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IL MEGLIO & IL PEGGIO DAI GIORNALI DI OGGI

Pedofilo ucciso a Frasso Telesino, la Procura chiede l’ergastolo per i due killer

La Procura di Benevento ha chiesto l’ergastolo per i due uomini accusati dell’omicidio di Giuseppe Matarazzo, ucciso nel 2018 a Frasso Telesino, davanti alla sua abitazione. L’uomo era stato scarcerato un mese prima, dopo avere scontato 9 anni per abusi su due minorenni, una delle quali successivamente si era suicidata.
CRONACABENEVENTO 25 FEBBRAIO 2021 21:09di Nico Falco

in foto: Immagine di repertorio
La Procura di Benevento ha chiesto l’ergastolo per Giuseppe Massaro e Generoso Nasta, accusati di essere i killer di Giuseppe Matarazzo, ucciso a colpi di pistola nel luglio 2018 davanti alla sua abitazione a Frasso Telesino. Un delitto che all’epoca aveva scosso e diviso la comunità sannita: il 45enne era stato scarcerato da appena un mese, dopo avere scontato 9 anni di reclusione per abusi su due minorenni. Le indagini che avevano portato al suo arresto, avvenuto nel 2009, erano cominciate dopo la morte di una delle due, che si era suicidata nel 2008, e gli inquirenti avevano scoperto della relazione di entrambe con Matarazzo (che non è stato riconosciuto colpevole di istigazione al suicidio); l’uomo si era sempre professato innocente e aveva chiesto la revisione del processo, rivolgendosi all’avvocato Antonio Leone.

E se c’ero dormivo

Una pandemia di encefalite letargica, detta Variante Italiana, sta colpendo i nostri migliori giuristi (a parte uno, vedi pag. 4). L’altro giorno erano tutti eccitati perché finalmente “si torna alla Costituzione”, ”articolo 92”: ministri e sottosegretari li nomina il presidente della Repubblica su indicazione del premier, senza passare per i partiti brutti, sporchi e cattivi. Ora, visti i nomi e soprattutto le facce, dicono che Mattarella e Draghi non c’entrano nulla: quelli volano alto, mica si occupano di queste miserie, han fatto tutto i partiti brutti, sporchi e cattivi (del resto, spiega Milan di Radio Confindustria, viceministri e sottosegretari non servono). Ohibò: e il ritorno alla Costituzione? E l’articolo 92? Nel 1994 Scalfaro depennò Previti da ministro della Giustizia di B. perché era l’avvocato di B. E nel 2018 Mattarella rimandò a casa Conte perchè aveva indicato all’Economia il prof. Savona, noto kamikaze delle brigate No Euro. Un giurista degno di questo nome gli domanderebbe ora come mai abbia accettato Sisto, avvocato di B., alla Giustizia e Moles, rappresentante del padrone del primo gruppo editoriale italiano, all’Editoria. Purtroppo non se n’è trovato uno sveglio.

Martedì fonti del governo annunciavano all’Ansa il “superamento dei Dpcm”, strumenti tipici della famigerata tirannide contiana, per “coinvolgere il Parlamento nei provvedimenti anti-Covid” con più democratici “decreti legge”. Sollievo e giubilo fra i giuristi di scuola Cassese. Ma due giorni dopo ecco il primo Dpcm di Draghi, che conferma e inasprisce quelli del deposto tiranno: neppure mezzo Cassese che stigmatizzasse quel rigurgito di dittatura. Draghi ne approfittava subito per cambiare il capo della Protezione civile per gestire i vaccini, all’insaputa di ministri (incluso quello della Salute), Parlamento e cittadini. Per molto meno, fino a un mese fa si sarebbe strillato al “favore delle tenebre”. Ma la Variante Italiana non aveva ancora colpito i nostri giuristi. Né i giornalisti che intervistavano un giorno sì e l’altro pure l’Innominabile, sdegnato con Conte e Di Maio che trattavano con Haftar per liberare i pescatori. Ora che l’amico Biden accusa Bin Salman di aver fatto uccidere e disossare Khashoggi, potrebbero domandargli se si dimette dalla fondazione, restituisce gli 80 mila dollari insanguinati e ha cambiato idea sul Rinascimento Saudita. Invece tutto tace: le cronache dei giornaloni sul rapporto della Cia, lontanissime dalle pagine politiche, non fanno alcun cenno al Rignanese. Ma qui l’encefalite letargica non c’entra. È che i giornaloni italovivi (tutti) non hanno capito che il Bin Salman di Biden è lo stesso di Lawrenzi d’Arabia: sospettano un’omonimia.

