MERCOLEDì 20 GENNAIO 2021

MISCELLANIA…

Comuni italiani che hanno istituito l’Assessorato alla Gentilezza: 109 [Costa, ItaliaOggi].In prima pagina

• Conte ce l’ha fatta, anche se ora, tecnicamente, guida un governo di minoranza. Ieri sera, dopo tredici ore di dibattito, tra le dieci e le undici, il Senato ha accordato la fiducia al governo con 156 sì, 140 no, 16 astenuti e 8 assenti. I voti favorevoli di due transfughi forzisti, un ex 5 stelle, tre senatori a vita – Mario Monti, Liliana Segre e Elena Cattaneo – e l’astensione di Italia Viva sono risultati decisivi.

[l’intera prima pagina è dedicata alla giornata di ieri al Senato]

• Oggi è l’Inauguration Day. A mezzogiorno, ora di Washington, Joe Biden giurerà sulla Bibbia e diventerà il 46° presidente degli Stati Uniti

• Sono morti Emanuele Macaluso, storico dirigente del Partito comunista, e Cesare Maestri, alpinista, detto «il ragno delle Dolomiti». Avevano rispettivamente 96 e 91 anni

• In Italia i morti per Covid ieri sono stati 603. Il tasso di positività cala al 4,1%. Tornano a scendere i ricoveri per Covid (-185), i letti occupati in terapia intensiva sono 57 in meno

• In Piemonte il vaccino sarà somministrato anche dai medici di base

• Dopo una riunione con i Länder iniziata alle 14 e terminata alle 21.45, Angela Merkel ha deciso di prolungare il lockdown fino al 14 febbraio

• Pechino introduce una quarantena di 28 giorni per chi viene dall’estero

• Il vaccino è davvero un affare da ricchi: nei paesi in via di sviluppo per ora solo 25 iniezioni (in Guinea)

• De Magistris si candida a presidente della Calabria

• Dell’Utri è stato assolto per il caso dei libri della biblioteca Girolamini

• Dalla cella, Navalny va all’attacco di Putin: «Ecco la sua reggia, la frode più grande»

• Jean-Marie Le Pen si è sposato in chiesa a 92 anni con Jany Paschos, 88 anni, la donna di origine greca con la quale era già sposato civilmente dal lontano 1991

• In Thailandia un’impiegata pubblica è stata condannata a 43 anni di carcere per aver criticato il re

• In Darfur ci sono stati almeno 140 morti e molti feriti a causa di violenti scontri fra tribù rivali

• L’Antitrust ha inflitto a TicketOne una multa di dieci milioni di euro per abuso di posizione dominante

• L’orso Papillon resta in gabbia. Il Consiglio di Stato respinge il ricorso degli animalisti

• Grande beffa per la Roma. Oltre a perdere 4-2 con lo Spezia, Fonseca ha fatto sei cambi, cosa vietata dal regolamento della Coppa Italia e che l’avrebbe fatta perdere a tavolino. Lo Spezia incontrerà il Napoli ai quarti di finale

• Davide Nicola è il nuovo allenatore del Torino

• Mandžukić ha firmato per il Milan e ha scelto la maglia numero 9

 I Titoli DEI GIORNALI 

Corriere della Sera: Fiducia a Conte ma con 156 voti

la Repubblica: Un governo piccolo piccolo

La Stampa: Conte si salva, ma così non governa

Il Sole 24 Ore: Crisi, al Senato Conte arriva a 156 / Imprese Ue, un buco da mille miliardi

Avvenire: Maggioranza risicata

Il Messaggero: Governo a trazione ridotta

Il Giornale: Caporetto Conte

Qn: Mini fiducia coi transfughi di Forza Italia

Il Fatto: Più lo butti giù / più si tira su

Libero: Una crisi del cavolo

La Verità: Renzi suonato, Conte bollito

Il Mattino: Conte si salva, Paese bloccato

il manifesto: Sabbie mobili

 

Domani: Conte azzoppato ma sopravvive / È solo il primo tempo della crisi

Dalla cella Navalny attacca Putin

Mentre Aleksej Navalny è rinchiuso in attesa di processo nel carcere di massima sicurezza di Matrosskaya Tishina, i suoi collaboratori della Fondazione per la lotta alla corruzione hanno pubblicato online la video-inchiesta Un palazzo per Putin. Storia della frode più grande. Il filmato di due ore racconta la storia della costruzione di un palazzo a Gelendzhik, non lontano da Sochi, sul mar Nero, per il quale sarebbero stati spesi 100 miliardi di rubli, pari a 1,35 miliardi di dollari. La reggia è descritta come «il luogo più segreto e maggiormente difeso in Russia».

