MARTEDì 16 MARZO 2021

Clamoroso

Nel 2020 il numero degli omicidi in Italia ha raggiunto i minimi storici: 271, per la prima volta sotto quota 300 [Montenegro, Foglio].

In prima pagina

• Italia, Germania, Francia e Spagna hanno sospeso l’utilizzo di AstraZeneca in via precauzionale. L’Ema dovrebbe pronunciarsi giovedì. A Napoli, intanto, una donna di 54 anni vaccinata due settimane fa è stata ricoverata per emorragia cerebrale

• La Questura di Roma ha messo l’esercito a presidiare l’Istituto superiore di Sanità. Forse, a dare fuoco al portone, è stata una donna

• Ieri i morti sono stati 354. Quasi 900 ricoveri in più, +75 in terapia intensiva. Il tasso di positività schizza all’8,5%. Le persone vaccinate (due dosi) sono 2.027.463 (il 3,4% della popolazione)

• A Napoli un’ambulanza, che aveva appena effettuato un intervento per un paziente Covid, è stata presa di mira da una banda di ragazzini senza mascherina

• Nel Tarantino, un uomo di 61 anni ha ucciso a coltellate la moglie e la suocera, di 65 e 91 anni. Poi ha chiamato i carabinieri e ha detto che si sarebbe ammazzato. I militari sono sulle sue tracce

• Vicino a Ivrea una ragazzina di dodici anni è stata trovata morta nella sua cameretta con la cintura dell’accappatoio attorno al collo

• Le unioni omosessuali non possono essere benedette. Lo ha decretato la Congregazione per la Dottrina della Fede, bocciando la prassi fatta propria da alcuni sacerdoti in giro per il mondo

• Bankitalia: a gennaio nuovo record del debito pubblico È aumentato di 33,9 miliardi, raggiungendo quota 2.603,1 miliardi

• L’Ue ha aperto una procedura legale contro la Gran Bretagna per violazione degli accordi post Brexit sull’Irlanda del Nord

• Per la seconda volta, negli scontri in Birmania, è stato ucciso un poliziotto: segno che la protesta si va facendo violenta

• Navi e aerei della Nato all’inseguimento del sottomarino russo nel Canale di Sicilia

• Archiviato ad Arezzo il caso dell’uomo che uccise ladro moldavo di 26 anni entrato nel suo negozio

• Definì «sciacallo» Salvini, assolta Ilaria Cucchi: «È diritto di critica».

• Salvini in aula al processo per diffamazione contro i 99 Posse

• Laura Pausini è candidata agli Oscar 2021 per la migliore canzone. Due nomination per Pinocchio di Matteo Garrone (costumi e trucco)

• Ai Grammy il trionfo di Taylor Swift, Beyoncé e Billie Eilish

• Zidane apre al ritorno di Ronaldo al Real Madrid: «Può darsi»

• Respinto il ricorso della Roma sul caso Diawara che ha portato alla sconfitta a tavolino con il Verona

Titoli

Corriere della Sera: Sospeso il vaccino AstraZeneca

la Repubblica: L’Europa blocca AstraZeneca

La Stampa: L’Europa sospende AstraZeneca

Il Sole 24 Ore: Persi 289 miliardi di fatturato / Aiuti a 800 mila professionisti

Avvenire: Caso vaccini, nervi saldi

Il Messaggero: Draghi ferma AstraZeneca

Il Giornale: Bomba sui vaccini

Qn: Sospeso AstraZeneca, caos vaccini

Il Fatto: Draghi: alt al vaccino / Ma non spiega perché

Libero: Chi ha paura di AstraZeneca

La Verità: La Ue blocca AstraZeneca / Campagna italiana in tilt

Il Mattino: AstraZeneca, caos richiami

il Quotidiano del Sud: Arriva il bazooka per i vaccini

il manifesto: Iniezione di sfiducia

Domani: L’Europa blocca AstraZeneca, senza nuove prove sui pericoli

Delitti e suicidi

In un appartamento nel cuore di Massafra, cittadina di tremila anime a una ventina di chilometri da Taranto, tale Antonio Granata, 61 anni, potatore, al termine di una lite furibonda, brandendo un arma da taglio, forse un coltellaccio, o un paio di cesoie, ha ammazzato la suocera, Lorenza Addolorata Carano, di anni 91, e la moglie, Carolina Bruno, di anni 65. Il Granata, compiuto il delitto, ha avvisato i carabinieri, urlando al telefono che si sarebbe tolto la vita. «Dal luogo della strage sarebbe fuggito a bordo della sua auto, dopo aver incrociato in strada alcuni conoscenti. I militari sono piombati in forze, poco dopo le 17, in via Leonardo da Vinci, una stradina che si snoda nella parte alta della cittadina pugliese. Quando i carabinieri hanno varcato la porta dell’abitazione, sul piano della strada, si sono trovati dinanzi agli occhi una scena terribile. I cadaveri delle due donne riversi sul pavimento, in due stanze diverse. Entrambe ricoperti di sangue. Il corpo della mamma, Lorenza, era in cucina. Quello della figlia, Carolina, era in uno sgabuzzino. Una stanzetta nella quale la donna, probabilmente, ha tentato di rifugiarsi quando si è scatenata la furia omicida del marito. Intorno, i segni di una lotta selvaggia, durante la quale mamma e figlia hanno cercato disperatamente e inutilmente di salvarsi. Unico segno di vita, il cagnolino di famiglia. I carabinieri lo hanno trovato rannicchiato e tremante nella camera da letto» [Diliberto, Mess].

Sembra abbiano litigato per motivi economici. Dopo il delitto, l’uomo si è dato alla macchia: ieri sera i carabinieri non l’avevano ancora trovato.

L’Ue fa causa a Johnson

La Commissione europea ha avviato un’azione legale contro la Gran Bretagna, accusandola di non aver rispettato il Protocollo sull’Irlanda del Nord incluso nell’accordo sulla Brexit. Spiega Antonello Guerrera su Rep: «Tutto è nato da un annuncio del governo Johnson di due settimane fa, per cui il Regno Unito non garantirà almeno fino al prossimo ottobre i pattuiti controlli doganali di beni e merci che viaggiano dalla Gran Bretagna ed entrano in Irlanda del Nord: Londra infatti ha deciso di estendere unilateralmente il “periodo di grazia” su questi controlli, che originariamente scadrebbe il 1° aprile prossimo. Si tratta dunque di una palese violazione, da parte del Regno Unito, di un caposaldo dell’accordo Brexit che lo stesso Johnson ha firmato, e cioè: visto che, in base all’intesa tra i due blocchi, l’Irlanda del Nord è di fatto rimasta nel mercato unico Ue e nell’unione doganale europea per preservare la pace e non dover rimettere la frontiera tra le due Irlande, il governo britannico si era impegnato a controllare le merci dalla Gran Bretagna verso Belfast, in base agli standard di qualità del mercato unico europeo, che così sarebbe stato preservato dopo la Brexit».

Caccia al sottomarino russo nel canale di Sicilia

«Mille miglia sotto i mari, in un lunghissimo duello negli abissi. Non è la sfida apocalittica di Caccia a Ottobre rosso, ma le missioni per tallonare il sottomarino russo che in questi giorni sta viaggiando dal Baltico alla Siria la ricordano da vicino. Da più di tre settimane, aerei e navi della Nato si alternano per seguire il “Rostov sul Don”, un battello lanciamissili della classe Kilo. Monitorano i movimenti dell’imbarcazione d’appoggio che l’accompagna nella trasferta e ogni volta che individuano la posizione del Rostov si accaniscono per pedinarlo. Da quando la flotta di Mosca ha rimesso piede nel Mediterraneo non c’era mai stato un simile schieramento di mezzi statunitensi, canadesi, inglesi, francesi, italiani, greci. E anche se mancano dichiarazioni ufficiali, l’operazione sembra volere trasmettere un messaggio chiaro al Cremlino: le sortite dei micidiali sottomarini Kilo non resteranno più indisturbate […] Il Kilo si è spinto fino nel Canale di Sicilia. Una mossa provocatoria. Nello stesso momento in quelle acque si stava tenendo la più grande esercitazione Nato di lotta subacquea, chiamata Dymanic Manta, con la presenza di mezzi di tutta l’Alleanza. Il visitatore russo ha fatto zig-zag a poca distanza dall’area del wargame, tra Malta e la Tunisia. Poi, quando le manovre si sono concluse, ha ripreso la crociera verso Oriente. Il 13 e il 14 marzo sono intervenuti un EP-3 Orion dell’Us Navy e due velivoli dell’Aeronautica italiana. Ieri mattina è stata la volta dell’aviazione ellenica, con un radar volante Embraer che lo ha individuato nel Mar Ionio» [Di Feo, Rep].

