CESARE LOMBROSO E LA SUA FISIOGNOMICA SMENTITA

di Bartolomeo Valentino

 

Cesare Lombroso(1835-1909) fu un criminologo italiano che diede del viso una  interpretazione troppo settoriale e meccanicistica senza avere ,invece,una visione d’insieme di esso. A quel dato elemento anatomico corrispondeva un aspetto della personalità. D’altra parte non erano ancora note le ricerche  di neuroscienze che tanto hanno illuminato  i suoi successori. Scrisse tantissime opere, anche di grande successo e che influenzarono i magistrati dell’epoca.  Ricordiamo, per esempio, Genio e Follia(1864) e L’uomo delinquente(1876).In sintesi ,secondo il Lombroso ,il criminale  non va incarcerato, essendo un folle, ma internato in appositi manicomi per criminali e curato. Tracciava questi tratti anatomici del criminale: ”In genere,i più fra i delinquenti, hanno orecchie ad ansa, scarsa barba, capelli abbondanti, mandibola enorme, mento quadro e sporgente, zigomi allargati, gesticolazione frequente, tipo, insomma, somigliante al mongolino, e qualche volta, anche al negroide”

Ma il Lombroso fu smentito, subito dopo la sua morte, avvenuta nell’ottobre 2009, grazie all’autopsia  eseguita sulla sua salma dall’Anatomo-patologo Foà. Misurando il suo cranio  risultò di peso inferiore alla media con tantissime “pieghe di passaggio”. Secondo la teoria del Lombroso era un cranio tipico di un criminale e di un folle. Da quel momento tutte le sue teorie non furono più seguite. Non aveva colto l’importanza della Psicologia nello studio della Fisiognomica, cosa che nel 1937 riuscì a Louis Corman.  Sarà, dunque la Psicologia, oltre che gli studi delle neuroscienze, a dare vita alla Fisiognomica ed avviarla a trasformarsi in Morfopsicologia. Questo processo di integrazione iniziò con le geniali intuizioni del grande Leonardo attraverso l’analisi della sua pittura. Fu quella la svolta epocale, di avere orientato i futuri pittori a rivolgere il loro sguardo all’interno di noi stessi per indagare sui movimenti che nascevano nella nostra “AFRICA INTERIORE”, come la definiva il pittore Jean  Paul Richter. Tale “Africa”Interiore”, sarà  l’inconscio di Freud 500 anni dopo.