituzione repubblicana. Nella P2 c’erano i vertici dei servizi segreti e delle Forze armate, magistrati, politici, imprenditori, giornalisti. Uomini della P2 sono coinvolti nel tentato golpe Borghese dell’8 dicembre 1970 e in tutte le vicende di eversione e di stragi, da piazza Fontana alla stazione di Bologna.

Dopo il 1974, anno di svolta, la strategia della guerra segreta contro il comunismo cambia: basta con i progetti apertamente golpisti, sostituiti da un più flessibile programma di occupazione, attraverso uomini fidati, di tutti gli ambiti della società e di tutti i centri di potere. Esercito, servizi, partiti, imprese, banche, giornali… La massoneria fornisce le strutture e le coperture necessarie a organizzare questo club del doppio Stato, questo circolo dell’oltranzismo atlantico in cui poi, all’italiana, si sovrappongono anche (e per alcuni soprattutto) le protezioni, le carriere, gli affari.

E oggi? È rimasto qualcosa della P2? “Non è facile dire se oggi siano rimasti ancora operativi alcuni tentacoli di quel sistema di potere occulto, non foss’altro perché – se così fosse – sarebbero appunto tentacoli occulti. Ma che qualcosa di quel sistema sia sopravvissuto ce lo fa pensare l’andamento degli eventi che si sono succeduti dopo la scoperta degli elenchi e degli altri documenti scottanti di Castiglion Fibocchi. Il sequestro e la pubblicazione di quelle carte fu certo un duro colpo per il Sistema P2, che per circa un anno ne rimase, diciamo così, stordito, più o meno come un pugile messo ko da un uppercut dell’avversario. Ma allo stesso modo in cui il pugile suonato si rialza dal tappeto, così la P2 ha rialzato la testa dopo un anno, facendo cadere il governo Spadolini (con lo zampino di Bettino Craxi, che voleva rimettere il piduista Di Donna alla testa dell’Eni, cosa a cui Spadolini si opponeva). Da lì in avanti, abbiamo assistito a diversi altri recuperi da parte degli epigoni di quel sistema. E il fatto stesso di avere poi avuto per anni a Palazzo Chigi un presidente iscritto alla loggia, descritto dallo stesso Gelli come il personaggio più indicato per completare la realizzazione del cosiddetto “Piano di rinascita democratica” della P2, non si può pensare che non significhi nulla”.

È Silvio Berlusconi. In pista, con molti nuovi amici, ancora oggi.

Malocchio

di Francesca Pierantozzi

Il Messaggero

L’affare è esploso come una bomba nel meraviglioso mondo dei reality di Francia: una concorrente dell’ormai storico Les Marseillais (dieci stagioni, quasi un milione di fedeli spettatori ogni sera sul canale W9) ha pagato centinaia di migliaia di euro a una fattucchiera per liberarsi dei rivali grazie al malocchio e altre iettature ad hoc, e poter così regnare sul mondo della tv. Le prove, rivelate via snapchat da un collega influencer, sembrano schiaccianti e ancor più sconcertanti: riti vudu con tanto di bambola, spilli e addirittura chiodi, formule di rito del malocchio, sortilegi di ogni tipo che non risparmiano nemmeno i figli dei malcapitati.

La cosa non ha solo messo in agitazione ogni angolo dei social: alla fine ha anche allertato la polizia che ha aperto un’inchiesta sulla strega, una professionista di Marsiglia. L’affare è servito almeno a distogliere un pezzo di Francia dall’attualità sociale, economica e sanitaria, anch’essa non priva di iatture. Da quasi tre settimane, la vicenda agita i social, con un record di tweet che ormai sfiora i 6 milioni. Tutto è cominciato il 26 febbraio quando Marc Blata, influencer con un ricco passato nella tele-realtà e un presente con residenza a Dubai, mette in guardia Maeva Ghennam, ragazza della squadra dei Marsigliesi: Carla Moreau, partecipante storica del reality-soap, nonché amica di Maeva, in realtà trama alle sue spalle usando la magia nera. Le prove arrivano su SnapChat: un audio in cui Carla invita la fattucchiera a convogliare la malasorte sulla sua rivale e anche su altri partecipanti al gioco, compreso suo marito Kevin, anche lui nel gioco e padre della sua bambina Ruby.

Le richieste sono circostanziate, e punterebbero a vincere non per merito (i concorrenti devono superare alcune sfide professionali e realizzare alcune missioni) ma con l’aiuto determinante del malocchio. La realtà diventa più assurda del reality. Il profilo Instagram di Carla Moreau ammutolisce, l’attenzione dei social e dei media sulla vicenda esplode. La decima stagione è in corso. Gli episodi sono stati girati tra il 7 gennaio e il 5 febbraio a Dubai, e hanno cominciato a essere diffusi il 22 febbraio. Quindi prima che lo scandalo esplodesse. Les Marseillais è ormai il reality più seguito di Francia. Il format pesca nella tradizione del genere: un gruppo di ragazzi (tutti del sud-est, l’arco del meridione francese con capitale Marsiglia) è spedito in ville da sogno ai quattro angoli del mondo. Come per ogni reality che si rispetti, l’obiettivo è guardarli vivere, discutere, litigare, innamorarsi o tradirsi. Nella fattispecie, i ragazzi devono anche dimostrare di saper fare qualcosa: realizzare delle missioni affidate loro da un booker (in questa stagione incarnato da Jessica Aidi, compagna dell’Azzurro del Psg Marco Verratti). Le missioni non sono proprio impossibili: lavorare come cameriere in un ristorante, andare a piantare insalate e verdure, al limite ripulire la grande vasca di un acquario di squali. Insomma, storie di ordinari reality.