Ecco il decalogo del sessismo: Michela Murgia racconta il linguaggio che discrimina le donne

27 FEBBRAIO 2021

Colloquio tra la scrittrice e Giacomo Papi sul nuovo libro di Murgia “Stai zitta, e altre nove frasi che non vogliamo sentire più”. Un’analisi implacabile delle parole attraverso le quali i maschi esercitano il loro potere contro il mondo femminile.

DI MARIA NOVELLA DE LUCA

Una scrittrice, Michela Murgia. Uno scrittore, Giacomo Papi. Al centro un libro scomodo più che mai: “Stai zitta, e altre nove frasi che non vogliamo sentire più”, di Michela Murgia. Ossia il disvelamento feroce del sessismo nel nostro linguaggio in 112 pagine dense, ironiche, implacabili e attraverso dieci espressioni che raccontano, anzi denudano i meccanismi di potere (maschile) che in quelle parole si manifestano.

Da “stai zitta” a “brava e pure mamma”, da “sei una donna con le palle” a “come hai detto che ti chiami”, da “era solo un complimento” a “io non sono maschilista”, in questo saggio pamphlet, dove la scrittura, come dice Giacomo Papi, “è un’arma politica”, Murgia denuncia la “tragedia semantica” del nostro tempo. Perché ancora oggi, nonostante quasi un secolo di femminismo,  “di tutte le cose che le donne possono fare nel mondo, parlare è ancora considerata la più sovversiva”. Dunque è lì che il patriarcato, assediato dalle conquiste delle donne, cerca di colpire duro,  rendendole invisibili, discriminandole. “E’ con le parole – scrive Murgia – che ci fanno sparire dai luoghi pubblici, dalle professioni, dai dibattiti, dalle notizie, ma di parole ingiuste si muore anche nella vita quotidiana, dove il pregiudizio che passa per il linguaggio uccide la nostra possibilità di essere pienamente noi stesse”.

Quello che segue è il dialogo tra una scrittrice e uno scrittore che con fairplay conversano (e a volte dissentono) su più di una tesi del libro. E mentre Murgia partendo dall’autobiografia denuncia i tanti episodi in cui è stata vittima di sessismo linguistico, (dall’essere definita “scrittore”  e non scrittrice, al grido “stai zitta” durante una diretta radiofonica) Papi sottolinea che l’ideazione stessa del libro è stata possibile oggi, al contrario, “perché nel rapporto tra i sessi la società è cambiata”.
Giacomo Papi. “Michela, a me sembra che l’uso maschilista del linguaggio che tu denunci nel libro sia collegato più all’esercizio del potere che al sessismo. Direi, anzi, che alcune di quelle frasi potrebbero essere rivolte anche a un uomo in un contesto gerarchico. “Stai zitto” ad esempio, o “Bravo” detto in tono paternalistico. Faccio fatica invece a pensare che dire a una donna “signora” sia sessista, così come è arduo riconoscersi nella tua espressione che “nascere in un sistema patriarcale e maschilista è un po’ come essere figli di un boss mafioso”. Ma ti conoscono e so che utilizzi la scrittura come un’arma politica”.