In Birmania si rischia la guerra civile

Sono almeno 138 le vittime dall’inizio delle proteste in Myanmar. Domenica, nel quartiere di Hlaing Tharyar, nella periferia industriale dell’ex capitale Yangon, i manifestanti hanno dato alle fiamme alcuni stabilimenti cinesi di abiti di moda e scarpe, dove lavorano migranti sfruttati. Al che l’ambasciata di Pechino ha «esortato» il Myanmar «a prendere ulteriori misure efficaci per fermare tutti gli atti di violenza» e, per rappresaglia, la giunta militare ha dichiarato la legge marziale in sei quartieri della città e spedito nella zona centinaia di soldati in assetto da guerra. Le truppe hanno sparato ad altezza d’uomo.

«Per la seconda volta ieri è stato ucciso anche un poliziotto, segno che singoli individui o frange del movimento stanno entrando in una fase più dura» [Bultrini, Rep].

Navalny si rifà vivo

Aleksei Navalny ha pubblicato su Instagram una foto che lo ritrae con il cranio rasato. «Devo ammettere che il sistema carcerario russo è riuscito a sorprendermi. Non potevo immaginare che fosse possibile organizzare un vero campo di concentramento a 100 chilometri da Mosca. Telecamere ovunque, tutti sono monitorati e alla minima infrazione viene fatta una denuncia. Una cosa alla 1984».

Iglesias lascia il governo spagnolo

Pablo Iglesias, capo di Podemos, si è dimesso dalla carica di vicepresidente del governo spagnolo per «sfidare la destra» alle elezioni regionali di Madrid, fissate per il 4 maggio. Al suo posto, come vicepremier, sarà nominata Yolanda Díaz, attuale ministro del Lavoro.

«Le elezioni anticipate nella regione di Madrid […] sono un passaggio cruciale per la politica spagnola. Il Partito popolare è al potere praticamente da sempre nella capitale. L’attuale presidente, Isabel Díaz Ayuso, ala destra del Pp, ha indetto elezioni anticipate, rompendo con il socio di governo Ciudadanos. Ayuso ha rappresentato in questi mesi la vera opposizione al governo centrale, a partire dalle misure anti Covid, molto meno rigide a Madrid che nel resto della Spagna. La sua popolarità è alta, ma secondo i sondaggi, per restare al potere avrà bisogno di governare con Vox. È proprio questa prospettiva che ha mobilitato Pablo Iglesias, “un rischio per tutta la Spagna”. Ayuso risponde: “O libertà o comunismo”. Sarà una campagna durissima» [Olivo, Sta].

Olanda al voto fino a domani

«Da ieri alle urne 13 milioni di olandesi, per rinnovare il Parlamento. Favorito il Vvd, il partito del premier liberalconservatore uscente Mark Rutte» [Sole].

Archiviato il caso del gommista che uccise il ladro

Il gip di Arezzo, Fabio Lombardo, ha prosciolto dalle accuse di omicidio colposo e eccesso di legittima difesa Fredy Pacini, 61 anni, gommista e venditore di bicicletta, l’uomo che la notte del 28 novembre 2018 sparò e uccise Vitalie Tonjoc, moldavo di 26 anni, uno dei due banditi che tentavano di rapinare il suo negozio. Nell’ordinanza, il gip scrive che «Pacini agì sicuramente in modo avventato e precipitoso, eccedendo colposamente i limiti della legittima difesa putativa»: l’uomo sparò cinque colpi in rapida successione in direzione del bandito, che non aveva con sé armi da fuoco, ma in virtù della nuova legge sulla legittima difesa fatta approvare da Salvini nel 2019, la punibilità è esclusa per chi, per salvaguardare la propria incolumità, «agisce in stato di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo in atto».

Pacini, ieri, saputo dell’archiviazione, si è commosso. «Alla domanda se voglia ringraziare anche il leader della Lega Matteo Salvini, che anche ieri lo ha contattato per esprimergli solidarietà e soddisfazione per la decisione del gip, l’imprenditore aretino risponde di non volersi occupare di politica» [Gasperetti, CdS].

Ilaria Cucchi batte lo «sciacallo» Salvini

Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, morto in seguito al pestaggio da parte di alcuni carabinieri, è stata assolta per aver definito «sciacallo» Matteo Salvini. Lo ha deciso il tribunale di Milano. Il processo scaturì da una coda polemica subito dopo la condanna a 12 anni dei carabinieri ritenuti responsabili della morte di Stefano. A caldo, Matteo Salvini aveva commentato: «Questo testimonia che la droga fa male sempre e comunque». «Parla sotto effetto del Mojito, è uno sciacallo» fu la replica della sorella della vittima. Da qui la querela per diffamazione da parte del leader leghista. Il tribunale ha pronunciato un verdetto di assoluzione reputando che la frase di Ilaria rientrasse nel diritto di critica.

Salvini al processo contro i 99 posse

Nell’Aula 212 del palazzo di giustizia di Napoli, sesta sezione penale, presidente Antonio Palumbo, ieri s’è presentato Matteo Salvini, sentito in quanto persona offesa. L’ex ministro dell’Interno ha denunciato la band dei 99 Posse perché si ritiene diffamato da un video del 2015. Imputati: Marco Messina, Luca Persico, Massimiliano Iovine, Sasha Ricci.

Bannon sfrattato dalla Certosa di Trisulti

«Il consiglio di Stato dà l’ultimo stop a Bannon. Il monastero medievale di Trisulti, in provincia di Frosinone, non diventerà un’accademia del sovranismo populista sotto l’egida di Steve Bannon, ex fidatissimo consulente di Donald Trump. Lo ha deciso il Consiglio Stato ritenendo corretta la decisione del ministero dei Beni culturali di annullare in autotutela la concessione della certosa all’associazione Dignitatis Humanae Institute. I giudici hanno accolto il ricorso del ministero e di alcune associazioni contro la decisione del Tar del Lazio che nel maggio scorso aveva detto no alla revoca. Secondo Palazzo Spada, invece, è “corretto” il provvedimento con cui è stato richiesto il rilascio dell’immobile» [Sta].

L’Etna erutta ancora

«In un mese per l’Etna è la tredicesima volta. Alte fontane di lava, colate in Valle del Bove e pennacchio di cenere e lapilli che hanno di nuovo ricoperto i paesi del versante Est. Il governo ha annunciato l’invio della Protezione civile e fondi straordinari» [Sta].

La Pausini candidata all’Oscar

Ci sarà anche un po’ di Italia alla cerimonia degli Oscar, il 25 aprile. Ieri sono state annunciate le nomination e Laura Pausini è tra i candidati nella categoria della miglior canzone originale per Io sì, dal film La vita davanti a sé di Edoardo Ponti, già vincitrice del Golden Globe; e Pinocchio di Matteo Garrone ha ricevuto due candidature per i costumi e per il trucco. Niente da fare per il documentario di Gianfranco Rosi Notturno. Per la prima volta nella storia quasi centenaria dell’Academy due donne hanno ottenuto la nomination agli Oscar per la categoria Miglior Regia: si tratta di Chloe Zhao e Emerald Fennell, rispettivamente per Nomadland Promising young woman. Il film che ha ottenuto più nomination, dieci, è Mank, diretto da David Fincher. Sei i film che hanno ottenuto sei nomination: The FatherJudas and the Black MessiahMinariNomadlandSound of Metal e Il processo ai Chicago 7, tutti candidati per il Miglior film insieme a Una donna promettente, che ha ottenuto cinque candidature.