Qualche giorno fa è stata la stessa Carla Moreau, 24 anni, a confessare tutto in tv: è vero, ha chiesto a una fattucchiera di aiutarla a liberarsi dei rivali, ma lo ha fatto solo perché costretta, ricattata. «Avevo consultato questa veggente quando avevo 17-18 anni, poi l’ho incontrata anni dopo, quando ero diventata più nota, mi ha parlato come una vecchia amica e alla fine mi diceva che se non l’avessi pagata, sarebbero successe cose brutte ai miei cari». In totale, 1,2 milioni di euro sarebbero finiti in tasca alla veggente. Il tutto è ora al cento di un’inchiesta. Alla fine la realtà ha superato il reality e la trasmissione Touche pas à mon poste che più ha dato eco alla vicenda ha totalizzato fino a 1 milione e 900mila spettatori, il doppio di un episodio dei Marseillais

Pfizer: “Ci sarà la terza dose. È una grande opportunità”

Rivelazione – Il direttore finanziario D’Amato alla Global Healthcare Conference brinda ai successi: “La pandemia diventerà endemica”

di Salvatore Cannavò | 17 MARZO 2021

Astrazeneca è alle prese con la più grande difficoltà da quando è partita la campagna vaccinazioni, ma il concorrente Pfizer brinda ai successi. La trascrizione dell’intervento alla Global Healthcare conference della britannica Barclays – reso noto dal giornalista Lee Fang di The Intercept – è in questo senso cristallino.

Intervenuto come direttore finanziario della Pfizer, Frank D’Amelio ha confermato che il prossimo periodo apre per Pfizer “opportunità significative” sia per la somministrazione “di una terza dose” sia sul fronte dei prezzi, visto che da una fase pandemica si passerà a una fase endemica, quindi con un ricorso stabile al vaccino.

D’Amelio, alla Barclays, si trova molto a suo agio, quando sottolinea che nel 2020 la sua azienda ha avuto “una performance davvero solida dal punto di vista operativo”. I ricavi sono aumentati dell’8% e nel quarto trimestre dell’11%. Ma per il 2021 si prevedono ricavi in crescita del 41%, con un incremento di 15 miliardi tutti frutto del vaccino anti-Covid: “Quindi, dal mio punto di vista, abbiamo un buon ritmo operativo rispetto alle prestazioni operative dell’azienda”. Difficile dubitarne.

D’Amelio ricorda anche i progressi nella logistica e il boom produttivo: “Inizialmente dovevamo consegnare 100 milioni di dosi al governo degli Stati Uniti entro la fine di marzo. Adesso siamo a 120 milioni. Avremmo dovuto fornire 200 milioni di dosi entro fine luglio. Ora consegneremo 200 milioni di dosi entro la fine di maggio. Per l’intero anno, inizialmente avevamo detto che pensavamo di poter fare 1,3 miliardi di dosi. Ora siamo a 2 miliardi di dosi”.

Quanto all’ipotesi terza dose, spiega, “vogliamo stare al passo con le varianti. Valuteremo quindi una terza dose del nostro vaccino, un richiamo, per capire la durata dell’immunità e l’efficacia contro queste varianti”.

Alla Pfizer credono stia diventando “sempre più probabile che avvenga una rivaccinazione annuale. E crediamo che ciò accadrà nel prossimo futuro”. E quindi si prepara a passare da uno “stato pandemico” a una “situazione endemica” in cui saranno importanti l’efficacia del vaccino, la capacità di richiamo e “l’utilità clinica”. E le opportunità saranno molto interessanti, anche sul fronte dei prezzi.

D’Amelio spiega agli investitori della Barclays che tramite il vaccino anti-Covid potrà “migliorare significativamente anche il vaccino antinfluenzale” così come l’applicazione dell’mRna per altri impieghi. Anche l’influenza, così, rappresenta “una potenziale e significativa opportunità per noi”.

I 15 miliardi di ricavi aggiuntivi corrispondono, dopo il pagamento delle tasse, a 3,75 miliardi di utili netti. Per farci cosa? “Dal mio punto di vista – spiega D’Amelio – le nostre priorità rimangono le stesse. Continuiamo a pagare un buon dividendo”. Pur assumendo un profilo prudente e investendo in sviluppo e ricerca, spiega, “il nostro obiettivo è sempre quello di massimizzare l’azionista”.

Di fronte a una banca d’affari non c’è spartito migliore da suonare. E Pfizer è talmente determinata nella sua prospettiva di guadagno, da fare pressioni sull’Amministrazione Biden perché intervenga contro i Paesi che dovessero intralciare i suoi i piani. Come emerge da un’altra inchiesta di The Intercept, l’industria farmaceutica ha chiesto al presidente Usa di “punire” Paesi come Ungheria, Colombia, Cile e altri per aver cercato di aumentare la produzione di vaccini e terapie Covid senza l’espresso permesso delle aziende farmaceutiche. A muoversi sono state le due associazioni di aziende farmaceutiche, Bio e PhRma che rappresentano giganti come Pfizer, Gilead Sciences, Johnson&Johnson chiedendo a Biden di “utilizzare tutti gli strumenti disponibili per garantire che i partner commerciali americani” non sospendano i tradizionali diritti di proprietà intellettuale nella lotta al coronavirus.

La proprietà intellettuale resta un punto sensibile e anche il fronte di una iniziativa che è oggetto, ha ricordato ieri il segretario di Rifondazione comunista Maurizio Acerbo, della campagna europea “Diritto alla cura. Nessun profitto sulla pandemia” che chiede alla Commissione europea di sganciarsi dagli interessi di Big Pharma.

QUARTA PAGINA

«Non si cerca e non si trova Dio

senza l’aiuto di Dio».

Roberto Gervaso.

Dialogo

di Sabino Cassesse

Il Foglio

Attendono di essere ricevuti da un alto funzionario dello Stato. Sono un imprenditore del nord, un burocrate, un politico. Si conoscono da qualche tempo e intessono un dialogo sulla burocrazia.