«Nelle stesse ore in cui l’inchiesta veniva pubblicata, Putin si faceva fotografare con alle spalle una semplice casetta di legno mentre lui, a torso nudo tra la neve, si immergeva nell’acqua davanti a una croce di ghiaccio, per il rito ortodosso dell’Epifania» [Scott, Sole].

Thailandia, 43 anni di carcere per lesa maestà

Un tribunale thailandese ha condannato Anchan Preelert, ex funzionaria pubblica, a 43 anni e sei mesi di carcere per aver violato la legge che vieta di criticare o insultare la corona. Si tratta della più pesante condanna per lesa maestà nella storia del regno thailandese. La donna, che ha 65 anni, è stata ritenuta colpevole di aver diffuso per 29 volte commenti critici nei confronti del re, Maha Vajiralongkorn, attraverso Facebook e YouTube. Il caso risale al 2014, quando in Thailandia ci fu un colpo di stato dell’esercito guidato dal generale Prayuth Chan-ocha contro un governo legittimamente eletto: per via dei commenti sgraditi, la donna era già stata incarcerata dal 2015 al 2018. Inizialmente il tribunale aveva imposto una pena di 87 anni ma ieri ha dimezzato la condanna a 43 anni e 6 mesi perché la Preelert si è dichiarata colpevole.

Scontri tra tribù e morti in Darfur

Negli ultimi tre giorni nella regione sudanese del Darfur sono state uccise almeno 140 persone e ne sono state ferite centinaia a causa di scontri tra tribù rivali. Le Monde ha parlato con Mohamed Saleh, uno dei capi della tribù di Fallata, che opera nel Darfur meridionale. Saleh ha detto che lunedì alcuni uomini della tribù araba di Rizeigat avevano lanciato un attacco alla cittadina di Saadoun, una delle roccaforti della tribù di Fallata, a bordo di «diversi veicoli, motociclette e cammelli», provocando in totale 55 morti. Nei due giorni precedenti, invece, almeno 83 persone erano state uccise durante gli scontri tra la tribù Masalit e un gruppo di nomadi arabi a Geneina, nel Darfur occidentale, dove successivamente è stato imposto il coprifuoco. Gli scontri sono iniziati circa due settimane dopo che si era concluso il mandato dell’Unamid, ovvero la missione di pace congiunta dell’Onu e dell’Unione africana in Darfur iniziata nel 2007. Quattro mesi e mezzo prima dell’inizio dei disordini era stato firmato lo storico accordo di pace tra governo del Sudan e Fronte Rivoluzionario del Sudan (Srf). L’accordo aveva messo fine a diciassette anni di guerra civile [il Post].

LA PAZZIA NON HA LIMITI

De Magistris si candida in Calabria

Dopo le indiscrezioni, è arrivata l’ufficialità: il sindaco di Napoli Luigi De Magistris si candida come presidente della Calabria per elezioni regionali in programma l’11 aprile. «Sono indissolubilmente legato a questa terra», ha spiegato de Magistris, che da pm alla procura di Catanzaro è stato protagonista di inchieste discusse e rumorose, come “Why Not (un presunto comitato d’affari politico-massonico che avrebbe munto decine di miliardi di fondi pubblici), Toghe Lucane (coinvolti tre magistrati della Procura di Potenza e due di Matera). Per la candidatura in Calabria De Magistris pensa a una coalizione civica e fa sapere che non intende dimettersi da sindaco di Napoli perché «la legge regionale calabrese non lo impone».