 

16 ANNI

di Mattia Feltri

La Stampa

Premesso che la salita di Enrico Letta alla conduzione del Pd mi entusiasma quasi quanto la salita di Mario Draghi alla conduzione del governo, e nemmeno gli ultimi vaneggiamenti attorno al vaccino AstraZeneca incrineranno la mia ebbrezza (tra l’altro ieri ho finalmente capito perché la Gran Bretagna, dalle vene sature di AstraZeneca, ha vinto la Seconda guerra mondiale e la Germania e l’Italia l’hanno persa), e premesso che l’impareggiabile Claudio Velardi l’ha detta grossa, ma ci ha preso in pieno quando ha definito il Pd il partito più conservatore d’Italia (infatti a ogni guasto contrappone un rimedio già logoro negli anni Ottanta del secolo scorso), talvolta anche da lì salta fuori un guizzo di progressismo. Per esempio, durante il suo discorso di domenica, Letta ha ritirato fuori una proposta ricorrente: l’estensione del voto ai sedicenni. L’ultima volta fu un anno e mezzo fa, e già allora mi sembrava un’eccellente idea, poiché secondo i dati Ocse un sedicenne su cinque non è in grado di comprendere un testo, ma quasi un adulto su due è un analfabeta funzionale: la platea si impreziosisce. Già allora ero incuriosito dalla logica di ridurre gli eletti, e li abbiamo ridotti, ma di aumentare gli elettori. Già allora, soprattutto, mi chiedevo se ci si rendeva conto delle conseguenze, dal momento che per Costituzione il diritto di voto è riconosciuto a chi ha «la maggiore età», e dunque a sedici anni si voterà, ci si sposerà, si andrà a vivere da soli, si guiderà l’auto, e i più furfanti finiranno in un carcere normale anziché minorile. Non solo i vaccini, anche il progresso ha i suoi effetti collaterali.

Tigì

di Michele Serra

la Repubblica

Come Orio Vergani e Alfonso Gatto per Coppi e Bartali, ci vorrebbero grandi cronisti per cantare le gesta di Tajani di Forza Italia e Lollobrigida di Fratelli d’Italia, che proprio in questi giorni stanno per tagliare – passandosi la borraccia – il traguardo del milione di dichiarazioni nei tigì della Rai.

È un’arte. È un sacrificio. Ci vuole il fisico.

Provateci voi, ogni giorno, per anni, a fissare una telecamera e dire, nei pochi secondi concessi: «la situazione è grave, non è tempo di incertezze». Oppure: «I bisogni degli italiani richiedono risposte concrete».

Provate a farlo, per giunta, avendo alle spalle librerie con enciclopedie a rate, vetrinette con tazze, ficus disidratati, stampe ereditate dalla zia, muri di rigorosa desolazione (i miei preferiti).

Ieri Lollobrigida, l’ho sentito con le mie orecchie, ha detto: «molte famiglie sono in difficoltà, servono risposte urgenti». E tutti noi, stupidamente convinti, fino a un minuto prima, che nessuna famiglia fosse in difficoltà, e le risposte possano dunque arrivare anche tra molti anni, che lo guardavamo ammirati, assiepati come la folla lungo i tornanti del Galibier. E pensavamo: formidabile uomo, che a qualunque ora, con l’umiltà del gregario eppure con lo slancio del campione, trova qualcosa da dire, pedalando in salita.

Dei due, i lettori già sanno che prediligo Lollobrigida. È partito molto dopo Tajani, lo sta rimontando inesorabilmente. Più giovane, più periferico (è di Tivoli), non mostra cedimenti. Tajani, per debolezza borghese, a volte è comparso con sfondo di bouganville.

L’ingresso nell’area di governo l’ha ulteriormente rammollito. Lollobrigida no.

È uomo del popolo. Le famiglie in difficoltà possono contare su di lui.

Pulci di notte

di Stefano Lorenzetto

Nel disperato quanto sfortunato tentativo di tornare nelle grazie del Papa, che lo ha cacciato dalla Comunità di Bose, fratel Enzo Bianchi recensisce entusiasticamente su Tuttolibri della Stampa il saggio Dizionario Bergoglio, con prefazione di Antonio Spadaro, il gesuita accreditatosi quale spin doctor ombra del Pontefice argentino. Il volume analizza i «bergoglismi», neologismi coniati da Francesco con un linguaggio creativo teso a «focalizzare i concetti chiave del suo insegnamento». Scrive Bianchi: «Nel Dizionario Bergoglio troviamo due voci in spagnolo, come balcolenar, la postura di chi sta al bancone senza far nulla, guardando la vita passargli davanti. C’è poi primerear che è l’esatto opposto». Duole correggere il monaco laico, ma il primo verbo è balconear, non balcolenar, e deriva da balcone, non da bancone. Nel lunfardo – il gergo tipico della città di Buenos Aires, molto usato nel tango – il verbo balconear significa appunto star a guardare dal poggiolo o dalla finestra. Va rilevato che a individuare per primo questi neologismi, fin dal 1964, è stato il giornalista argentino Jorge Milia, che nel 2013 li analizzò a puntate sull’Osservatore Romano (Bergoglio fu suo professore nell’ultimo anno di liceo). Infine Bianchi sbaglia il nome dell’autore del libro, chiamandolo Francesco Torralba. Nel medesimo errore incorre la redazione di Tuttolibri, ripetendo il nome di battesimo sbagliato nella didascalia sotto la copertina del volume. Sulla quale si legge correttamente Francesc Torralba, e non Francesco (nome completo Francesc Torralba Roselló, filosofo e teologo originario di Barcellona).

Rievocando sul Fatto Quotidiano la stagione vissuta all’Indipendente, Massimo Fini racconta di un incontro a tavola nell’agosto 1993, quando l’allora direttore del quotidiano fondato da Ricardo Franco Levi gli prospettò la possibilità di passare con lui al Giornale: «Finita la cena, un po’ brilli, alzammo i calici e Vittorio esclamò: “In culo al Berlusca, restiamo all’Indi”». Donde il sommario dell’articolo: «“In culo al Berlusca” mi diceva, ma ci andò». O il titolista non ha compreso ciò che ha letto o davvero Feltri, accettando di dirigere Il Giornale, andò in culo al Berlusca. E questa sarebbe la notizia dell’anno.

La Stampa riporta una frase sul vaccino Astrazeneca, pronunciata dal generale Paolo Figliuolo in un colloquio con il Corriere della Sera e Il Foglio: «È stato pubblicizzato male, purtroppo. Dai miei incontri con i vertici dell’Ema mi è stato ribadito che è un prodotto fortissimo». Ed ecco come il titolista l’ha tradotta in un sommario: «È stato pubblicizzato male, purtroppo i vertici dell’Ema mi hanno ribadito che è un prodotto fortissimo». Premio Capire 2021, ex aequo con Il Fatto Quotidiano.

Sulla Verità, in prima pagina, la scrittrice Silvana De Mari osserva che «le donne sono completamente diverse degli uomini e gli uomini sono completamente diversi delle donne». Il dettaglio non ci era sfuggito. Tuttavia ci preme ribadire che, per entrambi i generi, in italiano la preposizione articolata si forma con il da, quindi «dagli uomini» e «dalle donne».

Titolo dalla Repubblica: «In lockdown senza passare dal via. Il Monopoli del virus un anno dopo». Facevano prima a scrivere: «Italia ancora ferma tra vicolo Stretto e vicolo Corto». Titolo nella pagina seguente: «Più vaccini che contagi. Usa, il grande sorpasso grazie ai team militari». Arrivano sempre per primi al Parco della Vittoria.