Imprenditore. Perché devo perdere il mio tempo con la burocrazia? Time is money. Ha proprio ragione Fabio Colasanti, che in quell’articolo sul Corriere della Sera del 6 marzo scorso distingueva paesi giuridici e paesi pragmatici. Noi siamo nel peggiore dei paesi giuridici. Bisogna riformarla, questa burocrazia.

Burocrate. Non dimentichi quello che ha lasciato scritto nelle sue memorie André Tardieu, presidente del Consiglio dei ministri francese nel 1929-1930: quando vedo segni di tensione politica in Parlamento, annuncio una riforma amministrativa; tutti ridono e gli animi si rasserenano. Non sottovaluti il fatto che molti ministri della Funzione pubblica hanno peggiorato la situazione. Meglio non far nulla, seguendo l’esempio della ministra Dadone nel governo Conte II.

Imprenditore. Ma i danni per l’economia sono gravi. Gli impedimenti frapposti dai comuni alla costruzione della rete 5G. Il moltiplicarsi delle organizzazioni satelliti o parallele delle organizzazioni amministrative, su cui vengono scaricati i compiti che dovrebbero svolgere lo Stato, le regioni e i comuni, con conseguente svuotamento degli uffici pubblici. Il giacimento di Tempa Rossa è stato scoperto nel 1989: regione e comuni hanno imposto centinaia di obblighi rallentando la “coltivazione” del giacimento. Le agenzie fiscali sono state create per procedere più speditamente alla riduzione dell’evasione, ma sembrano molto più interessate al funzionamento dell’“ascensore sociale interno” (le promozioni hanno riguardato migliaia di dipendenti). Il ministero della Salute avrebbe potuto, fin dal maggio 2020, avviare la ricerca di vaccini o utilizzare, su licenza, brevetti stranieri. I comuni, per scaricarsi di ogni responsabilità, si inventano ogni specie di parere di organi comunali e statali, in un processo infinito in cui la burocrazia si avvita su sé stessa, creando altra burocrazia non richiesta dalle leggi. Così la burocrazia si dilata, e nello stesso tempo si nasconde e coltiva la propria inerzia. E potrei continuare a elencare i casi di strozzature burocratiche passate e presenti (e le relative lezioni): la statale jonica, gli stanziamenti per opere pubbliche, la comunicazione all’Enea dei lavori di recupero edilizio, le banche nella morsa dei tribunali lumaca, il centro polivalente di Norcia, il cantiere della Tap, il peso degli adempimenti sulle microimprese, la circolare che non si capisce ed è quindi perfetta. Ora, poi, c’è il terremoto dello “smart working”. Poco meno di due terzi del personale è assente dall’ufficio da circa un anno. La ministra Dadone già proponeva di “mantenerlo dopo l’emergenza per un’alta percentuale di lavoratori”, senza precisare che vi sono lavori per i quali non è possibile il cosiddetto “lavoro agile”. Non le sembra riprovevole tutto questo?

Burocrate. Ma da chi dipende tutto questo? La politica è instabile. Ogni nuovo ministro fa le sue leggi. Il Parlamento è divenuto amministratore, facendo leggi sempre più minute e dettagliate, per soddisfare l’ambizione politica della legge autoesecutiva. I politici riformatori affrontano la riforma amministrativa all’ingrosso, come se, nel settore industriale privato, si dovessero affrontare insieme i problemi dell’industria farmaceutica, di quella elettrica, di quella automobilistica e quella del trasporto navale. Non dipende certo dalla burocrazia il fatto che i dirigenti apicali dell’amministrazione siano per due terzi del centro-sud, prevalentemente laureati a Roma, Napoli e Messina in Legge, Scienze politiche o Economia; che solo un terzo abbia un’esperienza esterna alla pubblica amministrazione e solo un decimo un’esperienza internazionale. Nell’amministrazione si riflette il divario nord-sud, che la classe politica ha tollerato o non ha fatto nulla per eliminare. Devo ricordarle che entrate fiscali e spese per il Welfare, contributi e prestazioni dell’Inps, nel rapporto nord-sud, sono invertiti, nel senso che ciò che il sud dà è sempre meno, in proporzione, a ciò che il sud riceve. Insomma, l’Italia è ancora divisa in due. Poi, c’è la legislazione che lega le mani alla pubblica amministrazione, i troppi controlli interni preventivi della Corte dei conti e dell’Anac, nonché i giudici penali e civili, che sono i decisori di ultima istanza.

Imprenditore. La burocrazia non può scaricare tutte le responsabilità sulla politica. Prenda, ad esempio, il modo in cui nella pandemia si sono rivelate le debolezze del Servizio sanitario nazionale. Ci si preoccupava più delle terapie intensive saturate che dei morti. Si sapeva che nel Servizio sanitario vi è un numero basso di personale infermieristico. Il rapporto della Commissione europea sullo stato di salute del Servizio sanitario e quello dell’Ufficio parlamentare di bilancio, ambedue del 2019, mettevano in luce le debolezze della sanità sul territorio e le due velocità della sanità regionale, senza che vi si ponesse riparo, compito che spetta anche al Servizio sanitario nazionale, nei vertici e nelle strutture regionali.

Politico. Voglio difendere anch’io la classe politica. Questa può preoccuparsi dei problemi di vertice. Se il corpo amministrativo non segnala i problemi, non li conosce. Faccio l’esempio della scuola. Qui ci sono fenomeni che il Sistema scolastico nazionale stesso dovrebbe analizzare e segnalare all’esterno: le differenze territoriali; la forte variazione della qualità degli insegnanti; la forte incidenza della demografia, nel senso della riduzione della popolazione scolastica; l’alto numero di docenti e la loro grande varietà di qualità; il fatto che siano molti e mal pagati; l’incompletezza dell’autonomia scolastica, rimasta a metà del guado. A tutto questo si aggiungono la grande varietà di meccanismi di assunzione, una cattiva distribuzione sul territorio, l’incapacità della stessa classe insegnante di creare una contrapposizione di interessi tra utenti (studenti e famiglie) e sindacati. Infine, l’accettazione passiva da parte del sistema scolastico nazionale della divisione della vita in età scolare e post-scolare, senza rendersi conto della importanza dell’istruzione lungo tutto il percorso della vita delle persone. Tutti questi sono fenomeni che la classe politica ha difficoltà a conoscere. Sono quelli che lavorano sul campo che dovrebbero segnalarli, analizzarli, nonché suggerire le soluzioni.