Caso Girolamini, Dell’Utri assolto

Marcello Dell’Utri è stato assolto a Napoli dall’accusa di peculato. Era imputato per aver ricevuto dall’ex direttore della biblioteca dei Girolamini, Massimo Marino De Caro, 14 testi trafugati. Il verdetto è stato emesso con la formula «perché il fatto non sussiste». Su Rep Dario Del Porto ricorda che «l’inchiesta, che nasce a Napoli, ha avuto anche ripercussioni a Milano, con il sequestro di 40 mila volumi all’ex senatore di Forza Italia, poi restituiti dopo l’archiviazione del procedimento a suo carico. Un’indagine che ha appurato la legittima proprietà di quei volumi da parte Dell’Utri. L’indagine partenopea ha origine dalle dichiarazioni rese dal direttore della Biblioteca dei Girolamini».

La multa a TicketOne

L’Antitrust ha inflitto una multa di dieci milioni di euro a TicketOne per abuso di posizione dominante. La società del gruppo tedesco Cts Eventim, leader in Italia nella vendita di biglietti degli eventi dal vivo, secondo l’Antitrust ha attuato «una complessa strategia abusiva di carattere escludente che ha precluso agli operatori di ticketing concorrenti la possibilità di vendere, con qualsiasi modalità e tramite qualsiasi canale, una quota particolarmente elevata di biglietti per eventi live di musica leggera». Spiega Francesca Prisco sul Sole che «la strategia attuata da TicketOne si articolerebbe in una serie di condotte, messe in atto almeno dal 2013 e ancora in corso, che consisterebbero nella stipula di contratti di esclusiva con i produttori e gli organizzatori di eventi live di musica leggera, nelle acquisizioni dei promoter nazionali Di and Gi Srl, Friends & Partners SpA, Vertigo Srl e Vivo Concerti Srl, nell’imposizione dell’esclusiva sui promoter locali e nei comportamenti di ritorsione e boycott nei confronti del gruppo Zed, anche per escludere dal mercato rilevante Ticketmaster, controllata del gruppo Live Nation».

Quindici mafiosi arrestati a Napoli

Un’operazione dei carabinieri, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia ha portato all’arresto di 15 membri del clan D’Ausilio, guidato da Domenico D’Ausilio, detto «Mimì ’o sfregiato», per estorsioni ai danni di imprenditori e commercianti. Agli arresti anche i figli del capoclan, Antonio e Felice.
«Il clan “gestiva” anche i posteggi abusivi vicini ai locali dell’area flegrea imponendo il ‘pizzo’: almeno 200 euro a settimana. Un dominio criminale che si concretizzava in azioni violente nei confronti di chi non volesse sottostare all’imposizione. Tanto da giungere il 17 giugno 2016 all’omicidio di uno dei parcheggiatori abusivi, Gaetano Arrigo» [CdS].

L’orso Papillon resta prigioniero

Resta in gabbia l’orso M49, noto anche come Papillon. L’ha deciso il Consiglio di Stato, respingendo il ricorso presentato dagli animalisti, che aveva sostenuto l’illegittimità della cattura dell’animale, avvenuta lo scorso settembre.

Da ieri a Milano è vietato fumare all’aperto

Ieri a Milano è entrato in vigore il divieto di fumare all’aperto, nei parchi a meno di dieci metri da altri cittadini, nei cimiteri, alle fermate dei mezzi pubblici e allo stadio. La norma era stata approvata a novembre dal Consiglio comunale. Multe previste: da 40 a 240 euro. Secondo La Stampa, tuttavia, la polizia adotterà una certa tolleranza, almeno all’inizio.
«I rari fumatori presi in castagna cadono dalle loro nuvole di fumo: “Vale anche per la pipa?”, chiede preoccupatissimo un sosia di Vittorio Feltri in transito per la Biblioteca degli alberi. Mentre un’anziana sciura al Parco Sempione si fa addirittura beffe delle minacciate rappresaglie: “Fumo da sessant’anni e non sarà certo un ghisa a farmi smettere”» [Mattioli, Sta].