Azzurra Barbuto commenta su Libero la foto di Fabiana Dadone, ministro delle Politiche giovanili, ritratta con i piedi sulla scrivania del suo dicastero, scarpe di vernice rossa e tacchi a spillo: «Vuole proprio convincerci di essere figa, intanto non possiamo fare a meno di riflettere sul fatto che chiunque desideri essere preso sul serio dovrebbe guardarsi dallo scadere in un simile volgare protagonismo». Scusi, ha detto volgare?

«Sa tanto di stile draghiano», scrive Wanda Marra sul Fatto Quotidiano a proposito del breve filmato con cui Enrico Letta ha annunciato su Twitter la sua candidatura a segretario del Pd. E dettaglia: «Maglioncino grigio, colletto bianco e occhialetti, dietro una bandiera dell’Italia, Letta parla per 1 minuto e 20». Il tricolore sul fondo lo ha visto solo Marra. Alle proprie spalle, Letta aveva soltanto una doppia carta geografica d’Italia, senza bandiere, che rappresentava la localizzazione delle Autorità di sistema portuale, i porti di secondo livello, le Zes (Zone economiche speciali) e le sedi delle capitanerie di porto. Solo che anche le redazioni sono ormai diventate porti di mare.

Sommario dall’Espresso: «Nella battaglia con Vivendi Bolloré è stato bloccato dal governo di centrosinistra. Gli resta il contenzioso civile e un’inchiesta penale». Corso espresso di grammatica: i soggetti sono due, quindi l’accordo doveva essere al plurale («gli restano»). Per non parlare dell’ircocervo «Vivendi Bolloré», che si sarebbe potuto evitare ponendo una virgola fra il nome della società francese e il cognome del suo presidente.

Editoriale domenicale del direttore della Gazzetta di Mantova, Enrico Grazioli: «Un anno di Covid e non abbiamo avuto la soluzione finale». Meno male. Del resto dovette lasciarla a metà persino Adolf Hitler.

SL

QUARTA PAGINA
«Chi non ha conosciuto la guerra
non ha una biografia»
citato da Aldo Cazzullo

Ong

di Marco Travaglio

Il Fatto Quotidiano

Da qualche giorno leggiamo con raccapriccio le cronache delle indagini di varie Procure siciliane su alcune Ong specializzate nei “soccorsi” di migranti nel Mediterraneo. E notiamo con stupore il silenzio dei politici e dei commentatori di solito così prodighi di commenti, esternazioni, interviste, petizioni, appelli e contrappelli. Parlano solo Salvini e i giornali di destra, facendo di tutta l’erba un fascio fra le Ong che davvero salvano vite dal naufragio e quelle che fanno altro. Tacciono invece quelli che da anni fanno di tutta l’erba un fascio in senso opposto: difendendo a prescindere tutte le Ong, attaccando a scatola, occhi e orecchi chiusi qualunque pm si azzardi a indagare, qualunque osservatore si permetta di sollevare dubbi, qualunque politico non certo razzista e fascista (come Minniti, Di Maio e Lamorgese) osi chiedere qualche regola nel Mar West, fino a negare financo filmati, foto, satelliti e intercettazioni che provano i rapporti fra volontari e scafisti.

Quando il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro, chiamato nel 2017 in Parlamento a riferire, spiegò che l’Italia era disarmata contro i trafficanti di esseri umani perché le navi di alcune Ong prelevavano i migranti in acque libiche o limitrofe dai barconi degli scafisti con consegne concordate, transponder spenti e nessun controllo dello Stato, azzerando il rischio giudiziario e “imprenditoriale” di quei criminali, fu accusato di sporcare la favola bella degli angeli del mare. Idem per Minniti, che quell’estate propose un codice di autodisciplina per le Ong (transponder accesi, bilanci trasparenti, agenti a bordo). E riuscì ad abbattere il traffico e il numero dei morti, cosa di cui si prese il merito Salvini senza far nulla in più di utile, ma molto in più di inutile, xenofobo e propagandistico. Intanto le anime belle ripetevano il mantra “nessuna prova, solo calunnie, è crimine umanitario”. Negazionismo puro, anche dopo che l’inchiesta di Trapani sulla nave Iuventa dell’Ong Jugend Rettet, mostrò foto e filmati delle consegne concordate dagli scafisti ai volontari, che poi non li denunciavano e non ne affondavano i loro barchini, ma li restituivano. Noi tentammo di sollecitare un dibattito serio, che distinguesse tra chi salva vite e chi fa da nastro trasportatore o da tassista agli scafisti: distinzione che gioverebbe alla verità, alla giustizia, ma soprattutto alle Ong pulite. Non ci fu verso: fummo insultati dai Manconi, Zoro, Mannocchi & C. Ora si attendono i loro commenti sull’inchiesta chiusa a Trapani su 21 membri degli equipaggi di Iuventa, Vost Hestia, Vost Prudence, navi legate alle Ong Jugend Rettet, Save The Children e Medici senza Frontiere. Vengono fuori le foto – scattate nel 2016 da un agente Sco sotto copertura – di uno scafista che picchia i migranti con una cintura e un tubo di ferro sotto gli occhi dei volontari. Poi sale a bordo della nave Vos Hestia noleggiata da Save The Children che, pur sapendo chi è e cosa ha fatto, lo traghetta al porto di Reggio Calabria senza denunciarlo. Si vede la Vos Hestia che, informata in tempo reale delle partenze degli scafisti dalle coste libiche, li raggiunge “in un preciso tratto di mare senza dare alcuna comunicazione alle autorità”. L’indomani rileva 548 migranti e nei giorni successivi altri 1300. I volontari di STC fanno levare ai poveretti i giubbotti di salvataggio e indossare quelli col logo della Ong, restituendo i vecchi agli scafisti. Tre di questi vengono fotografati mentre si avvicinano alla nave, smontano il motore dal gommone e ripartono. Altri vengono fatti salire a bordo, mescolati tra i profughi, e condotti in Italia come naufraghi appena salvati. Il comandante si vanta di non denunciare gli scafisti: “Ho altri ruoli e non quello di fare la spia o l’investigatore”. E prepara rappresaglie per un volontario che li ha segnalati alla polizia: “Appena torna lo scemo vedo cosa vuole fare, altrimenti lo mando a fare in culo dicendogli: ‘Vedi dove te ne devi andare, ti vuoi stare zitto o te ne vai’…”. Una settimana dopo tre scafisti abbordano la Vos Hestia e annunciano un altro carico: uno è Suleiman Dabbashi, di una famiglia che gestisce centri di prigionia a Sabrata. Nessuna denuncia neppure per lui.

Altra indagine, altro scandalo: a Ragusa c’è un bonifico di 125mila euro versati dal cargo commerciale danese Maersk all’Ong Mediterranea Saving che aveva rilevato 27 naufraghi salvati un mese prima. Qui, oltre alle solite accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e falso, c’è pure il commercio di migranti. Infine c’è la testimonianza della ministra Lamorgese al processo Gregoretti contro Salvini: “Le navi che vanno a fare soccorso in acque Sar libiche, ogni volta che fanno un soccorso, non tornano subito indietro. Tante volte, a soccorsi effettuati, si fermano nelle aree libiche anche 3-4 giorni, in attesa di recuperare più gente possibile”. Quindi “sono navi che hanno la possibilità di star ferme con persone appena recuperate in acqua anche 4-5 giorni”. E, stazionando a lungo dinanzi alla Libia, attirano e incoraggiano il traffico di esseri umani. Ora facciamo pure finta che non ci siano reati. Anzi, tagliamo corto e diamo la grazia a tutti gli angeli delle Ong. Ma poi finiamola con le bugie e le ipocrisie, smettiamo di prenderci in giro e stabiliamo che d’ora in poi queste schifezze non accadano più. Sempreché, s’intende, la lotta al traffico di esseri umani interessi qualcuno.