Imprenditore. Lei ha sollevato un problema che riguarda prevalentemente i sindacati. Una volta si diceva che questi erano organizzazioni della società civile. Ora non lo sono più. Conservano un alto numero di iscritti (anche se in diminuzione), ma questi si spiegano soltanto con la finalità rivendicazionistica o con i benefici (tramite i patronati). In una situazione tanto difficile, sanitaria ed economica, i vertici sindacali, in modo irresponsabile, hanno proclamato scioperi.

Burocrate. E che dire delle responsabilità della classe politica, che ha voluto le regioni, dove è cresciuta e si è ramificata? La pandemia ha messo in luce lo scardinamento prodotto dalle regioni dei grandi servizi nazionali, quello sanitario e quello educativo, con la conseguenza che le grandi istituzioni che dovevano garantire l’eguaglianza sono diventate esse stesse fattori di diseguaglianza. La classe politica non è riuscita neppure ad aggiornare le regioni al mondo contemporaneo: le venti ripartizioni risalgono storicamente alle legioni militari romane e oggi hanno scarso significato economico e politico. Basta considerare la fortissima oscillazione del numero degli abitanti tra Valle d’Aosta e Lombardia. Lo stesso può dirsi dell’estensione territoriale. Il superamento delle ripartizioni regionali, già segnalato da Miglio e più tardi da Morassut, è dimostrato dal numero dei comuni che sono al margine delle regioni a statuto speciale: esse fanno di tutto per passare nell’ambito territoriale delle regioni a statuto speciale, per poter godere dei maggiori vantaggi finanziari e normativi.

Politico. Ma lei considera solo l’aspetto economico territoriale, non quello istituzionale, rilevante per la democrazia. Venti regioni e altrettanti consigli regionali comportano un’integrazione del tessuto democratico del paese. Al Parlamento elettivo nazionale si affiancano venti parlamentini elettivi regionali. Le democrazie moderne amano la moltiplicazione. I costituenti pensavano che, distribuendo i poteri, si assicurassero maggiori garanzie ai cittadini, perché in questo modo l’autorità pubblica è più distribuita, meno concentrata. Vi sono, quindi, minori timori di dittature e di regimi autocratici o autoritari.

Imprenditore. Ma la burocrazia, che dovrebbe essere composta di competenti, ha fatto fuggire i tecnici dai poteri pubblici. Ha accettato di barattare fedeltà contro competenza e di valutare più la carriera che la funzione. Inoltre, non è mai riuscita a individuare incentivi ad autocorreggersi, mentre le riforme intraprese dai governi sono grandiose, ma inefficaci, e i cittadini nutrono solo sfiducia nei confronti della burocrazia.

Politico. Posso dire che ogni paese ha la burocrazia che si merita?

Imprenditore. Troppo facile. Così non si distingue più il bianco dal nero, tutto diventa grigio. La burocrazia italiana è un fattore negativo per la capacità di fare impresa ed è un elemento distorsivo della produttività. La Banca mondiale e la Commissione europea collocano l’amministrazione pubblica italiana tra le meno efficienti dei 17 paesi dell’Eurozona. Il “Civil Service Effectiveness Index”di Oxford colloca l’Italia al 27esimo posto tra 31 paesi, di cui 22 europei. L’Osservatorio dei conti pubblici italiani, nel gennaio 2020, ha collocato l’amministrazione italiana al 18esimo posto tra i paesi europei, per quanto riguarda la digitalizzazione. Confcommercio e Confederazione nazionale dell’artigianato valutano che il costo dei vincoli pubblici su imprese e micro imprese riduce di più di un terzo il loro profitto. E lasciatemi continuare con qualche esempio concreto: la tratta Brescia-Verona dell’alta velocità ha richiesto quattro anni per l’assegnazione delle risorse e per l’approvazione del progetto; ci sono voluti quattro anni per aggiudicare la gara per il rifacimento del manto stradale di piazza Venezia a Roma; per i ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione l’Italia è stata sanzionata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea; i servizi pubblici per l’impiego, necessari per le politiche attive del lavoro, sono molto carenti; le irregolarità nelle gare d’appalto molto numerose.

Burocrate. Ma lei non distingue tra buona e cattiva burocrazia. Così come c’è debito buono e debito cattivo, c’è anche una buona burocrazia e una cattiva burocrazia. Faccio solo un esempio: l’innovazione introdotta nell’amministrazione italiana della conferenza di servizi, specialmente dopo l’introduzione della conferenza semplificata, è stata un successo.

