Esiste anche l’ergastolo mediatico

  Pubblichiamo un articolo, mai reso pubblico e quindi inedito, a firma di Donato Bilancia. Non servono presentazioni. Parliamo del serial killer che fra il 1997 e il 1998 terrorizzò il Nord Italia con 17 omicidi. Il 6 maggio del 1998 viene arrestato e infine condannato all’ergastolo. Arriva la pandemia, il Covid irrompe anche al carcere di Due Palazzi di Padova dove Bilancia è recluso. Si contagia, lo stato di salute si aggrava e finisce in ospedale.

Secondo la ricostruzione del Mattino di Padova avrebbe rifiutato le cure per lasciarsi morire il 17 dicembre scorso. Una sorte, la sua, uguale a quella di un altro serial killer. Parliamo de “Lo squartatore” dello Yorkshire, vicenda trattata da una docuserie appena uscita su Netflix.

È incentrata sugli omicidi da lui commessi a fine anni 70 nei confronti di tredici donne. Secondo la polizia britannica di allora complice la loro sottocultura maschilista – le donne che uscivano da sole di notte non potevano che essere delle prostitute.

Invece, tante di loro non lo erano affatto. Quindi, sbagliando il profilo del killer, non sono riusciti ad identificarlo subito e per 5 anni ha potuto agire con tranquillità. Solo per un caso fortuito sono riusciti a prenderlo. Peter Sutcliffe, così si chiamava il killer, è risultato positivo al Covid 19 il mese scorso. Si è aggravato, ma anche lui, come Bilancia, ha rifiutato le cure per combattere questa malattia ed è morto. Molto probabilmente entrambi non avevano un motivo sufficiente per lottare per la vita e forse l’ergastolo in questo ha avuto un ruolo determinante.

Come ha scritto recentemente Ornella Favero, direttrice di Ristretti Orizzonti, non esistono i ‘mostri’, “ma uomini in grado di fare cose mostruose, che però non esauriscono la loro umanità in quei gesti”. Don Marco Pozza, sacerdote del carcere Due Palazzi ha ricordato cosa Donato Bilancia gli disse una volta: “Andrò all’inferno, ma prego Dio che mi dia un istante di tempo per passare da loro a chiedere scusa”.

Di recente Bilancia aveva chiesto dei permessi per poter assistere un ragazzo disabile, ma non gli sono stati concessi. La sua è una figura ancora incomprensibile per gli stessi psichiatri e criminologi. Intelligente sopra la media, con un QI di 120, eppure disorganizzato. Nato in Basilicata, ma cresciuto in Liguria, segnato dagli abusi fisici ed emotivi del padre, che lo umiliava in pubblico mostrando i suoi genitali per schernirlo, finisce due volte in coma per due diversi incidenti stradali. Alla fine degli anni Ottanta, a 37 anni, resta scioccato dal suicidio del fratello, lanciatosi sotto un treno con in braccio il figlioletto di 4 anni.

Giocatore compulsivo, nell’ambiente delle bische clandestine diventa noto con il nome di Walterino. Vince soldi, li perde, gioca di nuovo. È allora che comincia a uccidere creditori e nemici del mondo delle bische. Cambiando vittimologia e schema per poi passare alle prostitute e infine, ai viaggiatori dei treni.

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L’ex ergastolano ostativo e scrittore Carmelo Musumeci è stato nello stesso carcere di Bilancia, lo ha conosciuto ed è lui che ha dato a Il Dubbio questo articolo inedito che pubblichiamo integralmente. Di lui parlano libri e serie Tv – per questo nel suo articolo inedito parla dell’ergastolo “mediatico”, senza riuscire a spiegare quello che lui stesso ignorava.

A tal proposito l’ex ergastolano Musumeci ci ha raccontato questo aneddoto: “Una volta l’avevo rimproverato per i reati che aveva fatto e lui mi aveva risposto che non lo sapeva neppure lui perché li aveva commessi. L’ho sentito sincero”.

L’articolo di Donato Bilancia

Qualche tempo fa ho letto un articolo scritto da un compagno di detenzione il cui nome è Carmelo Musumeci. Pur apprezzandone l’esposizione dei contenuti, non mi trovo affatto d’accordo quando sostiene vi siano solo due tipi di ergastolo, quello normale e quello ostativo. Ho ragione di credere che ne esista un terzo che paradossalmente si chiama ergastolo “mediatico”.

Senza fare inutili esempi entrando nello specifico, posso comunque affermare con fondata certezza che, dopo aver parlato per i primi anni successivi alla tragedia che mi ha visto responsabile di fatti gravissimi, tutti i mezzi d’informazione hanno continuato e continuano a parlare di me attaccandomi. Da sempre, per qualsiasi cosa che di clamoroso accada a Genova come a Padova, vengo tirato in ballo pur non entrandoci mai per nulla.

Sono sicuro che in questi ultimi diciassette anni non siano mai trascorsi ininterrottamente sei mesi senza che giornali, riviste, talk televisivi, persone che hanno scritto libri ed altri, non abbiano parlato di me. Si pensi che addirittura viene persino proiettato periodicamente anche il film realizzato sulla mia storia. Questo tanto feroce quanto ingiustificato accanimento mediatico penalizza ulteriormente in tutto e per tutto il mio già non facile percorso penitenziario.

Il continuo parlare di me soprattutto a vanvera, serve soltanto ad acuire l’acrimonia in tutte le persone con le quali a vario titolo devo confrontarmi giornalmente all’interno della struttura penitenziaria, figuriamoci l’impatto che avrà in quelle al di là del muro di cinta. Pur di sottrarmi definitivamente a questa gogna mediatica, qualche anno fa, favorito dalla condizione d’isolamento durato per ben undici anni, durante i quali presi anche coscienza di ciò che mi era capitato, colto da grande sconforto avevo pensato di farla finita ma poi, solo per mera vigliaccheria, mi è mancato il coraggio di mettere in atto il gesto estremo.

Come potrò mai dare un briciolo di dignità al rimanente non lunghissimo percorso di vita rimastomi (ho 64 anni) se tutte le possibilità mi verranno precluse a prescindere solo perché mi chiamo Donato Bilancia? Come portò mai porvi anche un piccolo rimedio al male fatto se il muro di mattoncini che riesco a costruire pian pianino mettendone lì uno dopo l’altro con enorme fatica, viene subito abbattuto senza alcuna apparente ragione? Con grande difficoltà ho iniziato da tempo un complicato percorso per riuscire a riconquistare la fede, questo mi porta a credere che perfino il nostro Papa Francesco si ribellerebbe se venisse a conoscenza di questo infinito attanagliamento mediatico posto in atto nei miei confronti.

Certo, come già detto, i fatti dei quali mi sono reso responsabile sono gravissimi, questo è indiscutibile, che vi sia poi stata la volontà oppure no, in questo preciso momento non ha alcuna rilevanza. Tuttavia l’Art. 27 della Costituzione italiana parla chiaro in relazione allo scopo che deve avere la detenzione di qualsiasi persona condannata in via definitiva, ed in vero non ricordo di aver letto che in calce vi sia scritto: “Asterisco, Donato Bilancia escluso”. Donato Bilancia/ Carcere di Padova, luglio 2015

Fonte: di Damiano Aliprandi/  Il Dubbio, 22 dicembre 2020