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IL MEGLIO E IL PEGGIO DAI GIORNALI DI OGGI

Genova, la donna uccisa si era pagata il funerale : “Aveva capito che sarebbe finita male”
(leoni)

Il commesso racconta un particolare agghiacciante. E intanto una moltitudine di persone si raccoglie davanti al negozio durante il presidio del collettivo Non una di meno. L’omicida: “Lei non mi voleva più, così l’ho colpita”

20 FEBBRAIO 2021 2 MINUTI DI LETTURA

Emerge un retroscena agghiacciante sull’omicidio di Clara Ceccarelli, la commerciante genovese  di 69 anni uccisa ieri con trenta coltellate da Renato Scapusi, il compagno che non voleva saperne della fine della loro relazione

“Clara due settimane fa si era andata a pagare il funerale. Non voleva gravare sull’anziano padre e sul figlio. Forse aveva capito che sarebbe finita male”.

Lo ha raccontato oggi Herbert Lima  il commesso brasiliano che in modo saltuario lavorava per Clara Ceccarelli, la negoziante uccisa ieri pomeriggio in pieno centro a Genova dal suo ex compagno Renato Scapusi, 59 anni.

Il racconto del commesso

Herbert questa mattina ha deposto come tanti altri genovesi un mazzo di fiori davanti alla saracinesca della pantofoleria di via Colombo e poi ha ricordato gli ultimi momenti trascorsi con Clara: “Ieri è arrivata alle quattro e ci siamo dati il cambio, in realtà avrei dovuto fare il la chiusura ma lei aveva dovuto far euna commissione e così…. Sapevo tutto, mi diceva non ce la faccio più. Lui passava tutti i giorni e quando c’ero io non entrava ma ieri purtroppo l’ha trovata da sola. Clara qualche giorno fa mi aveva detto che era andata a pagarsi il funerale perchè aveva avuto dei sogni strani. Che io sappia lui non era mai stato violento però la ossessionava…”.

L’uomo la perseguitava da quasi un anno, e cioè dalla fine della loro relazione. “Non risultano però denunce a suo carico o altri procedimenti” ha detto il procuratore capo di Genova Francesco Cozzi. Il pubblico ministero, Giovanni Arena, ha disposto la perizia psichiatrica sull’assassino: l’incarico verrà conferito lunedì al medico Gabriele Rocca, mentre lunedì pomeriggio il medico legale Lucrezia Mazzarella eseguirà l’autopsia.

Le indagini accerteranno anche se i servizi sociali e i servizi di igiene mentale si fossero presi in qualche modo carico di Scapusi che aveva già mobilitato forze dell’ordine e ambulanze per quattro tentativi di suicidi, l’ultimo pochi giorni fa dalla finestra di una scuola del levante cittadino.

Il presidio

Oggi pomerigigo davanti al negozio si sono ritrovati per un ricordo tantissimi genovesi. Ci sono rose e tulipani e le prime mimose, gli anemoni e le azalee e i messaggi di chi la conosceva e l’omaggio di chi non l’aveva mai neppure incrociata. Via Colombo, a Genova: la saracinesca del negozio di pantofole di Clara Ceccarelli,  è nascosta da uno striscione rosa con su scritto “Non è un raptus ad ucciderci. Basta crederci”.
In duecento, per la quasi totalità donne, hanno reso omaggio all’ennesima vittima di femminicidio, un presidio dolente costruito anche sui ricordi di chi Clara “amica vera, donna dolcissima che aveva sofferto tanto”  l’ha conosciuta davvero.
C’è chi spera “che chiudano quell’assassino in galera e buttino via la chiave”, chi ha paura che “tanto lo metteranno fuori dopo due mesi”, chi si sente rassegnata e passa e se ne va “tanto è sempre successo e sempre succederà” e chi auspica “un cambio di mentalità generazionale nel rapporto uomo-donna”.
Il presidio è stato organizzato dal collettivo Non una di meno con  l’appoggio del centro antiviolenza Mascherona di Genova: “siamo sconvolte per quello che è successo a pochi passi da noi – ha detto Manuela Caccioni, responsabile del Centro Antiviolenza Mascherona –  ma non siamo stupite. Sono già 13 le donne uccise nel nostro Paese da inizio anno. L’uccisione di Clara è un’ulteriore triste conferma di un fenomeno purtroppo sempre attuale e diffuso e che ci obbliga ancora una volta a una riflessione e ad una assunzione collettiva di responsabilità.”