Marco Travaglio

C’era una volta

Dieci anni fa
Giovedì 17 marzo 2011. Per i 150 dell’unità d’Italia, apertura straordinaria di tutti i ministeri e di tutte le istituzioni della Repubblica. Costi dei festeggiamenti: 456 milioni di euro (210 dallo Stato e 246 dalle autonomie locali). A Roma il cannone del Gianicolo sparerà 150 colpi simbolici. Alle 19 a Piazza del Popolo concerto di musica leggera, alle 21 al Teatro dell’Opera Riccardo Muti dirige il Nabucco di Verdi.
Venti anni fa
Sabato 17 marzo 2001. Il consiglio di amministrazione Rai concede il diritto di replica televisiva a Berlusconi, rinvia di una settimana la trasmissione scandalo Satyricon e perde due dei cinque consiglieri. Alberto Contri e Gianpiero Gamaleri, in contrasto con il presidente Roberto Zaccaria, rassegneranno le dimissioni nelle mani dei presidenti di Camera e Senato che dovranno decidere se accettarle.
«Contrattacco ufficiale del Vaticano al ministro Willer Bordon, all’indomani dell’ultimatum da lui lanciato alla Radio Vaticana: le sue dichiarazioni sono “giuridicamente inaccettabili” e le sue iniziative “contrarie” allo spirito del negoziato, già avviato con apposita commissione bilaterale. Ma il ministro dell’Ambiente non demorde e riafferma la correttezza delle sue dichiarazioni e iniziative. Tra le dichiarazioni cui si riferisce la nota del portavoce vaticano c’è — innanzitutto — quella con cui il ministro lunedì annunciò l’intenzione di costituirsi «parte civile» nel processo (slittato all’autunno) pendente presso la Procura di Roma contro Radio Vaticana, accusata di provocare con i suoi trasmettitori di Santa Maria di Galeria campi magnetici superiori ai limiti previsti dalla legge italiana e “nocivi” per la popolazione circostante».
Tra i flash dei fotografi e le telecamere delle tv, è il napoletano Paolo Mossetti a ricevere la prima Cie, ovvero la carta d’identità elettronica mai prima d’ora consegnata in Italia.
Trafugata la salma dell’ex presidente di Mediobanca Enrico Cuccia dal cimitero di Meina, sul lago Maggiore. Il presidente onorario di Mediobanca era stato sepolto nel giugno scorso. I ladri hanno rotto la lastra di marmo che copriva il loculo e portato via la salma. La prima pista degli investigatori è quella del satanismo.
Venticinque anni fa
Domenica 17 marzo 1996. Per la prima volta nella storia del calcio italiano la Serie A incrocia le braccia. I motivi per cui i calciatori proclamano lo sciopero sono: il Fondo di Garanzia, la modifica della Legge 91, il rinnovo dell’Accordo Collettivo, la previdenza, i parametri dopo l’entrata in vigore della Legge Bosman, la ristrutturazione dei campionati, le situazioni di morosità, le aggressioni ai calciatori e la richiesta del diritto di elettorato attivo e passivo. Che si tratti di un momento storico nella storia del calcio nel nostro Paese lo intuisce anche il Presidente Federale, Antonio Matarrese, il quale dichiarò all’epoca «Non potevamo restare immuni da una rivoluzione che sta investendo economicamente e socialmente il nostro Paese. Questo momento ha il valore di una svolta storica, e proprio noi, in sede di Consiglio federale, abbiamo maturato per primi la convinzione di trovarci di fronte ad un passaggio culturale» [Spuntidisport].
«Già in passato, a dire il vero, era stato minacciato lo sciopero da parte dei calciatori (la prima l’11 maggio 1969, quando i giocatori chiesero l’annullamento della norma che consentiva alle squadre di Serie A e B di ridurre del 40% i compensi dei giocatori stessi in caso di mancato raggiungimento di un numero minimo di presenze; il 14 Aprile 1974 per solidarietà nei confronti di Augusto Scala, il quale voleva restare a Bologna invece di andare all’Avellino; il 30 Gennaio 1977 per solidarietà nei confronti di Artico, un giocatore dello Scicli (formazione militante all’epoca in Serie D), il quale era stato messo fuori rosa, maltrattato dal proprio Presidente, e al quale era stato addirittura trattenuto il proprio stipendio), però alla fine in tutti questi casi era stato possibile trovare un accordo. La prima avvisaglia che però qualcosa nel mondo del calcio stava cambiando (dopo l’equiparazione da parte della Cassazione il 23 Marzo 1981 dell’atleta sportivo al lavoratore dipendente) avviene il 18 Dicembre 1994, durante l’ultimo turno di campionato prima della pausa natalizia. In quell’occasione, infatti, i giocatori della Serie A scendono in campo con 45 minuti di ritardo per protestare contro il mancato pagamento degli stipendi da parte delle società per quei giocatori facenti parte di squadre non ammesse ai campionati» [ibid.].
Come con Carlo e Diana, la regina Elisabetta suggerisce con una lettera anche ad Andrea di divorziare. «I contenuti, ha rivelato il Daily Express, sono più o meno quelli del suo intervento di dicembre presso i Galles: decidetevi a divorziare. Andrea avrebbe già reagito positivamente, incaricando i suoi avvocati di raggiungere un accordo con quelli della moglie. Ma si scopre anche, in quest’occasione, un retroscena: che Andrea aveva tentato di tutto per salvare il matrimonio. Aveva persino proposto a Fergie di lasciare la Marina e la sua carriera di ufficiale, se questo avesse potuto rinsaldare il loro legame. Ma lei aveva detto di no. Nel 1990 Andrea aveva trascorso a casa soltanto 42 giorni ed era convinto che un suo sacrificio personale avrebbe potuto risolvere molti problemi. Povera Fergie: aveva anche imparato a pilotare l’aereo credendo con questo di avere qualcosa in più da spartire con il marito. Ora più nessuno la compatisce: le sue chiacchieratissime vicende sentimentali, l’indebitamento sempre più profondo venuto alla luce nelle scorse settimane, il suo modo alquanto sbarazzino di mantenere una strana e discussa amicizia con Andrea lasciano tutti perplessi. Era venuto il momento di concludere. Anche perché sono gli inevitabili divorzi di Carlo e di Andrea, nelle spiegazioni che si danno a palazzo, gli ostacoli al matrimonio del principe Edoardo con Sophie. La regina ha scritto ad Andrea ma non a Fergie. Perché è lui quello che ha sempre resistito all’ipotesi del divorzio, mentre lei vi è rassegnata da molto tempo» [Galvano, Sta].
Muore a Monte Carlo il regista francese René Clément.
«Il regista che cercò la poesia tra le pieghe della guerra: si può definire così René Clément, autore tra i più importanti della storia del cinema francese di cui ricorre in questi giorni il centenario della nascita. André Bazin, storico direttore dei Cahiers du cinéma, scrisse che Clément (insieme a Robert Bresson e pochi altri) riuscì a imprimere una svolta alla produzione transalpina del dopoguerra: i suoi film, diceva, sono in grado di tuffarsi negli abissi della psicologia umana, superando le semplici rappresentazioni dell’epoca in favore di una descrizione approfondita e realistica del mondo circostante. Nato a Bordeaux il 18 marzo del 1913, Clément ebbe come prima vocazione quella di diventare architetto: frequenta l’Accademia di Belle Arti ma abbandona presto gli studi per seguire la strada del cinema. Nel 1933 inizia a scrivere cortometraggi comici, insieme all’amico Jacques Tati, e a dirigere alcuni documentari girati in Africa e in Medio Oriente: per realizzare uno di questi, L’Arabia proibita (1937), viene persino arrestato e imprigionato per quattro giorni, rischiando l’impiccagione, reo di aver nascosto una cinepresa nei suoi vestiti. Alla fine della seconda guerra mondiale, alla quale partecipa come soldato semplice, si trasferisce a Nizza e, nel 1946, firma il suo primo lungometraggio: Operazione Apfelkern. Uno dei più importanti titoli francesi sul tema della resistenza, incentrato sulla vicenda di un attentato ferroviario durante l’occupazione nazista, il film viene accolto come una svolta nella produzione del periodo, grazie al suo asciutto realismo, e ottiene diversi riconoscimenti al Festival di Cannes» [Treccani].