Michela Murgia. “Sai Giacomo, “signora” non è un insulto in sé, ma lo è quando invece di chiamare un’avvocata, avvocata, o magistrata, o ingegnera, un uomo le si rivolge chiamandola “signora”. La sua professione viene fatta scomparire, scompare il suo ruolo sociale. Accadrebbe mai con un maschio? Questo è sessismo, è voler rimarcare che la professione di una donna è sempre meno importante di quella di un uomo. Ed è la dimostrazione della violenza discriminatoria del linguaggio. Che porta alla discriminazione di fatto. Rispetto al grido “stai zitta”, devo dire che non mi è mai capitato di vedere un maschio tacitato così in una trasmissione televisiva, o chiamato per nome invece che per cognome come capita spesso alle donne”.
Giacomo Papi. “La disparità di potere, di reddito, di rappresentanza delle donne è gravissima, iniqua. E così anche la discriminazione semantica che non nego affatto, anzi, in alcuni passaggi, la condivido. L’espressione, feroce, “sei una donna con le palle”, o “brava e pure mamma”, in cui sembra che la donna non sia “abbastanza” se non è anche madre. Però nella radicalità di alcune tue osservazioni, come quella che paragona il patriarcato alla mafia, sento un tratto violento, una deriva nominalistica del femminismo che alla fine lascia gli uomini privi di parole. La vostra denuncia delle discriminazioni rischia di arroccarsi dentro categorie sempre più rigide, ricominciando a dividere il mondo, tracciando linee e confini. È l’estremizzazione di cui parlava anche Natalia Ginzburg.  Mentre invece la società è cambiata, noi uomini siamo cambiati”.
Michela Murgia. “So che il paragone con il sistema mafioso può risultare sgradito, sono stata accusata di hate speech per questo. Quello che voglio dire è che il patriarcato è un sistema millenario nel quale i maschi nascono e di cui “ereditano”, nell’educazione, la cultura di sopraffazione sulle donne. Da questo sistema però ci si può anche dissociare. Oggi non si può più dire, “io non sapevo”, perché il femminismo denuncia il patriarcato da oltre cinquant’anni. E chi non si dissocia, a mio parere, è colpevole”.
Giacomo Papi. “Michela però vorrei ricordare che tra le vittime del patriarcato ci sono anche gli uomini. Tutti quei ragazzi che non si sentono “maschi Alfa”, i maschi più miti. A loro volta schiacciati da quel tipo di educazione. E in tanti hanno reagito. La mia generazione tra crisi interiori, restaurazioni, passi in avanti, si è messa in gioco.  Oggi i padri prendono in braccio i figli neonati, se ne occupano, questo è un regalo che il femminismo ci ha fatto. Almeno in un certo ambiente. Nelle coppie, seppure a fatica, esiste una maggiore partecipazione alla gestione domestica. Dopo essere stati identici per millenni, in cinquant’anni anni i maschi si sono evoluti. Io sono molto diverso da mio nonno, da mio suocero”.
Michela Murgia. “I maschi stessi sono vittime del patriarcato, è vero, ma non vedo una evoluzione reale.  Se alcuni sono differenti è perché si sono innamorati di ragazze e donne femministe. E’ per poter stare con loro che hanno abbracciato l’etica del rispetto. Ma la platea generale dei maschi, anche giovanissimi, è invece più arrabbiata di prima, c’è un carico di odio verso le donne, soprattutto nei social, assai più pericolosa di dieci anni fa. Avremmo mai potuto immaginare il fenomeno degli Incel, gruppi di maschi che progettano addirittura attentati contro le donne?”.
Giacomo Papi. “Quello che dici è reale e doloroso. Nello stesso tempo sono convinto, ripeto, che se oggi hai potuto decostruire con questa acutezza i meccanismi di potere del linguaggio è perché la società ha fatto un passo in avanti, si è messa in discussione. Detto questo sottoscrivo come sessiste buona parte delle frasi che hai citato nel libro. Ma ci vorrà tempo, cara Michela, per riuscire a non sentirle più”.

Domenica 28 febbraio alle ore 10.00, l’Associazione Marco Pannella di Torino organizza un Convegno on line dal titolo: La Giustizia in Italia, le proposte del Partito Radicale e l’urgenza di una Riforma.

 Intervengono: Avv. Giuseppe Rossodivita, Presidente della Commissione Giustizia del Partito Radicale, Mario Barbaro, Segreteria Partito Radicale, Sergio Rovasio, Presidente Associazione Marco Pannella Torino. Con la partecipazione di: Avv. Davide Mosso, Osservatorio Carcere UCPI, e dell’Avv. Agostino Ferramosca, Direttivo Camere Penale Piemonte e Valle D’Aosta.