Politico. Io sono preoccupato prevalentemente dal problema del personale pubblico. Il monte salari è di 160 miliardi per anno, un quinto della spesa totale, al netto degli interessi. Anche se il mancato rinnovo dei contratti ha portato a un’erosione dei livelli retributivi rispetto ai livelli retributivi privati, i salari dei dipendenti pubblici italiani non sono bassi, nei confronti internazionali. La Banca d’Italia, in uno studio del giugno 2020, ha rilevato una diminuzione del 10 per cento circa dei dipendenti in circa 20 anni; distorsioni geografiche, nel senso che il sud ha più dipendenti pubblici, in relazione alla popolazione, del nord; un forte squilibrio demografico, perché l’età media dei dipendenti pubblici è di circa 51 anni. Però, tutti coloro che comparano il numero dei dipendenti pubblici italiani con il numero dei dipendenti pubblici degli altri paesi europei, rilevando che in Italia ne abbiamo di meno, non tengono conto del fatto che l’amministrazione italiana ha un alto tasso di disaggregazione. Per fare bene la comparazione, bisognerebbe tenere conto di tutte le organizzazioni satelliti, di enti pubblici, fondazioni, partecipate. Inoltre, con la diminuzione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, è andato crescendo il numero dei lavoratori dipendenti della pubblica amministrazione a tempo determinato. Se poi si va più dentro alle cose, si conferma quello che la Banca d’Italia, in uno studio del 2016, aveva notato: modalità di reclutamento poco selettive; politiche retributive e di carriera che non remunerano istruzione e competenza; procedure di selezione poco adatte al reclutamento di specialisti; incentivi a pioggia; assenza di contestuale riorganizzazione delle strutture. Unico aspetto positivo – ma anche questo è un indicatore preoccupante – l’alto tasso di femminilizzazione, 57 per cento, più alto che nell’ impiego privato. E poi c’è il problema delle assenze, che non è quello dei “furbetti del cartellino”, come pensava una ministra della Funzione pubblica, ma quello delle assenze “legali”, per congedi retribuiti, maternità, malattia, legge 140 del 1992: sono circa un mese per anno, aggiungendosi al mese di ferie, e costano – secondo le stime – intorno a 10 miliardi all’anno. Poi ci sono i sindacati, con le richieste di stabilizzazione dei precari, lo slittamento delle graduatorie, lo scorrimento delle graduatorie, l’allungamento dei termini di validità delle graduatorie, il “precariato stabile” la carriera solo per anzianità. Insomma, complessivamente un quadro molto preoccupante.

Imprenditore. Ma la politica si è ben poco dedicata al buon funzionamento dell’amministrazione. Spetta alla politica di definire le finalità dell’azione pubblica. Sulla base delle finalità, definire i fabbisogni. Sulla base dei fabbisogni, i carichi di lavoro. Poi, valutare la produttività, che nella pubblica amministrazione richiede uno studio comparativo, perché non si può valutare negli stessi termini della produttività di un’impresa. La politica è, poi, responsabile del “fritto misto” tra contrattualizzazione e legge nel pubblico impiego. Sono i ministri e dirigenti politici che non determinano in modo serio indirizzi e obiettivi per i dirigenti. I compiti dell’alta burocrazia sono determinati fissando obblighi di processo, non di prodotto. Nei contratti non si prevede la mobilità interna ed esterna. I compensi non premiano il merito. C’è una continua manipolazione del rapporto tra parte fissa e parte mobile della retribuzione. Tutto questo è responsabilità della politica, così come è responsabilità della politica avere introdotto sanzioni troppo gravi, che producono la “burocrazia difensiva” e la “fuga della firma”. Pensi soltanto alla fuga dei commissari dalle commissioni di gara: sono preoccupati per le responsabilità che si accollano e delle sanzioni che ne discendono. Una testimonianza della scarsa chiarezza di idee della politica è offerta da una frase rivelatrice scritta da Fabiana Dadone, allora ministro della Pubblica amministrazione (Il Riformista, 5 ottobre 2020): “Rappresentare l’amministrazione tutta è un compito che mette parecchia pressione addosso”. Quindi, un ministro della Pubblica amministrazione ritiene di essere il rappresentante dei dipendenti pubblici. Non dovrebbe essere piuttosto il rappresentante degli utenti? Aggiungo le conseguenze negative del modo in cui avvengono le assunzioni: blocco delle assunzioni, seguito da “infornate” di dipendenti pubblici, enfatizzazione delle uscite e periodici annunci di “concorsoni”. Tutto questo aumenta la distanza tra pubblico e privato.

Burocrate. Ne avete dette di tutti colori, sulla burocrazia, sulla politica, sui sindacati. Io non mi rassegno. Penso che ci siano ancora speranze di salvare la burocrazia italiana. Questa non può essere trattata alla stregua del virus, come è stato fatto negli ultimi tempi, quando tutti si sono accaniti contro la burocrazia. Mi chiedo perché si parla sempre di quello che non funziona e non di quello che funziona e delle buone riforme Questa messa in stato di accusa, ogni giorno, produce scoramento all’interno dell’amministrazione e sfiducia nelle possibilità di cambiarla dall’esterno. Bisogna, “tirare su il morale” dei dipendenti pubblici e migliorare l’immagine della pubblica amministrazione. Ci sono molte buone pratiche che andrebbero valorizzate. Ministeri come quelli dell’Interno, degli Affari esteri, dell’Economia e delle finanze funzionano bene. L’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato ha creato una banca dati preziosa di tutta la legislazione, chiamata “Normattiva”. Alcuni servizi di anagrafe, alcune strutture scolastiche del nord, il tribunale di Torino e quello di Roma in certi anni hanno funzionato egregiamente. Capisco che sono buone pratiche puntiformi, che non fanno sistema. Fare, tuttavia, un archivio delle buone pratiche e “metterle in vetrina” sarebbe estremamente utile. Servirebbe a individuare istituzioni efficienti e persone capaci. Servirebbe ad altre pubbliche amministrazioni per ispirarsi alle buone pratiche. Consentirebbe di introdurre un meccanismo di incentivazione. Infine, potrebbe ottenere il risultato di risollevare l’immagine pubblica della nostra burocrazia.