L’assassino

“Sono entrato nel negozio e abbiamo iniziato a discutere. Volevo tornare con lei, ma Clara non voleva. Così l’ho colpita”.Sono le prime parole dette  agli investigatori ieri notte da Renato Scapusi.

“Dopo ho vagato per la città fino al Galliera. Volevo uccidermi”. Scapusi, difeso d’ufficio dall’avvocato Stefano Bertone, è accusato di omicidio volontario aggravato. Il pubblico ministero Giovanni Arena, che coordina le indagini della mobile e delle volanti, sta valutando se contestare la premeditazione.
Scapusi è arrivato in negozio con un coltello che poi ha buttato quando è scappato. Agli inquirenti non ha però saputo dire dove lo ha gettato. L’uomo perseguitava la ex da mesi: le telefonava di continuo, si presentava in negozio.
Ma Clara non lo aveva mai denunciato, pur rimanendo ferma nella volontà di non volere riprendere la convivenza. Nei prossimi giorni verrà fissato l’interrogatorio di convalida davanti al gip. Non e escluso che il pm possa disporre una perizia psichiatrica su Scapusi.

Luna di Mieli

di  | 21 FEBBRAIO 2021

Se Paolo Mieli fosse uno dei tanti cazzari della cosiddetta informazione, non meriterebbe una riga di replica. Ma siccome non dice mai nulla per niente, i suoi apparenti deliri a Radio24-Confindustria vanno segnalati e decrittati: “Guardo cosa bolle in pentola e vedo che il Fatto Quotidiano è schierato con gli scissionisti 5Stelle… Sarebbe una forma di libera espressione giornalistica se non sapessimo che il Fatto è molto caro alla magistratura più militante…”. Già, perché “ogni tipo di governo ha avuto problemi con magistrati più o meno combattivi” (ecco, più o meno), come nel 2008, quando Prodi cadde per l’inchiesta di S. Maria Capua Vetere su Mastella, che poverino voleva “riformare la giustizia”. E, appena ciò accade, “qualche pm di qualche parte d’Italia parte con un’inchiesta… perché sa di trovare il consenso della categoria”. Segue una supercazzola sul caso Palamara (che si porta su tutto, ma non ha svelato una sola indagine o una sola sentenza condizionata, ma solo bieche storie di carriere), poi la conclusione: “La ribellione di un nutrito gruppo di 5Stelle e l’appoggio evidente del Fatto quotidiano sono campane che mandano un suono distinto e che si sente bene. Chi vivrà vedrà. Di sicuro, dalle parti della magistratura militante, sta ribollendo qualcosa”.

Ora, per strano che possa sembrargli, la linea del Fatto la decide il Fatto, non i dissidenti M5S né i pm militanti (più o meno). Ed è la stessa da sempre: no a governi-ammucchiata usciti dal cilindro del Colle all’insaputa degli elettori e guidati da tecnici-salvatori della patria; fuori dalle istituzioni il partito del pregiudicato-prescritto-imputato finanziatore della mafia. Quanto alle inchieste che han messo nei guai premier o ministri, nascevano da notizie di reato. Non certo dalla prava volontà di pm militanti (più o meno) di compiacere il Fatto o colpire chi riforma la giustizia (peraltro riformata 120 volte in 27 anni). L’idea che il sottoscritto sia il capo dei pm militanti (più o meno) è affascinante. Ma purtroppo il primo premier della II Repubblica nei guai con la giustizia fu B. col famoso invito a comparire per corruzione (23.11.1994). E la notizia non fu anticipata né dal Fatto (ancora in grembo a Giove) né dal sottoscritto, ma dal Corriere, diretto indovinate da chi? Da Mieli, of course. Quindi, se Mieli teme che sia indagato qualche ministro di Draghi, cosa assai possibile visto il ritorno in maggioranza di tutto il vecchio magnamagna, non ha che da invitarli tutti a rispettare il Codice penale o a riesumare il Lodo Alfano per metterli al riparo dalla giustizia. Se invece sa qualcosa di indagini già aperte e tenta di screditarle o bloccarle preventivamente, lo dica e lasci perdere il Fatto. Questi giochetti, con noi, non attaccano.