Serial Killer
di Paola De Carolis

Corriere della Sera

Che diritto ha un serial killer di raccontare la propria storia? È la domanda che si pongono i parenti e gli amici delle vittime di un noto assassino britannico alla vigilia della pubblicazione della sua autobiografia.
Il mostro in questione è Dennis Nilsen, il cosiddetto assassino di Muswell Hill, dal nome del tranquillo quartiere residenziale londinese dove tra il 1978 e il 1983 abitò e freddò almeno 12 giovani uomini, tra cui un ragazzo di 14 anni. Morto nel 2018, Nilsen ha lasciato 6.000 pagine scritte a macchina a Mark Austin, un grafico di 54 anni, padre di due figli, che lo aveva conosciuto attraverso un scambio epistolare cominciato «per curiosità» e che era andato a trovarlo in carcere una settantina di volte. Austin ha trovato un editore e il libro, intitolato History of a Drowning Boy, Storia di un ragazzo annegato, esce questa settimana. Non si tratta di un volume di facile lettura. «Se lo avessi conosciuto bene, probabilmente non gli avrei fatto un graffio», scrive Nilsen della sua prima e giovanissima vittima. «Ma era l’interazione con un corpo maschile passivo che desideravo sino ad arrivare a oltrepassare il confine della logica e della moralità».
Dal carcere Nilsen aveva a lungo cercato di far pubblicare l’autobiografia ma era stato bloccato negli anni 90 dal ministero degli Interni grazie alla legge che impedisce ai detenuti di trarre profitto dai propri crimini. Non si era arreso e aveva continuato a combattere per vie legali arrivando anche alla Corte europea per i diritti dell’uomo, senza successo. Con la sua morte l’ostacolo ha cessato di esistere. Austin ha assicurato che i proventi per rispetto verranno donati in beneficienza.
Al Sunday Times, diversi parenti delle vittime hanno espresso costernazione. «È come se continuasse a beffarsi di noi dall’oltretomba», ha detto in forma anonima uno di loro. «È uno schiaffo in faccia. Il libro avrebbe dovuto morire con lui». Nilsen sceglieva le sue vittime al pub, le attirava a casa sua, le ammazzava strangolandole e annegandole nella vasca da bagno, spesso seviziandole sessualmente. Seguiva dopo un perverso rituale durante il quale le lavava e rivestiva. Si disfaceva dei cadaveri facendoli a pezzi, bollendoli sui fornelli, bruciando i resti nel giardino di casa o gettandoli nel gabinetto. È per via degli intasamenti alle tubature – denunciati da lui stesso così come da altri inquilini del palazzo – che venne scoperto il suo truce operato, raccontato tra l’altro di recente anche da una fiction televisiva. Nel libro Nilsen ricorda di essere stato molestato da piccolo dal nonno, una violenza che lo portò a desiderare la morte. Ripercorre gli omicidi senza risparmiare particolari, con logica fredda e coerente. Non nasconde di aver notato la somiglianza tra la carne umana e animale e di aver meditato di darla in pasto al suo cane.
L’autobiografia svela inoltre reati che non erano noti ai tempi del processo nonché abusi sessuali nei confronti di un subordinato nel periodo in cui si trovava con l’esercito negli Emirati Arabi Uniti.
Qual è, allora, l’utilità della pubblicazione? Secondo Mark Pettigrew, criminologo che ha scritto l’introduzione del libro e che nell’arco degli anni ha intervistato Nilsen diverse volte, la possibilità di studiare la mente di un serial killer, «di arrivare al perché delle sue azioni», rende l’autobiografia un documento importante. «La realtà – precisa – è che i serial killer sono all’apparenza persone normali». Nilsen, ad esempio, provava grande affetto per gli animali, in cella ascoltava la radio della Bbc e la domenica leggeva l’Observer. «Riescono a navigare la vita di tutti i giorni senza destare sospetti».