C’era una volta

Dieci anni fa

Venerdì 18 marzo 2011. L’Onu vota una seconda risoluzione con la quale si autorizza la Nato a intervenire per mare e dal cielo in difesa dei rivoltosi. Gheddafi – che oggi era a un passo dal riprendersi Bengasi – ha annunciato il cessate il fuoco e promesso al mondo che smetterà di sparare. I ribelli dicono che è una bugia e che, per esempio a Misurata, i combattimenti sono continuati. Intanto Francia, Gran Bretagna e Libano hanno presentato una risoluzione in cui si prevede l’applicazione di «tutte le misure necessarie» per proteggere i civili. Non solo la no-fly zone, ma anche interventi mirati, cioè bombardamenti dal cielo sulle forze del regime e cannoneggiamenti dal mare. Nessuno ha messo il veto e la risoluzione è passata con l’astensione di Russia, Cina, Germania, India e Brasile. I tedeschi, per bocca del loro ministro Westerwelle, hanno poi detto di non esser d’accordo e che, secondo loro, bisognava continuare col sistema delle sanzioni, aggravandole. Il governo italiano s’è riunito con Napolitano, il quale ieri mattina, parlando a Torino in occasione dei 150 anni dell’unità d’Italia, ha paragonato la rivoluzione libica al nostro Risorgimento [Dell’Arti, Gazzetta]. L’ambasciata italiana viene smobilitata.

Il rais, alle porte di Bengasi, aveva lanciato questo annuncio: «Vi stiamo venendo a prendere, vi troveremo anche dentro gli armadi, arrendetevi deponendo le armi altrimenti non avremo pietà».

Siria. A Dar’a, dopo la preghiera del venerdì, i manifestanti sono diventati migliaia. Le forze di sicurezza rispondono caricando, usando lacrimogeni ed idranti. Almeno sei persone sono uccise. Cortei in quasi tutte le città.

Muore a Napoli l’attore Enzo Cannavale. Aveva 82 anni.

«Formatosi in teatro, in compagnia con Eduardo De Filippo, si è affermato nel cinema come caratterista versatile, specializzato soprattutto nel filone cosiddetto “erotico all’italiana”, dove ha dato vita a ruoli simpatici ed estrosi. Spalla ideale di alcuni dei maggiori comici italiani (Renato Pozzetto, Enrico Montesano), è espressione della migliore tradizione comica partenopea. Da antologia la sua imitazione di Eduardo che beve il caffè in Liquirizia (1979) di Salvatore Samperi. Ha cominciato da bambino. “Vado a scuola dalle suore e ci fanno recitare. Al debutto con la Filodrammatica devo dire: ‘Sia lodato Gesù e Maria’. È il mio momento, parlo e tutti si mettono a ridere. Il regista, incazzato, mi chiama: ‘Enzo, ma che hai detto?’. ‘E che ho detto? La battuta prevista: sia lodato Gesù e Maria. Scuote la testa: “Tu non potrai mai fare l’attore drammatico. Sei un comico”» [Dall’Orto, Libero]. Nel 1988 vinse il prestigioso Nastro d’Argento come migliore attore non protagonista nel film 32 dicembre di Luciano De Crescenzo. Nello stesso anno recitò in Nuovo cinema Paradiso, il film di Giuseppe Tornatore vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes del 1989 e dell’Oscar per il miglior film straniero.

Venti anni fa

Domenica 18 marzo 2001. Il nuovo sindaco di Parigi è il socialista Bertrand Delanoë. «Centotrenta anni dopo la Comune e venticinque anni dopo la conquista della poltrona di sindaco da parte di Chirac (poi seguito dal delfino Tiberi), la sinistra controlla la capitale. Il Ps strappa anche Lione ma perde terreno nel Paese, rispetto a neogollisti, giscardiani, liberali. In centri chiave come Blois, Orléans, Rouen, Strasburgo e Nimes hanno vinto candidati dell’opposizione parlamentare. Tra gli sconfitti anche ministri del governo Jospin, come Jack Lang ed Elisabeth Guigou. Risultato negativo per i comunisti, che hanno perso città considerate “bastioni rossi”. L’estrema destra mantiene invece due municipalità: Vitrolles e Marignane» [CdS].

Caso Profeta. Si conoscerà in settimana l’esito della perizia balistica che potrebbe incastrare Michele Profeta, il presunto serial killer. Per ora si sa che i proiettili che hanno ucciso l’agente immobiliare e il tassista sono stati sparati dalla stessa arma. Da indiscrezioni questa sarebbe la Iver Johnson 32 sequestrata a Profeta. Manca però la prova di sparo: l’unica che può dare una risposta definitiva [Cds].

Francesca Cinelli, ventottenne di Pistoia, con una risposta data a caso a Gerry Scotti si è aggiudicata un miliardo di lire, il maxi premio del quiz Chi vuol essere miliardario?. La domanda di questa sera era: «Se tu fossi Albert King quale sarebbe la tua professione»? La concorrente ha risposto correttamente «Musicista», anche se lo ha fatto pensando a B.B. King. Francesca Cinelli ha poi ammesso che non sapeva che cosa faceva Albert King. «Che ne farò dei soldi? Un po’ li metterò in banca, un po’ li darò alla mia famiglia, alla parrocchia e in beneficenza» [CdS].

Venticinque anni fa

Lunedì 18 marzo 1996. Serbia, inizia la riunificazione. «Alle tre del pomeriggio di ieri la polizia serba ha abbandonato ufficialmente il quartiere di Grbavica, ultimo lembo di Sarajevo tenuto dagli uomini di Karadzic. Il fumo degli incendi ha sovrastato le operazioni del ritiro, mentre intorno rimbombavano le esplosioni di case che i cristiani hano fatto saltare piuttosto che renderle ai musulmani. Tutti i serbi (tranne 200 persone) hanno abbandonato la città. Il trattato di Dayton continua così a produrre nuove ondate migratorie. Colonne di rifugiati continuano ad intersecarsi, ammassandosi all’interno di “entità” etnicamente purificate ma psicologicamente esacerbate. I “profughi di pace” partono, scardinano, bruciano, imprecano, piangono, sfondano le condutture, minano le case. Le bombe si piazzano dietro i battenti, basta un po’ di scotch. Si tolgono le sicure, il filo si collega alla maniglia: per chi aprirà quella porta sarà morte sicura» [Badurina e Zaccaria, Sta].