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La transizione ecologica punta su tagli alle emissioni e un nuovo piano energia. Ma prima di partire sotto la guida di Cingolani servono nuove competenze per il ministero incaricato

DI LUCA FRAIOLI (Repubblica )

ROMA – Mario Draghi ha imposto ai suoi ministri tecnici la consegna del silenzio: comunicazioni interrotte fino a che non sarà stato riscritto il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e fino a quando, con una operazione normativa che è allo studio di Palazzo Chigi, non saranno smontati e risassemblati alcuni dicasteri per permettere, ad esempio, al super ministro della Transizione ecologia Roberto Cingolani, di occuparsi anche di energia, tema cruciale ma certo al di fuori delle competenze del vecchio ministero dell’Ambiente. Bocche cucite, dunque. Esistono però documenti che aiutano a capire in cosa dovrebbe consistere la tanto auspicata Transizione ecologica e quali saranno le prime misure in tal senso del governo Draghi.

Il primo documento è proprio il Pnrr, il programma di investimenti che l’Italia deve presentare alla Commissione europea nell’ambito del Next Generation EU. Lungamente rimpallato tra i ministri competenti, fino a dicembre scorso era poco più di una scatola vuota. Poi i venti di crisi politica hanno imposto una accelerazione e la versione attuale, approvata dal Consiglio dei ministri il 21 gennaio, quando era ancora premier Giuseppe Conte, è tutto sommato un buon punto di partenza, a giudizio dei tecnici che l’hanno letta. Delle sei missioni previste, “Rivoluzione verde e transizione ecologia” rappresentano il perno in cui ruotano le altre: salute, digitalizzazione, infrastrutture, istruzione, equità sociale. Nelle “Linee guida” si legge: «In primo luogo, occorre ridurre drasticamente le emissioni di gas clima-alteranti in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo. In secondo luogo sarà necessario migliorare l’efficienza energetica delle filiere produttive, degli insediamenti civili e degli edifici pubblici e la qualità dell’aria nei centri urbani e delle acque interne e marine. Nell’ambito delle politiche di transizione ecologica, si ritiene prioritario incentivare una gestione efficace delle aree verdi, attraverso corposi interventi di rimboschimento e una maggiore diffusione delle stesse sul territorio urbano e periurbano».

Buoni propositi, che ora il neoministro Cingolani dovrà calare nella realtà. Tagliare le emissioni, certo, ma attraverso quale strategia? Virando decisamente verso fonti energetiche rinnovabili e rinunciando a tutte le fossili, gas compreso? O adottare una strategia più graduale? E solo un esempio dei tanti bivi di fronte ai quali si troverà il governo nel suo procedere verso la Transizione ecologica.

Il secondo documento aiuta proprio a intuire quali potrebbero essere le scelte del governo Draghi in questo campo, perché è firmato da un altro dei suoi ministri, Enrico Giovannini, fino a poche settimane fa voce critica dei ritardi italiani in fatto di sostenibilità. Si tratta del Rapporto Asvis 2020, la relazione annuale dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, di cui Giovannini era all’epoca portavoce. «Il Pnrr deve essere orientato a un forte aumento degli investimenti a favore della transizione energetica e industriale dell’Italia», vi si legge. «La prima misura da adottare è quella di fissare target più ambiziosi del taglio delle emissioni al 2030, approvando il prima possibile la riduzione di almeno il 55% delle emissioni di gas climalteranti rispetto ai livelli del 1990». E ancora: «Il governo deve urgentemente assumere tre iniziative di carattere strategico: riscrivere il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec), ormai obsoleto, adeguandolo alle misure e agli impegni previsti dalla Roadmap 2050 del Green Deal europeo; la legge sul clima italiana va resa coerente con il regolamento europeo proposto a marzo 2020, che prevede la decarbonizzazione al 2050 come legalmente vincolante per tutti gli Stati membri; va rapidamente approvato un Piano di adattamento ai cambiamenti climatici rafforzato dagli orientamenti del Green Deal europeo. Sull’onda dei recenti disastri, appare ormai evidente a tutti la relazione tra queste tematiche e quella della protezione della salute».

Più in dettaglio: per rispettare gli Accordi di Parigi va confermata l’eliminazione totale del carbone al 2025, con la riduzione del ricorso al gas naturale per energia, riscaldamento e trasporti, in favore dell’uso del biometano e dell’idrogeno green. Con le dovute cautele, «l’Italia deve associarsi ai progetti a scala europea e internazionale per la bioenergia con cattura e stoccaggio del carbonio».

