L’ultimo “agguato” di Travaglio ai diritti: non vaccinate gli avvocati

di Davide Varì

Il Dubbio, 13 marzo 2021

“Pure Campania e Sicilia danno la precedenza agli avvocati, mentre anziani e vulnerabili restano in lista d’attesa”. È la nuova campagna del Fatto Quotidiano – chi altri sennò? – che proprio non riesce ad uscire dalla logica manichea dall’amico-nemico (Carl Schmitt ricorda qualcosa?) cercando ogni volta di aprire nuovi fronti di scontro. E non per amore marxista del “conflitto” ma solo per manganellare virtualmente chi si ostina a rivendicare diritti per tutti, ma proprio tutti, gli operatori della giurisdizione.

L’altra perla di giornata arriva dal Domani il quale, imbracciato il fucile del populismo pauperista, si chiede il motivo per cui un avvocato dovrebbe essere vaccinato prima di un operaio. “Perché un operaio non ha un Ordine che lo protegge”, risponde retoricamente il commentatore del Domani con la tessera dell’ordine dei giornalisti in tasca. Il quale, evidentemente, non ha una causa pendente da anni e non è in attesa di giudizio nelle patrie galere. Altrimenti, ne siamo certi, cambierebbe idea e capirebbe all’istante che avvocati e magistrati sono fondamentali per la tenuta del nostro Stato di diritto e per il rispetto del giusto processo. E qui non stiamo citando né Schmitt né Marx, ma l’articolo 111 della nostra Costituzione.

Ma quella dei vaccini agli avvocati è questione troppo seria per “buttarla” in polemica. Per quel che ci riguarda abbiamo cercato di affrontarla evitando il più possibile posizioni troppo rigide o corporative e così abbiamo ospitato anche il parere di chi pensa, o teme, che dare la precedenza agli avvocati – oltre che ai medici, agli infermieri e ai magistrati – possa essere vissuto come una sorta di ingiustificato privilegio. L’impressione, però, è che questa lettura sconti la cattiva coscienza di chi, in questi anni, ha lavorato per raccontare l’avvocatura come un mondo composto da professionisti che aiutano i disonesti (presunti) a farla franca. Un modello caricaturale e inaccettabile che è servito per dividere il mondo della giustizia in buoni e cattivi. Una pratica manichea e fasulla che ha fatto la fortuna di un “club” politico-mediatico-giudiziario che ha cercato di smantellare o indebolire il nostro Stato di diritto. Ed è proprio questo il punto: non v’è dubbio che buona parte della difesa dello Stato di diritto passi per la toga degli avvocati italiani. E tutti, anche i più scettici, non potranno non ammettere che la difesa delle garanzie e delle libertà dei cittadini è fondamentale per il bene e la salute della nostra fragile democrazia.

E allora, una volta messi al sicuro medici, infermieri, operatori sanitari e tutti coloro che in questo anno di pandemia hanno lottato come leoni contro questo virus subdolo e terribile, ecco, dopo aver fatto tutto questo, dobbiamo mettere al sicuro anche chi difende i nostri diritti e manda avanti la giurisdizione. E per capire che i vaccini agli avvocati non sono un privilegio ma un diritto di cui beneficiano tutti gli italiani, soprattutto quelli che hanno subito durezze e lentezze della giustizia italiana, bisognerebbe rovesciare quel racconto caricaturale e ingiusto che ha diffamato i nostri avvocati. Ma del resto questo è uno dei motivi per cui ogni giorno mandiamo in stampa questo giornale.

I penalisti incrociano le braccia: “Il diritto di difesa è a rischio”

di Simona Musco

Il Dubbio, 13 marzo 2021

L’Ucpi denuncia l’ennesimo disservizio e proclama tre giorni di astensione La guardasigilli Cartabia: “Risolveremo il problema legato al deposito degli atti”. Tre giorni di astensione per rivendicare la tutela del diritto di difesa. L’Unione delle Camere penali alza la voce, lanciandosi in una feroce critica di politica e magistratura, perse dietro discussioni interne fini a se stesse e incapaci di gettare uno sguardo sulla condizione della Giustizia.

“Drammatica”, sentenziano i penalisti, che di fronte all’ennesima contraddizione della macchina del processo hanno deciso di incrociare le braccia. L’ultimo disservizio è quello del portale del processo penale, il cui utilizzo è obbligatorio, ma evidentemente non lo è la sua funzionalità, se è vero, com’è vero, che i giorni in cui si ha la fortuna di vederlo funzionare sono meno di quelli in cui, invece, si inceppa.

E ciò, denuncia Ucpi, nel più assoluto silenzio delle parti in causa, a fronte della richiesta di un periodo cuscinetto che consentisse anche il deposito cartaceo degli atti. “Il portale penale telematico, o meglio il portale delle Procure – affermano i penalisti -, nasce già obsoleto, ma soprattutto presenta continui guasti e inconvenienti tecnici che mettono a repentaglio il rispetto dei termini processuali e la tempestiva contezza delle iniziative della difesa. La soluzione ragionevole proposta, quale la previsione di un regime transitorio, non è stata presa in considerazione”.

I tre giorni di astensione (29, 30 e 31 marzo), per i quali Ucpi chiama a raccolta tutte le Camere penali territoriali, saranno accompagnate anche da una giornata di protesta nazionale, in modalità telematica, prevista per il 29 marzo. Sul tema della digitalizzazione Cartabia si è espressa ieri, in un passaggio del suo intervento al Festival della Giustizia. “L’utilizzo degli strumenti informatici si è rivelato fondamentale nella pandemia e continuerà a esserlo, per dare un volto nuovo alla giustizia – ha evidenziato. Contiamo anche di migliorare le disfunzioni che persistono nel portale telematico di deposito degli atti”.