Trenta anni fa

Lunedì 18 marzo 1991. «Finisce con un pareggio il duello tra Gorbaciov e Eltsin, nel primo referendum della storia dell’Urss. Per mantenere l’Unione, trasformata in Federazione di Repubbliche sovrane, secondo la formula del capo del Cremlino, si è pronunciato circa il 65,70 per cento dei votanti. E una percentuale molto simile, all’interno della Russia, ha appoggiato la proposta dell’elezione diretta del presidente repubblicano che il leader dei radicali aveva sottoposto al voto, come in una sfida. Ma se Gorbaciov e Eltsin potranno dichiararsi più forti interpretando la montagna di cifre che continua ad arrivare dai 170 mila seggi elettorali, nessuno potrà presentarsi come il vincitore assoluto. Nel verdetto del referendum ci sono segnali allarmanti. Gorbaciov ha stravinto in Asia ma è stato sconfitto in Ucraina e ha superato di pochissimo il 50% a Leningrado e Mosca, dove l’affluenza alle urne è stata bassa. Eltsin non ha avuto quella “maggioranza qualificata” che si attendeva» [Sta].

Steve Jobs sposa Laureen Powell. A celebrare l’unione un monaco buddista.

«Aveva amato due donne, e una l’aveva sposata. Era stato con altre donne, tra cui la cantante Joan Baez, ma la prima che aveva realmente amato si chiamava Tina Redse, una bellezza semplice e naturale, che profumava della stessa libertà hippy dei suoi anni di gioventù, e dal carattere emotivo e instabile come quello di Chrisann Brennan, la madre di Lisa. Era misteriosamente attratto dalla sua fragilità, che le conferiva un’aura spirituale, ma che sommata alla sua instabilità emotiva aveva rischiato di minare la loro salute mentale e aveva finito con l’esaurirli entrambi. Laurene Powell aveva la stessa bellezza di Tina, ma anche un carattere più fermo e risoluto. Solo lei riusciva a calmarlo, a comprenderlo, ad assorbire i suoi tumulti, le sue scariche di energia febbrile, la sua cupa misantropia. Gli aveva dato amore e gli aveva dato pace e stabilità. Era riuscita perfino a fargli comprare una casa, una bella casa poco appariscente immersa nella quiete di Palo Alto. Dopo immensi sforzi, era riuscita perfino a fargliela arredare, anche se su molte cose continuava a resistere. Per esempio sui divani. Non aveva ancora compreso quale fosse la funzione esatta di un divano. Si erano sposati il 18 marzo del 1991. Pochi mesi dopo, Laurene aveva partorito il loro primo figlio, Reed» [Bedetti, Steve Jobs].

Quaranta anni fa

Mercoledì 18 marzo 1981. «Capire un po’ di più il mondo esterno attorno a noi e anche il mondo interno dentro di noi», così Piero Angela apre la prima puntata di Quark, spiegando anche la scelta del nome del programma. In fisica il quark è la particella elementare che costituisce la materia (su Rai 1).

«Il 18 marzo 1981? Quark! In via Teulada: una tenda, pochi oggetti e un po’ di luci» [Piero Angela a Elvira Serra, Cds].

Cinquanta anni fa

Giovedì 18 marzo 1971. Il principe Junio Valerio Borghese non si è presentato davanti al sostituto procuratore Claudio Vitalone che lo aveva convocato per le 11 di stamane. Alle 19 Vitalone ha poi emesso un mandato di cattura e ora il principe Valerio Borghese è ricercato insieme a un’altra persona. Altre quattro si trovano già in stato di fermo a Regina Coeli in attesa di essere interrogate in merito al presunto complotto del 7 dicembre. I quattro fermati sono: Giovanni Pinci, di 64 anni, guardiano di un casolare, Remo Orlandini, di 62 anni, costruttore edile, Sandro Saccucci, di 27 anni, segretario della sezione romana dell’associazione nazionale paracadutisti d’Italia, e Mario Rosa, maggiore dell’esercito a riposo. Nelle loro abitazioni sono state compiute le perquisizioni il cui esito è stato riferito dall’ufficio politico della questura al magistrato che conduce l’inchiesta sulla cospirazione.

Sessanta anni fa

Sabato 18 marzo 1961. A Roma si chiude il XXXIV congresso del Psi. Scrive il Corriere: «Non è la prima volta che alla fine di un congresso se ne sa meno che all’inizio; ma nel caso attuale si è passata alquanto la misura. Può darsi che tra qualche giorno, quando sarà stata votata la mozione conclusiva e saranno state distribuite le cariche, se ne capisca un po’ di più; ma, al momento attuale, dopo i discorsi dei più autorevoli rappresentanti delle varie correnti, non è facile farsi un’idea chiara di quanto è accaduto; un’idea chiara di cosa, veramente, vuole il partito socialista riunitosi in questi giorni a Milano, fra l’attesa di tanta gente, che si aspettava del nuovo, qualche iniziativa, che iniziasse o, quanto meno, annunciasse una “svolta” nella politica nazionale, un diverso schieramento dei partiti, una modificazione nei loro rapporti di forza. Queste attese, diciamolo subito, sono andate deluse. Dopo quattro giorni di discorsi, non si capisce più se il partito socialista è per l’apertura o per l’alternativa o per una terza via, che ancora non si riesce nemmeno a intravedere».

Cinema. A Roma Audrey Hepburn e il marito Mel Ferrer vengono fotografati in Campidoglio davanti alla Lupa capitolina.

Audrey Hepburn aveva incontrato l’attore Mel Ferrer a una festa organizzata da Gregory Peck.

Ottanta anni fa

Martedì 18 marzo 1941. Durante la notte Londra subisce uno dei più pesanti attacchi aerei dall’inizio del conflitto [Salmaggi e Pallavisini].

La Spagna si annette il Territorio Libero di Tangeri [Salmaggi e Pallavisini].