E poi naturalmente ci sono una serie di misure proposte per rendere green i trasporti, le abitazioni, l’agricoltura, le industrie. Una sfida colossale, con in palio i 209 miliardi dell’Europa. E appena otto settimane per essere almeno abbozzata: la transizione ecologica firmata Draghi-Cingolani andrà presentata a Bruxelles entro il prossimo 30 aprile.

Le confessioni del cardinale Martini

20 FEBBRAIO 2021

Repubblica è in grado di confermare l’esistenza di 34 diari segreti. Testi ricchi di pathos: “Da una parte mi sento piccino, dall’altra mi pare di avere qualcosa di grande da esprimere”. Adesso sono allo studio della Fondazione dedicata all’alto prelato, scomparso nel 2012

DI PAOLO RODARI

La calligrafia minuta su un foglio ormai ingiallito di un’agenda scelta a caso e che reca nell’intestazione la scritta “appunti e memorie del giorno”. Un solo errore di ortografia, corretto a mano. È il primo eccezionale frammento di una mole di scritti più grande e inedita e ancora oggi top secret: i diari, la cui esistenza per la prima volta Repubblica è in grado di svelare, di un grande della Chiesa del Novecento, il cardinale Carlo Maria Martini. Fino a oggi in pochissimi sapevano della loro esistenza. Martini non ne parlava con nessuno. Erano il suo segreto. Il frammento è stato scritto il 5 settembre del 1955, un lunedì. Martini ha 28 anni, già prete, studia teologia in vista del dottorato. Si trova in Inghilterra. Qui, come folgorato, comunica la decisione di tenere dei diari intimi, personali, un lavoro che lo accompagnerà per tutta la vita. Scrive: “Arrivo a Londra alla sera, dopo un viaggio attraverso Carlisle, Preston, Crewe. Leggo qualche pagina del diario di Merton: verrebbe voglia anche a me di scrivere un diario, che rivelasse veramente me stesso, che servisse a scoprire me stesso. Vorrei che mi avvicinasse a Dio, ma temo diventi uno strumento di autocompiacenza. Ho avuto tanto da soffrire a causa di me stesso in Blackburn. Da una parte mi sento legato e piccino, d’altra mi pare di avere qualcosa di grande da esprimere. Voglio che tutto sia solo per Iddio, a costo di stritolare tutto il resto di me stesso. Fa, o mio Dio, che sia così!”.

Quale sia la sofferenza a cui Martini allude nessuno sa dirlo. Ciò che si conosce è l’umiltà del cardinale, che fin da piccolo ha come lettura preferita i Vangeli, i classici della teologia, fino ai diari del monaco trappista americano Merton che come Martini amava la ricerca di un dialogo con ogni uomo nel rispetto delle differenze di ciascuno. Molti dei diari di Merton riportano il suo interesse per una conoscenza maggiore del monachesimo buddista. Come lui anche Martini farà della conoscenza delle altre religioni un tratto decisivo del suo vivere.

Lo stile di Martini ha molto in comune con la ricerca della voce di Dio nel ritiro che per Merton fu il deserto, per lui la città con le sue contraddizioni. Quelli del religioso gesuita sono testi autografi che – 34 fra quaderni e agende – svelano pensieri estemporanei e che, proprio per il loro carattere confidenziale, se non contestualizzati rischiano di generare incomprensioni. Per questo, spiega Carlo Casalone – presidente della “Fondazione Carlo Maria Martini” e provinciale d’Italia della Compagnia quando il cardinale lasciò in eredità i suoi scritti ai gesuiti – “per diverso tempo non saranno consultabili: richiedono un lavoro di riordino e di analisi che solo mani esperte possono portare a termine”.

I diari, trovati a Gallarate dove Martini ha trascorso i suoi ultimi anni di vita, richiederanno anche un delicato restauro, affidato al prestigioso laboratorio delle suore benedettine di Viboldone. Furono recuperati da don Luigi Testore, esecutore testamentario del cardinale e attuale vescovo di Asti, e da don Paolo Cortesi, dal 1983 al 1990 segretario personale di Martini. Molti quaderni hanno un titolo, dato loro direttamente da Martini e contengono pensieri con cadenza quasi giornaliera: annotazioni personali, spirituali, di studio, lavoro, appunti di viaggio e di ufficio, riflessioni sui vangeli o su personaggi biblici, impressioni su persone incontrate, fatti di attualità. Martini utilizza più quaderni contemporaneamente, molti hanno al loro interno anche carte sciolte, costituite da appunti miscellanei autografi o di altra mano, ritagli stampa, immagini, corrispondenza e altri materiali.