Paola De Carolis

Benno
di Fabio Poletti

La Stampa

QUANDO AD UCCIDERE SONO I FIGLI 

Li cercano i droni e i sommozzatori dei vigili del fuoco tra l’Isarco e l’Adige. Li cercano nel fiume fino a Rovereto a 80 chilometri. Non c’è traccia dal 4 gennaio di Peter Neumair, 63 anni, e sua moglie Laura Perselli, 68 anni, ex insegnanti spariti nel nulla. Benno, il loro figlio 30 enne, body builder, insegnante in una scuola media di lingua tedesca, una dipendenza da anabolizzanti che stava combattendo da tempo, ora è indagato per omicidio e occultamento dei cadaveri.
«Non sono stato io», nega tutto lui, ma in famiglia c’è chi non gli crede. La sorella Madè vive a Monaco di Baviera, si sta specializzando in chirurgia vascolare, al telefonino non si trattiene: «È un’indagine molto delicata. Speriamo che si arrivi alla verità. Qualunque essa sia. Non mi stupisce che abbiano indagato mio fratello». Gunther Neumair, fratello di Peter, zio di Benno, ha lo stesso sospetto: «È da due settimane che facciamo i conti con questa cosa. Ce lo aspettavamo». Solo zia Carla, la sorella di Laura Perselli, non vuole crederci: «Abbiamo fatto tante ipotesi, anche questa, ma sono sconvolta…».
Che cosa sia successo nell’appartamento dell’elegante condominio giallino di via Castel Roncolo 22 in pieno centro a Bolzano è ancora tutto da scoprire. Da ieri sono arrivati i Ris di Parma. L’abitazione dove Benno viveva con i suoi genitori viene passata ai raggi X. Così come la Volvo rossa di famiglia adesso vivisezionata alla caserma dei carabinieri di Laives. Nell’abitacolo e nel bagagliaio sono state trovate tracce di sangue. «Potrebbero essere anche del cane di famiglia», non si sbilanciano gli investigatori, e i reperti finiscono in laboratorio a Parma.
Ma ci sarebbero altri indizi contro il ragazzo. Lui dice di essere stato da un’amica a Ore, dalle 10 di sera del 4 gennaio alle 5 del mattino del giorno dopo. Una telecamera stradale a Bolzano Sud, nella zona di Vadena, vicino alla confluenza tra l’Isarco e l’Adige, avrebbe ripreso Benno Neumair al volante della Volvo rossa nell’orario in cui doveva essere dall’amica che ora rischia il favoreggiamento.
Gli investigatori a Bolzano, coordinati dai pm Igor Secco e Federica Iovene, vanno coi piedi di piombo. Raccolgono indizi, soppesano prove, ricostruiscono il quadro famigliare tutt’altro che idilliaco. L’avvocato Flavio Moccia che assiste Benno Neumair fa muro: «Benno è devastato per la scomparsa dei suoi genitori. Su di lui gli inquirenti si sono fatte troppe fantasie. Cosa pensano di trovare a casa e nell’auto, già setacciate dalla scientifica? I rapporti con i genitori? Normali, con alti e bassi come tutti».
Più bassi che alti a sentire chi li conosceva bene. La dipendenza da anabolizzanti di Benno sarebbe stata un detonatore di liti che andavano avanti da tempo. Dopo aver chiesto aiuto ad alcuni specialisti per disintossicarsi, il giovane si era confidato anche a casa. Sua madre qualche tempo fa ne aveva parlato ai parenti: «Benno è diventato un problema. Non sappiamo più cosa fare». Così fino alle 18 del 4 gennaio quando Peter Neumair e Laura Perselli non rispondono più alle chiamate della figlia da Monaco, che darà l’allarme il giorno dopo. Prima di Benno, che giura di non essersi accorto di nulla: «Quando sono tornato a casa la porta della loro camera era chiusa. Poi non li ho più visti».

Fabio Poletti

Eden
di Luca d’Andre

Matricida e Parricida.