Trenta anni fa
Domenica 17 marzo 1991. Muore a Monte Carlo Carlo Donat-Cattin, politico democristiano, leader della corrente Forze Nuove. Aveva 72 anni.
«Lo si ricorda come un “cattolico scomodo”, ma già la seconda parola, forse, è di troppo. Carlo Donat-Cattin fu un cattolico, rigoroso ed esigente, con sé stesso prima che con gli altri. Un uomo che “portò avanti i suoi convincimenti con assoluta franchezza e onestà, disposto anche alla impopolarità”, disse di lui il cardinale Giovanni Saldarini nell’omelia funebre. Sì-sì, no-no, per citare il Vangelo. “Quello che aveva in mente aveva sulle labbra”, diceva padre Angelo Macchi, direttore di Aggiornamenti sociali. Il centenario della nascita di quello che fu il leader storico della “sinistra sociale” consente di rileggere la storia della Dc facendo uso della biografia di un uomo che ne fu protagonista molto più di quanto non dica la quota di consenso di cui fu intestatario. Il cavalier Massimiliano Cencelli nel suo celebre manuale non vide mai assurgere Forze Nuove a percentuali a due cifre, eppure il suo leader è sempre presente negli snodi cruciali della politica italiana. Rude di carattere, dalla madre Maria Luisa, discendente di una famiglia di conti di Finale Ligure (dove Donat-Cattin nacque il 26 giugno del 1919) ereditò la nobiltà d’animo che lo indusse a gettare il cuore oltre l’ostacolo nei momenti più difficili. Politico di professione, si direbbe oggi, ma sempre con la cifra del sindacalista e del giornalista, le sue passioni che formarono il suo impegno politico. Dal padre di origini savoiarde – fra i fondatori del Partito popolare a Torino e deportato nei campi di prigionia tedeschi – ereditò la vocazione democristiana e antifascista, ma le radici del suo impegno sono tutte rintracciabili a Ivrea, alla Olivetti, dove lavorò prima come operaio, poi come insegnante al centro di formazione meccanici» [Picariello, Avvenire].
Maradona fa uso di cocaina. La droga spunta nella provetta del doping, dopo Napoli-Bari. Pare che un addetto si fosse dimenticato di urinare al suo posto.
«Quel 17 marzo segnò la fine del rapporto tra Maradona e Napoli – sette anni di successi, di trionfi, di rivalse. Due scudetti, una Coppa Italia, una Coppa Uefa e una Supercoppa Italiana, sette anni impossibili da cancellare – segnò soprattutto il declino dell’uomo Maradona. Quel pomeriggio del 17 marzo è l’inizio della fine. La positività riscontrata a Maradona è per “el Diego” un complotto per farlo fuori dopo che la sua Argentina aveva eliminato la nazionale italiana ai quarti di finale del Mondiale di Italia 90. I problemi di Maradona con la cocaina risalgono a ben prima dell’arrivo a Napoli, dai tempi di Barcellona. In città, però, tanti sapevano ma hanno sempre taciuto» [Rai].
Quaranta anni fa
Martedì 17 marzo 1981. Nella villa di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi (Arezzo), nell’ambito dell’inchiesta Sindona, i giudici milanesi Turone e Colombo trovano l’elenco degli iscritti alla loggia massonica P2. Si scopre che fra le 962 persone registrate ci sono: dodici generali dei carabinieri, cinque generali della Guardia di Finanza, ventidue generali dell’Esercito, quattro dell’Aeronautica, otto ammiragli eccetera. I carabinieri piduisti (52) comprendono tre ex vicecomandanti generali, un comandante di divisione, il generale Dino Mingarelli inquisito per il depistaggio delle indagini sulla strage di Peteano (1972) connessa alla struttura segreta Gladio, e il generale Romolo Dalla Chiesa, fratello di Carlo Alberto [Fabio Mini, I guardiani del potere].
La lista fu ritenuta dallo stesso Licio Gelli un brogliaccio incompleto in quanto gli affiliati erano oltre 2.400.
Cinquanta anni fa
Mercoledì 17 marzo 1971. Paese Sera, con un articolo in prima pagina dal titolo Complotto neofascita, rivela che nella notte tra il 7 e l’8 dicembre del 1970 il principe Junio Valerio Borghese, fascista e monarchico, ex comandante della Decima Max e capo del Fronte Nazionale, tentò un colpo di Stato. Il ministro degli Interni, dopo le indiscrezioni edite dal quotidiano, rende noto il tentativo di golpe: «Organizzazioni della destra extraparlamentare stavano preparando un complotto contro lo Stato sin dal dicembre scorso, la polizia lo ha saputo ed è riuscita a sventarlo. Onesta la notizia che si è diffusa oggi nel pomeriggio e che è stata confermata in Questura. Il governo è subito intervenuto per chiarire la situazione, e il ministro Restivo ha parlato al Senato e alla Camera. Ha accennato ad attività dalle quali si poteva “dedurre un intendimento eversivo”, ha precisato che “non vi è motivo di allarme. Il governo ha ritenuto e riterrà sempre in futuro che episodi simili non si debbano mai sottovalutare e che sempre debbano essere sottoposti responsabilmente alla più attenta e scrupolosa vigilanza”. Restivo ha parlato alle 19.30».
Ottanta anni fa
Lunedì 17 marzo 1941. Nella durissima battaglia di Cheren in Eritrea muore colpito da una scheggia di granata, mentre era alla testa dei suoi ascari, il generale Orlando Lorenzini.
Leonarda Cianciulli, meglio nota come la Saponificatrice di Correggio, viene trasferita al San Tommaso di Reggio Emilia, il carcere «dove si medita e si piange». È la detenuta numero 993.
In galera scriverà le sue memorie, Le confessioni di un’anima amareggiata, settecento pagine in cui oltre a descrivere i delitti racconta la sua infanzia difficile e il rapporto tempestoso con la madre, il suo matrimonio e l’amore per i figli, la decisione di affidare alle potenze delle tenebre la vita di Giuseppe. Una suora del carcere: «Malgrado gli scarsi mezzi di cui disponevamo preparava dolci gustosissimi, che però nessuna detenuta mai si azzardava a mangiare. Credevano che contenessero qualche sostanza magica» [Tani 1999; Sanvitale-Mastronardi 2010]
Cento anni fa
Giovedì 17 marzo 1921. Armistizio tra Russia e Polonia. La pace sarà firmata a Riga, domai 18 marzo. Le parti tracciano un confine che lascia alla Polonia una parte della Bielorussia e dell’Ucraina occidentale, fra cui Leopoli.
Formalmente il trattato riconobbe l’indipendenza dell’Ucraina; nella realtà finì per sancirne la spartizione. Insieme ai territori ucraini e bielorussi la Polonia ebbe la soddisfazione di ottenere «30 milioni di rubli, oro in moneta o in lingotti per la partecipazione attiva dei territori della Repubblica polacca alla vita economica del vecchio Impero russo» [Romano, CdS].
I carabinieri uccidono un militante della Lega comunista di Marmoraia [Franzinelli1].
Centoventi anni fa
Domenica 17 marzo 1901. Pietroburgo. Gravissimi disordini studenteschi, davanti alla cattedrale di Kazan, repressi dai cosacchi e dalla polizia con selvaggia ferocia. Molti morti e feriti, 740 arresti.
