«I ricordi rendono la vita più bella, dimenticare la rende più sopportabile»

Honoré de Balzac

 

Vecchi…o diversamente giovani?

 La retorica è dietro l’angolo ma si deve pur dire che sempre più, passati i cinquanta, il cono d’ombra avvolge e poco a poco stritola. Solo il cielo sa cosa deve passare, tutti i giorni, Jennifer Lopez che pure ne ha solo 51, per mantenersi all’altezza, e soprattutto quante ore ci mette per diventare come appare. Il cono si stringe e niente è più come prima: se miracoli accadono può succedere alla voce, che per natura ed esercizio tende a non rovinarsi, come le over 80 Mina e Ornella Vanoni ci ricordano. A questo deve aver pensato il signor De Mol, frugale olandese inventore di format, che dal 2010 fa cantare in tv con enorme successo i suoi connazionali più attempati. Stefano Coletta (55) direttore di Raiuno che non vanta certo un’audience giovanile, ha comprato l’idea, ci ha messo a guidarla una di sorrisi e buon umore naturale come Antonella Clerici (57) ed è capitata, con The Voice Senior e i suoi sconosciuti concorrenti over 60, una cosa stranissima.

Milioni di italiani che si trascinavano sulle spalle il peso di questi mesi nei quali pareva che la loro unica mission fosse di crepare in fretta come si sentivano dire ogni giorno, accusati di rubare il futuro ai nipoti che pure passano la vita ad aiutare, si erano ormai rintanati in casa davanti alla tv, la solita, mica Netflix che piace alla gente che piace. E lì si schifavano subito alle vicende del Grande Fratello Vip, e se cercavano un po’ di divertimento trovavano nei talent solo trap o tonsille giovanili disorganizzate, e non riuscivano più ad ascoltare una canzone che ritenessero tale.

All’improvviso, si sono visti sì davanti un altro talent, ma senza sigle elettroniche sfrantumanti. E poiché il format era noto in altra versione, dal buio dietro i giurati che davano le spalle, hanno notato che i concorrenti erano persone come loro, diversamente giovani e normalmente addobbati, al massimo con un minimo di civetteria rock o folk che rimandava alla propria gioventù; le signore, eleganti, sobriamente truccate, non fingevano di essere Jennifer Lopez. I Nostri hanno ascoltato da costoro un repertorio italiano e internazionale, interpretato con la sapienza e le virtù di chi sulla musica ci ha passato una vita, per lo più professionale, e solo per i percorsi insondabili del destino non erano diventati celebri come i loro giudici.

Successone immediato. Telefonate fra amici, tam tam, gente che cambiava canale e si sintonizzava su Raiuno che non vedeva da anni e che ora ha vinto ogni venerdì della gara, con audience appena sotto il 20 per cento. Scelta furbissima i giurati. Due napoletani (D’Alessio e Clementino) già riempiono la scena; se poi ci metti la Berté, mai così in palla, e aggiungi Albano con la sua ultimogenita Jasmine che si diverte e chiede e s’informa, può capitare che a seguire la faccenda arrivino i nipoti davanti alla tv, e i social si agitino amplificando l’attenzione.

Tutto ciò è successo. Un bel tiramisù in questi mesi duri, con il divano di casa che si faceva più comodo, e la voglia di cantare che tornava.

Fonte: di Marinella Venegoni/ La Stampa