La Stampa

«Vent’anni che lavoravamo insieme e non sapevo avesse anche un figlio». Quel figlio si chiama Benno, trent’anni, fisico scultoreo, insegnante alle scuole medie in lingua tedesca “von Aufschneiter”. Secondo la procura: matricida e parricida. Quell’anche è ciò che resta di una storia triste, il finale brutale di due settimane di giorni di ricerca tra fiumi, torrenti, scarpate e forre, di sospetti malcelati e di quella particolare beneducata reticenza che solo perché siamo in Alto Adige non chiamiamo omertà. Di certo, quando si pensa a Bolzano o alla terra delle Dolomiti non si pensa a violenza, sparizioni o omicidi. C’è da sciare, da godersi i tramonti sul Rosengarten, al vin brulè dei mercatini e all’accento buffo della maggioranza della popolazione di madrelingua tedesca. Come per Madè e Benno, i figli di Laura e Peter, preferiamo guardare alla giovane donna che si sta costruendo una vita da far gonfiare il petto per l’orgoglio. Studentessa in medicina a Monaco di Baviera, sempre ottimi voti, un romanzo pubblicato per una casa editrice locale e, cosa fondamentale per la provincia autonoma di Bolzano, perfettamente bilingue. C’è tutto il peso dell’Eden su questa giovane donna che, il 5 gennaio, dopo aver inutilmente cercato di chiamare i genitori, non riuscendo a mettersi in contatto con il fratello, ha dato l’allarme alle forze dell’ordine. Aveva un buon motivo, Benno, per non essere raggiungibile, come ha subito detto ai carabinieri: un’amica con cui dice di aver passato il pomeriggio, la notte e la mattina a cavallo fra il 4 e il 5 gennaio. Certo, il fatto che sia stata Madè e non Benno a mettersi in allarme per Laura e Peter qualche sopracciglio l’ha fatto alzare al comando carabinieri ma, dopotutto, perché no? I telefonini di Laura e Peter smettono di funzionare fra le 18 e le 21.30 del 4 gennaio e i due sono amanti della montagna e delle lunghe passeggiate, l’incidente è sempre dietro l’angolo. Una lastra di ghiaccio che fa perdere l’equilibrio, un imprevisto o, come sussurra qualcuno nei bar, uno di “quelli” che tenta uno scippo e le cose finiscono male. “Quelli” sono i soliti noti: la forza lavoro della microcriminalità, dello spaccio e delle rapine. È una terra piena di “quelli” l’Alto Adige, i tedeschi, gli italiani, ma in questo caso, sono gli immigrati che lavorano nel dietro le quinte del motore dell’Alto Adige: il turismo. Trentadue milioni di pernottamenti all’anno in una terra che conta cinquecentomila abitanti. Alla notifica della scomparsa dei coniugi Neumair seguono due settimane di intense ricerche. Elicotteri, gommoni, sommozzatori. I tre fiumi che passano per Bolzano vengono setacciati da Nord a Sud. L’Adige, l’Isarco e il Talvera non restituiscono cadaveri, solo stracci che nulla hanno a che fare con la scomparsa dei due, solo indizi che portano a un “anche” di altra natura: la provincia più ricca d’Italia non riesce a creare uno spazio sufficiente per dare calore e cibo ai senzatetto che vivono lontani dalle brochure turistiche. È una sorta di crudele tradizione. Ogni anno, quando le temperature si fanno rigide, arriva lo stupore: esistono dei senzatetto? Davvero? E hanno bisogno di riparo dal freddo? Il Comune fa quel che può, poi chiede fondi alla giunta provinciale che nicchia per qualche tempo, finché il Comune non minaccia di spostare irregolari e clochard nelle strutture delle valli e si porta a casa il match: la provincia autonoma stacca l’assegno e che a questo “anche” pensi il capoluogo che tanto ci è abituato. Nel frattempo Benno se ne sta chiuso in casa, aprendo la porta ad ogni ora del giorno e della notte ai carabinieri e ai magistrati. Lui è “l’anche” e non è abituato alla luce dei riflettori. Parla una sola volta, al telefono, a “Chi l’ha visto” e dice «Sono la persona sbagliata». Non dorme, sta male, tiene le luci accese tutta la notte nell’appartamento di via Castel Roncolo, in quella che qualcuno ha chiamato “la Bolzano bene”, perché, si sa, i cliché esistono perché funzionano e così esiste una Bolzano bene e una Bolzano non così bene, quella in cui, ieri, sono stati esplosi cinque colpi di arma da fuoco «a scopo intimidatorio» come dice il gergo dei comunicati della questura. Intimidazione e non omicidio per puro caso, perché uno dei proiettili è rimbalzato rischiando di colpire uno dei residenti. Omicidio e occultamento di cadavere sono invece le accuse per cui, ieri sera, Benno viene iscritto nel registro degli indagati. Secondo carabinieri e procura è stato lui a uccidere Laura e Peter. Così, alla fine, “l’anche” di una terra che sembra un Eden, ha divorato tutti: Laura, Peter, Benno e la povera Madè vittima tre volte, per aver perso genitori, fratello e aver dovuto sostenere il peso di un Eden fittizio. La povera Madè cui toccherà il compito più gravoso, rimettere a posto i pezzi di un cuore spezzato. Da sola perché in casi come questi, non è previsto nessun “anche”.