Alexandre Bernheim-Jeune, e i suoi due figli Joseph e Gaston, montano la prima retrospettiva di Vincent Van Gogh. Si tratta di 71 dipinti, esposti per la prima volta assieme nella loro galleria di Parigi.
Centotrenta anni fa
Martedì 17 marzo 1891. Alle 18.36, nel porto di Gibilterra, cola a picco il piroscafo Utopia, partito il 25 febbraio del 1891 da Trieste per New York, carico di migranti imbarcati anche nello scalo di Napoli. Muoiono in 526
A causa di una tempesta il piroscafo tentò di riparare nel porto ma per via delle pessime condizioni meteorologiche andò a sbattere contro una corrazzata inglese già ormeggiata. Uno squarcio di 5 metri nello scafo lo fece affondare in meno di venti minuti.
Centoquaranta anni fa
Giovedì 17 marzo 1881. Per R. D. è autorizzata la Banca Mutua Popolare di Firenze (Comandini).
Centosessanta anni fa
Domenica 17 marzo 1861. La Gazzetta ufficiale – da oggi non più «del Regno» ma «del Regno d’Italia» – annuncia che è stata promulgata la legge votata dal Senato e dalla Camera dei deputati. Ecco il testo:
«Vittorio Emanuele II, re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme ecc. ecc. ecc.
Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:
Articolo unico.
Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi successori il titolo di Re d’Italia. Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli Atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come Legge dello Stato.
Dat. a Torino, addì 17 marzo 1861.
Vittorio Emanuele
C. Cavour. M. Minghetti. G.B.Cassinis. F.S. Vegezzi M. Fanti. T. Mamiani. T. Corsi. U. Peruzzi». [G.Uff. 17/3/1861].
Sull’odierno numero della Gazzetta Ufficiale, la numero 3, la stessa in cui si annuncia la nascita dell’Italia, è anche ospitata una pubblicità, che dice: ««Enrico Orfei, viale Santa Barbera 11, possiede un segreto per far nascere i capelli anche dopo dieci anni di mancanza dei medesimi».
È l’atto di nascita del Regno d’Italia. Cavour ha voluto che fosse questo il primo provvedimento legislativo del nuovo Parlamento nazionale, composto da 211 senatori di nomina regia (ci sono fra gli altri Massimo d’Azeglio e Alessandro Manzoni) e da 443 deputati, ora anche del Mezzogiorno, della Sicilia, dell’Umbria e delle Marche
In molte città si festeggia per le strade, come già è successo il 14, giorno del compleanno del re. A Roma però ci sono ancora i francesi e lo Stato pontificio, a Venezia gli austriaci.
«Il Papa ha appena promesso battaglia con parole dure nel Concistoro: “Non cedo ai consigli e alle pressioni degli usurpatori, confidando la causa della Chiesa a Dio, vendicatore di giustizia e diritto”. A Vienna una nota del governo spiega di non aver mai riconosciuto il re d’Italia. A Parigi Napoleone III ricorda che nelle vicende italiane bisogna procedere “doucement”. Ma Torino è soddisfatta e tranquilla, e al teatro Regio va in scena la cantata augurale propiziatoria: «Gioisci, Italia / come incendio sale / al cielo il tuo gioir», dopo che i cannoni hanno sparato a salve dal monte dei Cappuccini. A Firenze, però, Cito Baldassarre, pizzicagnolo di via Calzaioli, ha esposto il busto del re, ma l’ha circondato coi salami appesi, in un presepe gastronomico irriverente: “Perché? Lui è il re – spiega –, noi sudditi siamo i salami”» [Mauro, Robinson].
“Ma, per quanto oggi possa stupire, la solennità oggi non è accompagnata a Torino da particolari altre cerimonie. L’apoteosi di Re Vittorio Emanuele II si è già celebrata il 18 febbraio. Il sovrano stesso non è in città. La giornata è serena. A mezzogiorno la temperatura supera i 12 gradi. Il Re vuole stare tranquillo. Da 24 ore è al Castello di Pollenzo. Cavour è impegnato con le lamentele che gli giungono da Napoli: grane politiche e richieste di denaro. Per di più Garibaldi è arrabbiato con lui, perché ha sciolto l’esercito garibaldino (vedi 1° febbraio). Da Caprera, dove si è isolato, il generale lancia parole dure: “Re Vittorio Emanuele II è circondato da gente senza cuore, senza patriottismo, da uomini che hanno creato un dualismo fra l’esercito regolare e i volontari, sebbene gli uni e gli altri si siano battuti da prodi, mirando allo stesso scopo. Questi indegni hanno seminato discordie ed odio”. Mazzini è a Londra in esilio. Invano Giuseppe Verdi tenta d’intercedere per lui, affinché possa rientrare in patria. Mentre Massimo d’Azeglio cerca di preparare i torinesi a un domani che potrebbero non gradire: “Siamo persuasi – scrive – che riunita l’Italia in un solo stato, il Governo probabilmente non avrebbe più la sua sede a Torino”. “L’Italia è fatta” proclama il quotidiano la Gazzetta del Popolo, ardente paladino del Risorgimento. Ma poi, come Nino Bixio, aggiunge: “Chi non ne è contento si rassegni”. Non è certo felice Francesco II, lo spodestato Re di Napoli, rifugiatosi alla corte del Papa Pio IX. Quel giorno il cardinale Barberini cerca di consolarlo: “Speriamo che Vostra Maestà si trattenga da noi a lungo”. Francesco II risponde sarcastico: “Eminenza, se arrivano i Piemontesi, da Roma partiremo insieme”» (Maurizio Lupo, La Stampa 17/3/2011).
Il conte di Cavour scrive al marchese Emanuele Taparelli d’Azeglio, inviato a Londra e ministro plenipotenziario, perché informi il ministro degli Esteri del Regno Unito dell’avvenuta proclamazione del Regno d’Italia.
«Turin, 17 mars 1861
Monsieur le Marquis, Le Parlement National vient de voter et le Roi a sanctionné la loi en vertu de laquelle S.M. Victor Emmanuel II assume, pour lui et pour ses successeurs, le titre de Roi d’Italie. La légalité constitutionnelle a consacrò ainsi l’oeuvre de justice et de réparation qui a rendu l’Italie a elle-même. Dès ce jour, l’Italie affirme hautement en face du monde sa pro- pre existence. Le droit qui lui appartenait d’être indépendante et libre, et qu’elle a soutenu sur les champs de bataille et dans les Conseils, elle le proclame solennellement aujourd’hui. Ce grand fait a une importance qui sera facilement sentie, Monsieur le Marquis, dans le noble pays où vous résidez. L’Angleterre, qui a dû et qui doit sa prospérité à l’application des mêmes principes qui nous guident, verrà avec faveur, j’en suis convaincu, se constituer officiellement et se taire reconnaître en Europe une nationalité a laquelle le peuple du Royaume-Uni à montré de si généreuses sympathies. Je vous prie, Monsieur le Marquis, de notifier à Mr le ministre des Affaires Étrangères de S.M. la Reine cet événement mémorable. Vous aurez, je n’en doute pas, autant de satisfaction à vous acquitter de cette haute commission que j’en éprouve en vous la confìant. Agréez, Monsieur le Marquis, les nouvelles assurances de ma considération distinguée.
C. Cavour» [Cav., Ep. XVIII, 975]