Gianni Brera, ufficiale della Folgore, per un caso fortuito non sale su un volo di ambientamento che poi precipita dopo una collisione. Muoiono 21 persone.

«Un’esperienza della quale il giornalista non ha mai parlato apertamente» [congedatifolgore.com].

Cento anni fa

Venerdì 18 marzo 1921. Devastati la Camera del lavoro e il circolo socialista di Pirano (Ts). Distrutta da una bomba la Lega socialista di Burana (Fe) [Franzinelli1].

Dopo tre anni di occupazione i cinesi si ritirano dalla Mongolia.

Centodieci anni fa

Sabato 18 marzo 1911. Giolitti propone il voto universale maschile per i maggiorenni, per quanti abbiano prestato servizio militare e per i trentenni anche se analfabeti perché «il giudizio politico non dipende dal maneggio delle lettere dell’alfabeto ma dalla vita». La mozione passa e Luzzatti, che voleva estendere il suffragio solo a 4,5 milioni di nuovi elettori, delibera le dimissioni.

Centotrenta anni fa

Mercoledì 18 marzo 1891. Alla Camera e al Senato commemorazione del Principe Napoleone. La seduta è tolta in segno di lutto. Alla Camera il Presidente Biancheri Commemora il defunto Principe Napoleone e dice che la Nazione italiana ricorderà sempre con animo grato che egli in ogni tempo e in ogni più difficile momento diede prova di sincera amicizia per l’Italia, mostrandosi sempre caldo fautore della sua indipendenza e libertà e fiero rivendicatore di Roma italiana. La Camera esprime quindi il suo profondo rammarico alla vedova, a quell’esimia Principessa Clotilde «che elevò la virtù del sacrificio alla santità dell’olocausto; e alla Principessa Laetitia, dopo sì poco tempo dalla morte del consorte afflitta da quella del genitore».

Centocinquanta anni fa

Sabato 18 marzo 1871. A Parigi, il comitato centrale della Guardia Nazionale, impugnando la bandiera rossa, simbolo della Comune, marcia verso l’Hôtel de Ville: «I proletari di Parigi, in mezzo alle disfatte e ai tradimenti delle classi dominanti hanno compreso che è suonata l’ora in cui essi debbono salvare la situazione prendendo nelle loro mani la direzione dei pubblici affari … Essi hanno compreso che è loro imperioso dovere e loro diritto assoluto di rendersi padroni dei loro propri destini, impossessandosi del potere politico». Per strada assieme alla Guardia Nazionale anche la popolazione, soprattutto donne. Louise Michelet si rivolge ai soldati perché si ribellino al generale Lecomte. Per disperdere il popolo, il generale ordina di aprire il fuoco ma non viene ascoltato, i soldati stanno dalla parte del popolo. Lecomte è arrestato e fucilato dai suoi stessi soldati. Anche il generale Clément Thomas, il massacratore della rivoluzione del 1848, viene giustiziato. Nel pomeriggio il generale Thierry fugge a Versailles. Il Comitato centrale della Guardia nazionale a mezzanotte s’installa in municipio e chiama i parigini ad eleggere la propria assemblea.

«Come ebbe ad osservare Marx, l’insurrezione di Parigi “contro il Governo di difesa non data al 18 marzo, per quanto sia questo il giorno della sua prima vittoria contro i cospiratori, ma al 28 gennaio, il giorno stesso della capitolazione» [Spartaco]. Marx definì la Comune il primo governo operaio della storia.

Centosessanta anni fa

Lunedì 18 marzo 1861. A Milano è l’anniversario delle Cinque giornate. Solenne messa di commemorazione alle 10 nella chiesa dell’Ospedale Maggiore, dove riposano i martiri del 1848. Poi, a Porta Vittoria, vengono distribuite 40 medaglie al valor civile. «Giorno di festa, ma festa quieta, mesta, solenne, come la memoria del dì che la inspirava. Fin dal mattino dalle spiegate bandiere tricolori pendevano neri veli […]. Quasi tutte le botteghe chiuse; la guardia nazionale in piena parata […] Le contrade dal Duomo a Porta Vittoria gremite di popolo. […] Parecchie bande musicali suonavano marce e inni nazionali, i giovani raccolti in gruppi cantavano cori popolari […] La sera per cura del Municipio il Duomo splendeva di vivissima luce di gaz alternata dai variati fuochi del bengala». [Un.It. 18/3/1861, Per. 19/3/1861, G.Ge. 20/3/1861].

Concistoro segreto in Vaticano. Pio IX risponde a quanti pretendono che il papato sia inconciliabile colla civilizzazione, si dichiara contrario a quella pretesa civilizzazione moderna che perseguita la Chiesa, lamenta la violazione del concordato nel regno di Napoli, dice di voler fare libere concessioni ma di non poter accogliere i consigli e le domande ingiuste di un governo usurpatore. Promette il perdono ai traviati e confida la causa della Chiesa a Dio vendicatore della giustizia e del diritto. «Sembra che il partito della resistenza abbia prevalso e che ogni disegno di conciliazione coll’Italia sia stato respinto. Però il Sommo Pontefice avrebbe ricusato di condiscendere a’ consigli de’ prelati che lo esortavano a ritirarsi da Roma. Que’ prelati sono francesi, austriaci e bavaresi. Egli avrebbe dichiarato che non lascerebbe Roma: la sua età, i suoi incomodi e più ancora il sentimento del dovere glielo vietavano». [Op. 20/3, 21/3/1861]. «Condannò altresì “la proclamazione di diritti antitetici a quelli della Chiesa che ogni regime doveva garantire all’interno del suo ordinamento: l’introduzione della libertà di religione, di stampa, di manifestazione del pensiero e l’uguaglianza giuridica di tutti i cittadini, indipendentemente dal culto, nell’accesso ai pubblici impieghi e alle scuole”» [Paolo Mieli, L’arma della memoria].