VERSO IL CONGRESSO DEL PARTITO RADICALE

 STATO DI EMERGENZA? STATO DI DIRITTO!

 dall’emergenza sanitaria all’emergenza democratica

 Come previsto dallo statuto il 30-31 ottobre e 1° novembre si terrà il 10° congresso degli iscritti italiani al Partito Radicale. Data la situazione il congresso si terrà online e stiamo predisponendo gli accorgimenti tecnici per consentire a tutti gli iscritti di registrarsi, intervenire e votare. Il Congresso online è una eccezione che non potrà diventare precedente ed è legato unicamente all’emergenza che stiamo vivendo.

 Il tema scelto per il Congresso è Stato di emergenza? Stato di Diritto! Dall’emergenza sanitaria all’emergenza democratica.

 Sebbene lo Stato di emergenza sia una eccezione prevista all’interno dello Stato di Diritto, è altresì vero che è previsto come misura provvisoria e straordinaria. L’emergenza sanitaria Covid, che ha portato quasi tutti i governi dei paesi interessati all’epidemia a proclamare lo Stato di emergenza, è l’ennesima occasione per piegare lo Stato di Diritto.

 Non saremo certo noi a negare quello che è accecante: c’è un’epidemia in corso della quale conosciamo ancora poco. Noi contestiamo che le misure che sono state e continuano ad essere adottate siano proporzionate alle necessità, abbiano una loro efficacia, tengano in debito conto i costi che la proroga dello stato di emergenza comporti. A cominciare dai costi democratici che, inevitabilmente, diventano costi sociali ed economici. Per dirla con Marco Pannella, “dove c’è strage di Diritto c’è strage di popoli.”

 Né saremo noi a dire che questa è la prima emergenza con la quale si corrompe lo Stato di Diritto, noi che da tempo abbiamo rilevato e denunciato come la trasformazione di misure eccezionali in misure ordinarie sia alla base della disgregazione della democrazia. Per restare all’Italia, dalle leggi antiterrorismo degli anni ’70, a quelle antiparlamentari dagli anni ’80, a quelle antimafia degli anni ’90 a quelle anticostituzionali… da sempre.

 Da più parti esperti di materie scientifiche e umanistiche molto diverse ci dicono che molte cose cambieranno dopo questa l’esperienza del lockdown, usano la lingua inglese perché la traduzione in italiano è da brividi: confinamento! È cambiato anche l’italiano, visto che pervicacemente e contro ogni logica, anziché parlare di distanziamento fisico, hanno imposto il distanziamento sociale. Non sono scelte innocue. Tant’è che addirittura l’OMS sin dal 20 marzo ha invitato a parlare di distanziamento fisico e non sociale perché “è importante rimanere fisicamente separati ma socialmente connessi” anche perché gli esperti sostengono che il contatto sociale è vitale per la salute mentale.

 Per quanto riguarda più direttamente l’Italia il Governo in questo anno ha più volte cambiato narrazione sia sulla natura della pandemia sanitaria che su come governarla. Non c’è stato abbastanza dibattito pubblico su un fatto semplice e concreto e che deve essere il punto di partenza di qualsiasi ragionamento: dal 2008 dovrebbe esistere un “Piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale”. Dal 2008 ad oggi, una volta scritto, è stato mai messo alla prova, magari come “esercitazione” per valutarne la sua tenuta? E tanti altri sono gli interrogativi che potremmo porci e che prima o poi si dovranno porre a livello istituzionale. Noi da questa esperienza ne abbiamo tratto una prima conclusione: è necessario che sia convocata una Assemblea generale straordinaria dell’ONU che stabilisca regole comuni al fine di prevenire l’insorgere di pandemie, contenerne la diffusione, evitare conseguenze di ulteriori disuguaglianze fra Nazioni e per riformare l’OMS con criteri di azione, metodi, poteri e risorse adeguati all’obiettivo. È questa la conclusione del nostro Appello che è stato sottoscritto dai Professori Andrea Crisanti, Massimo Galli e Antonella Viola.

 

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 Resta dunque al centro del nostro dibattito politico l’obiettivo della transizione verso lo Stato di Diritto, sempre più messa in discussione dagli stati di emergenza che vengono decretati nei paesi occidentali che aspirano ad essere a democrazia liberale. Questo avvicina sempre più i nostri Paesi a quelli palesemente illiberali, antidemocratici, autoritari. Due su tutti, la Cina e l’Iran, per la loro capacità di espansione dovuta in gran parte alla mancanza di tenuta da parte dei nostri Paesi. Non c’è alcun dubbio che la Cina sia particolarmente attraente per i Paesi europei. Non si spiegherebbe altrimenti perché viene trattato come se fosse o aspirasse ad essere un paese democratico. Negli anni ’40 del secolo scorso la distinzione tra democrazia e dittatura – nera, rossa e grigioverde – era netta. Oggi è sempre più difficile scorgere questa nettezza innanzitutto perché le democrazie hanno “mollato” la democrazia anziché rafforzarla facendola vivere. Questo ci porta a dire che, accanto alle proteste per le violazioni dei diritti umani dei paesi dittatoriali, l’obiettivo del Partito Radicale deve essere il silenzio se non la complicità dei paesi “democratici”.

 

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 Il fronte italiano è quello sul quale siamo più radicati ed esposti. Siamo fermamente convinti che – ancora oggi! – se non c’è un forte radicamento in Italia sarà molto difficile radicare altrove le lotte radicali. Offriamo al Congresso degli iscritti italiani alcune suggestioni che approfondiremo nelle nostre relazioni.

 Dal Congresso del 2016 ad oggi si è aggravata la censura sul Partito e sulle proposte, iniziative, lotte del Partito Radicale: è un dato di fatto oggettivo e incontrovertibile. Non chiediamo che vi sia, come accade per i partiti di regime, un occhio di favore nei nostri riguardi da parte dei mass media ma chiediamo che si inizi a rispettare il diritto del cittadino ad essere informato. Sappiamo bene che è alto il rischio di assuefarsi ed arrendersi alla posizione di censurati ma è proprio la conquista del diritto a conoscere per deliberare il primo obiettivo strategico per un futuro democratico del Paese. Dunque,fuori i partiti dalla RAI, che in questi anni qualcuno ha usato come slogan elettorale, ma che per noi è un obiettivo politico fondamentale.

 

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 L’altro obiettivo strategico è quello della giustizia. Anche in questo caso, nulla di nuovo. La questione giustizia, ovvero la mancata indispensabile riforma della giustizia, continua a pesare sulla situazione politica, sociale ed economica del Paese.

 

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 Abbiamo quindi di che discutere e nelle nostre relazioni cercheremo di proporre un percorso per i prossimi 8 mesi. Non ci possiamo arrendere in questo momento, sappiamo che abbiamo davanti un’altra lunga traversata nel deserto e conosciamo bene chi sono i nostri avversari.

 Sappiamo anche che la Riforma è sempre più ineludibile. Dobbiamo quindi continuare a fare quel che abbiamo sempre fatto: essere vigili per essere pronti quando nel muro del regime si aprirà una crepa per provare ad inoculare il germe della Riforma, sempre più necessaria ed urgente.

 In questo mezzo secolo siamo riusciti a conquistare qualche grande riforma, abbiamo rallentato la furia antidemocratica del regime, abbiamo sempre lottato e spesso siamo stati sconfitti ma non abbiamo mai fallito.

 Non dobbiamo, non possiamo mollare! Non ora.