Dichiarazioni di intenti che gli avvocati attendono di vedere concretizzate. Se, da un lato, sottolineano i penalisti, la digitalizzazione appare inevitabile, dall’altro “il deposito nel portale non è corredato da idonea certificazione comprovante l’esito positivo delle operazioni. Spesso, intervenuto il deposito della nomina, è comunque impossibile accedere al fascicolo”.

A ciò si aggiunge l’esclusività dello strumento per il deposito degli atti difensivi, nonché l’estensione del suo utilizzo – sempre esclusivo – anche al deposito della querela, degli atti di opposizione alla richiesta di archiviazione e dell’atto di nomina, con l’introduzione di un “atto abilitante” che carica i difensori “di un ulteriore incombente non previsto dalla legge”.

A ciò si aggiunge un’azione non omogenea da parte dei procuratori: “In alcuni casi si è negata l’esistenza del problema, in altri si è attribuito il cattivo funzionamento del meccanismo alla incapacità tecnica degli avvocati. In alcune sedi si è giunti ad autorizzare anche le forme di deposito tradizionale, salvo paventare il concreto rischio di future declaratorie di inammissibilità”, aggiungono i penalisti. Una situazione che determina, a conti fatti, “una grave lesione dei diritti dei cittadini sottoposti a procedimento penale e delle persone offese che non vedono garantita la loro rappresentanza e la loro difesa tecnica”.

Dal canto suo, il Consiglio nazionale forense ha scritto una nota indirizzata a tutti i presidenti dei Coa italiani, sottolineando di aver “provveduto a sollecitare un ulteriore incontro con il Dgsia (Direzione generale dei sistemi informativi automatizzati) del ministero della Giustizia, “al fine di rappresentare le persistenti problematiche che non hanno ancora trovato soluzione”.

E lunedì prossimo è prevista una riunione che coinvolgerà i rappresentanti dell’Ucpi “finalizzata a verificare le possibili soluzioni e i correttivi da adottare al fine di evitare pregiudizi agli avvocati, ma, soprattutto, qualsivoglia forma di preclusione all’esercizio dell’attività di difesa causata dal mancato funzionamento del sistema”.

I penalisti sono chiari: non solo il processo penale sconta gli esiti di riforme emergenziali che hanno reso i meccanismi processuali farraginosi, ma anche “strutture sovente fatiscenti, personale di cancelleria in smart working, generale inadeguatezza dei provvedimenti assunti per l’operatività dei singoli uffici giudiziari”.

Tutto questo nel mezzo di una crisi epocale della magistratura, incapace di “elaborare una seria riflessione sul sistema di potere costruito negli ultimi vent’anni” e di un temporeggiare della politica, che “non pare avere, al momento, intelligibili progetti di modifica della prescrizione né dei meccanismi capaci di incidere sui tempi del processo né dell’ordinamento giudiziario”. Ucpi continua a dirsi pronta ad un’interlocuzione con la ministra, essenziale, si legge nella nota, per qualsiasi “progetto di riforma”.

L’Anm non ci sta: “Vaccinare magistrati e avvocati non è favoritismo”

Il Dubbio, 13 marzo 2021

Il sindacato dei magistrati si schiera: “Nella piena consapevolezza della necessità che sia data precedenza, nel piano vaccinale, alle persone vulnerabili o con disabilità grave, chiediamo che venga inserito tra le categorie prioritarie il personale del comparto giustizia, compresa l’avvocatura”.

“La somministrazione del vaccino ai lavoratori del comparto giustizia non costituisce una indebita corsia preferenziale”. Lo ribadisce l’Associazione nazionale magistrati, prendendo atto dell’esclusione dal nuovo piano vaccinale in corso di approvazione, dei lavoratori addetti ai servizi essenziali dalle categorie sottoposte a vaccinazione prioritaria. Si tratta di un intervento, sottolinea l’Anm, “in evidente controtendenza rispetto alla più volte dichiarata necessità di dare continuità ai servizi essenziali”.

“La necessità di svolgere la maggior parte delle udienze in presenza – allo stato della normativa attuale e per l’incompleto percorso di digitalizzazione e di aggiornamento delle dotazioni informatiche – espone quotidianamente gli operatori della giustizia (personale amministrativo, magistrati e avvocati) al rischio di contrarre il virus e di trasmetterlo”, sostiene l’Anm.

Negli uffici giudiziari, “molto spesso non dotati di adeguati sistemi di areazione e di locali idonei a garantire il necessario distanziamento – se non a costo di un eccessivo rallentamento del servizio, in danno dell’utenza – vi è, infatti, un inevitabile, frequente contatto diretto tra un notevole numero di persone, con evidente ed elevato rischio di diffusione del contagio e di sviluppo di focolai epidemici”.

Pertanto,” nella piena consapevolezza della necessità che sia data precedenza, nel piano vaccinale, alle persone vulnerabili o con disabilità grave, chiediamo che venga inserito tra le categorie prioritarie – a prescindere dall’età e dalle condizioni patologiche – il personale del comparto giustizia, compresa l’avvocatura”. Solo in questo modo, “peraltro, sarà assicurata uniformità sul territorio nazionale, tenuto conto delle vaccinazioni già eseguite o programmate in numerose Regioni, in base all’originario, condivisibile coinvolgimento dei lavoratori addetti ai servizi essenziali”.