Attraverso il loro studio la Fondazione potrà sviscerare tratti non conosciuti di Martini. Già negli archivi, del resto, sono tanti i testi di fatto inediti che ancora necessitano della giusta collocazione storica. Fra i più interessanti gli scritti dedicati ai rapporti con le altre religioni, oggetto anche dell’ultimo volume dell’Opera omnia pubblicato da Bompiani, Fratelli e sorelle. Ebrei, cristiani, musulmani. Nelle Conversazioni notturne a Gerusalemme, Martini sostiene che Dio possa anche non essere tradizionalmente “cattolico”.

Nei documenti già raccolti negli archivi e in gran parte disponibili sul sito della Fondazione (www.fondazionemartini.it) – 5044 testi, 323 servizi fotografici, 200 audio, 623 documenti donati, 51 videointerviste – Martini va a fondo del suo pensiero. C’è la ricerca del confronto col buddismo. E le riflessioni sull’Islam che cerca di difendersi da tutte le infiltrazioni del metodo storico-critico, con la constatazione che quando tale difesa non sarà più possibile “vivrà una grossa crisi interna”. In una bozza dattiloscritta del 1989 e dedicata alla presenza e azione missionaria cristiana in India e nei paesi musulmani, Martini si chiede che senso abbia la presenza della Chiesa dove l’Islam è come “un muro” impenetrabile. “Se precisiamo che abbiamo come meta la loro conversione il dialogo è bruciato fin dall’inizio”, scrive.

Così in India, con gli induisti o dove si pratica il buddismo. Fra coloro che ritengono che sia legittimo cercare di far rientrare il più possibile le grandi masse nella Chiesa e coloro che invece, in scia ad Atti 1, ritengono che il mandato sia semplicemente quello di dare testimonianza a prescindere dalla conversione, Martini, come è suo stile, non risolve del tutto, non condanna i primi a favore dei secondi, anche se personalmente ammette di preferire il secondo approccio. È lo stile di Martini, uomo del dialogo senza fondamentalismi, a emergere in documenti che percorrono gran parte del Novecento fino alla morte avvenuta il 31 agosto del 2012, in un momento difficile per la Chiesa, un anno e mezzo prima le dimissioni di Benedetto XVI.

Treviso, padre uccide il figlio di due anni e si toglie la vita: temeva per la salute del figlio

I corpi trovati dal nonno del bambino. L’uomo, 43 anni, ha aspettato che la madre non fosse in casa. L’omicida ha lasciato una lettera

20 FEBBRAIO 2021

TREVISO – Ha strangolato il figlio Massimiliano di appena due anni e poi si è tolto la vita con una coltellata alla gola. Così Egidio Battaglia, 43 anni, operaio, ha messo fine ai tormenti che lo assillavano, lasciando una scia di dolore che ha travolto chi resta. A cominciare dalla moglie che, appena avuta notizia della tragedia, ha accusato un malore ed è stata accompagnata in pronto soccorso.

Orrore in provincia di Treviso, dove nel primo pomeriggio sono stati trovati i cadaveri di un padre e del suo bambino, uno accanto all’altro nel bagno di casa. Secondo i primi accertamenti svolti dai carabinieri del Reparto operativo di Treviso, coordinati dal tenente colonnello Marco Turrini, il pensiero che assillava l’uomo era il grave problema di salute di suo figlio: un quadro clinico delicatissimo, con poche speranze di guarigione.

Egidio Battaglia ha aspettato di essere da solo a casa con lui e, dopo aver scritto una lunga lettera d’addio spiegando le sue ragioni e chiedendo scusa a tutti, l’ha soffocato. Subito dopo ha rivolto verso di sé un coltellaccio e si è ucciso. La mamma del bimbo, una donna di origini rumene, in quel momento si trovava al lavoro. A dare l’allarme è stato il nonno paterno, che ieri aspettava figlio e nipote a pranzo.