Costantino Nigra, segretario generale del Governatore delle province meridionali (il principe Eugenio di Savoia-Carignano), spiega al conte di Cavour il malcontento dei napoletani e gli errori di Liborio Romano: «Non ha capacità di nessuna specie; non è cattivo di proposito deliberato, ma è debole, senza carattere, con una certa furberia tra contadinesca e curiale, di nessuna convinzione politica, e tenerissimo della sua popolarità buona o cattiva che sia, vera o falsa». E poi «I pericoli non sono affatto passati. Pensi che abbiamo infiniti soldati borbonici sbandati, senza occupazione, senza vitto. Abbiamo i briganti che in primavera occuperanno i monti. Abbiamo il clero nemico; i garibaldini malcontenti, irritati, affamati. Cinquecento di essi, dopo aver preso congedo e soldo per tre mesi, si trovano ora qui in preda alla peggior consigliera, la fame, che girano le strade di Napoli, rubando per vivere. Abbiamo le febbri tifoidee che imperversano nei reduci di Gaeta e mettono in commozione la città. Gli ufficiali napoletani di terra e di mare irritati, malcontenti, mal ricevuti dai nostri; l’aristocrazia, avversa, fa il lutto dei Borboni a Portici, divenuto il nostro faubourg de St. Germain. Gli operai dell’arsenale e delle ferrovie inquieti. L’immenso numero dei municipali offesi nei loro interessi. I devoti in soqquadro per l’abolizione dei conventi. Gl’impiegati, gli infiniti curiali, e l’immensa caterva di chi viveva d’elemosina ufficiale e di ruberie, implacabili. Il corpo municipale col sindaco e gli eletti offesi dalle lettere di Ricotti; i cittadini reclamanti di continuo contro la gravezza degli alloggi militari. Gli ufficiali piemontesi, gl’impiegati piemontesi e tutto quello che viene dall’Italia settentrionale, non cessano dal dire apertamente e declamare ogni sorta d’ingiurie (talora meritate) contro tutto quello che vedono ed odono qui. Ecco in qual bolgia mi ha mandato. E per sopramercato pochi carabinieri e poca forza nelle provincie. E un’amministrazione corrottissima da capo a fondo. Pessima stampa. Popolo docile sì, ma instabile, ozioso ed ignorante. Viveri relativamente cari. E in capo a questo quadro la figura gigantesca di Garibaldi, che grandeggia dal suo scoglio di Caprera e getta fin qui la vasta sua ombra […]».
Civitella del Tronto, nei pressi di Ascoli, è rimasta l’ultimo piccolo nucleo di resistenza borbonica nell’ex Regno delle Due Sicilie. Il 15 febbraio, dopo 102 giorni d’assedio e i più violenti cannoneggiamenti mai sperimentati sul suolo italiano, Francesco II di Borbone aveva proclamato la resa della fortezza di Gaeta, dove si era rifugiato dopo la sconfitta subita dall’armata di Garibaldi. Il 13 marzo s’è arresa la guarnigione della cittadella di Messina (circa 4.000 uomini), estremo baluardo borbonico in Sicilia. Civitella è stretta d’assedio dalle truppe piemontesi dal 26 ottobre 1860. La resa sembrava cosa fatta ieri sera quando, appena giunto da Roma, il generale borbonico La Rocca accompagnato da un ufficiale francese consegnava al comandante della guarnigione la lettera di Francesco II con l’ordine di deporre le armi e sgombrare la fortezza. Questa mattina alle sette, anziché arrendersi come concordato ieri, quel tale comandante, sergente maggiore Massinelli, ha fatto sapere di non fidarsi dell’autenticità della lettera. È stato dichiarato ribelle dai militari sabaudi, che hanno ordinato di riprendere il bombardamento. L’assedio continua, in condizioni pessime: il terreno è molle per la pioggia e la neve, le munizioni si trasportano a dorso di soldati. [Op. 23/3/1861]
«Proprio il giorno in cui a Torino veniva promulgata la legge che conferiva a Vittorio Emanuele II il titolo di Re d’Italia, in un’allocuzione ai Cardinali egli [Pio IX] dichiarò guerra non solo allo Stato italiano, ma a tutta la civiltà moderna, “madre e propagatrice feconda d’infiniti errori e d’interminabili mali”, che “dà libero varco alla miscredenza, accoglie nei pubblici uffici gl’infedeli, apre ai loro figli le pubbliche scuole” e via farneticando. “Era – scrisse Pantaleoni a Cavour – in tale stato di passione e di agitazione che gliene cadde lo zucchetto di testa”» (Indro Montanelli, Storia d’Italia).
La Camera costa 497 mila lire (2,2 milioni di euro 2010). Il Parlamento dispone di due soli palazzi, uno per la Camera l’altro per il Senato (Rizzo-Stella).
Stipendio annuo di uno dei due Consiglieri di governo istituiti presso il Governo delle province toscane: 7.000 lire.
È vacante la condotta medica nella terra di Scansano, lo stipendio annuo è di 1.344 lire. Obblighi della condotta: cura gratuita degli abitanti della zona, dei regi impiegati, dei militari di leva, vaccinazione anti-vajolo, esame delle carni ecc.
Indennità annue accordate ai capi degli uffici telegrafici per le spese di gestione dell’ufficio: Genova Governo, Milano Uff. centrale, Torino Uff. centrale L. 2.500, Bologna 1.800; Firenze, Livorno 1.650; Ancona, Modena 1.500; Parma 1.400; Alessandria, Cagliari, Sassari 1.000; Arezzo, Novara, Reggio 900, Brescia 850 ecc. [G.Uff. 17/3/1861, M.T. 17/3/1861]
L’arciduca Leopoldo è a Trieste per ispezionare la fortezza e sperimentare le mine sottomarine. Gli austriaci pensano di difendere così il porto contro eventuali attacchi. [P.It. 29/3/1861]
Scrive Il Popolo d’Italia: «Le gonnelle che sempre hanno dominato in questo basso mondo, esercitano attualmente il lor magico dominio anche su diversi di questi dicasteri, che sotto tutti i riflessi sembrano destinati a lasciare un nome favoloso nella storia de’ fasti e delle miserie d’Italia. Una gentildonna, piena di grazie e d’amori, è quella che volge e capovolge a suo talento il dicastero di Grazia e Giustizia, sciente o no il D’Avossa – Sappiamo che mani gentili di una donna, a nome D.ª Teresina… sono state quelle che in gran parte hanno ordito nel dicastero dell’Interno la meravigliosa tela de’ nuovi Governatori e Intendenti, per lo mezzo di un direttore… che non è quello dell’Interno. – Una donna poi, grassottella alquanto, come tutti sanno, è quella che volge ambo le chiavi del cor di don Spaventa – e dispensa gl’impieghi. All’apparir di costei si spalancano prontamente le porte del dicastero di polizia, e va a sedere a latere dell’esimio consigliere. Qual fu, l’altro ieri, su quel dicastero, l’umiliazione di tanti onesti cittadini che aspettavano per l’udienza, tra cui qualche uffiziale della Guardia Nazionale, veder la gran donna passar avanti a tutti gli altri, e questi far lunga udienza!…». [P.It. 17/3/1861].
Alla riunione della classe fisico-matematica dell’Accademia reale delle scienze di Torino il socio Annibale De Gasparis completa la relazione sulla sua scoperta di un nuovo pianeta, che ha chiamato Ausonia. [G.Uff. 27/3/1861]
Centonovanta anni fa
Giovedì 17 marzo 1831. A Forlì muore Napoleone Luigi Bonaparte, che fu anche re d’Olanda (Luigi II). Era malato di rosolia. «Col fratello Luigi Napoleone (Napoleone III), si affiliò alla carboneria e partecipò alle insurrezioni delle Romagne nel 1831. Lasciò una Histoire de Florence (pubblicata post. nel 1833)» [Treccani].
Nato nel 1804 da Luigi, re d’Olanda e il fratello minore dell’Imperatore Napoleone Bonaparte, e da Ortensia di Beauharnais, figlia di Giuseppina di Beauharnais prima moglie di Napoleone, due anni dopo la morte di suo fratello maggiore – Napoleone Carlo Bonaparte morì nel 1807 a 4 anni, fu designato da Napoleone Granduca di Berg e Clèves, titolo che mantenne fino al 1813. Per i dieci giorni fra l’abdicazione del padre e l’invasione dell’esercito francese, nel 1810, fu anche Re d’Olanda, con il nome di Luigi II. Quando Napoleone venne deposto nel 1815 dopo la Battaglia di Waterloo, Napoleone Luigi fuggì in esilio. Muore a Forlì, dove partecipò ai moti per l’indipendenza italiana [Wikipedia].
Duecento anni fa
Sabato 17 marzo 1821. Alessandro Manzoni termina la scrittura di Marzo 1821, dove immagina un’Italia libera dagli invasori austriaci.