Non vedendoli arrivare si è recato a casa loro, a Castello di Godego, nel condominio dove la famigliola abita in un appartamento al primo piano. Ha suonato più volte il campanello ma senza ottenere risposta. Così ha preso una scala ed è salito fino alla finestra del primo piano e da lì ha visto i due corpi riversi. Il matrimonio, hanno riferito amici e parenti della coppia, non aveva problemi particolari. Lui lavorava in un’azienda di macchine impastatrici, la moglie era impiegata in una cooperativa trevigiana che presta servizi per gli ospedali. Non c’erano problemi economici, è l’incubo della malattia che ha sprigionato la follia.

rivelle, sfratti e bollette: l’ammucchiata rinvia tutto

Trivelle, sfratti e bollette: l’ammucchiata rinvia tutto

In Commissione ha prevalso il compromesso per non bloccare l’iter del decreto: va convertito entro il 1° marzo. C’è tempo…

di Patrizia De Rubertis e Virginia Della Sala | 21 FEBBRAIO 2021

È la prima prova della nuova maggioranza su un testo di legge: domani alla Camera si inizia a votare il decreto Milleproroghe, provvedimento omnibus che raccoglie norme e disposizioni su cui le forze politiche si sono sempre scontrate. Ma stavolta la discussione arriva nel delicato momento d’insediamento del governo Draghi e in commissione Affari costituzionali e Bilancio la linea seguita dai gruppi parlamentari è di non creare subito spaccature evitando quei temi considerati divisivi. Sulla stessa linea di quanto deciso negli scorsi giorni con il congelamento del “blocca prescrizione” di Alfonso Bonafede. Su molte norme, infatti, i vecchi ministri non hanno dato pareri e i nuovi non hanno ancora stabilito le linee programmatiche. Così, per chiudere il provvedimento il primo di marzo – poi dovrà passare in Senato – gli emendamenti sono stati prima ridotti a 200 “supersegnalati” e poi scremati ancora.

Trivelle. Era uno degli emendamenti più delicati visto che il 13 febbraio è scaduto il tempo per la redazione del Pitesai, il piano delle aree che dovrebbe indicare dove si può trivellare e dove no e ad agosto scade la moratoria che ha sospeso, in attesa del piano, gli iter dei nuovi permessi. Erano stati segnalati come prioritari 4 emendamenti, di cui due opposti: da un lato la Lega che chiedeva altri 12 mesi per l’adozione del piano ma anche che ripartissero i “procedimenti amministrativi” per gli idrocarburi, dall’altro il M5s, la cui lotta alle trivelle è quanto mai identitaria, che chiedeva la proroga anche della moratoria. In mezzo Fioramonti (Gruppo Misto) e Muroni (Leu) che ponevano settembre come data ultima per poi riparlarne. La sintesi, coadiuvata anche dal neo ministro per la Transizione ecologica Cingolani prevede che lo stop agli iter legati alle trivelle scadranno il 30 settembre.

Scorie. A spuntarla sono i sindaci che avranno più tempo per fare le loro osservazioni sulla mappa delle aree utilizzabili per il deposito delle scorie nucleari. L’emendamento Fornaro (Leu) dà 180 giorni, anziché 60 per la consultazione della nuova mappa delle aree che hanno le carte in regola per il deposito di stoccaggio: 67, dal Piemonte alla Sicilia dalla Toscana alla Puglia. Nessun partito ha deciso di mettersi contro gli amministratori locali.

Sfratti. È la più grande spaccatura della nuova maggioranza. Le commissioni non hanno trovato un’intesa sul blocco degli sfratti preferendo rinviare il tema e affrontarlo “con più tempo a disposizione con un ordine del giorno da costruire insieme”. L’altro ieri, in extremis, era stata condivisa una soluzione che avrebbe consentito da aprile il rilascio degli immobili per le morosità degli inquilini certificate prima della pandemia. A non aver avallato l’accordo, accusa Confedilizia, è la ministra della Giustizia Cartabia.

Bollette. Sulla fine del mercato tutelato dell’energia che riguarda le bollette di luce e gas di 16 milioni di famiglie si è trovato un compromesso: l’ennesima proroga richiesta dal capogruppo 5S alla Camera, Davide Crippa, si ferma al 2023 invece che al 2024. Contrari leghisti e Italia Viva.

Cashback. Nessun accordo politico o forse colpa dei tempi troppo stretti, fatto sta che la “creatura” dell’ex premier Conte è salva. L’emendamento voluto dalla Lega per affossare il meccanismo di rimborso di Stato del 10% sulle spese con carte, bancomat e app, è stato ritirato.

Bonus Vacanze. Arrivano sei mesi in più per spendere fino a 500 euro. La misura, figlia del ministro della Cultura Franceschini, ora scadrà a fine 2021. Il bonus è bollato come flop: a richiederlo meno del 40% della platea prevista dal governo. Ancora meno sono le famiglie che poi l’hanno effettivamente speso.